Ulteriore supporto per i container e Microsoft Hyper-V e piena integrazione dei servizi multicloud
Cisco presenta la nuova versione software 3.0 per la piattaforma Cisco® HyperFlex™, garantendo prestazioni e semplicità a tutte le applicazioni, in ogni tipologia di cloud e con la massima scalabilità. Le novità includono il supporto per Microsoft Hyper-V, cluster estesi, container e nuovi servizi multicloud che permettono di distribuire, monitorare e gestire applicazioni in qualsiasi tipo di cloud. Il risultato è una piattaforma che permette lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni sia tradizionali che cloud native su una piattaforma comune di iperconvergenza.
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Cisco HyperFlex: il potere della semplicità
Le altre soluzioni di iperconvergenza non considerano quanto siano decisivi il networking e i file system distribuiti sulle prestazioni e la scalabilità dei server cluster. Cisco ha ridefinito l’iperconvergenza con un approccio end-to-end completo che consente di progettare server e tecnologia di rete ad alte prestazioni, con un filesystem appositamente realizzato. Si ottengono in questo modo prestazioni senza precedenti che permettono ai clienti di supportare in modo efficiente una vasta gamma di applicazioni, inclusi database e workload ERP cruciali.
“L’approccio di HyperFlex permette di ottimizzare le prestazioni dei database Microsoft SQL e Oracle e delle applicazioni critiche con una delivery veloce, costi inferiori e una gestione più efficace”, ha dichiarato Edivaldo Rocha, CEO di CorpFlex.
L’ultima versione di HyperFlex si basa dunque su un’architettura avanzata e permette di semplificare ulteriormente le attività. “Ciò che ci chiedono i clienti è semplicità operativa, scalabilità e capacità di soddisfare le esigenze specifiche di ciascuna delle applicazioni”, ha dichiarato Liz Centoni, senior vice president e general manager del gruppo del Computing Systems Product Group di Cisco. “La nuova piattaforma HyperFlex è l’esempio concreto di ciò che stiamo facendo per semplificare e migliorare le attività nei data center e per supportare le organizzazioni affinché possano prosperare in un mondo multicloud”.
Eseguire qualsiasi applicazione
HyperFlex 3.0 integra importanti innovazioni per i workload critici e cloud-native:
- Supporto Multi-hypervisor. Oltre a VMware ESXi, HyperFlex fornisce supporto hypervisor per Microsoft Hyper-V.
- Supporto per i Container. Le innovazioni apportate alla piattaforma dati includono un driver FlexVolume per consentire lo storage costante per i container gestiti da Kubernetes, permettendo lo sviluppo e l’implementazione di applicazioni cloud-native su HyperFlex.
- Validazione delle Applicazioni Enterprise. HyperFlex è ideale per un’ampia gamma di workload con strumenti di profilazione e dimensionamento dei vari carichi di lavoro disponibili per supportare i progetti di migrazione delle applicazioni. Oltre alle guide per la progettazione e l’implementazione di Virtual Server Infrastructure (VSI) e Virtual Desktop Infrastructure (VDI), sono ora disponibili guide di progettazione Cisco per database mission critical, analytics e applicazioni ERP – tra cui Oracle, SQL, SAP, Microsoft Exchange e Splunk.
Su qualsiasi tipo di Cloud
Le organizzazioni oggi richiedono la mobilità dei carichi di lavoro e il monitoraggio delle applicazioni attraverso cloud pubblici e privati. HyperFlex è la piattaforma per l’era multicloud e offre nuove integrazioni di servizi con il portfolio software multicloud di Cisco:
- Application Performance Monitoring. AppDynamics con HyperFlex consente di monitorare le prestazioni delle applicazioni ibride in esecuzione su HyperFlex e su più cloud.
- Application Placement. Cisco Workload Optimization Manager (CWOM) per HyperFlex assiste i clienti con l’analisi automatica e il workload placement.
- Cloud Management. Lanciato lo scorso anno, CloudCenter for HyperFlex consente la gestione del ciclo di vita dei carichi di lavoro in uno o più cloud privati o pubblici.
- Cloud Privato. CloudCenter for HyperFlex semplifica l’implementazione e la gestione delle macchine virtuali, dei container e delle applicazioni, rendendo facile il compito di sviluppatori e amministratori nel consumo di cloud privati.
Di qualsiasi misura
Solo Cisco permette ai clienti di gestire carichi di lavoro in rapida crescita con una resilienza completa, godendo al contempo della portata globale della gestione dei sistemi basati su cloud.
- Più scalabilità e resilienza on premises. A supporto dei clienti con una maggiore densità di macchine virtuali, i cluster HyperFlex sono ora in grado di raggiungere 64 nodi con una maggiore resilienza, grazie a spazi di disponibilità completamente automatizzati.
- Stretch Clusters Across Datacenters. Per soddisfare i requisiti di protezione dei dati e di elevata disponibilità, HyperFlex può ora essere configurato in cluster di estensioni per garantire la massima disponibilità.
- Gestione basata su Cloud nei Data Center. Cisco Intersight ora supporta HyperFlex Cloud Deployment, portando l’implementazione semplificata e la gestione in qualsiasi località remota
Le applicazioni sono al centro della trasformazione digitale. Il paesaggio applicativo in continua evoluzione richiede il supporto sia per carichi di lavoro tradizionali monolitici che per architetture di microservizi distribuite. Inoltre, la possibilità di abilitare un ambiente operativo multicloud sta rapidamente diventando un requisito dei data center. Secondo la CloudView Survey di IDC del luglio 2017, l’85% degli intervistati sta valutando o utilizzando il cloud pubblico, mentre tra gli attuali utenti del cloud l’87% ha adottato misure per portarsi verso una strategia cloud ibrida e il 94% prevede di utilizzare diversi cloud.
Le organizzazioni stanno rapidamente adottando infrastrutture di iperconvergenza (HCI) per contribuire a semplificare i loro ambienti. HCI è uno dei segmenti in più rapida crescita nell’area dei data center con un CAGR a 5 anni (2016-2021) del 30,2% (Fonte: IDC Worldwide Quarterly Converged Systems Forecast Tracker, 3CQ17). Cisco HyperFlex viene adottato come piattaforma principale per l’IT aziendale, accelerando questa transizione di mercato con oltre 2000 clienti in tutto il mondo.
Risorse a supporto
- TechWiseTV: Accelerating Multicloud IT with the New Cisco HyperFlex. Live il 28 febbraio.
- Post blog di Kaustubh Das – HyperFlex 3.0: Platform for the Multicloud Era
- Nuovi dettagli su Hyperflex dal Cisco Live di Barcellona.
- Video su HyperFlex 3.0.
- Cisco HyperFlex at www.cisco.com/go/hyperflex
Cisco HyperFlex Systems™
I sistemi Cisco HyperFlex offrono un’iperconvergenza completa, combinando computing, storage e risorse di networking in una piattaforma semplificata e facile da usare. La piattaforma dati HyperFlex, progettata con il sistema Cisco Unified Computing System (Cisco UCS®), offre una struttura dinamica dei dati, grazie a prestazioni leader del settore, di cui i clienti hanno bisogno per semplificare un maggior numero di applicazioni nei loro data center. I sistemi Cisco HyperFlex offrono l’agilità, la scalabilità e un approccio pay-as-you-grow del cloud, ma con i vantaggi dell’infrastruttura on-premises. Cisco HyperFlex. Semplificare di più.
PARTE ECOSISTEMA TOGETHER: PERCORSO DI ECCELLENZA PER INCONTRI DI IN-FORMAZIONE FRA AZIENDE, STARTUP E MANAGER
Il progetto, realizzato da Federmanager Academy in partnership con Digital Magics e finanziato da Fondirigenti, è strutturato in 5 incontri a Roma, Milano, Catania, Napoli e Reggio Emilia dedicati all’‘Open Innovation’: come innovare le imprese con l’apporto delle startup digitali
Federmanager Academy, Management School di Federmanager, organizzazione che rappresenta 180.000 dirigenti in servizio e in pensione delle imprese produttrici di beni e di servizi, con 57 sedi in Italia, in collaborazione con Digital Magics, il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy”, attivo su tutto il territorio Italiano, lancia ECOSISTEMA TOGETHER: progetto di in-formazione fra aziende, startup e manager.
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ECOSISTEMA TOGETHER – finanziato da Fondirigenti, fondo interprofessionale per la formazione dei dirigenti promosso da Confindustria e Federmanager – ha l’obiettivo di creare un ecosistema vero e proprio dell’innovazionecon 5 incontri di dialogo, confronto e lavoro estremamente qualificati fra: oltre 20 imprese aderenti a Fondirigenti; più di 20 startup italiane, le migliori selezionate da Digital Magics, e manager e professionisti con una solida esperienza che vogliono ricollocarsi come freelance o a supporto delle stesse aziende e start up.
Il percorso inizia a Roma e continuerà su altre quattro aree per raggiungere e coprire tutto il territorio italiano. ECOSISTEMA TOGETHER sarà a Milano il 15-16 febbraio, a Catania il 12-13 marzo, a Napoli il 15-16 marzo e aReggio Emilia il 19-20 marzo. Per scoprire il programma e i dettagli dei 5 appuntamenti:http://www.federmanageracademy.it/ecosistema-together-imprese-start/. Fra le aziende nelle giornate di Roma vi sono General Electric (Nuova Pignone), Sogin, Estra, Unysis, Urmet Sistemi, Biscotti Gentilini, Teleperformance, Injecta.
Importanti esperti di settore, advisor e mentor di Federmanager Academy e Digital Magics si alterneranno all’interno disessioni di approfondimento consulenziale e workshop, per diffondere la cultura del digitale, della nuova imprenditorialità e dell’Open Innovation e per sensibilizzare le aziende a sostenere le startup, lavorando insieme per innovare processi, servizi e prodotti grazie alle tecnologie esterne.
In ognuna delle due giorni ECOSISTEMA TOGETHER vuole creare valore aggiunto, sinergie e collaborazioni strategiche fra i partecipanti. Al termine di ogni incontro verranno realizzate delle videolezioni – con le pillole e le parti più importanti – che saranno inviate ai protagonisti. Nel mese di aprile a Roma ci sarà l’evento conclusivo di ECOSISTEMA TOGETHER, dove verranno presentati i progetti innovativi sviluppati dalle aziende, startup e manager durante i 5 incontri.
Helga Fazion, Presidente di Federmanager Academy, ha dichiarato: “Siamo particolarmente soddisfatti per l’avvio di questa iniziativa, che è sperimentale non solo nei contenuti e nelle metodologie ma anche nel mix di figure che si trovano in alcuni gruppi per lavorare assieme, e per creare just in time idee da proporre alle stesse aziende presenti: mettere insieme la disruption delle start up, la solidità di certe imprese e l’esperienza di alcuni manager che vogliono ripensarsi professionalmente, è un percorso sicuramente interessante; e per questa possibilità siamo grati a Fondirigenti, e contenti di collaborare con Digital Magics”.
Layla Pavone, Consigliere e Chief Innovation Marketing and Communication Officer di Digital Magics, ha dichiarato: “Dopo i 20 programmi di ‘Open Innovation’, che abbiamo strutturato negli ultimi due anni con le più importanti aziende italiane, e le due edizioni del ‘GIOIN’, il primo network in Italia per l’innovazione delle imprese grazie alle startup, ECOSISTEMA TOGETHER e la partnership con Federmanager Academy si inseriscono perfettamente nella strategia che Digital Magics sta portando avanti da sempre, ovvero creare un ponte strategico fra l’industria e l’imprenditorialità tradizionale e l’ecosistema delle startup innovative”.
Il marketplace lending made in Italy: a che punto siamo (e dove vogliamo arrivare)
È uno dei quattro best investment del 2018 secondo Forbes: il P2P lending è sempre più sotto i riflettori di esperti e opinione pubblica. BorsadelCredito.it, il primo operatore italiano di P2P lending per le PMI, fa un bilancio della strada percorsa fin qui e traccia le possibili, auspicabili novità che ci attendono per l’anno appena iniziato.
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1) Il primo punto che rappresenta un giro di boa per l’Italia è la riforma della tassazione approvata con la legge di Bilancio 2018. Ne abbiamo parlato dettagliatamente qui. In sostanza, il legislatore ha rimosso l’anomalia che fino al 2017 penalizzava dal punto di vista fiscale il P2P lending imponendo al prestatore di pagare le tasse sui suoi guadagni derivanti da questa asset class ad aliquota marginale sul reddito: dal 23% per redditi sotto i 15mila euro al 43% per quelli sopra i 75mila. Dal 3 gennaio l’aliquota unica è la stessa che si paga sui rendimenti che derivano da fondi comuni, bond e azioni: il 26%. Un dato che non potrà che fare bene al nostro settore e spingerne la crescita. Ed è uno degli obiettivi che gli operatori specializzati si erano posti a inizio 2017: obiettivo centrato.
2) Un secondo obiettivo del 2017 era quello di consentire l’ingresso, come investitori, anche agli istituzionali. Ne abbiamo parlato approfonditamente, per esempio qui: i fondi di direct lending in Europa hanno erogato 13 miliardi di euro in prestiti alle imprese e hanno una potenza di fuoco di circa 54 miliardi. Le piattaforme come BorsadelCredito.it sono le candidate ideali a ospitare fondi di direct lending, ovvero fondi che eroghino credito all’economia reale e che siano investibili anche da investitori istituzionali. La nostra piattaforma è pronta a partire e lo farà nel corso del 2017. Poi dalle parole siamo passati ai fatti: il 17 ottobre abbiamo annunciato il lancio del Fondo Colombo, il primo fondo di investimento alternativo dedicato agli investitori professionali, che ha un obiettivo di raccolta di 100 milioni in 5 anni. Colombo è gestito da BorsadelCredito.it attraverso ART SGR S.p.A.; la banca depositaria è Caceis Bank. Sono previsti vari closing per i primi due anni e il calcolo del NAV due volte l’anno. Le quote minime di investimento variano tra 500.000 e 2.500.000 di euro a seconda delle classi di investimento. Colombo offre ritorni elevati (target netto al 5,5%), rischio contenuto e decorrelazione totale rispetto al mercato. Per l’Italia si tratta di una novità assoluta.
3) Un bilancio non è tale se non si fa una summa numerica: nel 2017 il volume del P2P lending italiano è cresciuto in maniera esponenziale e, soprattutto, sono nate nuove piattaforme e altre se ne attendono nell’anno appena iniziato. Una notizia che non può che far bene al mercato, rendendolo più efficiente. Per restare ai puri numeri, citiamo quello di P2P Lending Italia che rileva l’ingresso in una nuova dimensione per il comparto con l’ingresso di operatori importanti come Fifty (sconto fatture) e Lendix (prestiti alle imprese). Secondo l’osservatorio trimestrale del sito il mercato avrebbe toccato quota 111,5 milioni con un aumento del 40% trimestre su trimestre e del 267% rispetto a un anno fa. Il settore dello sconto fatture avrebbe generato 84,8 milioni negli ultimi tre mesi dell’anno e quello dei prestiti alle imprese circa 10 milioni di nuove erogazioni, rispettivamente quintuplicando e quadruplicando i numeri di un anno prima. In totale questi due settori valgono, dall’avvio del mercato, 275,4 milioni, che arrivano a 383 milioni se si aggiungono anche i prestiti personali. Si tratta di numeri che, per ammissione della stessa P2P Lending Italia, potrebbero sottostimare la portata del fenomeno. Iniziamo, cioè, a uscire dal recinto dei fenomeni di nicchia e a essere rilevanti, per quanto ancora piccoli rispetto a UK e USA (ma non particolarmente rispetto ad altri Paesi dell’Europa Continentale).
4) A proposito di Europa Continentale, su questa area del mondo puntano anche le pioniere britanniche del marketplace lending: il funding gap per le PMI è un problema sempre più gravoso. Nel Regno Unito, secondo Funding Circle, nel periodo da fine 2013 a Giugno 2017 lo stock netto di prestiti alle PMI anglosassoni da parte del sistema bancario inglese ha subito un decremento di 2,5 miliardi di sterline, la metà delle quali è stata erogata in compenso dalla piattaforma britannica ormai leader nel mondo. Secondo dati EBA elaborati da KPMG i prestiti bancari alle PMI europee sono passati dai 95 miliardi del 2008 a circa 54 del 2013/2014, mentre lo stato degli NPL in pancia alle banche non lascia presagire nulla di buono. E, per l’Italia, questa situazione è quanto mai esasperata. Lo spazio di crescita per le piattaforme che fanno credito alle imprese online è amplissimo: la stessa Funding Circle è convinta che l’Europa supererà il Regno Unito nei prossimi anni. Noi ci auguriamo che questo possa accadere quanto prima.
5) Abbiamo osservato, rispetto a inizio 2017, i primi segnali che l’Unione Europea si stia interessando al marketplace lending come alternativa per il finanziamento delle PMI. Non solo l’Unione Europa, ma anche il legislatore italiano, tanto che siamo stati chiamati in Audizione alla Camera presso la Commissione Finanze. L’auspicio è che questo sia il primo passo per la creazione di una legislazione unica e univoca in ambito sia italiano sia europeo. L’unica norma che oggi regola il nostro settore è la sezione IX delle nuove norme sulla raccolta del risparmio da parte dei soggetti non bancari. In questa norma il social lending è definito come “uno strumento attraverso il quale una pluralità di soggetti può richiedere a una pluralità di potenziali finanziatori, tramite piattaforme on-line, fondi rimborsabili per uso personale o per finanziare un progetto.” Oggi le piattaforme possono operare se sono istituto di pagamento ex art. 114 TUB, intermediario finanziario ex art. 106 TUB o istituto di credito. E possono fare da intermediari nelle trattative personalizzate tra imprenditori e singoli finanziatori. Nelle disposizioni, approvate lo scorso novembre, c’è specificato poco altro. La mancanza di una normativa organica non potrà durare a lungo, visti anche i ritmi di crescita del mercato: una più spiccata chiarezza e completezza nella normativa faranno certamente da propulsore per una maggiore conoscenza e autorevolezza del mercato della finanza alternativa.
6) La cooperazione con le banche. Qualcosa si muove anche in Italia. Sono le banche maggiori, Intesa San Paolo, eletta da Forrester Research come una delle 7 banche al mondo più all’avanguardia nel settore della trasformazione digitale, grazie alla creazione del VC Neva Finventures e all’alleanza strategica stretta con The Floor, un incubator israeliano di fintech. La banca, attraverso il veicolo di VC, ha investito nella piattaforma britannica Iwoca, attiva nei prestiti alle imprese. Anche UniCredit ha creato il fondo Evo per investire nel mondo Fintech. La collaborazione con il Fintech per le banche è vitale, soprattutto con l’entrata in vigore della PSD2. Ma, a nostro avviso, sono soprattutto le banche del territorio che potrebbero beneficiare dei servizi erogarti via Fintech: auspichiamo la creazione come in Gran Bretagna, di un referral scheme che prevede che ogni richiesta di finanziamento fatta da una PMI e non gestita dalla banca debba essere segnalata alle piattaforme che possono offrire un servizio alternativo. Anche in questo caso, il legislatore ha in mano le chiavi per dischiudere un mercato.
7) Milano hub europeo del FinTech? Abbiamo perso la gara per l’Agenzia Europea del farmaco, ma potremmo ancora vincere quella per diventare l’Hub europeo del Fintech. Qualcosa, nel 2017, si è mosso anche in questo ambito, dopo gli appelli lanciati da Guido Rosa, il presidente dell’associazione italiana delle banche estere, per esempio qui e dal presidente della Consob Giuseppe Vegas. Qualcuno, segnatamente SellaLab e Copernico, ci ha messo il cappello, fondando il Fintech District, con l’obiettivo di sviluppare le società italiane ed europee di Fintech attraverso l’aggregazione degli operatori.
8) Resta un auspicio, mancato per un soffio nell’ultima legge di Bilancio: l’ingresso nei PIR. Un nostro cavallo di battaglia, che speriamo si concretizzi nel corso del 2018. Come nei britannici IFISa, derivazione degli Isa da cui i nostri PIR hanno tratto ispirazione, i panieri dedicati all’economia reale potrebbero (dovrebbero) contemplare una percentuale di P2P lending, ovvero prestiti alle PMI, pescando dall’intero universo di oltre 4 milioni di realtà che sono l’ossatura del nostro sistema industriale. A piccoli passi, il P2P lending sta diventando grande.
Informazioni su BorsadelCredito.it
BorsadelCredito.it è il primo operatore italiano di peer to peer lending per le PMI.
Specializzata nel credito alle micro, piccole e medie imprese, BorsadelCredito.it vanta oggi più di 15.000 imprese clienti provenienti da tutta Italia, oltre 2000 prestatori e oltre 22 milioni di euro finanziati. La start-up fintech è nata nell’ottobre 2013 come piattaforma digitale di brokeraggio per il credito alle aziende, aprendo nel settembre 2015 il canale del P2P lending come primo operatore per le aziende in Italia, in qualità di Istituto di pagamento autorizzato da Banca d’Italia. BorsadelCredito.it è gestita da un gruppo societario, la cui Holding è la Business Innovation Lab S.p.A., che controlla al 100% altre due società: Mo.Net S.p.a. con socio unico (società iscritta all’albo degli istituti di pagamento ex art. 114 septies del T.U.B con il codice 36058.6), la società del gruppo autorizzata a svolgere i servizi di social lending, attraverso cui gli utenti possono prestarsi il denaro e restituirlo a rate; e ART SGR S.p.a. con socio unico, Iscritta all’Albo delle SGR di cui all’art. 35 comma 1, sezione FIA del TUF con codice iscrizione albo n.161, che gestisce il fondo di credito “Colombo”.
L’Enterprise Data Management è essenziale per affrontare il GDPR
Con l’avvicinarsi del 25 maggio 2018, data fissata per l’entrata in vigore del GDPR (General Data Protection Regulation), è sempre maggiore la pressione all’interno delle organizzazioni, praticamente tutte, chiamate a conformarsi al regolamento.
Per adempiere alla normativa è infatti necessario interpretare e ‘scaricare a terra’ principi e indicazioni, definendo una roadmap e un framework attuativi concreti e sostenibili. Il regolamento impone infatti di dichiarare un percorso di consolidamento del sistema di protezione dei dati personali, partendo dalla definizione del perimetro, dall’analisi delle minacce a cui sono sottoposti i dati, fino alla esplicitazione delle misure organizzative e tecnologiche adottate a copertura dei rischi.
“Non basta però dire cosa si fa. Bisogna anche fare quello che si è detto,” sostiene Alberto Scavino, CEO di Irion, software house specializzata nell’Enterprise Data Management. “Le misure dichiarate devono essere implementate e organizzate in un sistema codificato di gestione dei dati personali, che ha molti punti in comune con la conformità a normative già attive in diversi settori, come il Finance, e con le migliori pratiche di governo del patrimonio informativo”.
Questa analogia è una grande opportunità in termini di efficienza e sostenibilità: gli stessi metodi, tecniche e strumenti di data management e data governance possono e devono essere estesi per coprire esigenze di conformità al GDPR.
Il ruolo dell’enterprise data management
Un approccio proattivo, integrato e coerente necessita di un solido supporto strumentale, ovvero di un sistema di [amazon_textlink asin=’B01MTBKS2U’ text=’Enterprise Data Management’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’95920948-04fe-11e8-87c1-93c7eeda07d2′] in grado di assicurare la flessibilità e la dotazione funzionale necessarie a coprire i requisiti di differenti finalità di gestione dei dati.
Una piattaforma in grado di esplorare il system landscape (data discovery) per creare una mappa dei dati, categorizzarli in base alle singole tipologie e finalità di impiego, valutare i rischi connessi, configurare ed eseguire le regole di dismissione dei dati, verificarne l’esattezza eventualmente attivando le opportune azioni di rettifica. Per salvaguardare le informazioni può rivelarsi necessario lo sviluppo di una delle misure per la protezione dei dati suggerite dalla normativa stessa, la pseudonimizzazione, attraverso tecniche di [amazon_textlink asin=’1546377972′ text=’data masking.’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’84b5eef3-04fe-11e8-8086-4f162dc340be’] La piattaforma deve inoltre disporre delle funzionalità necessarie a garantire una risposta efficace e tempestiva all’esercizio da parte degli interessati dei propri diritti (consenso, rettifica, oblio, portabilità) al verificarsi di violazioni (data breach), ai requisiti di reportistica regolamentare (es. registro dei trattamenti).
Ma lo strumento è solo uno dei fattori abilitanti: è necessario impiegarlo in modo corretto, con il supporto di professionisti del dato, per valorizzarne tutte le caratteristiche sulla base di un metodo concreto applicabile a differenti esigenze gestionali.
La piattaforma EDM, gli add-on RTG e i relativi servizi professionali abilitanti di Irion danno una risposta completa e integrata a queste esigenze, fornendo un potente ambiente integrato di governo e gestione dei dati con tutte le feature necessarie a coprire i requisiti tecnici introdotti dal GDPR: data quality, data discovery, data governance, gestione di business glossary e metadata, data masking, master data management e workflow management. Il tutto, arricchito da potenti funzionalità di autodocumentazione e di reporting, costituisce una risposta completa e modulare, basata su una chiara visione del percorso di adeguamento alla normativa e al suo presidio in esercizio.
Per approfondire tematiche connesse al regolamento, Irion ha inoltre creato il gruppo LinkedIn GDPR Italia, attraverso il quale è possibile entrare in contatto con Manager che si occupano della “protezione dei dati personali”: un luogo d’incontro virtuale dove condividere esperienze o confrontarsi con altri esperti, facendo chiarezza sulle indicazioni normative e trovando spunti, idee o soluzioni utili.
Innovazione – Più di mille le startup costituite online
Nel 2017, 4 startup su 10 fondate hanno scelto la nuova modalità di costituzione digitale, legittimata da una recente sentenza del TAR.
Al 31 dicembre 2017 sono 1.117 le startup innovative costituite attraverso la nuova modalità digitale e gratuita. Il tasso di utilizzo tra le startup costituite nel 2017 è pari al 39,6%. Lo evidenzia il nuovo rapporto trimestrale di monitoraggio pubblicato in data odierna dal MISE, in collaborazione con Unioncamere e InfoCamere.
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A partire dal 20 luglio 2016 è possibile costituire una società di capitali senza fare ricorso all’atto notarile. Un’assoluta novità per il diritto societario italiano, di cui la recente pronuncia del TAR del Lazio (sentenza 2 ottobre) ha sancito la piena conformità ai principi giuridici comunitari e nazionali.
Tra le principali caratteristiche della procedura spiccano l’offerta di un modello standard per gli atti fondativi dell’impresa, personalizzabili dall’utente sulla piattaforma online dedicata, e il ricorso alla firma digitale a garanzia dell’identità dei contraenti, nonché la gratuità e la rapidità dell’intero iter di costituzione della startup, che può avvalersi anche dell’assistenza qualificata della Camera di Commercio.
Il rapporto mette in luce come nel solo quarto trimestre del 2017 siano ben 246 le imprese innovative costituite online. Rispetto a dodici mesi fa, quando le startup costituite online erano in tutto 180, l’incremento è pari a 937 unità.
La regione capofila nell’adozione di questa misura rimane la Lombardia, con 275 startup costituite online, di cui 181 localizzate nell’area di Milano, che è la prima provincia in classifica e che, insieme a Roma (115 startup) supera le 100 unità. Secondo best-performer è il Veneto, che raggiunge le 151 costituzioni online e colloca ben tre province nella top-5 (Padova 3ª, Treviso 4ª e Verona 5ª, seconde solo a Milano e Roma).
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Smart Working – intervista a Daniele Appetito, Manager eFM
Nell’ultimo anno in Enel mi sto occupando di Smart Working ed ho avuto l’opportunità di conoscere tante realtà interessanti con cui confrontarmi.
Ho deciso quindi di intervistarli per mettere a fattor comune la conoscenza.
Comtinuo questo ciclo di interviste con Daniele Appetito di eFM.
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Dal tuo punto di osservazione qual è lo stato dell’arte dell’implementazione dello Smart working in Italia?
Il termine Smart Working si è ormai affermato nell’immaginario collettivo, travalicando anche i confini degli addetti ai lavori. L’approvazione della legge sul Lavoro Agile, all’interno del cosiddetto Jobs Act del lavoro autonomo, ha aiutato a sbloccare un processo organizzativo che i dati del Politecnico di Milano (Osservatorio Smart Working 2017) certificano ormai come dato non transitorio (sono 305 mila i lavoratori agili, in crescita del 14% rispetto al 2016 e del 60% rispetto al 2013).
Al di la della diffusa introduzione del contratto agile in diverse grandi aziende con cui abbiamo contatto quotidiano, si percepisce che le potenzialità in termini di abbattimento di costi diretti ed indiretti, di miglioramento del work-life balance, di produttività, di organizzazione e diffusione della responsabilità e, soprattutto di engagement – personale e verso l’azienda – possa subire un netto miglioramento.
Insomma: la consapevolezza che siamo nel pieno di una rivoluzione è, ormai, diffusa. La sensazione, però, è che non si abbia reale consapevolezza delle sue ragioni e della sua portata e che quindi non ci si doti degli strumenti adeguati per viverla e per interpretarla. Troppo spesso, si tende a riportare lo Smart Working ad una evoluzione del telelavoro e, quindi, a confonderlo con concetti come Home Working, Remote Working, Agile, e questo può deviare azioni e sforzi dei singoli e delle aziende.
Siamo solo agli inizi di questa trasformazione ma, sono certo che, sarà epocale. Molte aziende si stanno avvicinando ad approcci integrati al nuovo approccio lavorativo e di collaborazione che chiamiamo Smart Working. Ritengo che il 2018 sarà un anno molto importante per la maturazione del mercato Italia e internazionale.
Quali credi siano i fattori critici di successo?
Lo Smart Working va inteso come nuovo approccio lavorativo e di collaborazione all’interno di un’organizzazione e non può prescindere dalla costruzione di un modello organizzativo che abbracci la classica formula BBB : Bricks, Bites and Behaviour. La trasformazione del lavoro deve essere legata ad una azione parallela su :
- Trasformazione degli strumenti aziendali (fisical & digital collaboration),
- Creazione di ambienti lavorativi idonei e all’apertura verso l’esterno (indoor & outdoor workplace),
- Ripensamento delle organizzazioni ponendo al centro la persona, facendo convergere ed integrare gli obiettivi aziendali e quelli personali (work-life integration) e trasformando la cultura aziendale verso la misura dei risultati, allontanandoci da vecchi concetti di controllo.
Una declinazione centrata esclusivamente in ottica “Smart” – Smart-city/Smart-office e quindi focalizzata all’abbattimento dei costi per gli spazi fisici, alla riduzione dei tempi e costi di trasferimento; all’estetica degli spazi di lavoro e/o alle dotazioni tecnologiche non può essere sufficiente. Sono fattori certamente importanti ma che, necessariamente, vanno inseriti in un progetto integrato di trasformazione culturale e organizzativo dell’azienda.
Vogliamo davvero liberare il lavoratore dai vincoli spazio/temporali e dalle dinamiche dell’ufficio tradizionale per poi semplicemente ricostruirle altrove, magari il più possibile vicino casa?
È presente, a ben guardare, un pericolo concreto che il Lavoro Agile si risolva in un pendolo ufficio/casa. Se lo Smart Worker diventa esclusivamente un “lavoratore remoto” si rischia un effetto boomerang che riporta alla definizione letterale remoto = “allontanato, lontano”. Fra casa e ufficio esiste invece una miniera di competenze e conoscenze, una ricchezza che, attraverso lo Smart Working, può diventare accessibile all’impresa.
Vogliamo davvero rendere liberi i lavoratori responsabilizzandoli per poi chiedere loro di comunicarci orario di inizio, orario di fine e le pause del lavoro? Il processo di cambiamento di cui un’azienda ha bisogno per rendere la singola persona responsabile del proprio lavoro, consapevole dei risultati da raggiungere, cosciente e autonomo nell’organizzazione delle proprie modalità e tempistiche di svolgimento delle attività private e di team, va supportato e guidato con opportune iniziative di trasformazione.
Insomma, sono molti i rischi ma, enorme il potenziale di successo a cui questa evoluzione del lavoro porterà per quelle organizzazioni che comprenderanno il bisogno di costruzione di un progetto olistico di trasformazione.
Citami una best practice motivandola
Ci sono diverse grandi corporation – di cui non posso ancora citare i nomi – che ci hanno contattato per dotarsi di una piattaforma per l’implementazione dello Smart Working che consenta ai propri dipendenti di scegliere una serie di luoghi interessanti sia in ottica smart-city (vicinanza alla propria vita personale) che in ottica smart-working (in senso proprio), ovvero luoghi che attivino interessi e competenze sinergiche con la propria progettualità professionale ed capaci di stimolare interessi personale. Mi riferivo proprio a questo parlando di “miniera di competenze e conoscenze” di fatto già accessibili.
Provo a spiegarmi meglio. Un’azienda può dotare i singoli lavoratori o dei team progettuali di un accesso alla piattaforma MYSPOT estendendo così il proprio portafoglio immobiliare (sedi degli uffici aziendali) con tutti quei luoghi (coworking, business center e altre sedi) in grado di supportare e accelerare le progettualità in cui sono inseriti. Ogni nuovo luogo potenzialmente vivibile dai lavoratori viene selezionato sulla base delle caratteristiche proprie (spazi, servizi, localizzazione) e delle competenze che lo abitano (community e professionisti che è possibile incontrare e da cui farsi contaminare) aumentando in maniera esponenziale le opportunità di business e innovazioe.
In questo modo, in breve, si passerà dal concetto di HQ (head quarter) a quello di HUB, alla costruzione di un luogo diffuso, integrato nel tessuto urbano e professionale in cui l’azienda è immersa e vuole orientare il proprio business.
Altre aziende, inoltre, ci stanno contattando per la costruzione di un percorso di trasformazione delle proprie persone attraverso dei percorsi immersivi che noi chiamiamo “Work-out the future”. In pratica, se pensiamo ad un team progettuale che si sta occupando di un nuovo progetto di innovazione aziendale, si tratta di affiancarlo nella costruzione di un percorso esperienziale di introduzione, contaminazione e accelerazione su tematiche come, ad esempio : Agile, Evolutionary Leadership, Civic Engagement, Activity Based Workplace, Work-life integration, Digital Collaboration e Remote Working.
Accompagnare un team attraverso tali argomenti, non soltanto attraverso il classico approccio formativo d’aula, ma attraverso la costruzione di un percorso esperienziale in grado di accelerare la progettualità in cui il team è coinvolto. Aiutando il progetto stesso, oltre che le persone coinvolte. Solo attraverso la pratica di tali esperienze e la misurazione diretta dei risultati acquisibili dall’approccio integrato dei concetti esposti precedentemente, è possibile costruire un terreno adeguato al cambiamento di cui le aziende, i lavoratori (ognuno di noi) ed il mercato tutto hanno bisogno.
Come vedi il mondo del lavoro tra 10 anni?
10 anni è un periodo troppo lungo con la velocità di trasformazione che contraddistingue i nostri tempi.
La trasformazione digitale del mondo è già avvenuta. Ci siamo dentro. Passiamo fuori dall’ufficio e dalla postazione assegnata almeno la metà del nostro tempo. Infiniti canali – pubblici e privati – ci rendono tutti costantemente iper-connessi con colleghi, clienti, fornitori, autorità, etc. Insomma: sono cambiati i capisaldi del nostro modo di lavorare perché è già cambiato il nostro modo di stare al mondo. Salta l’idea classica di orario di lavoro, di luogo di lavoro, di mansione di lavoro. La sfida è quella di mettere in campo strumenti in grado di assistere i lavoratori nell’abitare il nuovo mondo digitale.
Il punto quindi non è orientarsi nel pendolo fra diversi tipi di spazi (ufficio, casa, business center, coworking) ma la capacità di abitare un unico “luogo digitale” costituito fondamentalmente da un insieme di relazioni – spaziali, digitali, economiche, sociali, emozionali, comportamentali. Un’esperienza di questo genere, che non è né abituale, né ordinaria, né tantomeno semplice per il lavoratore, ha bisogno di essere insegnata e soprattutto vissuta. Ecco allora che diventerà fondamentale sviluppare e perfezionare un personal digital assistant (il nostro “avatar”) che accompagni e indirizzi il lavoratore in questo contesto multidimensionale, riducendo a un’unica esperienza relazionale la molteplicità di livelli comunicativi attivati, lo renda capace di orientarsi e cogliere il nuovo mondo di opportunità la Digital Transformation abilita.
Dall’altro lato, startup e corporation tenderanno ad assomigliarsi sempre di più. Bisogna però cambiare punto di vista. Le aziende di grandi dimensioni hanno lo svantaggio di essere poco reattive ma conservano comunque il vantaggio di riuscire ancora ad attirare talenti. Il punto, però, sarà cambiare il modo di gestirli e formarli: da un’organizzazione gerarchica, rigida, verticale, che forma su questa base le proprie risorse, ad una formazione permanente, immersa ogni giorno laddove accadono le cose, cioè spesso fuori dai classici confini aziendali. Nel mondo attuale, anche il miglior corso di formazione teorico-frontale rischia di essere datato non appena è stato somministrato. La sfida è invece quella d’innestare nella dimensione corporate la cultura agile. Avere la determinazione e la lungimiranza di rimettere nel mondo le proprie risorse umane, rivitalizzandole.
Non basta quindi lasciare il lavoratore libero di decidere quando e dove lavorare. È fondamentale accompagnare la libertà lavorativa acquisita verso luoghi “inspiring” in chiave di crescita del valore personale, e quindi, aziendale. Lo Smart Working può essere lo strumento che abilita questo apprendimento permanente verso nuove competenze in continua evoluzione.
Dopo essersi laureato in Ingegneria nel 2005 entra in eFM, dove si è occupato fin da subito di consulenza di business per la gestione e valorizzazione del Patrimonio Immobiliare e l’implementazione dei sistemi informativi. Dopo 5 anni di gestione dei servizi di Facility, Project e Property per un grande cliente Italiano (importante istituto bancario) diviene da prima Client Leader di questo ed in seguito Program Manager di due dei più grandi progetti internazionali di eFM. Oggi è il Responsabile dell’area Progetti di consulenza per i clienti Corporate in ambito nazionale ed internazionale.
SWOORDS – Come nasce un mobile game
+1 Milione di views su App Store
+20K Download totali (iOS + Android)
+3K Giocatori attivi al giorno
+150K Round giocati al giorno (media di 10 partite/giocatore)
Nelle versioni successive introdurremo le parole bonus (Native Adv), nuovi dizionari come lo Spagnolo e possibilità di personalizzare i propri dizionari su tematiche specifiche.
Smart Working – intervista ad Andrea Solimene
Nell’ultimo anno in Enel mi sto occupando di Smart Working ed ho avuto l’opportunità di conoscere tante realtà interessanti con cui confrontarmi.
Ho deciso quindi di intervistarli per mettere a fattor comune la conoscenza.
Comtinuo questo ciclo di interviste con Andrea Solimene cofounder dell’azienda Seedble
Prossima intervista a Daniele Appetito di eFM.
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Dal tuo punto di osservazione qual è lo stato dell’arte dell’implementazione dello SW in Italia?
Siamo ancora all’inizio. Seppur ci sono aziende che hanno avviato progetti di Smart Working da 2-3 anni, sono ancora in una fase iniziale e sperimentale. Trattandosi di un processo di cambiamento e innovazione del nostro modo tradizionale di lavorare e collaborare (ma anche e soprattutto di ripensare all’organizzazione) siamo indietro rispetto al contesto internazionale. Se da una parte è un aspetto negativo, dall’altra possiamo far tesoro delle esperienze internazionali e attuare percorsi di Smart Working più “maturi”
Quali credi siano i fattori critici di successo?
Nel contesto italiano non conosco casi tali da esser considerati best practice (è difficile immaginare una best practice smart working, visto che i percorsi variano in funzione delle esigenze, bisogni e priorità delle persone che fanno parte di una determinata organizzazione). Sicuramente Tetrapak e AMEX possono esser considerati casi interessanti. Entrambi possono contare sul fatto che appartengono a società multinazionali con grande influenza nordeuropea e angloamericana, quindi maggior apertura mentale e visione. Tetrapak perchè è stato tra i primi ad avviare lo Smart Working intervenendo anche sulla produzione e AMEX per il processo che ha spinto a rivedere gli spazi e il modello di gestione delle persone.
Come vedi il mondo del lavoro tra 10 anni?
Digital Transformation Advisor e project manager. Si occupa di strategia, innovazione digitale e comunicazione d’impresa. Nel 2013 ha cofondato l’azienda Seedble. Nel 2012 lancia Spremute Digitali, web magazine che tratta temi legati all’innovazione e digitale, di cui è uno dei contributor. Nel 2015 scrive insieme a dei soci “The Smart Working Book”, primo ebook in Italia sul concetto Smart Working. Da quest’anno è Professore a contratto per l’insegnamento di Enterprise Communication Management alla Facoltà di Economia alla Sapienza di Roma.
La scarsa protezione delle password espone i gamer ai cyber attacchi
Game Over: la scarsa protezione delle password espone i gamer ai cyber attacchi
Il gaming online è rapidamente diventato un settore estremamente remunerativo e il numero di account è in costante crescita. Secondo una ricerca condotta da Kaspersky Lab, più della metà delle persone (53%) in tutto il mondo gioca regolarmente online, un dato che sale al 64% per le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni e al 67% per la fascia d’età 16-24. Si tratta di un settore potenzialmente remunerativo anche per i cyber criminali, che possono rubare gli account di gaming e venderli nel mercato nero. Nonostante i rischi, spesso i gamer non proteggono i propri account online dai cyber attacchi, rischiando di perdere non solo i propri progressi ma anche i dati personali e, potenzialmente, il proprio denaro.
L’audience globale del settore gaming – guidato da piattaforme online come Steam, PlayStation Network e Xbox Live – viene stimato tra i 2,2 e i 2,6 miliardi di utenti ed è tuttora in crescita, fattore che rende questo settore un obiettivo interessante per i cyber criminali, che desiderano bloccare le attività online o ottenere l’accesso a dati come password e dettagli delle carte di credito. L’interesse dei criminali informatici è chiaramente dimostrato dai recenti attacchi alle piattaforme Xbox e PlayStation.
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Considerato l’elevato numero di persone che giocano regolarmente online, i cyber criminali hanno a disposizione moltissimi utenti tra i quali scegliere le future vittime. Inoltre, il gaming è diventato una parte importante della vita di molte persone, che si affidano ai videogiochi quando si sentono sole, annoiate o desiderano socializzare. I cyber attacchi possono quindi risultare molto fastidiosi per le vittime: oltre a vedersi rubati i propri dati, possono subire conseguenze emotive, perdendo l’accesso ai propri giochi preferiti (sia temporaneamente, sia definitivamente) e vedendo vanificati i risultati raggiunti e sprecato il denaro speso.
Tra chi è stato vittima di un tentativo di attacco o di un attacco andato a buon fine ai danni di un proprio account online, il 16% ha visto presi di mira i propri profili gaming, percentuale che sale al 21% tra gli uomini. Inoltre, considerato che il 55% delle persone non sarebbe in grado di ripristinare in breve tempo i dettagli del proprio account in caso di perdita, il fastidio causato da un cyber attacco è ulteriormente amplificato.
Non più relegato all’ambiente domestico, il gaming fa sempre più parte della vita quotidiana di molte persone, come dimostrato dal fatto che quasi un intervistato su tre (27%) gioca regolarmente via smartphone. Quasi una persona su quattro (23%) usa connessioni wi-fi pubbliche per effettuare il login ai propri account gaming e il 56% dichiara di non adottare alcuna precauzione aggiuntiva quando usa network pubblici, sebbene i dispositivi non siano di per sé sicuri, esponendosi quindi a seri rischi. Questo pericolo viene ulteriormente aggravato dal fatto che solo il 5% delle persone indica il proprio account gaming tra i tre che richiedono le password più forti.
Inoltre, considerando che al giorno d’oggi molti profili online sono connessi tra loro, le vittime possono facilmente perdere l’accesso a diversi account, come quelli di email e social network. Mentre questo potrebbe causare gravi conseguenze emotive per gli utenti comuni, i giocatori professionisti possono subire conseguenze ancora più serie, arrivando a perdere denaro.
“Un vero e proprio tesoro di informazioni personali è disponibile online, offrendo ai cyber criminali sempre più opportunità di entrare in possesso dei dati più preziosi degli utenti, che possono essere venduti sul mercato nero digitale”, ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. “I gamer – sia amatori che professionisti – sono comprensibilmente preoccupati dalla possibilità di subire attacchi ai propri account ma anche dal pericolo di dimenticare la password e non riuscire ad accedervi. Si tratta di un dilemma che gli utenti affrontano tutti i giorni e molti scelgono l’opzione meno sicura: usare la stessa password per tutti i propri account o password semplici che gli hacker possono indovinare facilmente. Tuttavia, solo prendendo le giuste precauzioni e usando password uniche e forti gli utenti potranno essere sicuri che i propri account siano protetti e che il loro impegno non vada sprecato”.
Per proteggere gli account online dei gamer, molti prodotti Kaspersky Lab includono una funzionalità per la gestione delle password che aiuta gli utenti a tenere al sicuro le proprie informazioni, come Kaspersky Password Manager incluso in Kaspersky Total Security. Questo tool conserva tutte le password degli utenti in un archivio sicuro e semplifica l’accesso ai propri account da PC, Mac e smartphone. Un generatore automatico di password crea password forti, mentre gli utenti devono ricordare solamente la master password per accedere a tutti i propri account online.
Per maggiori informazioni sulle principali minacce informatiche per gli utenti, è possibile leggere il report “Consumer Security Risks Survey 2017: Not logging on, but living on” a questo link.
Arriva in Italia WhatsApp Business
Gli attuali utenti WhatsApp potranno continuare ad usare la loro applicazione senza bisogno di scaricarne una nuova e continueranno ad avere pieno controllo dei messaggi che ricevono, inclusa la possibilità di bloccare qualsiasi numero (compresi i numeri delle attività), e di segnalare messaggi di spam.
Oggi, il 69% delle piccole imprese in Italia afferma che WhatsApp li aiuta a comunicare con i clienti e il 52% sostiene che contribuisca alla crescita del loro business (fonte: studio condotto da Morning Consult). WhatsApp Business renderà più facile per le persone connettersi con loro e viceversa, in maniera semplice e veloce.
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L’applicazione WhatsApp Business oggi può essere scaricata dal Google Play Store in Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito e Stati Uniti. La renderemo disponibile anche in altri paesi del mondo nelle prossime settimane. Questo non è che l’inizio!