[re]vive a contemporary factory of culture – FuoriSalone Milano


 

Prendi parte alle conferenze e ai dibattiti che affronteranno questioni centrali rispetto all’evolversi del pensiero e della pratica nella cultura del progetto.

Powered by [im]possible living
[im]possible living è una piattaforma online per la mappatura degli spazi abbandonati e la loro riattivazione attraverso progetti collaborativi con i cittadini. Per il Fuorisalone, [im]possible living rianimerà gli spazi inutilizzati della Ex Fornace sul Naviglio – formalmente una biblioteca, ma mai utilizzata – con le energie di chi sta cercando nuove strade per progettare e vivere gli spazi del sapere del domani.
Il 14 Marzo 2013 [im]possible living ha lanciato tramite la sua piattaforma [re]vive Call for ideas, chiamando all’appello Maker, Startup, Designer. Dall’11 al 14 Aprile 2013, più di 40 progetti selezionati creeranno all’interno della Ex Fornace uno spazio per l’innovazione nel campo del design e della tecnica, un database fisico e virtuale dell’espressione della creatività in Italia e all’estero.
[re]vive è un serbatoio di occasioni.

E’ l’occasione per far rivivere collettivamente uno spazio inutilizzato ma splendido tramite le energie delle persone. E’ l’occasione di poter esporre in uno spazio situato nel cuore del Fuori Salone a prezzi accessibili per chiunque. E’ l’occasione per mostrare usi e pratiche che realmente possono entrare a far parte del programma urbano e sociale della città di Milano. E’ l’occasione per sperimentare una probabile forma della biblioteca contemporanea: uno spazio di relazione dove la produzione creativa, intellettuale, innovativa divenga più centrale dell’accesso alla conoscenza. Ma soprattutto è un’occasione collettiva.
[re]vive espone lavori di:

 Ciclostile Architettura

Sostilla

3AG ROAaaaR

3AG Bags

Bruko Boards Bologna

Balera

45 Design Memory Game

Flapper – Girls in Progress

Spazio Caffelarte

Fotonomica

Miolab

WASProject

joGa Glass

InScenica

Punto Soave

Eltiburon

COLTIVIAMO[CI]

Fabio Alessandro Fusco

ONarch

abacO

bonoboaffair

Con|temporary Spaces_collective

Collective – designed and hanprinted in Italy

crosssign

DarioDiarena

Smateria

MOBILIdinamici

Unbeldì

asweetlove

coNNection<>coLLection

co-de-it

disguincio

niccolo casas design

dothemutation

synth-e-tech

pastrocchi

lopan

Rob De Matt

DettoFatto

re-watering

i Manufatti

Light(ME)Up

Serena Balbo

Anna Barbieri

ossicine by Monia Antonelli

light in a cage

Vetrolab – chiara valentini

RESHAPE

REL-ART Relazionalità d’arte

CheBelloProject

PanemEtCircenses

gaiagrassi

supercake

D-Still

Nel corso dei quattro giorni di evento avranno luogo conferenze e dibattiti su diversi temi legati al design, alla cultura e alle sperimentazioni. Di seguito il programma degli interventi.

 


Giovedì 11 Aprile 2013

ore 16:00, tavola rotonda: “Librerie 2.0: le nuove produzioni e il nuovo sapere”

A cura di Sabina Barcucci

Le forme della conoscenza stanno cambiando. Il sapere è sempre più prodotto e organizzato attraverso siti, social network, piattaforme e archivi digitali online. Allo stesso tempo, nuove tecnologie di produzione materiale stanno portando ad una rinascita della cultura del fare, all’intersezione tra artigianato, tecnologia e design; è l’avvento dei makers, dell’autoproduzione, del Do-It-Yourself. Stiamo assistendo, quindi, all’emergere di nuove forme di accesso, fruizione e condivisione della cultura. Quali spazi, nella città, possono divenire i luoghi per leggere ed agire questa trasformazione? Le biblioteche e le librerie perderanno il ruolo centrale che hanno avuto nel passato, o sapranno reinventarsi per affrontare il cambiamento? Ne discuteremo con professionisti e ricercatori nei settori della cultura, delle biblioteche e dell’autoproduzione, per tracciare alcuni percorsi possibili verso la Libreria 2.0.

Marco Muscogiuri (Architetto, Alterstudio Partners)

Franca De Ponti (Bibliotecaria, Paderno Dugnano)

Gianni Biondillo (Scrittore e Architetto)

Massimo Bianchini (INDACO Department Design, Polimi)

Massimo Menichinelli (Open P2P design, Aalto University)

La cittadinanza e le associazioni e organizzazioni di Zona 6 e non solo sono invitate a partecipare alla tavola rotonda al termine del quale potrà aver luogo un dibattito con il pubblico su queste tematiche legate a Milano.

ore 19:00, Concerto

 

Venerdì 12 Aprile 2013

ore 16:00, tavola rotonda: “Architecture’s default” abbiamo ancora bisogno degli architetti?

A cura di Elisa Poli, Giovanni Avosani   |  Cluster Theory

La figura professionale ed in primo luogo culturale dell’architetto necessita nel momento della ridefinizione del panorama edilizio ed economico italiano un processo di comprensione dei propri confini, ambiti progettuali ed assunzioni di responsabilità.

Rossella Ferorelli (NIBA – Network Italiano blog di Architettura)

Davide Tommaso Ferrando (Architectureinabox)

Lorenzo Viscanti (Imprenditore New Media)

Gianluigi Ricuperati (Direttore Domus Academy)

Lucia Giuliano (www.whoami.it)

Stefano Mirti (www.whoami.it)

Bertram Niessen (Ricercatore in Urban Studies)

Giacomo Borella (Studio Albori)

Francesca Sarti (Arabeschi di Latte)

ore 19:00, Concerto

 

Sabato 13 Aprile 2013

ore 16:00, tavola rotonda: “Architecture’s default” exit strategies per il progetto futuro

A cura di Cluster Theory  + [im]possible living

Non rimane che riconsiderare i palinsesti disciplinari e con essi i sistemi di produzione delle figure professionali per implementare i processi creativi nel percorso di studio e fare emergere le reali capacità progettuali, se con progetto si intende la capacità organizzativa di arrivare ad un risultato coerente con le aspettative, superando la deriva nozionistica.

Alberto Cottica (Università di Alicante)

Annibale D’Elia (Bollenti Spiriti, Puglia)

Flaviano Zandonai (Euricse, Iris Network)

Rossella Ferorelli (NIBA – Network Italiano blog di Architettura)
Riattivatori edifici abbandonati:

Andrea Bartoli (Farm Cultural Park, Sicilia)

Marija Dimitrijevic Miskovic (Civic Initiative, Openly about Public Spaces, Belgrado, Serbia)

Fabrizio Casetti e Maria Livia Brunelli (Spazio Grisù, Ferrara)

 

ore 19:00, Concerto

Domenica 14 Aprile 2013

ore 14:00, tavola rotonda: “Advancity. Territori computazionali tra design, arte e scienza”

A cura di  Sabina Barcucci

Cosa succede al crocevia tra design, arte e scienza? Mai come negli ultimi anni i perimetri tra queste discipline sono stati così sfumati, e la collaborazione nelle pratiche di confine sta divenendo sempre più diffusa e necessaria all’innovazione reciproca. In questi nuovi panorami matematica, chimica, biologia, design, architettura, informatica e pratiche artistiche attingono continuamente gli uni dagli altri, in un processo di scambio continuo basato sulla sperimentazione.

Quali saranno le ricadute della commistione tra design, scienza e informatica? Quali nuove percezioni acquisiremo e che tipi di previsioni possiamo fare circa l’influsso degli algoritmi digitali sulla nostra esperienza di vita quotidiana? Quali saranno le nuove forme di espressione frutto dal lavoro congiunto di artisti e scienziati?

Cercando di rispondere a queste domande, riuniremo attorno ad un tavolo alcune figure chiave nella pratica e nella ricerca di questi anni.
Alessio Erioli (Ricercatore, CoDeIt)

Andrea Graziano (Architetto, CoDeIt)

Mirco Daneluzzo (Architetto, Disguincio & co)

Marco Mancuso (Critico, Digicult)

Sheref S. Mansy (Biochimico, Living Machine Scientist )

Riccardo Mantelli (Software Artist)

Alessandro Delfanti (Giornalista Scientifico, Attivista)
ore 16:00, Concerto

Cluster Theory è un gruppo di ricerca che indaga le pratiche dell’architettura contemporanea attraverso un approccio critico metodologicamente basato su un team multidisciplinare. Fondato da Elisa Poli e Giovanni Avosani nel 2011 il network si sviluppa tra Milano, Venezia, Ferrara, Bologna e Firenze grazie al contributo di architetti, urbanisti, filosofi, economisti, sociologi, storici e critici d’arte. Orientato alla formulazione e all’analisi teorica ha all’attivo progetti rivolti a diverse macro aree d’interesse: mappatura urbana e city guide, spazio pubblico e new landscape, pratiche di comunicazione virale del progetto, apprendimento e insegnamento, architettura dimenticata.clustertheory.eu


Sabina Barcucci è architetto, designer e ricercatrice. Si occupa di cultura progettuale del design digitale, con un interesse particolare verso le nuove forme organizzative di pianificazione e innovazione urbana, i fenomeni di autoproduzione, e i linguaggi visivi del design computazionale. Ha lavorato a Milano e Berlino, focalizzandosi sulla mobilità, la percezione spaziale in architetture complesse e sulla relazione tra la globalizzazione sociale ed economica e la forma architettonica, in particolare sull’impatto a scala urbana dei fenomeni di produzione collaborativa open-source. Scrive di tecnologia e progettazione per Digicult, con cui ha recentemente curato la sezione di design digitale di un monografico per la rivista francese MCD. Su questi argomenti, collabora con vari studi di architettura in Europa. betameta.net


[im]possible living è una piattaforma web  basata sul crowd-sourcing dedicata al riutilizzo degli edifici abbandonati nel mondo. [im]possible living mette a disposizione strumenti e servizi a tutti coloro che su scala locale cercano di sollevare, discutere e, potenzialmente, risolvere in maniera creativa problemi relativi al sottoutilizzo degli edifici.

Dall’inizio del progetto nel gennaio 2011 l’obiettivo dei fondatori è stato quello di dare nuovo valore all’insieme mondiale di proprietà non utilizzate, che conta milioni di esemplari solamente in Europa. Per contrastare il problema la nascita costante di nuove edificazioni, la soluzione è focalizzata su un importante cambio di paradigma culturale: considerare gli edifici abbandonati come risorse di valore e adottare una visione di lungo periodo, in grado di portare enormi benefici a stakeholder e shareholder.

[im]possible living vuole essere un abilitatore e rimuovere gli scogli che possono ostacolare la realizzazione di progetti di riqualificazione durante l’intero ciclo di vita del progetto, dalla mappatura fino alla costruzione: capiamo come. impossibleliving.com

 

Cambiamo tutto! – il nuovo libro di Riccardo Luna

Sono davvero contento dell’uscita del nuovo libro di Riccardo Luna, che ho l’onore di conoscere personalmente avendo collaborato con Lui a Che Futuro ed avendolo incontrato varie volte ad eventi in giro per l’Italia.

Riccardo è un portatore sano di passione e d’innovazione, quando lo incontri ti travolge, come un fiume in piena, con le sue idee contagiose. In questi ultimi anni è riuscito con le sue iniziative editoriali a propagare in maniera esponenziale l’innovazione in Italia, aprendo anche ai non addetti ai lavori la mente inculcando loro cosa si possa fare con la sola forza delle proprie idee.

La cosa che mi ha colpito favorevolmente è che il libro non è come spesso accade una sintesi di quello che è stato fatto ma  è l’inizio di un percorso collaborativo, infatti il sito dedicato  http://www.cambiamotutto.it/ sarà un posto dove ognuno potrà raccontare la sua storia d’innovazione.

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È in corso una rivoluzione che sta abbattendo antichi vizi nazionali, è la rivoluzione degli innovatori. Non la fanno riempiendo le piazze o dando l’assalto ai palazzi del potere. Ma cambiando le nostre vite: il modo in cui si fa scienza, si condivide la conoscenza, si fa impresa, si creano posti di lavoro, si producono beni, si amministra la cosa pubblica. Non sono casi isolati. È un movimento. Ci sono migliaia di startupper che il lavoro non lo cercano perché provano a crearselo inseguendo un’idea innovativa. E artigiani digitali che hanno aperto una fabbrica di oggetti sul proprio computer. E innovatori sociali che stanno modificando le istituzioni. Sta cambiando tutto perché abbiamo a disposizione la prima arma di costruzione di massa: Internet. Che non è una rete di computer, ma una rete di persone che provano a migliorare le cose senza aspettare niente e nessuno.

“Cambiamo tutto!” (edizioni Laterza, 14 euro, anche in versione ebook)

è un libro sull’ottimismo. Sul perché dobbiamo essere ottimisti oggi in Italia. Il mondo attorno a noi può cambiare in meglio grazie a tre parole d’ordine: trasparenza, partecipazione, collaborazione. E alla voglia di ciascuno di noi di provarci

6 Aprile – RESTART, CAMPANIA! – incontro con Alessandro Fusacchia

Perché il sud deve ripartire dai giovani, dall’innovazione e dall’impresa

Alessandro Fusacchia
Consigliere del Ministro dello sviluppo economico per l’innovazione, i giovani e l’Unione Europea
Responsabile della task-force sulle start-up

6 Aprile – ore 17:30

HUBspa

Palazzo Palumbo

c.so Campano, 134
Giugliano (Napoli
http://www.hubspa.it

HUBtea è una conversazione settimanale con un ospite.
Ogni giovedì: 20 minuti per il relatore, 20 minuti di tè,20 minuti di domande nella sala meeting/ biblioteca con una grande clessidra sul tavolo e la telecamera di RoadTV.

Dialogheremo su:
innovazione sociale,start-up, smart city,crowdfunding, venturecapital, design, nuove tecnologie,spin-off, ricerca, green economy, sviluppo del territorio e tanti altri temi.

Ospiteremo hubbers,giovani di talento,esponenti del mondo della cultura, della ricerca e dell’imprenditoria per rafforzare le conoscenze e
il network dell’HUB e progettare insieme il rilancio del Paese.

CODEMOTION ROMA, E’ EPASS LA MIGLIORE APP DELLA SFIDA FILAS ‘OPEN DATA FOR BETTER QUALITY LIFE

(Roma, 23 marzo 2013). Un’app digitale per monitorare la qualità dell’aria dei siti culturali del Lazio, integrata a sistemi di pagamento mobile che consentono di acquistare ticket o fare donazioni al monumento visitato. E’ quanto si potrà fare con ePass, il miglior hack premiato oggi da Filas al Codemotion Roma per il contest Open Data for better quality life’. Ad aggiudicarsi il premio del valore di 1.500 euro, è FieldEffectLabs, un gruppo di 6 ragazzi dell’età di 25 anni delle università La Sapienza e Roma Tre, capitanati da Stefano Saccucci (Roma Tre).

Il team ha realizzato la migliore app multipiattaforma sulla base dell’open dataset del Distretto Tecnologico per i beni e le attività Culturali (www.futouring.com) della Regione Lazio. Grazie ad un modulo hardware alimentato a pannelli solari, ePass è inoltre in grado di produrre dataset open scaricabili dagli utenti.  

ePass utilizza il sistema wireless di openPicus per monitorare la qualità dell’aria mediante sensori ambientali. I dati vengono poi elaborati attraverso una piattaforma e resi disponibili per l’utente, anche in mobilità attraverso smartphone. Non solo: grazie a ePass, ogni monumento potrà essere integrato con il sistema Paypal attraverso il quale effettuare pagamenti di ticket e donazioni. 

Al Surprise Hackathon organizzato da WHYMCA  all’interno di Codemotion, una collaborazione che ha già all’attivo due eventi con più 20 prototipi funzionanti realizzati e circa duecento partecipanti.

Una giornata intera per creare un hack, un prototipo funzionante, un’idea che spacca! 

Hanno partecipato oltre 130 programmatori, appassionati e studenti, impegnati a sviluppare prototipi, software e applicazioni in sole 24 ore. Dei 13 hack prodotti, la metà hanno aderito al contest di Filas e due si sono piazzati ai vertici della classifica generale. La tre giorni di eventi non stop Codemotion 2013, presso l’Università di Roma Tre, ha coinvolto più di 3mila partecipanti tra sviluppatori, professionisti e imprese del settore. Le due giornate di conferenza del 22 e 23 marzo hanno inoltre visto più di 100 interventi per 13 sessioni tematiche in parallelo. Tra queste, “Startup in Action”, nella quale Filas ha presentato gli strumenti finanziari a disposizione delle startup laziali (bando Por Fesr 2007-2013 spin-off/startup e Fondo Por Fesr I.3 per il Venture Capital). In particolare, da settembre 2011 ad oggi, Filas ha deliberato agevolazioni per oltre 5,2 mln di euro in favore di 54 startup attraverso il bando spinoff/startup. Dal panel è infine emersa l’evoluzione straordinaria del ‘panorama startup’ romano degli ultimi 18 mesi, frutto di una collaborazione di sistema tra iniziative private e pubbliche, oltre che del grande fermento di talenti. 

Candidature aperte per il Summer Batch, programma di accelerazione di Mind the Bridge

Prima scadenza per le application 31 marzo. Ma c’è tempo fino al 15 aprile.

Continuano intanto in questi giorni le attività di scouting di Mind the Bridge: 
oggi a SMAU con il progetto Barcamper di dPixel, domani e sabato ad Hackathon Vicenza edomenica allo Startup Weekend.

San Francisco, 21 MAR – Team di serie A, preferibilmente con sviluppo basato nell’area mediterranea e focus sul mercato statunitense. Founder di qualunque parte del mondo e tecnologie avanzate in campo mobile, big data, editoria digitale, piattaforme di formazione, design, moda, pagamenti. Un prodotto almeno in fase minimale di realizzazione e un primo (anche se piccolo) bacino di utenti. Infine un documento, un pitch o biz plan che spieghi un po’ più nel dettaglio il proprio business. Queste le caratteristiche che deve possedere una startup per poter partecipare con il proprio progetto al Mind the Bridge Summer Batchla seconda sessione del programma di accelerazione 2013 della fondazione con investimenti di Mind the Seed.

MTS, il fondo di seed venture con base negli Stati Uniti, si propone infatti di agire da primo investitore istituzionale per le migliori startup che passano attraverso la rete di scouting della fondazione californiana: appena concluso il primo batch invernale (il Winter batch) con un primo finanziamento a 6 startup – Atooma, Bad Seed Entertainment, in3DGallery, Map2App, Myze e Weendy – Mind the Bridge si prepara a selezionare i nuovi talenti dell’imprenditoria mediterranea. In palio la possibilità di ricevere fino a 65k dollari e partecipare al programma di accelerazione di 10 settimane nell’incubatore (MtB Gym) di San Francisco, a contatto con investitori internazionali, a partire da metà agosto 2013.

Per partecipare basta collegarsi sul sito mindthebridge.org/accelerator e fare “Apply now” per essere indirizzati a una pagina che consente di creare il proprio profilo online. Quindi inserire i propri dati e allegare i documenti richiesti (una presentazione di massimo 10/15 slide e possibilmente anche il link a una demo o a un video di presentazione del progetto).

La scadenza dei termini è fissata al 31 marzo (early deadline) ma per chi  non dovesse farcela per quella data viene dato tempo massimo fino al 15 aprile. Da questa prima selezione Mind the Bridge sceglierà circa una ventina di progetti da portare al consueto appuntamento con il Boot Camp, la due giorni dedicata all’approfondimento del progetto e al miglioramento del pitch attraverso sessioni di mentorship, che quest’anno verrà ospitato da TrentoRISE intorno a metà maggio. Dopo circa un mese, infine, la selezione finale dei progetti che riceveranno il finanziamento e il supporto economico da parte del fondo Mind the Seed più l’inserimento nel programma di accelerazione a San Francisco.

 

  • Mind the Bridge on the road: SMAU con Barcamper, Hackathon Vicenza e Startup Weekend

Continuano intanto in questi giorni le attività di scouting di Mind the Bridge: oggi (21 marzo) la fondazione è presente a SMAU insieme a Barcamper, il progetto on the road di dPixel finalizzato all’accelerazione e alla creazione d’impresa attraverso la ricerca sul territorio di idee ad elevato impatto.

Sempre venerdì 22 e fino a sabato 23 Mind the Bridge si sposterà nella sede di ConfartigianatoVicenza, in un open space di circa 1000mq allestito per l’occasione, per le 24 ore di full immersion con i talenti informatici dell’Hackathonla maratona all´insegna della creatività e dell´innovazione durante la quale hacker, programmatori, grafici e Web-designer si sfideranno nello sviluppo di app  in materia di green economy, sicurezza, accessibilità e sanità. Per il  team vincitore, oltre agli altri premi in palio, anche una borsa di studio per partecipare alla Business Startup School di tre settimane a San Francisco offerta da Mind the Bridge.

Domenica 24 marzo, infine, Mind the Bridge sarà presente a Torino per la premiazione allo Startup Weekend, uno degli appuntamenti organizzati dall’omonimo movimento globale durante il quale imprenditori e aspiranti imprenditori hanno 54 ore di tempo per scoprire se la propria idee d’impresa sia valida e realizzabile, impostandone concretamente la prima realizzazione con un team. Anche in questa occasione verrà messo in palio una borsa per la Business Startup School di Mind the Bridge attraverso il MTB special prize.

In entrambe le occasioni Mind the Bridge valuterà prima di tutto il potenziale dell’idea, la conoscenza della lingua inglese e la diversità interna del team per scegliere chi dovrà seguire le orme dei progetti di successo già passati attraverso la scuola, come – tra gli altri – Atooma, Mangatar, Reputeka. ProxToMe, Flazio, ADExpresso, Ploonge e Rysto.

Il CIO del futuro

«Ho visto tanti, troppi sistemi informativi cresciuti male e in fretta come delle brutte periferie e invece vorrei vedere, progettare quartieri modello per aiutare la crescita e la competitività delle organizzazioni»

Stiamo vivendo un periodo di rapidi cambiamenti che comportano grandi novità per le aziende, le organizzazioni It e il modo in cui le persone vivono e utilizzano le tecnologie. Questi cambiamenti, interesseranno milioni di persone e un mercato di enormi proporzioni, rivoluzionando i tradizionali approcci alle attività di business e all’utilizzo delle tecnologie It. Le organizzazioni Ict hanno da tempo compreso che la dinamicità dei mercati e le sempre più elevate esigenze di qualità espresse dai clienti, richiedono un ripensamento della missione “dell’azienda It”. Tutto questo dimostra che i Cio devono concentrarsi sull’allineamento tra business e It dei processi che consentono all’azienda di differenziarsi.

Di tutto questo abbiamo discusso con Antonio Calabrese amministratore delegato di Rippols (www.rippols.com) ed ex responsabile dei sistemi informativi del Reparto Corse della Ferrari,

cui abbiamo posto alcune domande.

 

Quali sono i fattori critici di successo per un Cio?

Calabrese: La risposta a questa domanda presuppone che si abbia una definizione condivisa di cosa è un Cio. Purtroppo questa definizione è variabile con la caratterizzazione delle imprese in termini di dimensioni, cultura e business.

Il mestiere del Cio si impara in azienda con una formazione scolastica molto attenta agli aspetti tecnologici e molto poco attenta a quelli di management delle risorse. Eppure le nostre società, la nostra economia poggiano sulle tecnologie dell’Ict che fanno la differenza tra un sistema organizzativo ben connesso, integrato e informato e uno composto da un arcipelago disperso di divisioni che ogni volta rielaborano in modo inefficiente dati e piani che dovrebbero costituire il patrimonio competitivo dell’azienda.

Il Cio dovrebbe possedere solide basi teoriche di informatica e comunicazioni, ma soprattutto conoscere i “materiali” disponibili per costruire le architetture informatiche che costituiscono il sistema nervoso delle organizzazioni. Ho visto tanti, troppi sistemi informativi cresciuti male e in fretta come delle brutte periferie e invece vorrei vedere, progettare quartieri modello per aiutare la crescita e la competitività delle organizzazioni. Per questo uso dire che abbiamo bisogno, più che di tecnici, di “architecnici” in grado di leggere il business e di proporre in modo autonomo architetture tecnologiche snelle, efficienti e progettate per seguire e promuovere il cambiamento che troppo spesso siamo costretti a osteggiare.

L’innovazione è nelle macchine o nell’uomo?

Mi è stato insegnato, tanto tempo fa, che le macchine sono solo delle nostre appendici in grado di elaborare molto velocemente informazioni che l’uomo  mette loro a disposizione secondo modelli e logiche che è l’uomo a definire. Questo è ancora vero anche se tuttavia bisogna sottolineare che molti degli obiettivi che ci poniamo nel business e nella vita sarebbero irraggiungibili senza l’uso delle macchine, senza la velocità che le caratterizza. Ed ecco allora che, pur essendo l’uomo centrale, pur essendo l’uomo a stabilire la direzione e gli obiettivi personali e di business esso diventa molto meno efficace, direi paralizzato senza la tecnologia e le macchine.

L’innovazione è dunque sempre e ancora nell’uomo ma l’uomo che si impegna a utilizzare la tecnologia in modo intelligente e funzionale ai propri obiettivi ha più probabilità di successo rispetto a chi non la usa o, più facilmente, la subisce.

Un Cio cosa dovrebbe fare per governare al meglio i sistemi informativi?

Avere un monitoraggio continuo su come le risorse economiche vengono utilizzate per la gestione, progettazione, distribuzione e manutenzione dei sistemi informativi. Una funzione di controllo di gestione interna ai sistemi informativi è essenziale per poter prendere delle decisioni avvedute sia sulle tecnologie da adottare che su argomenti strategici quali il sourcing che troppo spesso vengono affidate all’improvvisazione o alle mode.

Dovrebbe inoltre interpretare il suo ruolo alla pari con gli altri interlocutori aziendali non andando a rimorchio delle altre funzioni di business, ma anticipandone i bisogni e i cambiamenti in modo autonomo e proattivo. È necessario un continuo scouting di tecnologie innestato su di una solida piattaforma di sistema pronta ad accogliere i risultati di un confronto continuo e strutturato con il business.

Se è il business a chiedere un’innovazione tecnologica siamo già in ritardo, in affanno e costretti a inseguire.

È più difficile lavorare in un’azienda che è sul mercato e quindi alla continua ricerca del successo o in un’impresa che eroga servizi, commodities e quindi deve garantire il livello di servizio?

Avendo avuto la fortuna di operare sia in aziende di servizi che di produzione di beni durevoli penso che non ci sia una grossa differenza. L’eccellenza e il successo si raggiungono a prescindere dal settore di appartenenza e sono frutto di impegno, motivazione e soprattutto di duro lavoro e attenzione esagerata ai singoli dettagli che fanno la differenza. Sono arrivato in Formula 1 da una società di servizi e, come molti mi facevano notare, non sapevo nulla del business delle corse. Bene, oltre a un totale impegno, credo di aver portato un punto di vista diverso e, come tale, fonte di vantaggio competitivo. Credo che le organizzazioni dovrebbero abbracciare con maggiore entusiasmo i vantaggi portati dalla diversità di esperienze se supportate da solidi fondamentali. Dovremmo promuovere di più la mobilità di Cio in industry differenti.

La formazione italiana ed europea è adeguata per il ruolo del Cio?

No. Infatti sto cercando di promuovere, a fatica, iniziative per la formazione di una nuova generazione di professionisti della gestione delle tecnologie che abbiano gli skill necessari per affrontare le sfide del futuro. Quasi mai buoni sistemisti o programmatori sono pronti a diventare dei Cio. La profonda conoscenza tecnica non abilita la comunicazione e la fertilizzazione di nuove modalità di utilizzo della tecnologia in aziende complesse sempre più interconnesse. A queste competenze vanno aggiunte conoscenze di organizzazione aziendale, leadership, comunicazione, organizzazione, performance assessment, project management, finanza e controllo, protezione della proprietà intellettuale, negoziazione. Sarebbe bello che i giovani laureati frequentassero oltre a dei Master in Business Administration (MBA) anche dei Master in Technology Administration (MTA). Mi piacerebbe conoscere l’opinione dei lettori in proposito.

Il futuro dell’It?

In generale il futuro dell’It non può che essere roseo. Le tecnologie dell’informazione sono così capillarmente onnipresenti che è facile prevedere un lungo e prospero futuro per loro.

Le parole chiave saranno semplicità, comunicazione, interconnessione, integrazione, convergenza di tecnologie e di media. Mi immagino un’It al servizio dell’uomo che parla i linguaggi dell’uomo. Mi immagino un’interazione più semplice e meno conflittuale tra l’uomo e i sistemi informatici, dove tutti possano avere accesso alle informazioni di cui hanno bisogno o possano creare l’applicazione di cui hanno necessità. Credo che la bilancia, il telefono, i servizi postali, la palestra, l’automobile, l’ospedale, il packaging dei cibi che mangiamo, il nostro corpo, solo per citare alcune fonti di informazione, si parleranno e si integreranno per offrirci nuove opportunità di miglioramento.

Quando penso di essere poco realistico mi ricordo che solo pochi anni fa se qualcuno mi avesse detto che sarebbe bastato inserire delle parole chiave in una pagina bianca, senza conoscenza alcuna di database, indici e protocolli di comunicazione, per ottenere il contributo di milioni di computer collegati in rete avrei fatto fatica a crederci.

I limiti sono nella nostra mente e sono fatti per essere superati.

 

N.B. Pubblicato su Data Manager il 22/10/2012 

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Antonio Calabrese STORY

Antonio Calabrese per oltre due decenni, ha appreso e condiviso know how nelle organizzazioni di alto profilo in cui ha lavorato come Aermacchi, Instrumentation Laboratory e Kpmg prima di diventare responsabile dei sistemi informativi della Ferrari Racing Team. Alla fine del 2008 Calabrese ha fondato Rippols con l’obiettivo di consentire alle organizzazioni di utilizzare la tecnologia come un elemento di differenziazione competitiva. Antonio Calabrese vive sulle colline al di fuori di Maranello, a Milano e nel mondo. È sposato con Brigitte e ha due figli, Ludovico e Sofia. Tra i suoi principali successi: 5 campionati del mondo Costruttori in Formula1, HPCwire Awards 2005 “L’attuazione innovativa di un’applicazione HPC”, Editors’ Choice Award 2007 per il più innovativo utilizzo di HPC nel settore automobilistico. Calabrese è anche docente del Master in Comunicazione Pubblica e Politica – Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Pisa.

Perché la rete libera il Sud dalla questione meridionale

“L’innovazione, con la Rete, ha al suo servizio velocità e quantità. Dovunque ci porti, non possiamo evitare di andarci”

Il Sud è una risorsa per il nostro Paese, questo è un dato di fatto! Tutti ne parlano: chi ipotizzando nuove politiche industriali, chi fantasticando il ritorno del Regno delle Due Sicilie. L’attenzione è molta ma è facile cadere nella demagogia. Spostando il focus sulla tecnologia e l’innovazione quello che vorrei capire è se davvero come si dice, queste sono le leve su cui puntare per risollevare il Meridione. Io credo di sì.

Pino Aprile, giornalista e scrittore, autore del libro “Mai più terroni

è convinto che la tecnologia sia l’arma con cui arrivare finalmente alla fine della Questione Meridionale

In che modo la tecnologia rende libero il Sud?

La Rete è un mondo senza distanze, dimensioni e senza ostacoli, frontiere. Chiunque vi entri, vale come chiunque altro e non importa da dove agisci; importa solo se fai clic ed entri in Rete o clic, e ne esci. Questo pone il Sud (non solo il nostro) penalizzato da mancanza di strade, aeroporti, ferrovie, nelle stesse condizioni di chiunque; e può competere alla pari, finalmente. E vince, quando ne ha le capacità. 

Puoi citarmi alcuni dei casi virtuosi che hai inserito nel tuo libro?

A Bisaccia, Comune terremotato dell’Irpinia, Patrick Arminio, 21 anni, nato a Basilea e rientrato al suo paesello, con i suoi coetanei mette su un’azienda di grafica con cui  progetta e conduce la campagna promozionale dell’ultimo cd di una pop star statunitense; dal Salento, un creativo produce per Google, in California (a giudicare dallo stipendio, a livelli altissimi) e due neodiplomati inventano “app” fra le più vendute dalla Apple. L’università di Lecce è ormai una multinazionale della ricerca, dell’innovazione: nei suoi laboratori si scopre come recuperare i metalli preziosi che vengono vaporizzati durante gli esperimenti (è, letteralmente, trarre oro da spazzatura); si mette a punto il primo microscopio tridimensionale; si varano sistemi di controllo dell’automazione per la Marina militare indiana; si isola una cellula iperassorbente che toglie la sensazione di fame e che darà luogo, secondo gli analisti, a una delle 15 più potenti economie del pianeta, nei prossimi anni. Mentre un giovane di Conversano, spendendo 200mila euro, mette a punto il più potente motore di ricerca e offerta di lavoro on line, rivendendolo poi per 30milioni di euro. E in Sicilia, un neolaureato di Scordia, da Milano organizza, on line, con volontari, il recupero della valle degradata del suo paese, poi vi torna e la trasforma in parco. Nei sei principali distretti dell’innovazione, al Sud, lavorano ormai già in 30mila: un quarto delle esportazioni italiane, nel settore, è prodotto da loro.

L’innovazione può fare tanto, anche se mancano alcune basi come democrazia, istruzione, infrastrutture?

La Rete è ormai un altro mondo, cui il vecchio tende a somigliare (cadono le frontiere, l’Europa si dota di moneta unica; l’impero sovietico si apre al mercato e alle idee, la Cina smette di essere un mistero e si riduce a concorrente). La Rete, il mondo punto-zero è la terza rivoluzione della storia dell’umanità, dopo la scoperta dell’agricoltura e quella industriale. Chi si abitua alla parità che c’è sul web, accetta sempre meno le disparità che trova quando spegne il computer. I vecchi poteri cercheranno di controllare anche questo territorio di libertà, ma è sempre più difficile, paradossalmente, si direbbe, proprio per la possibilità di farlo troppo: puoi controllare, in Rete, se vuoi, tutto di tutti. È tanto, che ti ci puoi perdere, rischi di non riuscire a tener chiuse tutte le porte, tutte insieme. La Cina cerca di abbinare controllo della gente con anarchia produttiva, ma è una battaglia persa. La rete è uno strumento attraverso il quale puoi istruirti, raggiungere chiunque, intraprendere. Tanto che, dal mondo 1.0 (passaggio di informazione da uno a uno), si è velocemente passati a quello 2.0 (da uno a tutti e da tutti a uno: non più comunicazione, ma comunità) e ora si discute di 3.0 e @democracy, ovvero la definizione di regole per governare il mondo e il popolo della Rete: solo Facebook, con un miliardo di frequentatori, è stato definito “il terzo Paese più popoloso del pianeta”. L’innovazione, con la Rete, ha al suo servizio velocità e quantità. Dovunque ci porti, non possiamo evitare di andarci.

Condivido molte delle opinioni e delle idee di Pino, ma non posso fare a meno di pensare che ci sia il rischio concreto di spostare la discriminazione. Non più territoriale ma forse anagrafica, nel Web i giovani sono avvantaggiati rispetto agli anziani oppure discriminazione tecnologica, non a caso si parla spesso di Digital Divide. Non tutti hanno accesso allo stesso modo alla tecnologia né in Italia né in altre parti del Mondo.

Forse è un sogno ma mi piacerebbe che la tecnologia riuscisse davvero a essere democratica senza guardare in faccia nessuno e garantendo a tutti le stesse possibilità.

Sul rapporto tra innovazione e Sud ho chiesto un parere sull’argomento anche ad un altro amico, lo scrittore Antonio Menna, autore del best sellerSe Steve Jobs fosse nato a Napoli

che ha un punto di vista più pragmatico

In che modo la tecnologia rende libero il Sud?

La tecnologia, intesa come nuovi media, può aiutare molto a superare ritardi storici di alcuni territori. Il sud può trarre dalla Rete, grosse opportunità, sia in termini di conoscenze sia in termini di movimento,  delle idee e dei prodotti. Uno degli ostacoli storici alla crescita dell’economia meridionale è stato proprio il mancato collegamento con i grossi mercati europei, la lontananza anche fisica. Oggi molte idee d’impresa e molti prodotti viaggiano con un click e questo accorcia le distanze, mette in campo anche i luoghi più remoti. C’è poi un’idea di libertà legata alla conoscenza, all’informazione, che, con la Rete, si allarga, include anche chi era tagliato fuori. Infine, la Rete è un luogo dove insediare talenti creativi, non necessariamente produttivi, senza grossi costi e facendo leva prevalentemente sulle abilità personali. Saltano le mediazioni, ciascuno può esprimersi e questo dà più forza a chi era lontano dai luoghi, ad esempio, dell’editoria cartacea, musicale, dai mercati dell’arte. Chi ritiene di avere un talento creativo può provare a esprimerlo anche lontano dai centri tradizionali del potere. E avere, magari, successo.

Perché molti talenti decidono di lasciare il Sud?

Le possibilità sono due: insistere, oppure andarsene. Non biasimo nessuna delle due scelte. Chi vuole insistere, è giusto che lo faccia, sapendo i rischi e gli ostacoli che ci sono. Chi se ne vuole andare ha il diritto di farlo, sapendo che comunque non è facile sradicarsi, rinunciare a pezzi della propria identità. C’è sempre un costo. Nel mio libro ho usato una storia paradossale non per dire che in Italia, e a Napoli, le cose non si possono fare, ma che si fanno con grandissima difficoltà, e che si perdono grosse potenzialità. Potremmo fare cento, e invece facciamo venti. L’ottanta per cento della forza dei nostri talenti lo disperdiamo su ostacoli, problemi, fattori esterni che non si vogliono affrontare o risolvere. Accesso al credito, burocrazia, inefficienza della pubblica amministrazione, corruzione, criminalità organizzata sono ostacoli oggettivi allo sviluppo, e colpiscono soprattutto i più giovani, i più liberi, i più innovatori. Qualcuno resta, insiste, ci prova. Molti falliscono, qualcuno riesce. Altri se ne vanno, e diventano eccellenze nel mondo, lasciando a noi il rammarico di averli perduti. 

Davvero la tecnologia è la panacea?

Io credo nella forza della rete, nelle nuove comunicazioni, nella tecnologia ma farei attenzione a non enfatizzarle troppo. Intanto perché queste hanno bisogno anche d’investimenti strutturali. Penso alla banda larga, cui mi pare sia estranea buona parte del Paese, e buona parte del Sud. Penso a una Pubblica amministrazione che ancora ti chiede di produrre carte. Penso a una scuola che è ancora attaccata ai feticci del passato, che fatica a modernizzarsi. Se non si fa un lavoro preliminare su queste aree, è difficile immaginare l’innovazione come campo di un nuovo sviluppo. Poi rifletterei sul fatto che noi, per rispondere al bisogno di lavoro che c’è al sud, abbiamo bisogno di creare occupazione di massa, per grossi volumi. Le start up che vedo in giro, nell’innovazione e nella tecnologia, almeno quelle nate in Italia, anche quelle più brillanti, mi sembra che diano occupazione a poche persone. Vedo grande intelligenza, talento creativo, ma poca capacità produttiva. Così sarà difficile superare la crisi del sud, che è soprattutto crisi occupazionale, mancanza di lavoro, mancanza di prospettiva personale.

La Rete però non è solo un’occasione di riscatto per il futuro è già presente e non mancano esperienze di successo come ad esempio Ninjamarketing,: se non fosse stato per internet come sarebbe stato possibile che un cult dell’economia digitale risiedesse a Cava de’ Tirreni, alle porte della Costiera Amalfitana lontano dai centri di potere? Quali sono i fattori critici di successo?

Per Alex Giordano, esperto di etnografia digitale – “Diciamo che aldilà di realtà pop la cosa interessante è che la natura tribale e diffusa, fatta di tante preziose bellezze e tipicità, tipica del mediterraneo, risponde perfettamente alla metafora della Rete e quindi mi aspetto che ci siano tante realtà che riusciranno ad interiorizzare l’etica del networking non solo nel web ma anche e sopratutto nelle forme di organizzazione, di cooperazione, di socializzazione. Solo così sarà possibile che  il grano autoctono di Caselle In Pittari (nel Cilento) , saprà mettersi in rete con i volontari locali del WWF che insieme all’amministrazione comunale di Morigerati (sempre in Cilento) ha restaurato gli antichi mulini a pietra per fare un pane buonissimo che può essere venduto anche attraverso il web.”

Quest’approccio funziona con i singoli producendo eccellenze e best practices ma non funziona a livello macro e non diventa sistema, perché?

Perché dobbiamo capire che il social network non è un software, un qualcosa che risiede nel web, ma è un’etica da recuperare. E se saremo bravi a fare quello che non siamo stati bravi a fare, in altre parole sistema, potremo competere da leoni su un piano global.

Tutto quello che è emerso, è sicuramente da tenere a mente per la costruzione di un futuro migliore del Sud, in attesa di ciò però voglio rilevare alcuni casi virtuosi. Ci sono tanti casi meritevoli di essere citati e anzi mi piacerebbe che nei commenti citiate casi di successo che magari ancora non sono noti al grande pubblico.

Parto da Vulcanicamente,

progetto del Comune di Napoli voluto dall’Assessore Marco Esposito che ha saputo risvegliare il magma che ribolliva a Napoli dando a molti ragazzi la possibilità di provare a realizzare i loro sogni. Alcuni numeri (5 tappe in 5 facoltà diverse napoletane, più di 100 partecipanti, 72 progetti, sei startup già finanziate tra cui DeRev di Roberto Esposito).

In Puglia segnalo: QIRIS: un incubatore di start-up e iniziative innovative, promotore tra l’altro di BeMyApp Italia, follow-app e Startificio. Laboratori dal Basso la nuova idea di Bollenti Spiriti e ARTI Puglia per sostenere le giovani idee di impresa con formazione guidata dalla domanda.

Dal mio punto di vista mancano ancora due cose per fare il salto di qualità: la capacità di fare sistema per costruire davvero un ecosistema dell’innovazione che aiuti tutti a realizzare i propri sogni, dove le Università insegnino agli studenti cosa vuol dire fare l’imprenditore, dove le istituzioni comprendano davvero il valore dell’innovazione delle nuove tecnologie, dove i capitalisti, non solo i Venture capitalist, ma anche i piccoli borghesi o i palazzinari capiscano che investire in innovazione possa essere  molto conveniente. Inoltre manca ancora la vision, quella con cui ad esempio il mio amico Luca Perugini ipotizzava una riconversione dell’Ilva di Taranto in un Data center di Google,

sarebbe bello se un’idea simile venisse ai nostri politici no?

La tecnologia nella America’s Cup

A Napoli in questi giorni non si parla  altro che di vela , oltre 500.000 visitatori in pochi giorni per le nuove AC World Series un evento spettacolare grazie alle nuove modifiche regolamentari ed ai nuovi catamarani AC45.

Protagonista della manifestazione la tecnologia che  trasformerà in maniera radicale la percezione di questo sport dando la possibilità agli spettatori di godersi le regate grazie a modalità prima impossibili da applicare.La colonna portante di questa nuova esperienza rappresenta anche una svolta nelle trasmissioni sportive: LiveLine,un sistema di Realtà Aumentata trasmesso da un elicottero.

Per la prima volta verrà fatto uso di un sistema di inserzioni grafiche dal vivo create da una piattaforma mobile. Stan Honey Direttore dell’area Tecnologia dell’America’s Cup Event Authority ha affermato:”Lungo tutta la sua storia l’America’sCup è sempre stata all’avanguardia nel settore della tecnologia.Le trasmissioni della precedente edizione della Coppa America erano caratterizzate dall’utilizzo di elementi grafici in una versione animata delle gare. Questa nuova fase nell’evoluzione consente ai commentatori sportivi di utilizzare gli elementi grafici per spiegare ciò che accade in gara e contemporaneamente permette agli spettatori di seguire in diretta l’azione di gara”.

Guidati da un sistema GPS che consente di seguire i catamarani dell’America’s Cup con un’accuratezza di due centimetri nel tracciato di gara gli organizzatori dell’evento hanno subito visto l’opportunità di sfruttare questo sistema per la gestione in acqua dello sport. La telemetria del tracciato permetterà di spostare rapidamente le boe e di tenere sott’occhio i limiti del campo di regata mentre l’uso della sovrapposizione in tempo reale non ché le determinazioni dell’inizio di zona permetteranno agli umpire di prendere decisioni ancora più accurate.

Dopo la prima gara abbiamo raccolto anche la testimonianza del  tattico del team  Oracle Racing  Tom Slingsby,“ i dati sulla barca arrivano dal rilevamento di 500-600 sensori separati che vengono raccolti circa 10 volte al secondo”.

Inoltre  l’America’s Cup promuove un’innovazione open source  mettendo a disposizione del pubblico l’imponente raccolta di dati  al fine di incoraggiare lo sviluppo di applicazioni che possano favorire non soltanto lo sport  ma anche l’intera comunità.

CIO Evolution – Parola ai protagonisti dell’IT



 

Fratelli Pini Editori
Pubblicato: maggio 2011
Pagine: 147
Prezzo: € 20,00

Per acquistare il libro online: http://blomming.com/mm/antosavarese/items/10267


Si profila all’orizzonte un periodo di rapidi cambiamenti, che comporteranno grandi novità per le aziende, le organizzazioni IT e il modo in cui le persone vivono e utilizzano le tecnologie. Questi cambiamenti interesseranno milioni di persone ed un mercato di enormi proporzioni, rivoluzionando i tradizionali approcci alle attività di business ed all’utilizzo delle tecnologie IT.Le organizzazioni ICT hanno da tempo compreso che la dinamicità dei mercati e le sempre più elevate esigenze di qualità espresse dai Clienti, richiedono un ripensamento della missione dell’azienda IT secondo un approccio orientato ai Servizi e alla progettazione, implementazione e monitoraggio della qualità delle risorse e dei processi abilitanti.

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Cercando la “Exit”: Videointervista a Fabrizio Capobianco

Fabrizio Capobianco è sicuramente uno degli startupper italiani più famosi, lui è stato tra i primi a varcare l’oceano per dare vita a Funambol. Con Fabrizio abbiamo parlato del suo futuro visto che ha lasciato appena compiuto 40 anni il timone dell’azienda ed abbiamo parlato di startup. 

“La crisi economica mondiale potrebbe in fondo essere un’opportunità per tutti quei giovani che hanno le idee   e vogliono provare a realizzarle, infatti non avere nessuna ancora e in qualche caso nessuna speranza di posto fisso può e deve essere la spinta per provarci”

httpv://youtu.be/NvKz8vI6pBM

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