Non solo unicorni, il Venture Capital lavora anche come un gestore di portafoglio

 

A cura di Andrea Di Camillo, Managing Partner di P101 Ventures

 

Il venture capital come asset investibile? Non può basarsi solo sulla power law. La regola aurea secondo cui in un portafoglio di VC esiste un solo titolo che sbanca il mercato e da solo fa la partita – trasformandosi in Unicorno e facendo tutti i margini, non vale per il mercato italiano. Dove, com’è noto, esiste un solo Unicorno, la Yoox ora fusa non Net-A-Porter che capitalizza 2,5 miliardi in Borsa.

L’investimento in Venture Capital, percepito come ad elevatissimo rischio, si adatta in realtà anche a profili meno aggressivi, a patto di essere gestito con un processo che ricalca quello dell’asset allocation praticato dalle Sgr che gestiscono prodotti tradizionali, con l’unica differenza che noi trattiamo un asset illiquido. Una strada perseguibile se è vero che le stesse Sgr iniziano a introdurre questa tipologia tra le asset class investibili nei panieri che vengono proposti ai clienti. 

Il venture capitalist non è (solo) un cacciatore di sogni, ma un analista con una visione ampia e articolata di un mercato a cui difficilmente l’investitore ha accesso. Noi monitoriamo ogni anno 2mila aziende e selezioniamo le migliori in base alle idee, alle persone, ai fondamentali su cui si basano e appunto anche in base al loro contributo e peso all’interno di un portafoglio che cerchiamo di bilanciare. 

Impossibile, come nella gestione patrimoniale, prevedere il rendimento di un fondo di VC. Ma quello che si può dire è che un paniere, costruito facendo uno stock picking basato su diversificazione e contenimento del rischio, ha un ritorno di due volte il capitale investito nel tempo della vita del fondo stesso. 

Un funzionamento del tutto diverso e diretto a target completamente differenti rispetto a quello di chi usa l’approccio della power law: nel qual caso si punta su un cavallo che si ritiene vincente, si è inefficienti nel momento in cui si investe, ma si sta comprando un mercato che diventa proprio (è successo con Google, con WhatsApp, Alibaba). Ma è, appunto, un’azione più simile a una scommessa che a un investimento. 

[amazon_link asins=’889170850X,1534663541,0470650915,8868960206,886896032X’ template=’ProductCarousel’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’da06bf8c-1567-11e8-9dcf-bbbc51db020d’]

Nel nostro caso, le scelte di allocazione in portafoglio sono guidate innanzitutto dalla qualità dell’asset. Sono in particolare tre le dimensioni che consideriamo: 

1) La durata. Parliamo di un investimento che ha un orizzonte temporale lungo, se parliamo della fase intermedia di seed, di 7-10 anni. L’idea è tenere una duration media che non superi questo orizzonte: per farlo mescoliamo investimenti in fase di seed, con early stage e later stage. I criteri che determinano la dimensione delle tre categorie sono vincolati all’ampiezza del fondo. Maggiore è la capienza, più scientifico il bilanciamento in termini di duration.

 2) I settori sottostanti. Con P101 abbiamo investito sia in attività B2C che B2B. Semplificando: nel B2B gli investimenti del venture sono inizialmente più contenuti ma durano di più nel tempo, le aziende crescono più lentamente ma i risultati che ottengono sono più duraturi. Dunque a fronte di capitale contenuto, abbiamo ritorni costanti e di medio/lungo termine. Nel B2C, al contrario, l’investimento – e la volatilità – è elevato, soprattutto nella parte di avvio dell’attività, ma anche i frutti si raccolgono nel breve termine. Conseguentemente il profilo di rischio/rendimento è alto.

 3) La geografia. Sempre mantenendo un principio di rilevanza rispetto al mercato italiano, abbiamo cominciato a fare stock-picking , oltre a quelle industry in cui l’Italia è più forte, che anche in altri mercati, laddove le nostre competenze possono essere valorizzate. Abbiamo fatto qualcosa che si avvicina più a un mercato quotato che a un VC, servendoci di un modello finanziario sottostante: un algoritmo proprietario che ci aiuta a fare le scelte corrette basandosi sui numeri e le evidenze: non più tanti biglietti della lotteria ma alcune scelte pesate sulla base delle evidenze in cui la continuità dell’investimento conferma ed accresce il suo stesso valore.

 E proprio per questo e in conclusione, c’è un quarto elemento trasversale, che condiziona l’allocazione, cioè che mancano in Italia i grossi ticket, che sono le operazioni su cui è possibile fare cash flow per l’investitore, pur tenendo il rischio misurato. I nostri investimenti quindi sono ancora piccoli, con un taglio medio di 5 milioni. Su questo gap è necessario intervenire, anche a livello istituzionale-legislativo, per incentivare investimenti più cospicui in quello che resta un mercato estremamente rarefatto rispetto alle potenzialità.

 

 

P101 Ventures – Insightful Venture Capital

P101 Ventures è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: BorsadelCredito.it, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

ScaleIT: L’evento che connette le migliori scaleup italiane e del sud-est Europa con gli investitori internazionali presenta il programma della terza edizione

SCALEIT 2017

Milano 17 e 18 Ottobre 2017

ScaleIT, l’esclusivo evento-piattaforma nato per favorire l’incontro tra gli investitori internazionali interessati a realtà ad alto potenziale e le migliori scaleup italiane e, da quest’anno, dell’Europa sud orientale, presenta l’agenda della terza edizione.

L’evento, che si aprirà il 17 ottobre sera, concentrerà i lavori nella giornata del 18 ottobre, alternando ai numerosi company pitch, interessanti Keynotes da parte di alcuni dei più importanti protagonisti del mondo delle imprese in crescita. 

 ScaleIT 2017 si terrà con il supporto di importanti nomi dell’eco-sistema e dell’innovazione tecnologica come Assicurazioni Generali, come main sponsor, insieme a Nasdaq, Accenture, Silverpeak, Amazon Web Services, Salesforce, Badenoch & Clark e Docomo Digital come corporate sponsor e DLA Piper, GrowITup, ABC Accelerator, Endeavor e il Consolato Generale USA di Milano come partner.

Sarà Lorenzo Franchini, fondatore di ScaleIT a dare il via ai lavori e a introdurre i numerosi ospiti che si susseguiranno mentre, parallelamente, le 15 aziende innovative selezionate per partecipare all’evento incontreranno in incontri one-to-one i 20 investitori internazionali giunti appositamente a Milano:

[amazon_link asins=’1521396175,B01MSO6304,8820376873,8865580976,B00KHX0II4′ template=’ProductCarousel’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’5dcd2288-a1ca-11e7-a214-079f1b5e5aae’]

 9.40     Volker Buettner – Assicurazioni Generali
Insurance Industry vs. InsurTech Start-ups – Competition or Cooperation

9.50     Adam Kostyál – Nasdaq
The Exchange as a partner for Growth

10.50   Claus Verner – Amazon Web Services

How to keep your Startup DNA as you scale

11.00   Coffee break

11.20   Bertrand Van Overschelde – Salesforce

The CEO Agenda: Growth, Innovation, Customer success, Employee retention and Shareholder value

Dalle ore 12.20 alle 14.30, ScaleIT aprirà le porte alla stampa dando modo di seguire alcuni tra gli importanti interventi che connotano l’intera giornata, oltre che incontrare le scaleup e gli investitori. Tra questi figurano:

 12.20   Pietro Strada – Silverpeak

The tech growth financing market in Europe and Italy

12.30   Stefano Portu – Shopfully

Driving millions of shoppers to their local stores

12.40   Fireside chat:

Carlo Gualandri (Soldo) interviewed by Emil Abirascid

13.10   Lunch

14.10   Massimo Morielli – Accenture
Our View of Digital Trends 2018

14.20   Anders Nilsson – growITup
Stories of Open Innovation in Italy

La giornata proseguirà con un altrettanto intenso pomeriggio

 15.15   Panel: International VC investing in Italy & South-east Europe – Tony Zappala (Highland Europe), Andrea Traversone (Amadeus Capital), others (tbc), moderated by Mauro Pretolani (Fondo Italiano di Investimento)

16.00   One-to-one sessions between scaleups & international investors

19.00   End of daily program

Final Networking Event

 Le 15 aziende innovative selezionate dal l’Advisory Board, guidato da Lorenzo Franchini, fondatore di ScaleIT, e composto da Emil Abirascid, giornalista e imprenditore, dall’angel investor Pietro De Nardis e dal venture capitalist Mauro Pretolani, per partecipare alla terza edizione sono:  Artemest, CharityStars, Codasip, Cogisen, Entando, Hellohungry, Martha’s Cottage, Mosaicoon, ONO 3D, Soundreef, StreetLib, Supermercato24, The Digital Box S.p.A, V-Count, WIB Machine.

Tra gli importanti investitori già confermati figurano primari fondi di VC come: 83 North, Acton Capital, Amadeus Capital, Balderton, Aster Capital, Columbia Lake Partners, DN Capital, Draper Esprit, EarlyBird Venture Capital, EC1 Venture Capital, Highland Europe, Holtzbrinck Ventures, Idinvest, Iris Capital, Nauta Capital, Next World Capital, Omnes Capital, Partech Ventures, Redline Capital, Samsung Ventures.

 Lorenzo Franchini, fondatore di ScaleIT, ha commentato: “Il programma è pensato come format chiuso ed esclusivo per consentire agli operatori di concentrarsi sui rispettivi interessi e obiettivi, eliminando totalmente il rumore di fondo. Un modello sempre più apprezzato e utile per i grandi investitori internazionali, le migliori scaleup e importanti corporate che ogni anno si appassionano sempre di più al progetto e a ciò che il nostro mercato ha da offrire” .

Ulteriori informazioni sugli organizzatori e sul programma dell’edizione 2017 sono disponibili su scaleit.biz.

Venture Capital l’investimento alternativo che fa aumentare il valore del portafoglio

 

Rendimenti elevati, decorrelazione, vantaggi fiscali e supporto all’economia reale

 

A cura dell’ufficio studi di P101

 

Alla ricerca di alpha, la strada porta al venture capital. Particolarmente adatta a fondi pensione e istituzionali, l’economia delle imprese che crescono può essere un booster del rendimento di portafoglio anche di private banker e family office, purché l’ottica sia quelli di medio termine, non meno di 3/5 anni per vedere i primi ritorni. Ne beneficia il portafoglio e, in potenza, anche l’economia reale e la sua competitività, dato l’alto carattere impacting di questo genere di investimento. Senza considerare che con Aifmd, la direttiva europea in tema di investimenti alternativi, si va nella direzione di un’apertura anche al retail. In Italia non esistono al momento prodotti adatti al piccolo investitore, nel mondo anglosassone c’è invece qualche esperimento di investimenti per il pubblico indistinto con sottostante il private equity. Ma la strada è segnata: l’embrionale mercato italiano rappresenta una grande opportunità ancora da cogliere, e il valore della trasformazione digitale e industriale in atto può essere colto proprio intercettando quelle società artefici dell’innovazione e oggetto dell’investimento dei fondi di venture capital.

 [amazon_link asins=’886896032X,1534663541,889170850X,0471126500′ template=’ProductCarousel’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’c0e72ead-92c8-11e7-909d-25db587484e6′]

I ritorni – dice Andrea Di Camillo, managing partner di P101verranno sempre più dalla creazione di valore in ottica di lungo termine anziché dall’arbitraggio di breve periodo sui mercati più liquidi.” Il venture capital ha nel suo core business la creazione di valore d’impresa e come conseguenza la creazione di valore finanziario, non il contrario. In quale modo? Proviamo a spiegarlo, partendo da una definizione tecnica che è quella fornita dall’Aifi: innanzitutto apportando “capitale azionario o sottoscrizione di titoli convertibili in azioni nei confronti di imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, tecnologie, concezioni di mercato.” La partecipazione è temporanea e minoritaria e tesa, appunto, ad accrescere ed accelerare la creazione di valore dell’impresa per realizzare un elevato capital gain in sede di dismissione. Il fondo investe soldi dei sui investitori, i cosiddetti limited partner in quote di aziende in fase iniziale e con prospettive di grande crescita, e si affianca a queste aziende in un’ottica di partnership, mettendo a disposizione dei nuovi imprenditori non solo le risorse finanziarie, ma anche il bagaglio di conoscenze e know-how, proprio e del network di esperti di cui spesso si avvale, e aiutandoli a definire le strategie di crescita.

 

Quanto rende investire in startup? Il fondo di Venture Capital è uno strumento a rischio elevato con un rendimento potenziale, quindi altrettanto importante, che può superare il 20% annuo. Una regola aurea del venture capitalist è la power law: in sostanza, in un paniere di società su cui investire ce ne deve essere una – o un gruppo – il cui rendimento atteso sia superiore a quello di tutte le altre. Per intenderci, la Uber o la Facebook di turno o, per fare un esempio italiano, Yoox (che oggi, dopo la fusione con il gruppo francese Net-a-porter, ha una capitalizzazione di Borsa di 2,5 miliardi di euro).

 

Certo, il 20% di cui parliamo non è ecumenico, ma è una buona approssimazione dal momento che non esiste una banca dati, neppure internazionale, di rendimenti realizzati. A fare un esercizio utile allo scopo sono stati di recente i pionieri Reshma Sohoni e Carlos Eduardo Espinal, anime di Seedcamp, che ha investito 500 milioni in 230 startup. Il loro primo fondo, Fund 1, lanciato nel 2007 e dedicato a investimenti fino a 200mila euro, aveva un’ampiezza di 3 milioni usati per finanziarie 22 startup. A ottobre 2016, grazie alle exit, tra cui l’unicorno Superflix che ha reso 60 volte sull’investimento, il ritorno generato è stato di 1 una volta e mezza, ma arriverà a circa 10 volte considerando anche le altre società ancora da valorizzare. 

 

Un numero più puntuale – ma sempre vicino a quel 20% di cui sopra – lo fornisce Preqin, secondo cui nel mondo i fondi di venture capital nel 2015 hanno investito per 136 miliardi di dollari, spalmati su 9241 operazioni e a fronte di disinvestimenti per 73 miliardi, con ben 47 miliardi di nuovi capitali raccolti e un Irr a un anno del 20,5%. Sempre Preqin ha calcolato che nel 2015 il venture capital ha realizzato la migliore performance rispetto a tutte le altre strategie di private equity, registrando un Irr al netto delle commissioni del 18,2% contro il 18,1% dei fondi di buyout. Ancora, secondo le rilevazioni di Aifi e Kpmg Corporate Finance pubblicate a inizio luglio, l’IRR lordo delle operazioni concluse nel 2016 è stato pari al 14,5%, dato in leggero calo rispetto all’anno precedente (17,8%), ma comunque positivo e in linea con i buoni rendimenti registrati negli ultimi anni.

 

I fondi di venture capital – spiega Di Camillo – sono strutturati in maniera da abbattere il rischio di portafoglio: con P101 vediamo migliaia di società all’anno e scegliamo le migliori, l’investitore informale, che agisce in modo destrutturato e/o non continuativo, non ha questi termini di confronto. Co-investendo si riesce a sfruttare la selezione di un investitore professionale e nel contempo a entrare, in parte, direttamente nell’azienda sovvenzionata. E, nel caso la società abbia bisogno di altro capitale, ha già un azionista nella figura del venture capital, che potrà fare fronte alle future esigenze o comunque avere migliore accesso alla community degli altri investitori attivi sul mercato in quel momento.

 

I vantaggi sono diversi, a partire da quello fiscale: dal 2017 è possibile detrarre il 30% degli investimenti fino a un milione di euro dal reddito imponibile, rispetto al 19% della normativa varata nel 2013. Non va trascurato, inoltre, il fatto che si tratta di un investimento totalmente decorrelato dai mercati tradizionali in un mondo in cui la decorrelazione tra asset class tradizionali non esiste più. 

 

Negli Usa il valore delle venture capital-backed company ammonta a circa il 20% della capitalizzazione totale di Borsa. Lo afferma un’analisi della Stanford Graduate School of Business che però precisa che se invece lo sguardo si sposta alle aziende fondate a partire dal 1979 – anno in cui il VC di fatto è nato – la situazione cambia in maniera drastica: delle 1330 realtà, oggetto di questa seconda osservazione, ben 574, ovvero il 57%, in termini di capitalizzazione sono venture capital-backed. Queste imprese investono inoltre in ricerca in sviluppo l’82% del totale, il che spiega anche la loro natura di innovatori capaci di trasformare interi settori industriali. In Italia il valore delle imprese vc-backed sfiora il 2%: ed è ovvio che, fatte le debite proporzioni, lo spazio di crescita è enorme.

 

Gli ultimi numeri diffusi da Aifi aiutano a dare una dimensione all’evoluzione del fenomeno: nel 2016 il mercato del private equity e del venture capital ha segnato un record a 8,2 miliardi di euro (+77%). Gli operatori esteri sono tornati in gran spolvero, con un investimento pari al 69% in termini di ammontare. Le operazioni sono diminuite a 322 da 342, e le prime 17 costituiscono il 74% del valore. L’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 3,6 miliardi di euro, in crescita del 26% rispetto ai 2,9 dell’anno precedente. Ma, guardando appena un po’ più in dettaglio i numeri di Aifi, si scorge che ben 5,7 miliardi di quel totale da record è fatto da operazioni di buyout e l’early stage rappresenta una fettina di appena di 104 milioni. Allora la buona notizia rimane troncata a metà: anche da questo lato dell’Atlantico, le imprese finiscono sempre di più sotto il radar di questi finanziatori alternativi. Ma le nuove idee fanno ancora molta fatica a trovare capitalisti di ventura.

 

 

P101 – Insightful Venture Capital

P101 è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: ContactLab, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

CROWDFUNDING. QUANTO NE SAI?

Il crowdfunding tirerà fuori il mondo dalla crisi.

Vuoi liberare la tua azienda, il tuo progetto, il tuo sogno dai continui “pitch” ai Venture Capital?

Hai voglia di testare immediatamente la vendibilità del tuo prodotto?

Ti piacerebbe avere totale mano libera nella realizzazione del tuo progetto?

Il Crowdfunding ti permette tutto ciò agendo su questi 3 concetti molto semplici:

1) Connetti il maggior numero di persone possibile alla tua idea;

2) Condividi il progetto, le finalità, i risultati e le difficoltà che potrai incontrare lungo il cammino;

3) Convinci che i soldi che ti saranno affidati sono in buone mani.

 

Queste sono alcune delle cose che Maurizio Imparato sostiene ed insegna nel suo corso, a lui ho fatto alcune domande:

 

Cosa e’ il crowdfunding?

 

Il crowdfunding è letteralmente il “finanziamento dalla folla” ovvero la possibilità che viene data ad una comunità di intervenire finanziariamente in un progetto. A fronte di questo finanziamento possono nascere vari tipi di obbligazioni da parte del finanziato. La modalità più utilizzata è quella del “social lending” ovvero scambio tra finanziato e finaziatore.

 

Quali sono i numeri nel mondo?

 

Il crowfunding nel mondo ha un trend di decisa crescita, l’anno scorso sono stati finanziati progetti per circa 2,8 bilioni di dollari. Quest’anno la previsione è di circa 5,5 bln dollar. Il 60% è fatto negli Stati Uniti il resto in Europa.

 

Qual è la situazione in Italia?

 

La situazione italiana è ancora di fase di start up. Sono stati erogati ad aziende, organizzazioni e privati circa 13.000.000 euro. Le piattaforme attive sono 16. L’Italia è stata la prima nazione al mondo a dotarsi di una legge che regolarmente l’accesso al crowdfunding da parte delle start up. Ancora prima degli Stati Uniti.

Uno dei problemi allo sviluppo massivo di questo strumento è proprio la comprensione di come si attiva e quali elementi di comunicazione vanno inseriti. Cosi come evidenziato anche dal primo rapporto sul crowdfunding realizzato per Il Sole 24 Ore

http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Finanza%20e%20Mercati/2013/01/Crowdfunding.pdf?uuid=960dd8be-5c1b-11e2-a7a6-aaf9d7ba057a

Per saperne di più iscrivetevi al suo seminario :

Crowdfunding. Quanto ne sai?

Giovedì 9 Maggio 2013 ore 14.30-18.30

Sede: Intesa San Paolo Formazione 
Piazza Giovanni Bovio, 22 –  Napoli  

REGISTRAZIONE OBBLIGATORIA

 http://www.aism.org/index.php?option=com_content&view=article&id=905&Itemid=105

 

Il  seminario è rivolto a dirigenti, imprenditori, consulenti aziendali e di marketing ed a quanti ricercano nuove opportunità per la creazione di impresa.

Nel corso dell’incontro, tenuto dal manager, formatore e consulente aziendale della Master Mind Maurizio Imparato, saranno esposti i concetti primari del Crowdfunding ed esaminati i casi di successo, per comprendere il fenomeno e valutare le occasioni di impiego.

Il Crowdfunding, letteralmente finanziamento della folla, è una raccolta di fondi che si sviluppa valorizzando la capacità di relazioni immediate dei social media, la semplicità nel partecipare al progetto grazie all’impiego di piattaforme informatiche e la voglia di sostenere, anche con poco, un idea d’impresa o un progetto.

Questi i numeri: più di 1 milione di campagne su 308 piattaforme per una raccolta di 2.7 bilioni di dollari nel 2012, con un incremento dell’81% nel  2011. Nel 2013 questo volume è destinato a raddoppiare. Nel Nord America e’ cresciuto del 105% lo scorso anno a 1,6 bilioni, in Europa del 65%, a 945 milioni. Usa ed Europa al momento, raccolgono il 95% di tutte le transazioni. L’85% di queste somme sono donazioni, oppure “collette” seguendo il modello kickstarter.

In Italia sono attive sedici piattaforme, per un totale di 30mila progetti, di cui 9mila approvati, con una raccolta di ben 13 milioni di euro.

 

Quote di partecipazione al seminario: 
– Associati AISM € 50,00 fuori campo IVA DPR 6.10.1972,  n. 633, art. 4
– Non associati € 60,00 + IVA 
La quota di partecipazione comprende: materiale didattico e attestato di partecipazione. 

Modalità di svolgimento:
½ giornata ore 14.30 – 18.30 
Si consiglia di portare il proprio tab per favorire la fase di apprendimento attivo.

 

Programma

Crowdfunding ed idea d’impresa:

–      Lo start up

–      Quale forma di Crowdfunding

–      Crowdfunding o Venture Capital

Crowdfunding e gli strumenti:

–       Come raccontare la tua storia in un video

–      Quale piattaforma utilizzare

–      Come veicolare il tuo messaggio

Crowdfunding e Social Media:

–       La chiave del successo di Peeble

–      La chiave del successo di “eternity dice”

–       La tua chiave del successo?

 

 

 

 

 

Exit mobile version

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi