Non più big data, ecco le nuove sfide nella gestione dei dati

Irion: 5 previsioni per la data management nel 2018

La software house stila una lista di temi caldi: l’adeguamento al GDPR, la Data Preparation, la misurazione della qualità, la facilità di accesso ai dati e la formazione degli ‘Ingegneri dei dati’

 

Con il nuovo anno iniziato da pochi giorni, Irion, software house italiana specializzata nell’Enterprise Data Management, ha stilato una lista dei trend nella gestione dei dati, di cui sentiremo sicuramente parlare nei prossimi 12 mesi. Partendo da una premessa: la discussione sui Big Data non sarà più all’ordine del giorno, poiché ormai è data per assodata, con le aziende consapevoli dell’enorme mole di dati di cui dispongono. Il vero problema è capire cosa (e chi) serve per proteggerli e sfruttarli al meglio, traendo massimo valore e vantaggio competitivo e rispettando i requisiti normativi.

 

Il solito (ig)noto [amazon_textlink asin=’8890341912′ text=’GDPR.’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’0116c0f4-f9d8-11e7-9333-3dffe7c37bb0′] Il 2018 sarà l’anno dell’applicazione del GDPR, che entrerà in vigore – senza se e senza ma – il 25 maggio. Un tema caldo già nel 2017, vista la portata del regolamento, che impone, alle aziende residenti nell’UE o che gestiscono dati di persone residenti nell’UE, la revisione dell’assetto tecnico e organizzativo per adottare le adeguate misure di Data Protection. Sebbene se ne sia molto parlato, buona parte delle aziende sembra non aver compreso a pieno i requisiti necessari e, soprattutto, ha fatto poco o nulla per adempiervi. Nei primi mesi del 2018 dovranno necessariamente prenderne atto, e correre in fretta ai ripari.

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La Data Preparation. Chi ben comincia è a metà dell’opera. Proprio per questo, e per evitare il fenomeno noto come “Garbage In, Garbage Out”, la Data Preparation, ovvero, a monte delle analytics, l’atto di predisposizione o pre-processing di dati grezzi e/o provenienti da fonti differenti, e conseguente traduzione in un formato condiviso, riveste e rivestirà sempre di più un ruolo fondamentale in ogni strategia di gestione dei dati.

 

Come misurare la qualità. Un’altra questione su cui si tornerà a ragionare nei mesi a venire, relativamente alla Data Management, è quella relativa alla misurazione della qualità: essenziale infatti sviluppare un metodo puntuale, preciso e condiviso.

 

Rendere facile l’accesso ai dati. Uno dei temi sempre più caldi è quello di rendere accessibile in modo semplice la gran massa di dati disponibile, evitando di impantanarsi in “laghi” che si trasformano rapidamente in “paludi”… In questo senso la disponibilità di una piattaforma in grado di pubblicare in modo organizzato e fruibile per gli obiettivi del destinatario è un fattore di successo.

 

Ingegneri dei dati cercasi. Si parla molto di Data Science e di Data Scientist, ma è arrivato il momento di passare a un livello successivo, ovvero all’Ingegneria dei dati. Tra la formazione accademica e le esigenze del mondo del lavoro resta infatti un divario troppo ampio, ed è necessario agire per colmarlo. Attualmente ci sono molti percorsi di ingegneria, ma nessuno dedicato ai dati: eppure i Data Engineer sono figure professionali sempre più appetibili e strategiche per le aziende.

 

“In generale, gestire e interpretare con precisione i dati di cui si dispone è essenziale per le aziende, in quanto crea un vantaggio concreto sulla concorrenza. Inoltre, nel 2018, la data management sarà ancora più cruciale per qualsiasi business, in un contesto di continuo aggiornamento normativo come quello attuale, con l’entrata in vigore del GDPR e le direttive verticali sui settori” ha dichiarato Alberto Scavino, CEO di Irion. 

Come diventare Data Scientist: pratica, intuito e specializzazione

I suggerimenti di Irion per chi vuole svolgere questa professione

 

Negli ultimi mesi si è sentito spesso parlare di Data Scientist; ma chi è, cosa fa e quali competenze deve avere questa figura professionale? E, soprattutto, come si diventa Data Scientist? Alcuni consigli per districarsi in questo stimolante ma insidioso contesto, arrivano da Irion, software house italiana specializzata nell’Enterprise Data Management, partner dell’Università degli Studi di Torino e da sempre attenta a formazione, ricerca e sviluppo.

 

Innanzitutto, per essere in grado leggere, analizzare e gestire i “big data” è necessario avere un solido background in matematica applicata, statistica, informatica o fisica, oltre a specifiche competenze di machine learning e data mining. In un contesto in rapidissima evoluzione come quello delle tecnologie digitali, in base alle quali vengono riprogettati un numero sempre maggiore di processi aziendali, le skill tradizionali non sono però più sufficienti, e l’aggiornamento continuo è fondamentale. I “maghi del dato” sono molto ricercati (e ben remunerati!), proprio perché per intraprendere questa professione, e svolgerla con profitto, è necessario un complesso background di competenze e attitudini.

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Ecco quindi i tre suggerimenti di Alberto Scavino, CEO di Irion:

       Integrare la pratica allo studio teorico: Sembra banale, ma è la realtà. Un robusto background accademico è fondamentale per un Data Scientist, ma è ancora più importante “sporcarsi le mani” e lavorare su dati reali. Molte delle skill necessarie al professionista si possono infatti apprendere solo sul campo. Quindi, è essenziale accumulare esperienze, che siano stage o collaborazioni – già durante gli studi. Solo in questo modo, è possibile comprendere a pieno, e anticipare, i principali trend del settore.

       Sviluppare l’intuito: Un buon Data Scientist non deve solo avere forti competenze tecniche, ma deve anche essere dotato di un ottimo intuito. Non si tratta di gettare dati grezzi in uno strumento in grado di elaborarli, e aspettarsi che ne venga fuori qualcosa di buono: prima di tutto bisogna accertarsi che ciò che si sta facendo abbia un senso. Ad esempio, bisogna essere in grado di capire quali caratteristiche sono importanti e quali implicazioni vi stanno dietro, oltre a comprendere quale modello utilizzare in base a come i dati sono distribuiti.

       Massima specializzazione: In tutti i settori, dal finance, al pharma, alle utilities, solo per fare alcuni esempi, si registra una sempre crescente domanda di professionisti in grado di interpretare con precisione la mole di informazioni che quotidianamente le aziende ricevono: questo per trarre vantaggio competitivo, ma anche per conformarsi alle normative vigenti, in termini di privacy, protezione e sicurezza dei dati: uno su tutti il GDPR. Nelle infinite possibilità di applicazione, per un giovane che si avvia al mestiere, è fondamentale specializzarsi: le imprese ricercano infatti competenze sempre più specifiche.

        

In qualsiasi campo, dalla medicina alla finanza, passando per il marketing, è dunque necessario convergere e interpretare dati e informazioni, trasformandoli in indicazioni utili per il progresso di un’organizzazione. Per questo motivo, tra i profili più ricercati dalle aziende di ogni settore, negli anni a venire continueranno ad esserci proprio loro, gli “scienziati del dato”: professionisti dell’innovazione in grado di leggere, analizzare e gestire enormi quantità di informazioni digitali, permettendone l’utilizzo in infiniti ambiti applicativi, ponendo la massima attenzione su qualità, privacy e sicurezza.

 

Di conseguenza, anche il mondo accademico si sta muovendo per formare risorse con le competenze necessarie al ruolo di Data Scientist: all’Università La Sapienza di Roma, è nato persino un corso di laurea magistrale in Data Science, il primo del genere in Italia, che nei giorni scorsi ha visto la proclamazione dei suoi primi quattro laureati; l’Università di Torino, in collaborazione con il Collegio Carlo Alberto, propone invece il MADAS, Master in Data Science for Complex Economic System che, grazie a interventi curati da professionisti e aziende del settore, tra cui la stessa Irion, permette di coniugare lo studio teorico ad esercitazioni pratiche.

 

Cloudera – The platform for Big Data

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato Cloudera una startup protagonista nel settore dei Big Data.

Cloudera, sviluppa e distribuisce Hadoop, il software open source che alimenta i motori di elaborazione dei dati di siti web più grandi e più popolari al mondo.

Cloudera è leader nell’utilizzo del software Apache Hadoop-based e offre servizi e una potente piattaforma dati che permette alle aziende e alle organizzazioni di guardare tutti i loro dati – strutturati e non strutturati – in modo da rispondere a molte grandi domande dando di fatto una visibilità senza precedenti, il tutto alla velocità del pensiero.

Oggi, Cloudera è leader di mercato con decine di migliaia di nodi in gestione; i mercati serviti includono i servizi finanziari, pubblica amministrazione, telecomunicazioni, media, web, pubblicità, vendita al dettaglio, l’energia, la bioinformatica, farmaceutico / sanitario, ricerca universitaria, petrolio e gas, giochi e altro ancora.

Fondata da esperti di primo piano sui Big Data  (tre migliori ingegneri di Google, Yahoo e Facebook (Christophe Bisciglia, Amr Awadallah e Jeff Hammerbacher, rispettivamente)  a cui si si era unito con un ex Executive di Oracle (Mike Olson)) ha l’obiettivo di affrontare “i problemi inerenti l’analisi rapida ed efficace di  grandi moli di dati.

Con sede in Silicon Valley, Cloudera ha il sostegno finanziario di Accel Partners, Greylock Partners e di alcuni angels tra i quali Diane Greene (ex CEO di VMware), Marten Mickos (ex CEO di MySQL), e Jeff Weiner (CEO di LinkedIn). I fondatori del progetto Hadoop, Doug Cutting e Mike Cafarella sono i consulenti di Cloudera.

Con Mike Olson, Chief Executive Officer di Cloudera, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sul business model e sugli skills che deve avere la figura del Data Scientist.

 

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