Io e la Silicon Valley

È passato un mese quasi dal mio viaggio in California, ed è giunto il momento di raccontare quello che ho visto.

Sono stato ospite della 10° edizione dell’IT Press Tour, in cui ho rappresentato Data Manager.

In sette giorni insieme con altri colleghi europei provenienti da Francia, Inghilterra, Polonia, Germania, Spagna abbiamo visitato 13 aziende:

aventi sede a San Francisco o nella Silicon Valley.

La prima cosa da dire è che molte di queste aziende sono startup ma a differenza di quello che accade in Italia, operano nel settore Enterprise e non in quello consumer. Come scrive Venturebeat , Enterprise is sexy! 80% of tech startups likely to IPO are B2B.

Il motivo è semplice secondo Fabrizio Capobianco che ho incontrato a Palo Alto: “Qui funziona ad onde, l’onda attuale è che le aziende consumer internet, like Facebook and Zynga, non sono più cool. Da quando le loro quotazioni in borsa sono calate, vertiginosamente, gli investitori hanno spostato i loro capitali su aziende che offrono servizi di tipo enterprise; molto cloud ed infrastrutture. Tra un anno le cose cambieranno di nuovo ”

Secondo me in realtà c’è anche un’altra spiegazione, con il proliferare dei social networks i dati prodotti e condivisi dagli utenti hanno subito una crescita esponenziale, quindi ora il problema è come gestirli.

Le aziende che sapranno farlo in modo economico ed efficace saranno vincenti, quindi il focus inevitabilmente si sposta su temi infrastrutturali e architetturali che va aldilà del semplice trend del Cloud.

Non mi dilungo con altre considerazioni tecniche che ho affrontato nei singoli approfondimenti, quello che invece voglio raccontarvi è quello che ho visto aiutandomi con alcune foto.

Questo viaggio è stato il primo della mia vita in California, pertanto avevo la testa piena di aspettative e luoghi comuni. Iniziamo da San Francisco città bellissima e molto europea.

Passeggiando su Market Street non sembrava di essere in America ma in una delle grandi capitali europee. Città molto ricca, sede di grandi multinazionali ma allo stesso tempo dimora di molti homeless. Fa impressione camminare e vedere da un lato le vetrine di Tiffany e dall’altro persone che dormono a terra.      

Ci sono molti italiani che vivono e lavorano qui, ne ho conosciuti molti che lavorano in aziende IT, non solo startup.

Sono proprio loro a sfatare un primo luogo comune, a dispetto di quel che si pensi funziona come da noi “anche qui c’è la cultura del lavoro, nel senso che più stai in ufficio più sei bravo e considerato in azienda” ed il sogno americano dove vince solo il merito? Forse la pensano così perché italiani.

Certo è che si lavora molto e duramente, si è vero come si vede nei film che hanno il tavolo da ping pong in ufficio o che giocano a basket nello spacco di pranzo. Durante l’orario di lavoro però lavorano senza staccare le mani dal pc e, infatti, in un open space ho visto quest’avviso.

Insomma concentrazione e orientamento al risultato durante la giornata di lavoro con netta separazione tra momenti di svago e momenti di lavoro.

Stessa cosa vale per il networking che non è visto come spesso qui da noi solo un momento di cazzeggio, lì è quasi un’attività necessaria da fare però con tempi e modi ben definiti. Per esempio nei 13 meeting che ho fatto, ogni meeting durava due ore e in ognuno era presente il CEO dell’azienda con compiti definiti, mezz’ora di presentazione dell’azienda con esposizione della vision e 10 minuti a fine meeting per interviste con i giornalisti. Insomma il networking lo devo fare ma con obiettivi chiari e tempi ben definiti, nulla è improvvisato.

È vero quindi che si trova massima disponibilità e a volte basta solo un tweet per avere un appuntamento, ma sia chiaro non è per gentilezza è solo perché spesso questo serve all’azienda o al loro manager.

Altra cosa che ho notato e che è simile all’Italia purtroppo, su tredici aziende zero CEO donna e su circa cinquanta manager incontrati (CEO, CIO, Marketing Manager) il 90 % erano uomini. Certo potrei essere stato sfortunato mah il dubbio che funzioni come da noi mi rimane.

Altro mito da sfatare è l’età dei CEO anche delle startup che ho visitato; quasi tutti tra i quaranta e i cinquanta anni e con grandi esperienze alle spalle, infatti, non è un caso che tutti quando si presentavano tra le prime cose che dicevano era la loro storia professionale.

Insomma i Venture capitalist, i soldi li danno (e sono spesso tanti) a chi ha già dimostrato di aver gestito aziende con profitto.

Nota positiva e assolutamente diversa dall’Italia, nessun CEO ha i megauffici presidenziali, spesso ha una scrivania nell’open space o al massimo un piccolo ufficio. Niente etichette sulle porte, niente pomposità inutile.

Inoltre sembrerà strano ma in tutti gli uffici nonostante siamo in piena, era digitale non mancava mai una lavagna su cui appuntare flussi di lavoro, idee, appunti o addirittura casi d’uso. 

Altre due cose che ho notato, nelle presentazioni e anche nelle interviste quasi tutte le aziende a parte quelle quotate in borsa non hanno mai detto nulla in merito ai dati finanziari (funding, turnover,etc). Perché? Non saprei. L’altra cosa è l’attenzione riservata alla stampa, tutti hanno un’agenzia di PR che li segue e tutti hanno una mailing list di giornalisti del settore cui inviare aggiornamenti e notizie. Beh direte cosa c’è di strano? Per me molto perché spesso ho visto aziende in cui la comunicazione è svolta dal proprietario che crede di poter fare tutto sminuendo, di fatto, il valore aggiunto di tali attività.

Infine la Silicon Valley, beh devo confessare che dal punto di vista turistico sono rimasto deluso, mi aspettavo una specie di Giardino dell’Eden e invece altro non è che una specie di zona industriale con la differenza però non da poco che nei capannoni invece che operai specializzati ci sono ingegneri provenienti da ogni parte del mondo che stanno progettando oggi quello che vedremo sul mercato nei prossimi anni.

Insomma è la culla della tecnologia e se vuoi lavorare in questo settore, non puoi fare a meno di essere lì dove tutto nasce e dove c’è, tutto quello occorre (università, centri di ricerca, capitalisti, etc.) e, dove tutto quello che a noi sembra futuro, qui è già realtà come le auto elettriche e i silos per la ricarica nei parcheggi aziendali.

Ragazzi però intendiamoci è tutto diverso da qui e non vi nascondo che se dovessi viverci avrei non poche difficoltà; ci sono mega stradoni con mega supermercati dove certo puoi trovare chicche come queste:

 L’Italia è un’altra cosa però!

 

Articolo pubblicato su Data Manager – http://www.datamanager.it/news/io-e-la-silicon-valley-43353.html

 

Mind the Seed chiude il primo accelerator batch: ecco 6 le startup finanziate

San Francisco, 19 FEB – Un periodo di 10 settimane di accelerazione a San Francisco all’interno del GYM di Mind the Bridge e un primo investimento diretto per Atooma, Bad Seed Entertainment, in3DGallery, Map2App, Myze e Weendy.

Queste le 6 startup scelte per accedere al Winter batch 2013, programma di accelerazione di Mind the Bridge con investimenti del fondo Mind the Seed (il secondo gruppo – summer – partirà ad agosto). Una rosa di talenti provenienti da Italia, Israele, Grecia, Spagna e Stati Uniti a conferma dell’apertura internazionale verso il Mediterraneo che rappresenta la novità 2013 per la fondazione Mind the Bridge.

“Il lavoro di scouting che abbiamo svolto negli ultimi mesi, con particolare interesse al sud Europa, ha portato i suoi frutti – commenta Marco Marinucci, founder di Mind the Bridge – Le startup che abbiamo invitato, e sulle quali MTS ha effettuato un primo investimento seed, sono outsider con tutte le carte in regola per crescere in grande. Il modello ‘testa e mercato in Silicon Valley’ ma sviluppo nel paese d’origine è quanto mai vincente in questi momenti di esuberanza di mercato hi-tech in Silicon Valley”.

Mind the Seed (MTS) è infatti un fondo di seed venture con base negli Stati Uniti che si propone di agire da primo investitore istituzionale per le migliori startup che passano attraverso la rete di scouting di Mind the Bridge. L’obiettivo è allinearsi al loro successo. Una novità importante quella introdotta a inizio anno dalla fondazione americana che, pur conservando l’orientamento non-profit delle proprie attività, trova in Mind the Seed una struttura di  investimento professionale che possa supportare concretamente le startup nei loro primissimi passi verso la via del successo, generando allo stesso tempo un ritorno economico per gli investitori.

E se l’obiettivo finale è quello di lanciare imprese dall’ambizione internazionale, con centro in Silicon Valley e R&D in Europa, ecco che da quest’anno la fondazione apre anche a talenti dall’intera area mediterranea, ricca di competenze tecniche di alto livello ma a costi competitivi.

“L’Italia resta la nostra area di elezione, la colonna portante del nostro ‘ponte’ – precisa Alberto Onetti, Chairman della fondazione – Ma abbiamo avuto richieste per replicare il modello di Mind the Bridge da tutta Europa. E siamo convinti che, oltre a dare una mano a sviluppare innovazione e imprenditorialità in altri paesi che, come il nostro, versano oggi in una situazione di difficoltà, l’apertura al Mediterraneo porti benefici anche alle nostre imprese che si ritroveranno a confrontarsi – al Gym di One Market Plaza (San Francisco) – in un ambiente cosmopolita, con evidenti vantaggi in termini di stimoli e possibilità di apprendimento”.

Ed ecco quindi le 6 startup appena finanziate da Mind the Seed che si preparano a presentarsi a un panel di investitori in occasione del demo-day del 14 marzo, organizzato al MtB Gym:

1. Atooma è una app che rende gli smartphone davvero “smart” ovvero capaci di seguire i comportamenti dell’utente in maniera intelligente. Con Atooma infatti il telefonino può automaticamente leggere le mail con comandi vocali quando si è alla guida o attivare la modalità silenziosa quando si arriva sul posto di lavoro. Inoltre con Atooma si possono creare mini-app in pochi secondi senza alcuna conoscenza tecnica: gli utenti della community possono condividere le Atooma create, scaricare quelle degli altri utenti e attivarle in un solo click. www.atooma.com

2. Bad Seed Entertainment dà vita a console di qualità per videogame con elementi unici di gameplay, per cellulari e applicazioni su piattaforme iOS e Android. Nata per regalare ai giocatori la miglior esperienza di gioco possibile, Bad Seed ha recentemente lanciato Sheep Up!, gioco per iPhone e iPad che sfida l’utente a guidare un gregge di pecore dal fondo di una scatola di vecchi giocattoli fino alla sommità della scatola e alla libertà. www.badseedenteirtainment.com

 3. in3Dgallery è un innovativo tool di presentazione 3D, basato su tecnologia web3D in real time che migliora l’esperienza di visualizzazione delle immagini attraverso una app web, facebook  e mobile. Strumento ideale per professionisti, fotografi, imprese, musei e qualsiasi altro utente voglia condividere il  proprio portfolio invitando ospiti da ogni parte del mondo.www.in3dgallery.com  

4. Map2App è una piattaforma web che consente a chiunque di creare guide territoriali per iPhone e Android e distribuirle tramite Apple Store e Google Play. Utile per aziende, enti e autori indipendenti desiderino trasformare in modo semplice, veloce ed economico contenuti in loro possesso relativi a un territorio o a un evento in una app multi-piattaforma. www.map2app.com

5. Wallie è una applicazione per cellulare e web che aiuta gli shopper online a risparmiare denaro, scegliendo la giusta carta di credito. A seconda delle promozioni, degli sconti e delle offerte disponibili. Questo permette ciascun utente di diventare uno “smart shopper”, ovvero un acquirente intelligente. www.wallieinc.com

6. Weendy  è una app che permette di trovare e condividere le migliori condizioni di vento, onde e neve con i propri amici e con tutte le persone che nutrono il medesimo interesse. Compagno ideale per sport di vento, consente di “catturare” la condizione atmosferica e di postare in piattaforma un commento che viene notificato all’istante ai propri contatti su Twitter, Facebook o Foursquare.  www.weendy.com

 

Videointervista a Greg Schott – President and CEO of MuleSoft

MuleSoft, connecting the New Enterprise

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato  MuleSoft azienda che fornisce la piattaforma di integrazione SaaS più utilizzata per il collegamento di applicazioni enterprise nel cloud.

Ha sede a San Francisco, con uffici in tutto il mondo. L’azienda è privata e finanziata da venture capital dal luglio 2006.

Fondata sull’idea che le applicazioni di collegamento non dovrebbero essere difficili, MuleSoft consente alle organizzazioni di sfruttare la potenza delle loro applicazioni attraverso l’integrazione.

Il progetto open source Mule è stato fondato nel 2003 da Ross Mason, CTO di MuleSoft che ha deciso di creare una nuova piattaforma che metteva in risalto la facilità di sviluppo, la flessibilità e il riutilizzo dei componenti. La piattaforma immediatamente ha trovato un seguito ed è cresciuta rapidamente in termini di adozione, ora conta oltre 100.000 sviluppatori nella comunità Mule.

Ora, MuleSoft ha lanciato la prossima generazione d’integrazione con CloudHub ™, la prima piattaforma d’integrazione fruibile come un servizio (iPaaS). CloudHub è una cloud-based piattaforma d’integrazione, costruita sulla tecnologia leader d’integrazione Mule al centro, che consente agli sviluppatori e team di applicazioni d’integrare ed orchestrare applicazioni e servizi senza soluzione di continuità in tutta l’azienda e nel cloud.

Oggi, MuleSoft è utilizzato in produzione da migliaia d’imprese leader di settore come Walmart, MasterCard, Nokia, Nestlé, Honeywell e DH.

Con Greg Schott, President e CEO di MuleSoft, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sul mercato e un approfondimento sul futuro dell’integrazione.

Symform – Join the revolution

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato Symform un’azienda che propone di utilizzare il network per risolvere il problema dello storage e del backup.

La similitudine con il Grid Computing è molto forte e forse potrebbe davvero rivoluzionare questo settore.

Symform è un sicuro servizio di backup basato sul cloud. La rete di archiviazione Symform protegge i file, la vostra attività: chiunque decida di contribuire alla rete, avrà a vostra disposizione spazio illimitato sul cloud e servizi di backup gratis. A differenza dei tradizionali centri di stoccaggio dati, la rete Symform cripta, divide, e distribuisce a livello mondiale i dati. Questa tecnologia dirompente fornisce più sicurezza e garantisce un abbattimento dei costi oltre che prestazioni superiori rispetto a qualsiasi alternativa di oggi. I clienti che si collegano alla rete Symform contribuiscono fornendo una percentuale dell’eccesso del loro spazio disco locale e in cambio ricevono un servizio di backup gratuito sul cloud.

Con Praerit Garg, President and Co-Founder of Symform, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sula loro rivoluzionaria, rete distribuita di cloud storage.

Cloudera – The platform for Big Data

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato Cloudera una startup protagonista nel settore dei Big Data.

Cloudera, sviluppa e distribuisce Hadoop, il software open source che alimenta i motori di elaborazione dei dati di siti web più grandi e più popolari al mondo.

Cloudera è leader nell’utilizzo del software Apache Hadoop-based e offre servizi e una potente piattaforma dati che permette alle aziende e alle organizzazioni di guardare tutti i loro dati – strutturati e non strutturati – in modo da rispondere a molte grandi domande dando di fatto una visibilità senza precedenti, il tutto alla velocità del pensiero.

Oggi, Cloudera è leader di mercato con decine di migliaia di nodi in gestione; i mercati serviti includono i servizi finanziari, pubblica amministrazione, telecomunicazioni, media, web, pubblicità, vendita al dettaglio, l’energia, la bioinformatica, farmaceutico / sanitario, ricerca universitaria, petrolio e gas, giochi e altro ancora.

Fondata da esperti di primo piano sui Big Data  (tre migliori ingegneri di Google, Yahoo e Facebook (Christophe Bisciglia, Amr Awadallah e Jeff Hammerbacher, rispettivamente)  a cui si si era unito con un ex Executive di Oracle (Mike Olson)) ha l’obiettivo di affrontare “i problemi inerenti l’analisi rapida ed efficace di  grandi moli di dati.

Con sede in Silicon Valley, Cloudera ha il sostegno finanziario di Accel Partners, Greylock Partners e di alcuni angels tra i quali Diane Greene (ex CEO di VMware), Marten Mickos (ex CEO di MySQL), e Jeff Weiner (CEO di LinkedIn). I fondatori del progetto Hadoop, Doug Cutting e Mike Cafarella sono i consulenti di Cloudera.

Con Mike Olson, Chief Executive Officer di Cloudera, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sul business model e sugli skills che deve avere la figura del Data Scientist.

 

Videointervista a Tony Gauda – Founder e CEO di Bitcasa

Durante il tour di Data Manager nella Silicon Valley  una delle startup più interessanti che ho visitato è sicuramente stata Bitcasa.

A differenza di altre soluzioni cloud-based di storage che si limitano a copiare i file nel cloud, Bitcasa offre archiviazione infinita sul desktop. Il modello di archiviazione virtuale consente di sincronizzare tutti i dati attraverso i dispositivi e istantaneamente inviare file di grandi dimensioni ad amici e parenti oltre a fornire backup illimitato in un unico pacchetto.

Ne abbiamo parlato con Tony Gauda, co-fondatore e Chief Executive Officer di Bitcasa.

 

Tony Gauda paragona Bitcasa a Spotify, piuttosto che ad altre soluzioni cloud-based di storage e condivisione di file. Fino ad ora, utenti di oltre 120 Paesi hanno conservato già circa 6 petabyte di dati (pari a 6 milioni di gigabyte).

Bitcasa non richiede che i file siano in una cartella sincronizzata sul disco rigido. Tutti i dati “possono” restare nel cloud a differenza di Dropbox, per esempio, che mantiene una copia del file sul computer e nel cloud. Cosi facendo lo storage diventa infinito!

Non saranno necessari più dispositivi di memorizzazione esterni e gli utenti non dovranno mai preoccuparsi di spazio su disco nuovo.

Inoltre le modifiche apportate su un solo dispositivo saranno disponibili su tutti i dispositivi.

Bitcasa è una startup che ha sede a Mountain View ed è sostenuta da società di venture capital – l’azienda recentemente ha ottenuto 8 milioni di dollari.

Videointervista a Marco Marinucci – Founder & CEO di Mind The Bridge

Il futuro di Mind The Bridge

“Fuggire non è una soluzione, ma confrontarsi con gli altri è una piccola parte di una soluzione”.

Durante il tour nella Silicon Valley ho incontrato a San Francisco, Marco MarinucciFounder & CEO di Mind the Bridge. Dopo tante interviste in remoto finalmente ho avuto la possibilità di vedere con i miei occhi questa fantastica realtà dell’innovazione italiana.

Con Marco abbiamo ripercorso i successi delle ultime edizioni ma soprattutto parlato del futuro, delle nuove attività e dei nuovi progetti.

“Quando siamo partiti nel 2007 avevamo un obiettivo chiaro in mente. Con le Business Plan Competition, simposi e conferenze, Mind the Bridge ha posto le basi per un ecosistema imprenditoriale in Italia. La nostra scuola ha diplomato 44 ragazzi che in molti casi sono diventati degli imprenditori di successo.

Tra di loro c’erano imprenditori seriali, ricercatori che volevano valorizzare le loro intellectual properties, e consulenti d’azienda in cerca d’innovazioni da trasferire elle loro aziende.

Il nostro lavoro però non è finito. Le grandi idee imprenditoriali hanno bisogno di capitale finanziario. Questo è il motivo principale per cui abbiamo deciso di aggiungere un braccio d’investimento per le nostre attività. Mind the Seed (MTS), il cui obiettivo è di investire nelle migliori iniziative che transitano in MTB.

Come ogni altro fondo, dobbiamo generare ritorni economici per i nostri investitori. Mentre le attività di Mind the Bridge erano (e sono) filantropico, Mind the Seed è una for-profit. MTS e la sua società di gestione sono stati creati qualche mese fa e ora sono pienamente operativi.

Un secondo elemento importante della nostra evoluzione è un ampliamento della nostra attenzione oltre l’Italia. Noi pensiamo che le nostre esperienze in questi ultimi 5 anni in Italia, potrebbero essere utilizzate nell’area del Mediterraneo, in particolare Spagna, Portogallo e Grecia. Abbiamo già stabilito piani e partnership (che sarà presto annunciato) in Spagna, Grecia, Libano e Slovenia. In altre parole, un lato del ponte continuerà a essere in Silicon Valley ma l’altra estremità avrà rampe multiple in tutto il Mar Mediterraneo.

Dove le aziende si sviluppino, è un falso problema, l’importante è metterle in condizione di poterlo fare. Il periodo d’incubazione da noi a San Francisco è funzionale all’approfondimento, alla qualificazione e al miglioramento della forma imprenditoriale e alla valutazione di quali possano essere le possibilità di sviluppo dell’azienda. Alcune delle startup che passano da noi troveranno il loro percorso di sviluppo negli US, per altre questo accadrà in Italia. Quello che è rilevante è che siano messe nelle condizioni di crescere. Il fatto che da quest’anno investiamo nelle nostre aziende ci consente di allinearci sui loro obiettivi e fare dei loro successi i nostri successi”. 

Con Marco abbiamo anche affrontato i temi legati alle recenti iniziative della Task Force del Ministro Passera

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