Vodafone e Huawei effettuano la prima chiamata al mondo con tecnologia 5G e dual connectivity utilizzando lo standard 3GPP R15 NSA

Vodafone e Huawei hanno effettuato la prima chiamata al mondo utilizzando lo standard 3GPP 5G NR Non Stand-Alone (NSA) e lo spettro di frequenze sub6 GHz. La chiamata, utilizzando una rete di test, è stata effettuata in Spagna poco prima dell’inizio del Mobile World Congress 2018.

L’organizzazione degli standard 3GPP ha concordato lo standard globale “Non-Standalone” per tecnologia 5G come parte della sua “Release 15” introdotta a  dicembre 2017.

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Nel corso del test è stata effettuata una doppia chiamata da 4G a 5G in diretta attraverso un dispositivo Huawei. La connessione Voice over Internet Protocol (VOIP) è iniziata su 4G e ha quindi stabilito la connessione dati su 5G. I tecnici hanno anche testato con successo una videochiamata HD in diretta utilizzando lo stesso processo.

Per effettuare questa prova è stata realizzata una un’apposita rete end-to-end 5G NR utilizzando la banda di frequenza 3,7GHz. Sono state utilizzate apparecchiature Huawei Radio Access Network (RAN) e soluzioni di rete con architettura centrica di microservizi, separazione tra piano di controllo e piano utente, accesso unificato e tecnologia di slicing della rete.

Santiago Tenorio, Head of Networks Strategy and Architecture di Vodafone Group, ha commentato: “Questo è un traguardo importante per Vodafone verso l’introduzione del 5G. Il merito va attribuito agli ingegneri di Huawei e Vodafone che hanno lavorato instancabilmente da dicembre. Questo successo ci consentirà di andare avanti con ulteriori prove del 5G in tutta Europa nel 2018”.

Yang Chaobin, Presidente di Huawei 5G Product Line, ha commentato: “Huawei è fortemente impegnata nello sviluppo della tecnologia di rete 5G end-to-end. Questo risultato mostra la maturità del sistema 5G basato su standard 3GPP. Siamo pronti a continuare la nostra collaborazione con Vodafone e implementare al più presto il suo sviluppo commerciale”.

Peter Meissner, CEO e Membro del Board della NGMN Alliance, ha commentato: “La prima chiamata 5G è stata raggiunta a soli 2 mesi dal completamento dello standard Non-Standalone NR del 3GPP, molto prima di quanto ci si aspettasse. Questo è un segnale molto promettente e conferma che il settore è pronto a presentare i servizi 5G ai consumatori in tempi ragionevoli”.

Il MWC 2018 si tiene dal 26 febbraio al 1 marzo a Barcellona. Huawei presenterà i propri prodotti e soluzioni presso lo stand 1J50 di Fira Gran Via Hall 1, stand 3I30 nel padiglione 3 e la zona Innovation City nel padiglione 4.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito http://www.huawei.com/mwc2018/.

Hyperloop, il treno supersonico del futuro che parla anche italiano, parte in USA

Al via la prima partnership pubblico-privata per il primo studio di fattibilità del sistema interstatale Hyperloop Transportation Technologies tra l’Ohio e l’Illinois

Il treno Hyperloop, viaggiando alla velocità del suono, percorrerà oltre 500 km in 28 minuti (circa 1.200 km/h) collegando Cleveland e Chicago 

La startup è stata creata dall’italiano Bibop G. Gresta, tra i fondatori di Digital Magics, ed è controllata dalla società Jumpstarter, che fa parte del portfolio dell’incubatore quotato su AIM di Borsa Italiana

Hyperloop Transportation Technologies (HTT | HyperloopTT) ha firmato gli accordi ufficiali con la Northeast Ohio Coordination Agency, agenzia di trasporti e pianificazione ambientale e il Dipartimento dei Trasporti dell’Illinois, per iniziare lo studio di fattibilità per creare il primo collegamento interstatale del treno Hyperloop negli Stati Uniti.

Il treno supersonico (una capsula a lievitazione magnetica dentro un tubo a bassa pressione) collegherà Chicago, la più grande città dell’Illinois e Cleveland, capoluogo amministrativo nello Stato dell’Ohio, percorrendo oltre 500 km in 28 minuti e viaggiando alla velocità del suono, a circa 1.200 km orari. 

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HyperloopTT, società con sede a Los Angeles che sta realizzando il supertreno del futuro, ha un pezzo d’Italia al suo interno: è stata fondata dall’italiano Bibop G. Gresta e dal tedesco Dirk Ahlborn. La startup è controllata al 100% da Jumpstarter, partecipata da Digital Magics: il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio italiano, che ha tra i fondatori proprio Bibop G. Gresta.

A gennaio HyperloopTT ha lavorato con un gruppo di rappresentanti del Congresso provenienti da diversi Stati, tra cui Illinois, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin, su una lettera al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per richiedere il sostegno finanziario alle infrastrutture per sviluppare il sistema.

Bibop G. Gresta, co-fondatore e presidente di Hyperloop Transportation Technologies, ha dichiarato: “Questi accordi segnano un momento storico per HyperloopTT. Per la prima volta uno stato americano sta investendo nella nostra tecnologia. È il primo grande passo verso una rivoluzione tecnologica che cambierà il modo di concepire i trasporti”.

Gabriele Ronchini, fondatore e amministratore delegato di Digital Magics, dichiara: “L’affermazione ‘l’innovazione rappresenta il nostro futuro’ non è mai stata più vera quando parliamo di Hyperloop. In soli 5 anni sono oltre 800 le persone che lavorano per questo progetto visionario in tutto il mondo. HyperloopTT ha prodotto 27 brevetti, stretto 8 accordi governativi in fasi avanzate di negoziazione e oltre 40 partnership per lo sviluppo della tecnologia”.

COME FUNZIONA IL TRENO HYPERLOOP

Il progetto Hyperloop è una capsula che si libra sospesa, all’interno di un tubo a bassa pressione. Così come per un aereo in alta quota, la capsula incontra meno resistenza. L’aria rimanente di fronte alla capsula viene convogliata verso la parte posteriore del tubo utilizzando un compressore, che consente di raggiungere velocità incredibili fino ad arrivare a oltre 1.200 km/h e con pochissimo consumo di energia elettrica.

Il sistema è stato progettato con i massimi standard di sostenibilità, in modo da avere un minimo impatto al suolo. L’intero sistema dei tubi è infatti costruito su piloni, in modo da ridurre i costi di acquisizione dei terreni e garantire l’isolamento da condizioni climatiche e ambientali.

La progettazione dei piloni è tale da rendere la struttura a prova di terremoto, nonché autosufficiente in termini energetici. Grazie ai pannelli solari posti lungo tutta la parte superiore dei tubi e grazie a un sofisticato sistema di recupero energetico, Hyperloop è in grado di produrre più elettricità di quanto ne consumi.

 VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=xy_7Az_v0CI

 

Non solo unicorni, il Venture Capital lavora anche come un gestore di portafoglio

 

A cura di Andrea Di Camillo, Managing Partner di P101 Ventures

 

Il venture capital come asset investibile? Non può basarsi solo sulla power law. La regola aurea secondo cui in un portafoglio di VC esiste un solo titolo che sbanca il mercato e da solo fa la partita – trasformandosi in Unicorno e facendo tutti i margini, non vale per il mercato italiano. Dove, com’è noto, esiste un solo Unicorno, la Yoox ora fusa non Net-A-Porter che capitalizza 2,5 miliardi in Borsa.

L’investimento in Venture Capital, percepito come ad elevatissimo rischio, si adatta in realtà anche a profili meno aggressivi, a patto di essere gestito con un processo che ricalca quello dell’asset allocation praticato dalle Sgr che gestiscono prodotti tradizionali, con l’unica differenza che noi trattiamo un asset illiquido. Una strada perseguibile se è vero che le stesse Sgr iniziano a introdurre questa tipologia tra le asset class investibili nei panieri che vengono proposti ai clienti. 

Il venture capitalist non è (solo) un cacciatore di sogni, ma un analista con una visione ampia e articolata di un mercato a cui difficilmente l’investitore ha accesso. Noi monitoriamo ogni anno 2mila aziende e selezioniamo le migliori in base alle idee, alle persone, ai fondamentali su cui si basano e appunto anche in base al loro contributo e peso all’interno di un portafoglio che cerchiamo di bilanciare. 

Impossibile, come nella gestione patrimoniale, prevedere il rendimento di un fondo di VC. Ma quello che si può dire è che un paniere, costruito facendo uno stock picking basato su diversificazione e contenimento del rischio, ha un ritorno di due volte il capitale investito nel tempo della vita del fondo stesso. 

Un funzionamento del tutto diverso e diretto a target completamente differenti rispetto a quello di chi usa l’approccio della power law: nel qual caso si punta su un cavallo che si ritiene vincente, si è inefficienti nel momento in cui si investe, ma si sta comprando un mercato che diventa proprio (è successo con Google, con WhatsApp, Alibaba). Ma è, appunto, un’azione più simile a una scommessa che a un investimento. 

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Nel nostro caso, le scelte di allocazione in portafoglio sono guidate innanzitutto dalla qualità dell’asset. Sono in particolare tre le dimensioni che consideriamo: 

1) La durata. Parliamo di un investimento che ha un orizzonte temporale lungo, se parliamo della fase intermedia di seed, di 7-10 anni. L’idea è tenere una duration media che non superi questo orizzonte: per farlo mescoliamo investimenti in fase di seed, con early stage e later stage. I criteri che determinano la dimensione delle tre categorie sono vincolati all’ampiezza del fondo. Maggiore è la capienza, più scientifico il bilanciamento in termini di duration.

 2) I settori sottostanti. Con P101 abbiamo investito sia in attività B2C che B2B. Semplificando: nel B2B gli investimenti del venture sono inizialmente più contenuti ma durano di più nel tempo, le aziende crescono più lentamente ma i risultati che ottengono sono più duraturi. Dunque a fronte di capitale contenuto, abbiamo ritorni costanti e di medio/lungo termine. Nel B2C, al contrario, l’investimento – e la volatilità – è elevato, soprattutto nella parte di avvio dell’attività, ma anche i frutti si raccolgono nel breve termine. Conseguentemente il profilo di rischio/rendimento è alto.

 3) La geografia. Sempre mantenendo un principio di rilevanza rispetto al mercato italiano, abbiamo cominciato a fare stock-picking , oltre a quelle industry in cui l’Italia è più forte, che anche in altri mercati, laddove le nostre competenze possono essere valorizzate. Abbiamo fatto qualcosa che si avvicina più a un mercato quotato che a un VC, servendoci di un modello finanziario sottostante: un algoritmo proprietario che ci aiuta a fare le scelte corrette basandosi sui numeri e le evidenze: non più tanti biglietti della lotteria ma alcune scelte pesate sulla base delle evidenze in cui la continuità dell’investimento conferma ed accresce il suo stesso valore.

 E proprio per questo e in conclusione, c’è un quarto elemento trasversale, che condiziona l’allocazione, cioè che mancano in Italia i grossi ticket, che sono le operazioni su cui è possibile fare cash flow per l’investitore, pur tenendo il rischio misurato. I nostri investimenti quindi sono ancora piccoli, con un taglio medio di 5 milioni. Su questo gap è necessario intervenire, anche a livello istituzionale-legislativo, per incentivare investimenti più cospicui in quello che resta un mercato estremamente rarefatto rispetto alle potenzialità.

 

 

P101 Ventures – Insightful Venture Capital

P101 Ventures è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: BorsadelCredito.it, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

I consigli di Securing Smart Cities per proteggere i Giochi Olimpici

Perderemo la gara contro i cyber criminali?

Le Olimpiadi sono un’ottima occasione per promuovere la rapida crescita di diverse soluzioni tecnologiche. I Giochi rappresentano, infatti, un incentivo per scienziati, ingegneri e altri esperti a ideare o migliorare soluzioni che possono essere mostrate a milioni di persone e che potranno migliorare e rendere più produttivo il nostro stile di vita.

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“In occasione di ogni Olimpiade scopriamo affascinanti tecnologie innovative per migliorare la comunicazione e l’esperienza degli utenti e per garantire il successo dell’evento. L’ampio uso di strumenti tecnologici attira, tuttavia, l’attenzione di molti hacker che cercano di trovare un modo di introdursi nei sistemi e creare il caos. Questo non comporta solo problemi di sicurezza ma offre anche l’opportunità di dimostrare al mondo intero che siamo in grado di combattere con successo le minacce che ci circondano”, ha commentato Mohamad Amin Hasbini, Senior Security Researcher di Kaspersky Lab

La sicurezza IT è infatti un problema chiave di questo tipo di eventi. Ai Giochi di Beijing del 2008 sono stati registrati circa 190 milioni di cyber attacchi (12 milioni al giorno). In occasione dei Giochi di Londra del 2012 i cyber criminali hanno lanciato oltre 200 milioni di attacchi non andati a buon fine rivolti al sito ufficiale dell’evento. Infine, le Olimpiadi di Sochi del 2014 hanno visto 322 milioni di attacchi, seguiti dai 570 milioni di attacchi delle Olimpiadi di Rio del 2016.

Gli esperti che partecipano all’iniziativa Securing Smart Cities, tra i quali Mohamad Amin Hasbini, Senior Security Researcher di Kaspersky Lab, hanno redatto le linee guida su come proteggere i Giochi Olimpici. Secondo quanto riportato nel report, i principali vettori d’attacco che avranno maggiori probabilità di essere sfruttati per colpire queste Olimpiadi sono i seguenti:

·         Attacchi informatici ai servizi online per l’acquisto di biglietti, prenotazioni, hotel, servizi di trasporto, cibi e bevande (compromissione o blocco del servizio);

·         Cyber attacchi ai sistemi di autenticazione e autorizzazione (accuratezza del controllo degli accessi in loco);

·         Attacchi ai macchinari robotizzati, disattivandoli o controllandoli da remoto;

·         Attacchi alle tecnologie operative cyber-fisiche: riscaldamento, ventilazione e climatizzazione (HVAC), ascensori, luci di emergenza, semafori, strutture per il trattamento delle acque, pompe per acque reflue, droni di monitoraggio e telecamere…

·         Attacchi a dipendenti e partecipanti ai Giochi (phishing, hacking, monitoraggio remoto o manipolazione dei dati, ricatti…);

·         Attacchi alle infrastrutture del Paese: trattamento/distribuzione dell’acqua, energia/elettricità, trasporti/linee aeree, banche, servizi di e-government;

·         Attacchi e tentativi di corruzione dei giudici/manipolazione dei sistemi di giudizio, dei dati e/o delle decisioni relative ai punteggi;

·         Attacchi e manipolazione del monitoraggio degli atleti (sostanze dopanti) o dei sensori di monitoraggio (usati per migliorare i programmi di allenamento e i risultati);

·         Manipolazione dei sistemi di analisi dei dati e degli algoritmi (che aiutano a prevedere il traffico, la densità abitativa, il tempo, esigenza di acqua/energia/storage…);

·         La diffusione di rumors sui social media potrebbe inoltre influenzare le Olimpiadi: profili fasulli potrebbero postare falsi messaggi che possono causare il panico o altri problemi.

Il report completo “Securing the Smart City Olympics” è disponibile al seguente link: https://securingsmartcities.org/wp-content/uploads/2018/02/Securing_olympics_eng_final.pdf

Informazioni su Securing Smart Cities

Securing Smart Cities è un’iniziativa globale no-profit, con l’obiettivo di risolvere le sfide di sicurezza informatica che coinvolgono le smart city attraverso la collaborazione e la condivisione di informazioni. Supportata dai maggiori ricercatori di sicurezza IT, dalle principali aziende e organizzazioni, come IOActive, Kaspersky Lab, Bastille, e la Cloud Security Alliance, l’iniziativa Securing Smart Cities servirà come nodo di comunicazione per aziende, governi, media, iniziative no-profit e individui in tutto il mondo coinvolti nella creazione, nello sviluppo e nella promozione di tecnologie smart e sicure per le città moderne. Per ulteriori informazioni, visitare: http://securingsmartcities.org.

Informazioni su Kaspersky Lab

Kaspersky Lab è un’azienda di sicurezza informatica a livello globale che nel 2017 celebra i suoi primi 20 anni di attività. La profonda intelligence sulle minacce e l’expertise di Kaspersky Lab si trasformano costantemente in soluzioni di sicurezza e servizi per la protezione di aziende, infrastrutture critiche, enti governativi e utenti privati di tutto il mondo. Il portfolio completo di sicurezza dell’azienda include la miglior protezione degli endpoint e numerosi servizi e soluzioni di sicurezza specializzati per combattere le sofisticate minacce digitali in continua evoluzione. Più di 400 milioni di utenti sono protetti dalle tecnologie di Kaspersky Lab e aiutiamo 270.000 clienti aziendali a proteggere ciò che è per loro più importante. Per ulteriori informazioni: www.kaspersky.com/it

 

Ricerca comScore sull’ecommerce UPS Pulse of the Online Shopper

 

GLI ACQUIRENTI ONLINE ITALIANI

SCELGONO I RETAILER INTERNAZIONALI

 

Gli e-shopper italiani utilizzano maggiormente i loro smartphone

per fare acquisti e si stanno orientando sui marketplace

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·         Gli acquirenti online italiani sono al primo posto in Europa per gli acquisti effettuati presso retailer di altri paesi: lo fa l’85% degli acquirenti, di cui l’83% presso retailer europei.

·         Il 98% degli acquirenti online italiani (vs. 96% di quelli europei) ha acquistato su un marketplace e il 44% prevede di farlo sempre di più in futuro. Il 37% delle ricerche preliminari su un prodotto inizia di norma su un marketplace.

·         Il 74% degli acquirenti online italiani considera l’opzione di reso gratuito essenziale al momento del check out e il 78% lo ritiene un elemento importante per la scelta di un retailer online.

 

Questi sono alcuni dei dati che emergono dallo studio europeo

“UPS Europe Pulse of the Online Shopper™” 2017[1] realizzato da comScore su oltre 6.400 acquirenti online europei di sei Paesi (tra cui l’Italia)

 

Sette acquirenti online su dieci a livello europeo, hanno acquistato da retailer al di fuori del proprio paese, soprattutto perché questi offrivano prezzi migliori o perché erano alla ricerca di brand o prodotti specifici.

Gli acquirenti italiani sono più globali, comprano per l’85% da retailer fuori dall’Italia e i principali fattori che considerano quando scelgono di acquistare da retailer al di fuori del proprio paese includono: la sicurezza dei pagamenti (78%), una chiara indicazione del costo totale dell’ordine tasse incluse e imposte (77%), la rapidità di consegna (70%) e una chiara politica di reso (68%).

 

Secondo lo studio “UPS Europe Pulse of the Online Shopper™” 2017, questi dati confermano non solo che i retailer hanno l’opportunità di interfacciarsi con clienti di diverse aree geografiche, ma anche quanto sia fondamentale per loro offrire una gamma di servizi ampia e personalizzata per soddisfare le aspettative degli acquirenti online.

 

“Internet ha reso gli acquisti davvero globali, permettendo ai retailer di commercializzare e vendere i propri prodotti a clienti di tutto il mondo. Il nostro studio mostra che circa tre quarti degli e-shopper europei acquista da paesi al di fuori del proprio e che quindi il momento attuale sia propizio per i retailer di piccole e grandi dimensioni che vogliono espandere la propria attività” ha dichiarato Abhijit Saha, Vice President of Marketing di UPS Europe. “UPS intende aiutare questi retailer a operare a livello internazionale con la stessa semplicità con cui operano nelle proprie città”.

 

Lo studio di UPS ha inoltre evidenziato che quasi tutti gli acquirenti online italiani in linea con la media di quelli europei (rispettivamente 98% vs 96%) hanno acquistato su marketplace, ovvero piattaforme online per retailer terzi. Il 69% dichiara di aver acquistato su marketplace invece che direttamente dal retailer per i prezzi migliori e il 48% per la velocità di consegna.

Gli acquirenti europei, invece, scelgono i marketplace per i prezzi vantaggiosi (67%) e per la scelta più ampia di prodotti in una data categoria (43%).

 

Oltre la metà (57%) degli acquirenti online italiani (vs 52% di quelli europei) considera il numero di opzioni di spedizione offerte di fondamentale importanza quando ricerca o sceglie i prodotti online, e il 78% ritiene importante il reso gratuito. Inoltre il 65% degli acquirenti italiani in linea con la media europea (63%) è interessato a spedizioni in luoghi alternativi di consegna con orari prolungati, se le spese sono inferiori alla consegna a domicilio.

 

I retailer devono anche adottare un approccio “mobile first” perché l’uso degli smartphone per fare acquisti sta aumentando considerevolmente. Secondo lo studio, a livello europeo, il 43% di coloro che possiedono uno smartphone acquista attraverso questo dispositivo. Gli acquirenti ricorrono al mobile anche per tutta una serie di altre attività legate all’acquisto, come la localizzazione dei negozi e le relative informazioni (78%), il tracking degli ordini (78%) e il confronto dei prezzi tra i retailer (75%).

 

I principali punti dello studio a livello europeo:

 

·         Gli acquirenti online utilizzano maggiormente i dispositivi mobile, sono più globali e orientati ai marketplace

·         Il 71% ha acquistato da retailer al di fuori del proprio paese

·         Il 96% degli acquirenti online acquista sui marketplace

·         Il 43% dei possessori di smartphone ha acquistato attraverso il proprio dispositivo

 

UPS Pulse of the Online Shopper™

Lo studio “UPS Pulse of the Online Shopper” analizza le abitudini di acquisto dei consumatori, dalla fase precedente all’acquisto a quella successiva alla consegna. Lo studio 2017 si basa sull’indagine condotta da comScore su oltre 6.400 acquirenti online europei di sei paesi (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito).

 

UPS (NYSE:UPS) è un leader globale nella logistica e offre un’ampia gamma di soluzioni tra cui il trasporto pacchi e cargo, la semplificazione del commercio internazionale e l’utilizzo di tecnologia avanzata per gestire in maniera più efficiente il mondo del business. Con sede ad Atlanta, USA, UPS serve oltre 220 Paesi e territori in tutto il mondo. L’azienda è presente sul web con il sito www.ups.com e il blog aziendale Longitudes.ups.com. Per conoscere le ultime notizie riguardanti UPS, visitate pressroom.ups.com o seguite @UPS_News su Twitter.

comScore
comScore è una società leader specializzata nella misurazione cross-platform a livello globale di audience, brand e comportamenti di consumo. Nel gennaio 2016, comScore ha completato la fusione con Rentrak Corporation per la creazione di un modello di misurazione inedito applicabile ai contesti di consumo odierni, sempre più dinamici e multi-piattaforma. Costruito con un approccio meticoloso fortemente incentrato sull’innovazione, il data footprint di comScore combina un patrimonio di dati proprietari sul mondo digitale, la TV e il cinema a informazioni demografiche approfondite per quantificare su scala globale i comportamenti multischermo dei consumatori. Tale approccio aiuta le aziende nel mondo dei media a monetizzare interamente le proprie audience, offrendo ai marketer gli strumenti necessari per raggiungere efficacemente i consumatori. Con oltre 3.200 clienti e una presenza globale in oltre 75 Paesi, comScore rappresenta il futuro della misurazione nel campo della pubblicità digitale. Le azioni comScore sono negoziate sul mercato OTC (OTC: SCOR). Per maggiori informazioni su comScore, visitare
comscore.com.

 


[1] Basato su un’indagine realizzata su oltre 6.400 acquirenti online in Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito.

 [gview file=”http://www.antoniosavarese.it/wp-content/uploads/2018/02/UPS_POTOS_Infografica_dati-Italia_1_FINAL.pdf”]

[gview file=”http://www.antoniosavarese.it/wp-content/uploads/2018/02/UPS_POTOS_Infografica_dati-Italia_2_FINAL.pdf”]

Facebook lancia in Italia, in vista delle elezioni, una serie di strumenti a supporto della partecipazione civica


A partire dai prossimi giorni le persone su Facebook potranno confrontare la posizioni dei partiti su diverse tematiche e, grazie alla collaborazione con ANSA, seguire in diretta Facebook le interviste ai leader dei principali partiti e movimenti politici

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In tutto il mondo Facebook viene utilizzato per interagire con amici e familiari sui temi a cui teniamo e la politica è uno di questi. Ogni giorno le persone utilizzano Facebook, infatti, per dialogare con i loro rappresentanti politici e per far sentire la propria voce su questioni che stanno loro a cuore. E questo avviene ancora di più durante le elezioni. Come parte del costante impegno a supporto di una comunità informata e civicamente coinvolta, quindi, Facebook vuole aiutare le persone, durante le elezioni, con strumenti che consentano loro di essere facilmente informati su quando e dove votare, su chi sono i partiti coinvolti e le loro rispettive posizioni su temi importanti.

Nei prossimi giorni, quindi, gli italiani presenti su Facebook potranno vedere “Punti di vista”, uno strumento che comparirà nel News Feed e che aiuterà gli elettori a confrontare le pozioni dei principali partiti politici su questioni chiave legate alle elezioni e a vedere una serie di punti di vista diversi.

Le informazioni incluse in Punti di vista sono state fornite dagli stessi partiti politici, che hanno compilato nei giorni passati la sezione Temi presente sulle loro Pagine Facebook. Le categorie della sezione Temi sono state definite insieme a CENSIS, il principale centro di ricerche socio-demografiche italiano, e all’International Center on Democracy and Democratization della LUISS.

Come funziona:

·        Punti di Vista comparirà nel News Feed di tutti gli italiani su Facebook, invitandoli a confrontare le posizioni dei principali partiti politici su diversi temi. L’ordine dei partiti è casuale e i contenuti provengono dai partiti politici stessi. Provengono infatti dalla sezione Temi presente sulla loro pagina Facebook, in cui i partiti possono inserire le loro posizioni su diversi argomenti.

·        Punti di vista mostrerà le posizioni dei 10 partiti e movimenti politici che superano l’1% delle intenzioni di voto secondo i principali sondaggi politici elettorali. La sezione Temi è disponibile per tutti i partiti e candidati.

·        Punti di Vista verrà mostrato, una volta ogni tre giorni, nel News Feed delle persone che utilizzano Facebook in Italia e che hanno impostato i loro dispositivi sulla lingua italiana

Oltre a Punti di Vista, a conferma del costante impegno di Facebook ad aiutare le persone ad avere accesso, sulla piattaforma, a informazioni attendibili, viene annunciata oggi anche la realizzazione, in partnership con ANSA, di una serie di interviste, via Facebook Live, con i leader dei principali partiti e movimenti politici. Le interviste in diretta, che si terranno a partire della prossima settimana nella sede di Facebook a Milano e che offriranno alle persone la possibilità di interagire, fare domande e commentare via Facebook, verranno moderate da giornalisti di ANSA e saranno visibili sia sulla pagina Facebook sia sul sito internet dell’agenzia di stampa, dove verrà reso disponibile anche il calendario degli appuntamenti.

Nelle prossime settimane, Facebook lancerà anche un’altra funzionalità, “Candidati”, che aiuterà le persone ad entrare in contatto con i candidati e i partiti della loro circoscrizione. Con questo strumento, gli elettori potranno conoscere i candidati e le coalizioni della loro circoscrizione ed avere informazioni dettagliate, ad esempio, sui temi rilevanti per ciascun candidato, sugli eventi previsti in campagna elettorale e istruzioni su come votare con il nuovo sistema elettorale.

Inoltre, il giorno delle elezioni, il 4 marzo, le persone vedranno comparire, in cima al loro News Feed, uno strumento che fornirà loro informazioni ufficiali su come e dove votare, oltre a dare la possibilità di far sapere ai propri amici su Facebook di aver votato. E la notte delle elezioni, dopo la chiusura dei seggi, i risultati degli scrutini saranno visibili su Facebook man mano che verranno aggiornati.

  • Giovanni Orsina, vicedirettore dell’International Center on Democracy and Democratization della Luiss:

La democrazia è in difficoltà ovunque. I social media non sono certo l’unica causa di questa crisi, che ha radici molteplici e profonde; però hanno contribuito anch’essi ad accelerare un processo di trasformazione storica sempre più arduo da governare. Gli strumenti che Facebook attiva in questa campagna elettorale possono aiutare a riportare un po’ d’ordine, mettendo in comunicazione elettori e candidati in una maniera più strutturata e garantita. Come sempre è accaduto con l’emergere di nuovi media, anche questi ci vorranno anni prima che impariamo a usarli bene. Le elezioni del 2018 potrebbero rappresentare, in Italia, l’inizio di questo processo di apprendimento.

 

  • Giorgio De Rita, Segretario Generale del Censis:

L’uso dei media digitali è entrato tra le abitudini della vita quotidiana della maggior parte della popolazione italiana. La facilità di accesso alle informazioni e la rapidità di connessione con gruppi nei quali si condividono idee sono diventati valori condivisi dagli adulti come dagli adolescenti e contribuiscono in misura determinante alla crescita del benessere individuale e collettivo. L’evoluzione nel consumo dei media e delle piattaforme digitali porta però con sé nuove domande di tutela a cui tutto il sistema sociale deve delle risposte. In questa direzione si muovono le nuove iniziative di Facebook per mettere a disposizione del nostro Paese strumenti innovativi di informazione pubblica e di costruzione consapevole del consenso. Iniziative alle quali il Censis guarda con interesse e per le quali ringrazia Facebook per aver chiesto la nostra valutazione ascoltando con attenzione il nostro punto di vista su come sta cambiando la società italiana.

OPEN INNOVATION – UNILEVER E PEEKABOO PREMIANO COZEAT

UNILEVER E PEEKABOO PREMIANO COZEAT – The cozy breakfast,

PROGETTO VINCITORE DEL LEAN STARTUP PROGRAM

 

Il progetto COZEAT – The cozy breakfast ha vinto l’edizione speciale del Lean Start Up Program, il corso di formazione leader in Italia per creare una startup e validare il modello di business sul mercato che Peekaboo, pre-acceleratore di impresa di Roma, ha organizzato per Unilever Italia e che ha preso il via nella sede romana dell’azienda lo scorso 20 novembre.

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“Questo progetto ha per protagonisti i giovani e le loro idee più innovative, che da sempre rappresentano il futuro della nostra azienda e l’investimento più sicuro su cui puntiamo” – afferma Gianfranco Chimirri, Responsabile HR di Unilever Italia – “In particolare, il team vincitore individua un segmento in crescita nel mercato delle strutture ricettive complementari, il delivery breakfast. Abbiamo premiato un progetto che intercetta un bisogno oggi non soddisfatto cui risponde in modo innovativo e concreto. In Unilever crediamo fortemente nell’apporto generato dall’incontro virtuoso tra innovazione e giovani talenti esterni all’azienda e, insieme a Peekaboo, abbiamo avuto l’opportunità di uscire dagli uffici e raggiungere una reattività senza pari nello sviluppo di nuovi progetti che possano incrementare crescita, competitività e fiducia tra i consumatori. Sono convinto che nella convergenza tra i talenti interni e quelli esterni, nella contaminazione tra le capabilities Unilever e quelle presenti nell’Open talent economy e nell’apertura dell’organizzazione a nuovi modi di lavorare risieda la chiave per il successo in un business che si evolve in maniera costante”.

 L’idea vincitrice prevede la realizzazione di una piattaforma di delivery delle colazioni dai migliori bar sino alle strutture ricettive partner: COZEAT – The cozy breakfast risponde al bisogno degli host che affittano appartamenti ma non possono offrire la colazione ai propri ospiti a causa di vincoli normativi, lasciando un vuoto primario per chi vive l’esperienza vacanza.

Cisco accelera sul Multicloud con importanti innovazioni alla piattaforma HyperFlex

Ulteriore supporto per i container e Microsoft Hyper-V e piena integrazione dei servizi multicloud

 

Cisco presenta la nuova versione software 3.0 per la piattaforma Cisco® HyperFlex™, garantendo prestazioni e semplicità a tutte le applicazioni, in ogni tipologia di cloud e con la massima scalabilità. Le novità includono il supporto per Microsoft Hyper-V, cluster estesi, container e nuovi servizi multicloud che permettono di distribuire, monitorare e gestire applicazioni in qualsiasi tipo di cloud. Il risultato è una piattaforma che permette lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni sia tradizionali che cloud native su una piattaforma comune di iperconvergenza.

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Cisco HyperFlex: il potere della semplicità

Le altre soluzioni di iperconvergenza non considerano quanto siano decisivi il networking e i file system distribuiti sulle prestazioni e la scalabilità dei server cluster. Cisco ha ridefinito l’iperconvergenza con un approccio end-to-end completo che consente di progettare server e tecnologia di rete ad alte prestazioni, con un filesystem appositamente realizzato. Si ottengono in questo modo prestazioni senza precedenti che permettono ai clienti di supportare in modo efficiente una vasta gamma di applicazioni, inclusi database e workload ERP cruciali.  

 

“L’approccio di HyperFlex permette di ottimizzare le prestazioni dei database Microsoft SQL e Oracle e delle applicazioni critiche con una delivery veloce, costi inferiori e una gestione più efficace”, ha dichiarato Edivaldo Rocha, CEO di CorpFlex.

 

L’ultima versione di HyperFlex si basa dunque su un’architettura avanzata e permette di semplificare ulteriormente le attività. “Ciò che ci chiedono i clienti è semplicità operativa, scalabilità e capacità di soddisfare le esigenze specifiche di ciascuna delle applicazioni”, ha dichiarato Liz Centoni, senior vice president e general manager del gruppo del Computing Systems Product Group di Cisco. “La nuova piattaforma HyperFlex è l’esempio concreto di ciò che stiamo facendo per semplificare e migliorare le attività nei data center e per supportare le organizzazioni affinché possano prosperare in un mondo multicloud”.

 

Eseguire qualsiasi applicazione

HyperFlex 3.0 integra importanti innovazioni per i workload critici e cloud-native:

  • Supporto Multi-hypervisor. Oltre a VMware ESXi, HyperFlex fornisce supporto hypervisor per Microsoft Hyper-V.
  • Supporto per i Container. Le innovazioni apportate alla piattaforma dati includono un driver FlexVolume per consentire lo storage costante per i container gestiti da Kubernetes, permettendo lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni cloud-native su HyperFlex.
  • Validazione delle Applicazioni Enterprise. HyperFlex è ideale per un’ampia gamma di workload con strumenti di profilazione e dimensionamento dei vari carichi di lavoro disponibili per supportare i progetti di migrazione delle applicazioni. Oltre alle guide per la progettazione e l’implementazione di Virtual Server Infrastructure (VSI) e Virtual Desktop Infrastructure (VDI), sono ora disponibili guide di progettazione Cisco per database mission critical, analytics e applicazioni ERP – tra cui Oracle, SQL, SAP, Microsoft Exchange e Splunk.

 

Su qualsiasi tipo di Cloud

Le organizzazioni oggi richiedono la mobilità dei carichi di lavoro e il monitoraggio delle applicazioni attraverso cloud pubblici e privati.  HyperFlex è la piattaforma per l’era multicloud e offre nuove integrazioni di servizi con il portfolio software multicloud di Cisco:

  • Application Performance Monitoring. AppDynamics con HyperFlex consente di monitorare le prestazioni delle applicazioni ibride in esecuzione su HyperFlex e su più cloud.
  • Application Placement. Cisco Workload Optimization Manager (CWOM) per HyperFlex assiste i clienti con l’analisi automatica e il workload placement.
  • Cloud Management. Lanciato lo scorso anno, CloudCenter for HyperFlex consente la gestione del ciclo di vita dei carichi di lavoro in uno o più cloud privati o pubblici.
  • Cloud Privato. CloudCenter for HyperFlex semplifica l’implementazione e la gestione delle macchine virtuali, dei container e delle applicazioni, rendendo facile il compito di sviluppatori e amministratori nel consumo di cloud privati.

 

Di qualsiasi misura

Solo Cisco permette ai clienti di gestire carichi di lavoro in rapida crescita con una resilienza completa, godendo al contempo della portata globale della gestione dei sistemi basati su cloud.

  • Più scalabilità e resilienza on premises. A supporto dei clienti con una maggiore densità di macchine virtuali, i cluster HyperFlex sono ora in grado di raggiungere 64 nodi con una maggiore resilienza, grazie a spazi di disponibilità completamente automatizzati.
  • Stretch Clusters Across Datacenters. Per soddisfare i requisiti di protezione dei dati e di elevata disponibilità, HyperFlex può ora essere configurato in cluster di estensioni per garantire la massima disponibilità.
  • Gestione basata su Cloud nei Data Center. Cisco Intersight ora supporta HyperFlex Cloud Deployment, portando l’implementazione semplificata e la gestione in qualsiasi località remota

 

Le applicazioni sono al centro della trasformazione digitale.  Il paesaggio applicativo in continua evoluzione richiede il supporto sia per carichi di lavoro tradizionali monolitici che per architetture di microservizi distribuite. Inoltre, la possibilità di abilitare un ambiente operativo multicloud sta rapidamente diventando un requisito dei data center. Secondo la CloudView Survey di IDC del luglio 2017, l’85% degli intervistati sta valutando o utilizzando il cloud pubblico, mentre tra gli attuali utenti del cloud l’87% ha adottato misure per portarsi verso una strategia cloud ibrida e il 94% prevede di utilizzare diversi cloud.

 

Le organizzazioni stanno rapidamente adottando infrastrutture di iperconvergenza (HCI) per contribuire a semplificare i loro ambienti.  HCI è uno dei segmenti in più rapida crescita nell’area dei data center con un CAGR a 5 anni (2016-2021) del 30,2% (Fonte: IDC Worldwide Quarterly Converged Systems Forecast Tracker, 3CQ17). Cisco HyperFlex viene adottato come piattaforma principale per l’IT aziendale, accelerando questa transizione di mercato con oltre 2000 clienti in tutto il mondo.

 

 

Risorse a supporto

 

 

Cisco HyperFlex Systems™

I sistemi Cisco HyperFlex offrono un’iperconvergenza completa, combinando computing, storage e risorse di networking in una piattaforma semplificata e facile da usare. La piattaforma dati HyperFlex, progettata con il sistema Cisco Unified Computing System (Cisco UCS®), offre una struttura dinamica dei dati, grazie a prestazioni leader del settore, di cui i clienti hanno bisogno per semplificare un maggior numero di applicazioni nei loro data center. I sistemi Cisco HyperFlex offrono l’agilità, la scalabilità e un approccio pay-as-you-grow del cloud, ma con i vantaggi dell’infrastruttura on-premises. Cisco HyperFlex. Semplificare di più.

Il marketplace lending made in Italy: a che punto siamo (e dove vogliamo arrivare)

È uno dei quattro best investment del 2018 secondo Forbes: il P2P lending è sempre più sotto i riflettori di esperti e opinione pubblica. BorsadelCredito.it, il primo operatore italiano di P2P lending per le PMI, fa un bilancio della strada percorsa fin qui e traccia le possibili, auspicabili novità che ci attendono per l’anno appena iniziato.

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1) Il primo punto che rappresenta un giro di boa per l’Italia è la riforma della tassazione approvata con la legge di Bilancio 2018. Ne abbiamo parlato dettagliatamente qui. In sostanza, il legislatore ha rimosso l’anomalia che fino al 2017 penalizzava dal punto di vista fiscale il P2P lending imponendo al prestatore di pagare le tasse sui suoi guadagni derivanti da questa asset class ad aliquota marginale sul reddito: dal 23% per redditi sotto i 15mila euro al 43% per quelli sopra i 75mila. Dal 3 gennaio l’aliquota unica è la stessa che si paga sui rendimenti che derivano da fondi comuni, bond e azioni: il 26%. Un dato che non potrà che fare bene al nostro settore e spingerne la crescita. Ed è uno degli obiettivi che gli operatori specializzati si erano posti a inizio 2017: obiettivo centrato.

 

2) Un secondo obiettivo del 2017 era quello di consentire l’ingresso, come investitori, anche agli istituzionali. Ne abbiamo parlato approfonditamente, per esempio qui: i fondi di direct lending in Europa hanno erogato 13 miliardi di euro in prestiti alle imprese e hanno una potenza di fuoco di circa 54 miliardi. Le piattaforme come BorsadelCredito.it sono le candidate ideali a ospitare fondi di direct lending, ovvero fondi che eroghino credito all’economia reale e che siano investibili anche da investitori istituzionali. La nostra piattaforma è pronta a partire e lo farà nel corso del 2017. Poi dalle parole siamo passati ai fatti: il 17 ottobre abbiamo annunciato il lancio del Fondo Colombo, il primo fondo di investimento alternativo dedicato agli investitori professionali, che ha un obiettivo di raccolta di 100 milioni in 5 anni. Colombo è gestito da BorsadelCredito.it attraverso ART SGR S.p.A.; la banca depositaria è Caceis Bank. Sono previsti vari closing per i primi due anni e il calcolo del NAV due volte l’anno. Le quote minime di investimento variano tra 500.000 e 2.500.000 di euro a seconda delle classi di investimento. Colombo offre ritorni elevati (target netto al 5,5%), rischio contenuto e decorrelazione totale rispetto al mercato. Per l’Italia si tratta di una novità assoluta. 

 

3) Un bilancio non è tale se non si fa una summa numerica: nel 2017 il volume del P2P lending italiano è cresciuto in maniera esponenziale e, soprattutto, sono nate nuove piattaforme e altre se ne attendono nell’anno appena iniziato. Una notizia che non può che far bene al mercato, rendendolo più efficiente. Per restare ai puri numeri, citiamo quello di P2P Lending Italia che rileva l’ingresso in una nuova dimensione per il comparto con l’ingresso di operatori importanti come Fifty (sconto fatture) e Lendix (prestiti alle imprese). Secondo l’osservatorio trimestrale del sito il mercato avrebbe toccato quota 111,5 milioni con un aumento del 40% trimestre su trimestre e del 267% rispetto a un anno fa. Il settore dello sconto fatture avrebbe generato 84,8 milioni negli ultimi tre mesi dell’anno e quello dei prestiti alle imprese circa 10 milioni di nuove erogazioni, rispettivamente quintuplicando e quadruplicando i numeri di un anno prima. In totale questi due settori valgono, dall’avvio del mercato, 275,4 milioni, che arrivano a 383 milioni se si aggiungono anche i prestiti personali. Si tratta di numeri che, per ammissione della stessa P2P Lending Italia, potrebbero sottostimare la portata del fenomeno. Iniziamo, cioè, a uscire dal recinto dei fenomeni di nicchia e a essere rilevanti, per quanto ancora piccoli rispetto a UK e USA (ma non particolarmente rispetto ad altri Paesi dell’Europa Continentale).

 

4) A proposito di Europa Continentale, su questa area del mondo puntano anche le pioniere britanniche del marketplace lending: il funding gap per le PMI è un problema sempre più gravoso. Nel Regno Unito, secondo Funding Circle, nel periodo da fine 2013 a Giugno 2017 lo stock netto di prestiti alle PMI anglosassoni da parte del sistema bancario inglese ha subito un decremento di 2,5 miliardi di sterline, la metà delle quali è stata erogata in compenso dalla piattaforma britannica ormai leader nel mondo. Secondo dati EBA elaborati da KPMG i prestiti bancari alle PMI europee sono passati dai 95 miliardi del 2008 a circa 54 del 2013/2014, mentre lo stato degli NPL in pancia alle banche non lascia presagire nulla di buono. E, per l’Italia, questa situazione è quanto mai esasperata. Lo spazio di crescita per le piattaforme che fanno credito alle imprese online è amplissimo: la stessa Funding Circle è convinta che l’Europa supererà il Regno Unito nei prossimi anni. Noi ci auguriamo che questo possa accadere quanto prima.

 

5) Abbiamo osservato, rispetto a inizio 2017, i primi segnali che l’Unione Europea si stia interessando al marketplace lending come alternativa per il finanziamento delle PMI. Non solo l’Unione Europa, ma anche il legislatore italiano, tanto che siamo stati chiamati in Audizione alla Camera presso la Commissione Finanze. L’auspicio è che questo sia il primo passo per la creazione di una legislazione unica e univoca in ambito sia italiano sia europeo. L’unica norma che oggi regola il nostro settore è la sezione IX delle nuove norme sulla raccolta del risparmio da parte dei soggetti non bancari. In questa norma il social lending è definito come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.” Oggi le piattaforme possono operare se sono istituto di pagamento ex art. 114 TUB, intermediario finanziario ex art. 106 TUB o istituto di credito. E possono fare da intermediari nelle trattative personalizzate tra imprenditori e singoli finanziatori. Nelle disposizioni, approvate lo scorso novembre, c’è specificato poco altro. La mancanza di una normativa organica non potrà durare a lungo, visti anche i ritmi di crescita del mercato: una più spiccata chiarezza e completezza nella normativa faranno certamente da propulsore per una maggiore conoscenza e autorevolezza del mercato della finanza alternativa. 

 

6) La cooperazione con le banche. Qualcosa si muove anche in Italia. Sono le banche maggiori, Intesa San Paolo, eletta da Forrester Research come una delle 7 banche al mondo più all’avanguardia nel settore della trasformazione digitale, grazie alla creazione del VC Neva Finventures e all’alleanza strategica stretta con The Floor, un incubator israeliano di fintech. La banca, attraverso il veicolo di VC, ha investito nella piattaforma britannica Iwoca, attiva nei prestiti alle imprese. Anche UniCredit ha creato il fondo Evo per investire nel mondo Fintech. La collaborazione con il Fintech per le banche è vitale, soprattutto con l’entrata in vigore della PSD2. Ma, a nostro avviso, sono soprattutto le banche del territorio che potrebbero beneficiare dei servizi erogarti via Fintech: auspichiamo la creazione come in Gran Bretagna, di un referral scheme che prevede che ogni richiesta di finanziamento fatta da una PMI e non gestita dalla banca debba essere segnalata alle piattaforme che possono offrire un servizio alternativo. Anche in questo caso, il legislatore ha in mano le chiavi per dischiudere un mercato. 

 

7) Milano hub europeo del FinTech? Abbiamo perso la gara per l’Agenzia Europea del farmaco, ma potremmo ancora vincere quella per diventare l’Hub europeo del Fintech. Qualcosa, nel 2017, si è mosso anche in questo ambito, dopo gli appelli lanciati da Guido Rosa, il presidente dell’associazione italiana delle banche estere, per esempio qui e dal presidente della Consob Giuseppe Vegas. Qualcuno, segnatamente SellaLab e Copernico, ci ha messo il cappello, fondando il Fintech District, con l’obiettivo di sviluppare le società italiane ed europee di Fintech attraverso l’aggregazione degli operatori. 

 

8) Resta un auspicio, mancato per un soffio nell’ultima legge di Bilancio: l’ingresso nei PIR. Un nostro cavallo di battaglia, che speriamo si concretizzi nel corso del 2018. Come nei britannici IFISa, derivazione degli Isa da cui i nostri PIR hanno tratto ispirazione, i panieri dedicati all’economia reale potrebbero (dovrebbero) contemplare una percentuale di P2P lending, ovvero prestiti alle PMI, pescando dall’intero universo di oltre 4 milioni di realtà che sono l’ossatura del nostro sistema industriale. A piccoli passi, il P2P lending sta diventando grande. 

 

Informazioni su BorsadelCredito.it

BorsadelCredito.it è il primo operatore italiano di peer to peer lending per le PMI.

Specializzata nel credito alle micro, piccole e medie imprese, BorsadelCredito.it vanta oggi più di 15.000 imprese clienti provenienti da tutta Italia, oltre 2000 prestatori e oltre 22 milioni di euro finanziati. La start-up fintech è nata nell’ottobre 2013 come piattaforma digitale di brokeraggio per il credito alle aziende, aprendo nel settembre 2015 il canale del P2P lending come primo operatore per le aziende in Italia, in qualità di Istituto di pagamento autorizzato da Banca d’Italia. BorsadelCredito.it è gestita da un gruppo societario, la cui Holding è la Business Innovation Lab S.p.A., che controlla al 100% altre due società: Mo.Net S.p.a. con socio unico (società iscritta all’albo degli istituti di pagamento ex art. 114 septies del T.U.B con il codice 36058.6), la società del gruppo autorizzata a svolgere i servizi di social lending, attraverso cui gli utenti possono prestarsi il denaro e restituirlo a rate; e ART SGR S.p.a. con socio unico, Iscritta all’Albo delle SGR di cui all’art. 35 comma 1, sezione FIA del TUF con codice iscrizione albo n.161, che gestisce il fondo di credito “Colombo”.

 

 

 

L’Enterprise Data Management è essenziale per affrontare il GDPR

Con l’avvicinarsi del 25 maggio 2018, data fissata per l’entrata in vigore del GDPR (General Data Protection Regulation), è sempre maggiore la pressione all’interno delle organizzazioni, praticamente tutte, chiamate a conformarsi al regolamento.

Per adempiere alla normativa è infatti necessario interpretare e ‘scaricare a terra’ principi e indicazioni, definendo una roadmap e un framework attuativi concreti e sostenibili. Il regolamento impone infatti di dichiarare un percorso di consolidamento del sistema di protezione dei dati personali, partendo dalla definizione del perimetro, dall’analisi delle minacce a cui sono sottoposti i dati, fino alla esplicitazione delle misure organizzative e tecnologiche adottate a copertura dei rischi.

“Non basta però dire cosa si fa. Bisogna anche fare quello che si è detto,” sostiene Alberto Scavino, CEO di Irion, software house specializzata nell’Enterprise Data Management. “Le misure dichiarate devono essere implementate e organizzate in un sistema codificato di gestione dei dati personali, che ha molti punti in comune con la conformità a normative già attive in diversi settori, come il Finance, e con le migliori pratiche di governo del patrimonio informativo”.

Questa analogia è una grande opportunità in termini di efficienza e sostenibilità: gli stessi metodi, tecniche e strumenti di data management e data governance possono e devono essere estesi per coprire esigenze di conformità al GDPR.

Il ruolo dell’enterprise data management

Un approccio proattivo, integrato e coerente necessita di un solido supporto strumentale, ovvero di un sistema di [amazon_textlink asin=’B01MTBKS2U’ text=’Enterprise Data Management’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’95920948-04fe-11e8-87c1-93c7eeda07d2′] in grado di assicurare la flessibilità e la dotazione funzionale necessarie a coprire i requisiti di differenti finalità di gestione dei dati.

Una piattaforma in grado di esplorare il system landscape (data discovery) per creare una mappa dei dati, categorizzarli in base alle singole tipologie e finalità di impiego, valutare i rischi connessi, configurare ed eseguire le regole di dismissione dei dati, verificarne l’esattezza eventualmente attivando le opportune azioni di rettifica. Per salvaguardare le informazioni può rivelarsi necessario lo sviluppo di una delle misure per la protezione dei dati suggerite dalla normativa stessa, la pseudonimizzazione, attraverso tecniche di [amazon_textlink asin=’1546377972′ text=’data masking.’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’84b5eef3-04fe-11e8-8086-4f162dc340be’] La piattaforma deve inoltre disporre delle funzionalità necessarie a garantire una risposta efficace e tempestiva all’esercizio da parte degli interessati dei propri diritti (consenso, rettifica, oblio, portabilità) al verificarsi di violazioni (data breach), ai requisiti di reportistica regolamentare (es. registro dei trattamenti).

Ma lo strumento è solo uno dei fattori abilitanti: è necessario impiegarlo in modo corretto, con il supporto di professionisti del dato, per valorizzarne tutte le caratteristiche sulla base di un metodo concreto applicabile a differenti esigenze gestionali.

La piattaforma EDM, gli add-on RTG e i relativi servizi professionali abilitanti di Irion danno una risposta completa e integrata a queste esigenze, fornendo un potente ambiente integrato di governo e gestione dei dati con tutte le feature necessarie a coprire i requisiti tecnici introdotti dal GDPR: data quality, data discovery, data governance, gestione di business glossary e metadata, data masking, master data management e workflow management. Il tutto, arricchito da potenti funzionalità di autodocumentazione e di reporting, costituisce una risposta completa e modulare, basata su una chiara visione del percorso di adeguamento alla normativa e al suo presidio in esercizio.

Per approfondire tematiche connesse al regolamento, Irion ha inoltre creato il gruppo LinkedIn GDPR Italia, attraverso il quale è possibile entrare in contatto con Manager che si occupano della “protezione dei dati personali”: un luogo d’incontro virtuale dove condividere esperienze o confrontarsi con altri esperti, facendo chiarezza sulle indicazioni normative e trovando spunti, idee o soluzioni utili.

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