Il silenzio non lo riesco a sopportare; non riesco a vivere senza i rumori, senza i suoni, mi manca la voce di mia madre, mi manca il frastuono dei clacson. Mi manca maledettamente non riuscire a sentire.
Non so perché tra tanti sia successo proprio a me, è stato facile, è stato improvviso, tac ed il mio udito si è spento. Mi sembra di impazzire. Mi alzo ed un impeto mi porta a cercare aria e luce. Sono isolato dalla realtà, il mondo gira vorticosamente intorno a me senza sfiorarmi.
Vedere la realtà come in un film, mi hanno assegnato il ruolo di spettatore. La mia vita fino ad ora è stata come quella di tanti altri, famiglia, lavoro, le cose si succedono senza che io mi renda veramente conto di quello che accade, guidato dagli inevitabili cliché di una vita normale.
E’ strano ma quando all’improvviso ti viene a mancare qualcosa, tutto ti appare sotto un’altra dimensione, sotto un’altra luce; cose che prima consideravi scontate, a cui non davi importanza ora ti mancano da morire.
E se invece ero sordo già ancor prima di aver perso l’udito?
Quante volte le cose mi hanno sfiorato soltanto lasciandomi indifferente, non curante, freddo, distaccato? Quella non era una forma di sordità? Allo stesso tempo quante volte, ho desiderato di staccare l’audio, anche solo per un istante per non sentire i consigli ‘spassionati’ degli amici, le critiche dei genitori o solamente il mio capo che continuava a sparare cazzate.
E se questa perdita fosse in realtà una conquista? se servisse ad interpretare i suoni della mia anima in modo differente ed allo stesso tempo percepire quelli del mondo esterno con altri mezzi, per altre vie?
Mi sono diretto nel salone, c’e la mia mitica chitarra. Mi sono steso sul divano, ho portato la chitarra alle braccia ed ho iniziato ad arpeggiare due accordi. Pur non sentendo, le vibrazioni della cassa armonica mi trasmettono lo stesso la dolcezza di quelle note.
Mi rilasso e credo di essermi addormentato di colpo.
N.B Racconto pubblicato per il Salotto del Caffè di Luca Carbonelli