Finalmente libero….di pedalare

C’era una volta un bambino che dalla sua finestra guardava i suoi coetanei andare in bici, c’era una volta un bambino che guardava tutte le tappe del Giro d’Italia in TV sognando di scalare le vette più alte e di vincere tutte le volate.

Beh mi direte cosa c’è di strano in questo?

Nulla solo che quel bambino non sapeva andare in bicicletta, perché il suo papà a sua volta non sapeva andarci e quindi non gliel’ha mai insegnato.

Quando sei piccolo, è difficile vincere le paure e provarci!

Gli anni passavano e quel bambino con il suo sogno nel frattempo si trasformava prima in un ragazzo e poi in un uomo.

Il suo sogno era sempre lì chiuso nel cassetto e le rinunce aumentavano: Quante volte ha finto per evitare le  uscite divertenti con i ragazzi della sua età.

“Ragazzi fittiamo le bici e facciamo un giro dell’isola?”

“Antonio ma tu hai una bici?”

Queste erano solo alcune delle domande cui trovare spesso una risposta di fantasia o di comodo.

Immaginate la vergogna di un adolescente nel dire “non so andare in bicicletta”?

In realtà a qualche amico fidato la verità era stata confidata ma senza ricevere aiuto solo magari la classica battuta “dai non può essere, è facile ci riescono tutti”.

Si è vero è facile forse come  il primo bacio o come nuotare…. Eppure molti si bloccano e pure io!

Negli anni del Liceo la bici non era di moda ma quasi tutti avevano il motorino (ricordate il Sì o il Ciao?), forse però in quegli anni trovare una scusa era più semplice ……infatti, si poteva usare questa:

“Mio padre non vuole che abbia una moto o i miei pensano sia pericolosa”.

Per fortuna a 18 anni l’agonia è finita, con la conquista della patente e della prima auto, infatti non c’era più necessità delle due ruote, eppure dentro di me continuava ad esserci un desiderio tremendo di provarci…. Ma non ero ancora pronto.

Ero insicuro e preso da tante cose, la prima fidanzata seria, l’università, gli amici.

La vita ha fatto il suo corso con la laurea, il lavoro, il matrimonio e i figli……. Una vita sempre a 4 ruote, fino a quando 3 anni fa all’età di 38 anni è scattato un click nella mia testa.

Sapevo che mio cognato aveva una mountain bike che non usava nel suo garage e allora un sabato mattina gli ho chiesto se potevo prenderla  e nel mio garage ci sono salito su.

Ero solo, ero goffo, ero incapace ma ero felice.

Ho iniziato a fare piccoli giri nel garage e poi subito dopo nel parco sotto casa.

Avevo problemi a fare le curve ma tutto sommato ero in equilibrio, finalmente capivo cosa si intendesse per la facilità…. S’intendeva che se pedali la velocità ti tiene in equilibrio.

In realtà non è così semplice, nonostante la sua semplicità, la bicicletta rimane un sistema il cui equilibrio è davvero difficile da comprendere e identificare appieno. In sostanza è come la storia del calabrone: un illustre scienziato una volta disse che secondo i suoi calcoli matematici, data la massa e la dimensione delle ali, il calabrone fisicamente non può volare. Quando un giornalista gli chiese “e allora perché vola?” lo scienziato rispose: “perché nessuno glielo ha mai fatto presente.

Dopo un po’ ho comprato tutta l’attrezzatura necessaria ed ho iniziato a uscire per strada da solo o con alcuni amici ed ho scoperto finalmente cosa vuol dire andare in bicicletta.

Ho visto e visitato posti mai visti e inaccessibili con le macchine, ho fatto salite molto dure come il mio adorato Vesuvio e discese altrettanto ardite in cui facilmente si arriva  a superare i 60 km/h.

Ho goduto di panorami mozzafiato come ad esempio nel mio giro a Positano e sopratutto mi sono sentito libero.

E ora?

Ora continuo quando posso a pedalare cercando di migliorarmi, anche se non è facilissimo avendo poco tempo a disposizione.

Una delle cose principali che ho fatto è stata insegnare subito alle mie due bimbe ad andare in bicicletta per evitare l’errore che mio padre aveva fatto con me.

Ci sono riuscito e ora pedaliamo spesso insieme tutti e tre.

Questa è la mia storia con la bicicletta e con il ciclismo, questa storia dimostra che se si vuole qualcosa si può anche imparare ad andare in bici a 38 anni…….

E ora sapete come mi sento?

Libero, libero, libero, mi sento libero.

—-

NB: Racconto scritto per il Concorso a Ruota Libera di Enel e …che non ho vinto…:(

Videointervista a Marco Marinucci – Founder & CEO di Mind The Bridge

Il futuro di Mind The Bridge

“Fuggire non è una soluzione, ma confrontarsi con gli altri è una piccola parte di una soluzione”.

Durante il tour nella Silicon Valley ho incontrato a San Francisco, Marco MarinucciFounder & CEO di Mind the Bridge. Dopo tante interviste in remoto finalmente ho avuto la possibilità di vedere con i miei occhi questa fantastica realtà dell’innovazione italiana.

Con Marco abbiamo ripercorso i successi delle ultime edizioni ma soprattutto parlato del futuro, delle nuove attività e dei nuovi progetti.

“Quando siamo partiti nel 2007 avevamo un obiettivo chiaro in mente. Con le Business Plan Competition, simposi e conferenze, Mind the Bridge ha posto le basi per un ecosistema imprenditoriale in Italia. La nostra scuola ha diplomato 44 ragazzi che in molti casi sono diventati degli imprenditori di successo.

Tra di loro c’erano imprenditori seriali, ricercatori che volevano valorizzare le loro intellectual properties, e consulenti d’azienda in cerca d’innovazioni da trasferire elle loro aziende.

Il nostro lavoro però non è finito. Le grandi idee imprenditoriali hanno bisogno di capitale finanziario. Questo è il motivo principale per cui abbiamo deciso di aggiungere un braccio d’investimento per le nostre attività. Mind the Seed (MTS), il cui obiettivo è di investire nelle migliori iniziative che transitano in MTB.

Come ogni altro fondo, dobbiamo generare ritorni economici per i nostri investitori. Mentre le attività di Mind the Bridge erano (e sono) filantropico, Mind the Seed è una for-profit. MTS e la sua società di gestione sono stati creati qualche mese fa e ora sono pienamente operativi.

Un secondo elemento importante della nostra evoluzione è un ampliamento della nostra attenzione oltre l’Italia. Noi pensiamo che le nostre esperienze in questi ultimi 5 anni in Italia, potrebbero essere utilizzate nell’area del Mediterraneo, in particolare Spagna, Portogallo e Grecia. Abbiamo già stabilito piani e partnership (che sarà presto annunciato) in Spagna, Grecia, Libano e Slovenia. In altre parole, un lato del ponte continuerà a essere in Silicon Valley ma l’altra estremità avrà rampe multiple in tutto il Mar Mediterraneo.

Dove le aziende si sviluppino, è un falso problema, l’importante è metterle in condizione di poterlo fare. Il periodo d’incubazione da noi a San Francisco è funzionale all’approfondimento, alla qualificazione e al miglioramento della forma imprenditoriale e alla valutazione di quali possano essere le possibilità di sviluppo dell’azienda. Alcune delle startup che passano da noi troveranno il loro percorso di sviluppo negli US, per altre questo accadrà in Italia. Quello che è rilevante è che siano messe nelle condizioni di crescere. Il fatto che da quest’anno investiamo nelle nostre aziende ci consente di allinearci sui loro obiettivi e fare dei loro successi i nostri successi”. 

Con Marco abbiamo anche affrontato i temi legati alle recenti iniziative della Task Force del Ministro Passera

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