“Non c’è una crisi della politica ma piuttosto una crisi di questi politici. Le persone hanno voglia di partecipare ma sentono che chi li rappresenta non li capisce e si muove con logiche che non hanno nulla a che fare con l'interesse collettivo. La Rete è uno strumento che può permettere ai cittadini di riappropriarsi della cosa pubblica”
Basta fare un giro sui social network, in primis Facebook, per capire quanta voglia hanno gli italiani di partecipare, criticare, commentare, condividere ciò che succede nella vita di tutti i giorni. Alcuni chiamano questo fenomeno cittadinanza attiva altri semplicemente lo bollano come rumore di fondo. Qual è la verità? Ne abbiamo parlato con Nicola Mattina – blogger che insieme ad altri amici ha dato vita a Pensiero Democratico.
Qual è la genesi di Pensiero Democratico?
Ho cominciato a pensarci quest'estate quando i dirigenti del partito democratico hanno iniziato a rincorrersi sui giornali con lettere in cui – facendo finta di parlare agli elettori – si lanciavano strali l'uno contro l'altro. Discutevo con mia moglie Patrizia di questo deprimente epistolario e scrivevo nel mio blog del fatto che mi
sentissi angosciato per la situazione di stallo che vive la politica italiana. Poi ho deciso che era giusto provare a costruire in Italia un movimento sul modello dell'americano MoveOn e che non occorreva
chiedere il permesso a nessuno per farlo. Quindi ho iniziato a buttare giù l'idea del funzionamento.
L'iniziativa è legata a qualche partito?
No. Io voto per il partito democratico, ma tra i fondatori di Pensiero Democratico c'è chi vota per l'Italia dei Valori e chi si è stufato di votare. A me non piace neanche parlare di sinistra; preferisco la parola progressismo. Finché continuiamo a parlare di destra e sinistra, infatti, legittimiamo l'idea di una politica fatta come se si stesse giocando una partita a Risiko, dove tutto si conclude in giochi di alleanze e conquiste di territori. Con questo approccio non si va da nessuna parte. Il problema è che per cambiare approccio, occorre anche cambiare l'attuale classe dirigente della sinistra italiana che è comunque figlia della scuola dei partiti ideologici.
Quali sono i vostri obiettivi?
Coinvolgere i cittadini nella costruzione di progetti di cambiamento. Basta scendere in piazza a protestare o lamentarsi sui forum: se riusciamo a impiegare anche una piccola parte di queste energie per perseguire degli obiettivi concreti, possiamo cambiare moltissime cose. Il progetto su cui abbiamo deciso di lavorare, per esempio, si chiama Parla Con Me ed è la versione italiana di Write To Them, un servizio online che permette a qualsiasi cittadino di sapere quali sono i politici che lo rappresentano e di scrivere loro ponendo delle questioni. E' una cosa semplice sulla carta, ma difficile nella pratica, perché non esiste un data base degli indirizzi di posta elettronica degli eletti italiani, quindi li stiamo raccogliendo dai siti delle istituzioni uno per uno. Un lavoro enorme che metteremo a disposizione di tutti. E' l'esempio di obiettivo (facilitare il
dialogo tra eletto ed elettore), metodo per arrivarci (un servizio online che agevoli il contatto) e strumenti (un software che prendiamo dall'Inghilterra e un database di indirizzi). Trenta o quaranta persone possono insieme costruire il progetto e terminarlo con successo in un tempo ragionevole.
Credi che la partecipazione attiva dei cittadini sia la chiave di svolta per reagire alla crisi della politica?
Assolutamente si. Io non credo che esista una crisi della politica; penso piuttosto che si tratti di una crisi di questi politici. Le persone hanno voglia di partecipare, scendono in piazza, protestano,discutono si accalorano. Insomma, fanno politica, ma sono scoraggiati, sentono che chi li rappresenta non li capisce e si muove con logiche che non hanno nulla a che fare con l'interesse collettivo. Oggi abbiamo molti strumenti per permettere ai cittadini di riappropriarsi della cosa pubblica: basta che facciamo usare Internet alla gente e la togliamo dalla televisione. La televisione è una vera e propria disgrazia per la democrazia: quando la gente decide di passare così tante ore al giorno in una posizione di passività e senza relazionarsi con altre persone, la democrazia ne viene annichilita. Perché qualsiasi democrazia richiede la partecipazione e quest'ultima si può avere solo se la gente si relaziona, vive uno spazio sociale. Che è esattamente quello che accade quando le persone frequentano la Rete e i social network.
Quali sono gli strumenti e le metodologie che metterete in campo?
Abbiamo ideato un modello di lavoro che si ispira alla nostra Costituzione e tutte le attività sono organizzate e sviluppate dal Parlamento e dal Governo di Pensiero Democratico. Non si viene né eletti né nominati: si partecipa volontariamente in base al tempo che si ha a disposizione (bastano anche pochi minuti) e alle proprie competenze.
Il Parlamento individua le priorità su cui lavorare. L’attività si svolge interamente online, con un meccanismo semplice e accessibile: è sufficiente registrarsi e si diventa membri dell’assemblea con diritto di parola e di voto.
Il Governo prende in carico le priorità individuate dal Parlamento, organizza dei gruppi di lavoro, studia dei percorsi con il supporto di esperti, fissa obiettivi raggiungibili e pianifica campagne.
Quali sono le prime iniziative che avete messo in campo?
Iniziamo con Parla Con Me e pensiamo di fare delle campagne di riscaldamento. Piccole iniziative locali che permettano alle persone di familiarizzare con l'idea che facendo delle cose insieme in modo coordinato si possono raggiungere degli obiettivi concreti.
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Nicola Mattina – è un consulente di direzione con oltre quindici anni di esperienza nel settore della comunicazione d’impresa, di cui ha toccato molte discipline specialistiche: relazioni pubbliche, comunicazione interna, branding, comunicazione online.
Ha fondato e dirige Elastic, una società di consulenza che contribuisce al successo del cliente ideando e sviluppando la dimensione digitale di organizzazioni e progetti sotto il profilo della comunicazione, del marketing e dell’organizzazione. Con l’obiettivo di esplorare gli spazi digitali e studiare le conseguenze dei media sociali sulle persone, le aziende e le istituzioni, ha dato vita al Club dei media sociali, istituto di ricerca e think tank che raccoglie oltre 800 professionisti del settore in Italia.
Scrive di spazi digitali nel suo blog e su Nova 24 del Sole 24 Ore; ne parla a conferenze e seminari come relatore e docente.