Startup Marketing

Seguo il mondo delle startup per lavoro da alcuni anni; ho visto crescere questo fenomeno negli ultimi tempi in maniera vertiginosa, ormai tutti parlano di questo nel settore IT. Ultimamente il termine si sta affrancando ed è iniziato a diventare uno slogan da utilizzare anche per ministri o candidati premier. Questo accade in Italia ma  non solo, addirittura c’è chi pensa  di realizzare una speciale versione di X Factor – “X Factor for Tech” dove invece che talenti musicali ci siano giovani startuppers a contendersi fama e soldi. Sono nati alcuni termini come startuppers seriali, startup market, e così via. Ultimamente anche le grandi aziende hanno fiutato l’opportunità e hanno deciso di finanziare eventi in questo mondo, la prima è stata Telecom con Working Capital, a seguire Microsoft, Enel, etc… forse si sono accorti che è scattata l’ora dello startup marketing?

Vedo cose positive e cose negative e davvero non so quale possa essere la cosa giusta da fare, per far crescere questo movimento se cavalcare l’onda o magari abbassare i toni e puntare i riflettori solo su chi davvero ha avuto successo.

Ho chiesto aiuto ad alcuni amici che sono molto più esperti di me per provare a capirne qualcosa in più: Fabio Lalli, Presidente di Indigeni Digitali, Marco Marinucci e Alberto Onetti , Fondatori di _Mind The Bridge e Paolo Iabichino, Executive Creative Director di OgilvyOne e OgilvyAction Italia.

A loro ho posto queste domande:

Quanto le Startup sono una moda e quanto una realtà?

Fabio Lalli: penso che il termine startup in questo momento sia abbondantemente abusato E’ pur vero che il mercato è sempre trainato e stimolato da mode e quindi non saprei se sia un bene o un male. Quello che vedo in questo momento è una forte euforia che sta spingendo molti ragazzi a lanciarsi in un percorso imprenditoriale in alternativa alla ricerca del posto fisso. Da una parte c’è un vantaggio e riguarda lo stimolo e le nuove opportunità per una generazione che necessariamente ha bisogno di una nuova modalità di lavoro, dall’altra, il contro, è la creazione di tanti piccoli kamikaze che si sentono imprenditori solo per aver fatto due righe di codice o aver in mente la prossima Facebook.

Paolo Iabichino: Farei una distinzione: un discorso è farci prendere dall’euforia come spesso noi provincialissimi italiani facciamo facendoci affascinare dagli idiomi e dal fatto che la parola startup suona bene ed ha a che fare con il futuro, con la tecnologia e con l’innovazione. Sono tutti temi che ci stanno a cuore, molto affascinanti e seduttivi e quindi sono d’accordo con te, è una moda e il tema può essere facilmente strumentalizzato in chiave di marketing. Improvvisamente le aziende diventano tutti dei business angels tutte alla rincorsa dell’ultima idea etc. c’è pertanto un pericolosissimo fenomeno hype.

Tuttavia in un momento dove mancano realmente le opportunità e dove realmente manca la possibilità di confrontarsi con dei mentori e di avere delle guide in qualsiasi campo il fatto che ci sia qualcuno che decide di fare impresa in autonomia contando solo sulla bontà della propria idea è un bellissimo segnale. Vuol dire che nonostante tutto c’è qualcuno che ha voglia di mettersi o rimettersi  in gioco. Quand’è che l’acqua s’intorbidisce? Quando il messaggio che arriva è quello della fascinazione della Silicon Valley;  soldi facili e applicazioni create in 24 ore durante una maratona che fa tanto showbiz. Laddove vanno in onda questo genere di meccanismi io m’insospettisco.

Quello che non mi piace è la strumentalizzazione ai fini di marketing che è fatta ed una lettura un po’ superficiale del fenomeno. Per me una startup è anche il caso di un art director di 29 anni che si è rotto della multinazionale in cui lavora e apre una libreria a Trastevere od un caffè sui Navigli. Anche queste sono startup, anche se non hanno nulla di tecnologico, c’è qualcuno che ha avuto un’idea ed ha deciso di avviare un’impresa sfidando la sorte. Per essere una startup non c’è bisogno per forza di algoritmi o piattaforme tecnologiche in questo momento chi può ed ha un’idea e la mette in circolazione è solo da ringraziare, è salutare per l’intero Sistema Paese e deve essere incoraggiato.

Mi sembra che si sia un grosso hype ma numeri certi pochi, si parla spesso d’impatto potenziale ma oggi ?

Marco Marinucci: L’ecosistema delle startups, per quanto sia difficile misurarlo, è di certo in crescita, sia sul fronte della quantità sia della qualità. Come abbiamo annunciato all’inizio del Venture Camp, limitandoci al sottoinsieme dei 7 progetti scelti come vincitori del Venture Camp 2011 (IlikeTV, Vivocha, D-Orbit, Timbuktu, StereoMood, Vinswer, NextStyler). In meno di 10 mesi: in aggregato, $6.4M ricevuti di funding, una valutazione di oltre $32M. Ovvero 824% in più’ di valore di mercato in meno di un anno. Per non parlare del 156% di crescita di posti di lavoro creati da queste startup. Pochi, certo, in valore assoluto. Tuttavia creano a loro volta una cultura di startupper che diventa virale e fa crescere le opportunità’ in progressione biometrica.

Fabio Lalli: Questo credo sia normale. L’hype è generato dall’euforia e soprattutto da un’esigenza economica. La realtà è che non esistono cambiamenti sociali ed economici che fanno uno switch da 0 a 100 senza tutto il percorso intermedio. Per arrivare ad avere numeri interessanti in termini di realtà che fanno risultato, è necessario avere numeri straordinari in termini di produzione, avvio e morte. Penso sia normale, è sempre successo così, non credo che di aziende tessili o industriali ne siano nate solo quelle che poi sono emerse. Per 1000 che ne nascono, uno decolla.

Come presidente di ID mi dai numeri reali relativi l’Italia? Quante Startup? In che settori?Che fatturato?

Fabio Lalli beh questa domanda è difficile. Per quanto ci stiamo proponendo come osservatorio sulle startup da qualche giorno e stiamo iniziando una serie di studi (come estensione della mappa che abbiamo già realizzato che stiamo sviluppando ulteriormente) ti dico che numeri “ufficiali” non ne ho. Quello che posso dirti è che ora, trovato per lo meno un perimetro comune di definizione di startup, si può procedere con un’analisi più puntuale. Sul discorso fatturato… è ancora più difficile.

Si moltiplicano gli eventi e le competitions relative a questi settori, non c’è un rischio X Factor o Amici dove si vendono sogni e si illudono molti ragazzi? Siamo sicuri che qualcuno non ci stia speculando?

Alberto Onetti: Il fenomeno è di certo diventato una moda e come tale si presta a generalizzazioni che possono in alcuni casi, essere fuorvianti. Il fatto che se ne parli crediamo possa aiutare a farlo crescere e diffondere. Ovviamente diventa sempre più importante fare informazione obiettiva e non auto celebrativa. E’ quanto noi facciamo da anni per esempio con la nostra MTB Survey (link per il download http://venturecamp.mindthebridge.org/files/2012/10/SURVEY_MTB_2012_DEF.pdf). Da questi dati è evidente che startupper non ci s’improvvisa, ma sono necessaria istruzione ed esperienza.

Fabio Lalli: in tutto c’è qualcuno che specula, anche tra fantomatici Angels, Investitori e Incubatori. E’ normale: se c’è una domanda, c’è qualcuno che si propone con servizi per fare business. Questo è il mercato! Sul discorso eventi ne abbiamo parlato spesso anche in rete: non esiste il troppo o il poco. Ogni evento, per quanto marchetta, può dare allo startupper un beneficio fatto di contatti, relazioni, visibilità, accelerazione economica seppur minima o anche, non da sottovalutare, consapevolezza e stimolo a confrontarsi di più. Sta allo startupper capire quando, come, dove e quanto partecipare in base al suo progetto, all’esigenza e al mercato in cui si deve inserire. 

Paolo Iabichino: Ti racconto un aneddoto qualche mese fa ho registrato un dominio Stortup.it, l’idea era di raccontare le storie delle decine, centinaia di startup che non hanno funzionato e soprattutto il perché non hanno funzionato. Raccontare i fallimenti da una prospettiva lucida (che inevitabilmente sono molti di più dei successi) può insegnare molto. In Italia abbiamo il tabù del fallimento e ciò è proprio contrario alla filosofia delle startup ovvero provare a realizzare la tua idea e provarci in ogni caso. Può andare bene o male ma se va male non devi essere messo alla gogna e invece in Italia succede questo. Il format dei talent show serve, però, forse a sdrammatizzare; spettacolarizzando, infatti, mitigo l’effetto fallimento addolcendolo; perché tutto sommato non abbiamo bisogno più di un business plan ma solo di 3 minuti di elevator pitch su un palcoscenico.

Il mondo del lavoro sta cambiando causa anche la crisi perdurante, la soluzione è l’auto imprenditorialità? Se sì come si cambia la storia e la cultura di un Paese come l’Italia dove il lavoro e’ stato sempre sinonimo di posto fisso?

Alberto Onetti: Il posto fisso fa parte di un mondo che non esiste più. Bisogna educare i giovani a essere imprenditori di se stessi. Il che non significa che tutti debbano fare partire una startup ma che debbano cogliere le opportunità che gli sono offerte dal mondo del lavoro con uno spirito imprenditoriale… Il lavoro viene sempre più di rado offerto, bisogna trovarselo e  convincere il potenziale datore di lavoro del valore che si può produrre.

Fabio Lalli: Questa euforia sta cambiando la mentalità e l’approccio, e sta portando un cambiamento importante nella cultura del lavoro. Questo cambiamento è ancora incompleto e privo di molte strutture sia culturali sia organizzative. Culturali parlo di formazione e cultura imprenditoriale, e strutturale intendo la formazione e lo sviluppo di tutti quegli stakeholder necessari ad un ecosistema imprenditoriale (VC, incubatori, università, reti di imprese, …) come scritto anche in The Rain Forest.

Paolo Iabichino:Bisogna riflettere sul valore delle parole, nel senso che quando un ministro dice che forse siamo un po’ choosy, lasciando correre la superficialità dell’affermazione, forse è una verità con cui dobbiamo fare i conti ovvero cambiare drammaticamente la prospettiva rispetto ad un lavoro che siamo stati abituati a concepire in questo paese in un modo che purtroppo è diventato anacronistico. Come cambiare? Secondo me poiché è un fattore endogeno culturale che ci appartiene, dobbiamo educare le nuove generazioni: questo è un discorso che deve entrare nelle scuole, nelle università, nelle accademie. Dobbiamo aiutare chi deve entrare nel mondo del lavoro ad orientare le proprie professionalità in una logica più imprenditoriale che aziendalista, meno protettiva. Dovremmo cominciare già nelle scuole un lavoro d’inserimento o di “startup” con workshop progettuali in cui le persone si cimentano con quello che sanno fare e prendono le misure delle loro capacità di lavoro in autonomia, non necessariamente a livello imprenditoriale. Ed anche addestrare al turnover. I nostri ragazzi quando entrano a scuola si siedono in un banco e rimangono lì fino all’ultimo giorno di scuola. Le scuole devono diventare delle palestre di cambiamento La laurea non è più una condizione di privilegio non dà più nessuna garanzia, bisogna ripensare il nostro modo di studiare e formarci.

Videointervista a Tony Gauda – Founder e CEO di Bitcasa

Durante il tour di Data Manager nella Silicon Valley  una delle startup più interessanti che ho visitato è sicuramente stata Bitcasa.

A differenza di altre soluzioni cloud-based di storage che si limitano a copiare i file nel cloud, Bitcasa offre archiviazione infinita sul desktop. Il modello di archiviazione virtuale consente di sincronizzare tutti i dati attraverso i dispositivi e istantaneamente inviare file di grandi dimensioni ad amici e parenti oltre a fornire backup illimitato in un unico pacchetto.

Ne abbiamo parlato con Tony Gauda, co-fondatore e Chief Executive Officer di Bitcasa.

 

Tony Gauda paragona Bitcasa a Spotify, piuttosto che ad altre soluzioni cloud-based di storage e condivisione di file. Fino ad ora, utenti di oltre 120 Paesi hanno conservato già circa 6 petabyte di dati (pari a 6 milioni di gigabyte).

Bitcasa non richiede che i file siano in una cartella sincronizzata sul disco rigido. Tutti i dati “possono” restare nel cloud a differenza di Dropbox, per esempio, che mantiene una copia del file sul computer e nel cloud. Cosi facendo lo storage diventa infinito!

Non saranno necessari più dispositivi di memorizzazione esterni e gli utenti non dovranno mai preoccuparsi di spazio su disco nuovo.

Inoltre le modifiche apportate su un solo dispositivo saranno disponibili su tutti i dispositivi.

Bitcasa è una startup che ha sede a Mountain View ed è sostenuta da società di venture capital – l’azienda recentemente ha ottenuto 8 milioni di dollari.

OCTV press release

Geneva, CH, 23 January 2013 – The international Digital Media Project (DMPannounces public availability of the Open Connected TV (OCTV)

Software.OCTV seeks to enrich one-way TV services with two-way interoperable and multichannel content access and delivery. The OCTV Specification enables the creation and the OCTV software accelerates the development of a broad market of products, content, services and applications that enrich access to and delivery of one-way TV services with two-way interoperable multichannel content.

The DMP has developed the OCTV specification based on international standards and has commissioned a commercial-grade OCTV software implementation. The OCTV source code is made available to DMP members for use according to the OCTV software implementation licence <http://open.dmpf.org/dmp1331.doc>.

To accelerate adoption of the OCTV Implementation Software, new members joining the DMP will get the same rights to use the source code as existing DMP members.

The Digital Media Project was chartered as a non-profit organisation on 1 December 2003 in Geneva, Switzerland, continuing the visionary work of the Digital Media Manifesto. Its mission is to promote the successful development, deployment, and use of digital media, while safeguarding the rights of creators and rights holders to exploit their works, the wishes of end users to enjoy fully the benefits of digital media, and the interests of value-chain players providing products and services.

The DMP Directors are: Marina Bosi (Stanford University, USA), Leonardo Chiariglione (CEDEO.net, Italy), Touradj Ebrahimi (Ecole Polytechnique, Switzerland), Tiejun Huang (Beijing Boyahualu Video Technology Research Ltd., China) and Kyuheon Kim (Kyunghee University, Republic of Korea).

Resources:

  • The OCTV specification – http://open.dmpf.org/dmp1317.doc
  • The OCTV licence – http://octv.dmpf.org/OCTV_licence.htm
  • The OCTV web site – http://octv.dmpf.org/

For further inquiries, please contact:http//www.dmpf.org/

 

Social Media: Banjo lancia la 1° versione per tablet e reinventa la social TV

Banjo reinventa la social TV con la nuova versione per iPad e tablet

 

Milano, 28 gennaio 2013. Banjo, la principale piattaforma di geolocalizzazione per la condivisione di feed dai più diffusi social network, annuncia il lancio della prima versione per tablet disponibile per iPad e Android. La community di Banjo, che conta oggi 3,5 milioni di utenti , si prepara ad aumentare ancora nei prossimi mesi, grazie alla nuova release e a una più capillare diffusione dell’app, che con l’aggiunta di Olandese e Arabo è ora disponibile in 13 lingue.

Mentre la versione per smartphone segue le logiche di un impiego on the move, la nuova versione tablet è pensata prevalentemente per chi accede all’app da casa e va di pari passo con le esigenze dettate dal fenomeno della Social TV. L’utilizzo di Banjo come secondo schermo infatti permette una maggiore e migliore interazione con i più seguiti eventi sportivi e culturali del momento trasmessi dai principali broadcaster e commentati in diretta dagli amici a teatro o allo stadio.  Gli utenti tablet, grazie a Banjo, possono ora ricevere su una sola piattaforma aggiornamenti e foto postati dai propri contatti social sul posto e commentare a loro volta, da casa, quello che stanno vedendo in TV o sui feed aggregati da Banjo.

Le dimensioni più grandi del dispositivo permettono di visualizzare le mappe e i feed in un’unica schermata, semplificandone notevolmente la fruizione e garantiscono risultati superiori in termini di engagement dell’utente, che può godere di una migliore resa di immagini e video e ottenere così un punto di vista unico e alternativo sull’evento che sta seguendo.

“Abbiamo scelto l’Italia come mercato chiave per il lancio della nuova versione tablet in Europa, poiché costituisce per noi un “test bed” fondamentale per verificare il successo dell’app e si colloca nella top 5 mondiale dei mercati in cui intendiamo espanderci: gli italiani sono un popolo che più di qualsiasi altro tende ad intrecciare relazioni e valorizzare le connessioni sociali e questo orientamento si riflette anche sulla costante crescita del mercato dei dispositivi mobile, con tassi di penetrazione elevatissimi ed un bacino potenziale di 23 milioni utenti che accede ai social network da smartphone o tablet, in costante aumento ” Afferma Damien Patton, founder di Banjo. “Questa tendenza si riflette sul boom che sta vivendo il fenomeno della Social TV, per cui abbiamo deciso di sviluppare un nuovo prodotto per migliorare ulteriormente l’esperienza di condivisione dell’utente, dotandolo di un secondo schermo in grado di offrirgli una visione alternativa: così, ad esempio, mentre guardo una partita in TV, posso entrare nel “luogo” Banjo “Serie A” e interagire con l’evento sportivo, grazie alle foto postate in diretta dai miei amici o dai giornalisti allo stadio, che seguo su Twitter.”

L’intento di Banjo è quello di condurre idealmente l’utente sul posto in cui si svolge un evento, e fargli vivere un’esperienza di coinvolgimento diretto, di “teletrasporto”, grazie al potere della condivisione social. Il lancio della prima versione per tablet permette di potenziare ulteriormente questo effetto e costituisce una svolta per il modo di fare informazione, fornendo all’utente un punto di vista alternativo a quello offerto dalla TV ed aprendo, al tempo stesso, nuove interessanti opportunità per la generazione di revenue.

 

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 About Banjo

Banjo è la principale piattaforma di geolocalizzazione e social discovery che aggrega in un solo spazio tutti i feed di amici e follower iscritti ai più conosciuti social network. Banjo è l’unica app che permette di ottenere una visione globale di ciò che sta accadendo in una determinata località attraverso gli aggiornamenti di amici e contatti, sia che si trovino dietro l’angolo così come in qualsiasi parte del mondo.  Fondata da Damien Patton durante l’estate del 2011, Banjo ha raggiunto 1 milione di utenti in soli 9 mesi e oggi conta oltre 3,5 milioni di utenti. L’applicazione è disponibile gratuitamente in 13 lingue su Android e iOS e viene utilizzata in più di 190 paesi. 
Ban.jo

 

Videointervista a Marco Marinucci – Founder & CEO di Mind The Bridge

Il futuro di Mind The Bridge

“Fuggire non è una soluzione, ma confrontarsi con gli altri è una piccola parte di una soluzione”.

Durante il tour nella Silicon Valley ho incontrato a San Francisco, Marco MarinucciFounder & CEO di Mind the Bridge. Dopo tante interviste in remoto finalmente ho avuto la possibilità di vedere con i miei occhi questa fantastica realtà dell’innovazione italiana.

Con Marco abbiamo ripercorso i successi delle ultime edizioni ma soprattutto parlato del futuro, delle nuove attività e dei nuovi progetti.

“Quando siamo partiti nel 2007 avevamo un obiettivo chiaro in mente. Con le Business Plan Competition, simposi e conferenze, Mind the Bridge ha posto le basi per un ecosistema imprenditoriale in Italia. La nostra scuola ha diplomato 44 ragazzi che in molti casi sono diventati degli imprenditori di successo.

Tra di loro c’erano imprenditori seriali, ricercatori che volevano valorizzare le loro intellectual properties, e consulenti d’azienda in cerca d’innovazioni da trasferire elle loro aziende.

Il nostro lavoro però non è finito. Le grandi idee imprenditoriali hanno bisogno di capitale finanziario. Questo è il motivo principale per cui abbiamo deciso di aggiungere un braccio d’investimento per le nostre attività. Mind the Seed (MTS), il cui obiettivo è di investire nelle migliori iniziative che transitano in MTB.

Come ogni altro fondo, dobbiamo generare ritorni economici per i nostri investitori. Mentre le attività di Mind the Bridge erano (e sono) filantropico, Mind the Seed è una for-profit. MTS e la sua società di gestione sono stati creati qualche mese fa e ora sono pienamente operativi.

Un secondo elemento importante della nostra evoluzione è un ampliamento della nostra attenzione oltre l’Italia. Noi pensiamo che le nostre esperienze in questi ultimi 5 anni in Italia, potrebbero essere utilizzate nell’area del Mediterraneo, in particolare Spagna, Portogallo e Grecia. Abbiamo già stabilito piani e partnership (che sarà presto annunciato) in Spagna, Grecia, Libano e Slovenia. In altre parole, un lato del ponte continuerà a essere in Silicon Valley ma l’altra estremità avrà rampe multiple in tutto il Mar Mediterraneo.

Dove le aziende si sviluppino, è un falso problema, l’importante è metterle in condizione di poterlo fare. Il periodo d’incubazione da noi a San Francisco è funzionale all’approfondimento, alla qualificazione e al miglioramento della forma imprenditoriale e alla valutazione di quali possano essere le possibilità di sviluppo dell’azienda. Alcune delle startup che passano da noi troveranno il loro percorso di sviluppo negli US, per altre questo accadrà in Italia. Quello che è rilevante è che siano messe nelle condizioni di crescere. Il fatto che da quest’anno investiamo nelle nostre aziende ci consente di allinearci sui loro obiettivi e fare dei loro successi i nostri successi”. 

Con Marco abbiamo anche affrontato i temi legati alle recenti iniziative della Task Force del Ministro Passera

Videointervista a Fabrizio Capobianco – Founder & CEO di TOK.tv

Durante il tour di Data Manager nella Silicon Valley ho incontrato a Palo Alto (California)Fabrizio Capobianco – President and Chairman of the Board di Funambol e Founder & CEO di TOK.tv.

La targa della sua 500

Con Fabrizio abbiamo parlato di startup essendo lui il primo e sicuramente più famoso “imprenditore seriale” italiano.

“L’ho scritto e detto tante volte: sono contentissimo che in tanti vogliano fare startup in Italia. E’ un bellissimo segnale per il Belpaese ed è la strada che ci tirerà fuori dalla palude. Ho però la sensazione che qualcuno abbia una idea troppo romantica di cosa vuol dire fare startup. C’e’ poco di romantico, bisogna farsi un mazzo tanto. Sudore, fatica, sacrificio, notti insonni, quelle cose lì. Per anni, non per qualche giorno”.

Fabrizio mi ha raccontato anche del suo ultimo progetto TOK.tv che lo vede protagonista insieme a un team tutto italiano nel mondo della Social TV che a dire di tutti sarà il futuro prossimo.

Ricordo che già più di un anno fa mi diceva che l’iPad per lui era un oggetto da divano e ora che le statistiche lo confermano, è convinto che sarà il device che permetterà alla TV di diventare social.

Con Fabrizio abbiamo anche affrontato i temi legati alle recenti iniziative della Task Force del Ministro Passera e abbiamo discusso del riposizionamento di Microsoft che ha dovuto iniziare a correre per inseguire i suoi concorrenti nel settore IT.

Global Security Report

 

“La Mobile Security è la nostra sfida più grande, con una stima di 450 milioni di smartphone consegnati nel corso degli ultimi 12 mesi, si stima che  ci saranno più accessi via Internet rispetto a quelli da PC”

Tutti sanno che il cybercrime è ospitato su dei server in giro nel mondo, ma dove? Un nuovo interattivo strumento web-based mira a fornire una maggiore comprensione in questo dominio alla ricerca di soluzioni ad un problema globale. Quanto la criminalità informatica è servita dai fornitori di hosting registrati di un singolo paese?

Una questione interessante, che può ora cominciare ad avere delle prime risposte grazie ad una collaborazione tra HostExploit (gruppo Cyberdefcon Ltd.),  il gruppo russo Group-IB e CSIS in Danimarca. La mappa del Global Security visualizza gli hot spot globali per le attività cybercriminali in base alla posizione geografica.

La mappa di sicurezza globale è in una fase di rapido sviluppo e all’inizio di un ciclo a lungo termine di ricerca. Il lavoro è attualmente in corso e ci saranno ulteriori miglioramenti allo strumento, che permetterà agli utenti di scendere senza soluzione di continuità dal livello mondo, alla regione, al paese, agli scambi su internet, per AS (Autonoous System) e gli ISP, e, infine, IP, domini e URL.

Ne abbiamo parlato con Jart Armin, Direttore di HostExploit.

Crediamo che questo sia uno strumento unico per la sua combinazione di dettagli e l’alto livello di visualizzazione e che, inoltre, si rivolge a un ampio spaccato di utenti. Nel calcolo dei livelli di ‘cattiveria’ a livello nazionale, la precisione nell’identificare i paesi che svolgono questa specifica attività è naturalmente fondamentale. Uno dei motivi per cui fino ad ora vi è stata una mancanza di studi sulla distribuzione geografica della criminalità informatica è che è difficile determinare con precisione dove tutto è fisicamente ospitato su Internet, per non parlare di dove tutto è. Questo non dovrebbe essere un deterrente per la ricerca. Piuttosto, dovrebbe incoraggiare ulteriori ricerche; i dati, quando rilasciati pubblicamente, metteranno pressione sulle autorità competenti di internet al fine di consentire in futuro una migliore modalità di quantificazione. Se non si cerca di quantificare non cambierà mai nulla. Va notato anche che la mappa della sicurezza globale, le sue risorse ei relativi dati non sono intese come una dichiarazione che ogni governo o paese è attivamente coinvolto in (o  è un sostenitore di) attività criminali informatiche.

Qual è lo stato di salute di sicurezza informatica nel mondo?

Nel complesso abbiamo un cattivo stato di salute, il mercato della criminalità informatica cresce rapidamente, nel 2012 si stimano utili per circa 15 miliardi di dollari rispetto agli  11 miliardi del 2011, e ciò fornisce una base quantitativa della minaccia. A seconda delle modalità di determinazione dei costi, per ogni $ 1 del mercato del cybercrime, questo causa una spesa comparativa da circa $ 50 a $ 100. Aggiunto a questo, il drammatico aumento nell’uso di Internet a livello mondiale sottopone ad un grande stress le infrastrutture fisiche esistenti, ed i  DNS.

Qual è la metodologia utilizzata per il rapporto?

Il rapporto utilizza come strumento l’HE Index che rappresenta i livelli di concentrazione rilevati di attività dannose. Si va da 0 a 1000, dove 0 è zero attività dannose e 1.000 è il livello massimo relativo di attività illecita. Una proprietà importante del HE Index è quella della concentrazione: in breve, la dimensione del paese viene preso in considerazione, in modo che paesi più grandi non usciranno in cima semplicemente perchè ospitano più contenuti.

Quali sono gli stati in cui vi è maggior pericolo e perché?

In generale, i paesi che subiscono i più alti livelli di attività dannose si possono dividere  in due categorie. In primo luogo sono paesi con un mercato altamente competitivo nel settore del web hosting. Un mercato così sviluppato implica i prezzi più bassi possibile. Esempi includono i Paesi Bassi (# 6) e gli Stati Uniti (# 11). In secondo luogo sono paesi con un basso livello di regolamentazione. Spesso si tratta di piccoli paesi, dove il web hosting non è comune, con conseguente abbassamento del livello di regolamentazione in corso di esecuzione. Gli esempi includono il British Virgin Islands (# 4) e la Repubblica della Moldavia (# 9).

Potrebbe fornire alcuni numeri e alcuni esempi?

La mappa della sicurezza globale è il risultato di un’ampia ricerca sui sistemi autonomi (ASN) – server, ISP e reti con routing IP. Al momento del rapporto, la Lituania si classifica al # 1 con i più alti livelli di attività malevoli in tutto il mondo mentre la Finlandia al n ° 219 ha i server e le reti più pulite. Una volta acquisite queste  informazioni il passo successivo è quello di considerare metodi di attenuazione o piani realistici che possano contribuire a ridurre i livelli di attività dannose. Quindi, ciò che fa la differenza tra il paese identificato come il “peggiore”, # 1 in Lituania, e il “migliore”, # 219 Finlandia!

Quali sono i tipi di rischi emergenti?

La sicurezza mobile è ancora la più grande area in cui c’è un ‘rischio emergente’, tuttavia i furti di dati generali (violazione dei dati) sono ancora in aumento ed in molti paesi importanti  non c’è ancora una legislazione efficace. Il fenomeno dello ‘spear phishing’ attraverso le reti sociali diventa sempre più sofisticato. Questi sono ora associati con i malware polimorfici, che sono finalizzati non solo a un paese, ma nei confronti degli utenti bancari specifici, sulla base di dati demografici e gruppi sociali.

Con la diffusione della sicurezza informatica mobile cambia?

La Mobile Security è la nostra sfida più grande, con una stima di 450 milioni di smartphone consegnati nel corso degli ultimi 12 mesi, si stima che  ci saranno più accessi via  Internet dagli rispetto ai PC. I  dispositivi di sicurezza sono ancora deboli,  Android è l’obiettivo principale. Molti attacchi nel settore mobile e l’emergere delle prime botnet dedicate a questo settore (Pocket botnet) sono stati riscontrati  in Cina ed in Asia, a causa di alti livelli di utilizzo dei dispositivi mobili in questi paesi. Più di  un milione di Pocket Botnet emerse in Cina, hanno causato il primo avviso alla popolazionefatto attraverso la televisione cinese.

Ci sono rischi maggiori per le imprese o individuali?

Entrambi: le società e gli individui sono a rischio.

Antonio Savarese

Si ringrazia per la collaborazione Raoul Chiesa, Principal @ Cyberdefcon Ltd.

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Jart Armin è un investigatore, un analista ed un esperto di  cybercrime and computer security.

Armin arriva per la prima volta all’attenzione del pubblico nel 2007 quando attraverso un blog intitolato RBNExploit, ha fornito i rapporti e l’analisi delle operazioni sotto copertura della banda criminale RBN. Con i suoi blog e l’alleanza con altri partner, Armin ha sensibilizzato l’opinione pubblica sulle attività della RBN che sono stati successivamente riportati in articoli di giornale. È  stato attraverso il blog RBN che Armin ha fornito le prime segnalazioni di attacchi informatici, utilizzati in combinazione con l’invasione della Georgia da parte delle truppe russe, tre giorni prima dell’attacco nel mese di agosto 2008. Sostenitore di un approccio open source alla lotta contro la criminalità informatica, Armin ha fondato HostExploit, un sito web educativo volto a denunciare le organizzazioni criminali informatiche, parte del gruppo Cyberdefcon Ltd., con base nel Regno Unito.

In Turchia saranno installate oltre 5000 LIM SMART Board

SMART Wins Large Education Tender in Turkey

Upwards of 5000 SMART Board® interactive whiteboards to be installed

CALGARY, Alberta — July 31, 2012 — SMART Technologies Inc. (NASDAQ: SMT) (TSX: SMA), a leading provider of collaboration
solutions, announces that FEM, a private education group, has chosen SMART for a large scale installation of upwards of 5000 SMART Board 885 interactive whiteboards in Turkey. The installation of the first 3000 SMART Board interactive whiteboards will be completed in early Fall 2012 and the group aims to install an additional 2000 interactive whiteboards in the coming months. All SMART Board interactive whiteboards include the award-winning SMART Notebook™ collaborative learning software and access to the SMART Exchange™ website, where educators can connect, share and download nearly 60,000 digital resources.

FEM owns hundreds of university preparation and English language centers in Turkey. They have been using SMART Board interactive
whiteboards in educational institutions throughout the Turkish region of Marmara, with successful results, for the past year. During the
tender process for this large installation, SMART demonstrated to administrators the value of a comprehensive education solution, including product implementation, intuitive software, training, services and support. Administrators were also impressed with the collaboration capabilities of the SMART Board interactive whiteboard when used by educators with other programs, particularly Adobe®
InDesign®. This significant installation in Turkey demonstrates SMART’s continued growth in the Europe, Middle East and Africa (EMEA) region. FEM is a member of a large international diversified organization that owns numerous schools in more than 100 countries worldwide, including charter schools in the United States serving over 20,000 students.

“Administrators at FEM recognize the importance of using a comprehensive education solution in classrooms to engage and support today’s learners,” says Frederic Arneodo, Vice President, EMEA, SMART Technologies. “With the large implementation of SMART Board
interactive whiteboard and SMART Notebook software, educators and students across all grades and subjects will benefit from having the
tools and resources needed to support their ongoing success in both teaching and learning.”

About SMART
SMART Technologies Inc. is a leading provider of collaboration solutions that change the way the world works and learns. As the global leader in interactive whiteboards, our focus is on developing a variety of easy-to-use, integrated solutions that free people from their desks and computer screens, making collaboration and learning with digital resources more natural. Our products have transformed teaching and learning in more than two million classrooms worldwide, reaching over 40 million students and their teachers. In business, our Freestorm™ visual collaboration solutions improve the way that people work and collaborate, enabling them to be more productive and reduce costs.

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Certain information contained in this press release may constitute forward-looking information or statements. By their very nature, forward-looking information and statements involve inherent risks and uncertainties, both general and specific, and risks that predictions, forecasts, projections and other forward-looking information and statements will not be achieved. We caution readers not to place undue reliance on these statements as a number of important factors could cause the actual results to vary materially from the forward-looking information or statements. We do not assume responsibility for the accuracy and completeness of the forward-looking information or statements. Any forward-looking information and statements contained in this press release are expressly qualified by this cautionary statement.

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Theoria – Laura Mantovani / Laura Codispoti
Tel. 02 2022151
Cell. 393 9859409
Email: laura.mantovani@theoria.it / laurac@theoria.it

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Dashboard 2.0 il cruscotto interattivo di Cezanne Software

Cezanne Software, fornitore leader di soluzioni software per la gestione e valorizzazione delle risorse umane e del talento, lancia sul mercato Dashboard 2.0, cruscotto interattivo e personalizzabile della suite Cezanne Enterprise che aggrega dati su qualifica, retribuzione e performance dei dipendenti in diciotto widget interattivi (grafici di sintesi rappresentati con istogrammi, diagrammi e matrici che permettono approfondimenti sino al livello della singola risorsa umana).

Dashboard 2.0, che rinnova il modulo HR Analytics di Cezanne Enterprise, consente attraverso le sue due componenti principali (i Key Performance Indicators e il Talent Panel, un quadro di indicatori con alert di colore verde giallo e rosso) di evidenziare l’andamento dei processi legati alla gestione del talento, eventuali aree di miglioramento e discrasie tra livelli retributivi e performance dei dipendenti.

La nuova Dashboard di Cezanne Software è personalizzabile: il responsabile HR può comporre il proprio Talent Panel scegliendo tra i diciotto widget interattivi, disponibili e selezionabili da una libreria virtuale o configurandone di nuovi per rispondere a specifiche esigenze aziendali. Le principali variabili che confluiscono nei widget sono la qualifica, la percentuale di dipendenti per tipologia di contratto, nuovi assunti, assenti per malattia, livelli di performance, retribuzione e intervalli tra variazioni retributive.

«Dashboard 2.0 – ha dichiarato Francesco Minichini, Product manager di Cezanne Software – con i suoi grafici intuitivi rappresenta l’evoluzione più innovativa tra le soluzioni software HR per la gestione del talento destinate alle aziende medio-grandi. Se fino a ieri i responsabili HR seguivano processi lunghi e difficili per mettere a confronto dati provenienti da funzioni aziendali diverse, oggi, con questo nuovo strumento, possono leggere in tempo reale su unico pannello le informazioni più utili per comprendere l’andamento dei processi-chiave relativi alle risorse umane e definire gli eventuali interventi correttivi da attuare».

La suite Cezanne Enterprise per la gestione e pianificazione del capitale umano è utilizzabile dalle aziende sia in licenza d’uso che in modalità SaaS (Software as a Service). Bari, 30 luglio 2012 Cezanne Software (www.cezannesw.com) è fornitore leader di soluzioni software per la gestione e valorizzazione delle risorse umane e del talento. Fondata nel 2000, Cezanne Software ha il proprio headquarter a Londra, un centro ricerche a Bari e altre sedi in Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Regno Unito, Stati Uniti e Panama.

Oggi Cezanne, con oltre 130 dipendenti e un fatturato intorno ai 10 milioni di euro, conta più di 700 clienti tra aziende di medie e grandi dimensioni, tra cui Astaldi, Luxottica, NEC, Ferrovie dello Stato e Wind. Di recente ha lanciato Cezanne OnDemand (www.cezanneondemand.com), la prima soluzione HR in modalità SaaS (software as a service) dedicata alle PMI, frutto di un progetto di cinque anni sviluppato nelle sedi di Londra e Bari e di un investimento in ricerca e sviluppo che supera i 5,5 milioni di euro. La soluzione OnDemand, già utilizzata da 3.000 utenti in oltre 20 paesi nel mondo, offre funzionalità di gestione dei dati HR, gestione assenze, valutazione delle performance, generazione di organigrammi aziendali, strumenti di reportistica e dashboard. La nuova soluzione è sicura e certificata ISO 27001:2005, unico riconoscimento internazionale che garantisce l’applicazione di procedure ispirate ai più alti standard in materia di protezione dei dati; la sicurezza fisica delle informazioni è fornita dai data center di BT Italia.

Ufficio stampa SEC Mediterranea srl Via N. De Giosa, 55 – 70121 Bari Tel. 080/5289670 – Fax 080/5727439 – www.secrp.it Miriam Gigliola gigliola@secrp.it Cell. 335/6718211

Ciao Madiba – Mandela e la tecnologia

Tempo ho trovato su Twitter questo video che celebrava  i 94 anni di Nelson Mandela.

 

 

La cosa che mi ha colpito è la suggestione che fornisce:

“Would our nation’s father, Nelson Mandela have spent 27 years in prison if he had access to the same technology, social media platforms, instant sharing apps and global monitoring tools as we do today? ”.

 

Ovvero  cosa sarebbe successo se Madiba avesse avuto accesso alla tecnologia, sarebbe andato tutto allo stesso modo o no?

Non so quale sia la verità tuttavia è affascinante provare a immaginarlo…..

 

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