Un orto verticale e una parete di erbe aromatiche, un ‘pratavolo’ dove fare colazione con i gomiti sull’erba fresca nel cuore della città, un bar con l’offerta di colazioni dolci, salate e internazionali. Sono solo alcune delle ispirazioni proposte dai 100 Ambasciatori del Gusto, selezionati in tutta Italia, divenute realtà a StammiBene, il primo mercato con cucina dedicato al benessere alimentare che apre a Bari in via Nicolai 31, lunedì 11 settembre.
Stammibene è la nuova sfida del Gruppo Megamark, tra le realtà leader del Mezzogiorno nella distribuzione moderna – con circa 5.000 collaboratori e oltre 500 punti vendita a insegna Dok, A&O, Famila, Iperfamila, Sole365 e Superò in Puglia, Campania, Molise, Basilicata e Calabria – che continua la diversificazione nella ristorazione dopo l’apertura di ‘Colorito’ a Caserta, dove degustare prodotti di stagione e del territorio oltre che pietanze realizzate con materie prime campane di eccellenza.
Attraverso il portale dedicato (www.stammi-bene.it), 100 Ambasciatori del Gusto hanno contribuito, con i loro suggerimenti su arredamento, atmosfera, menu, prodotti e servizi, alla co-progettazione del primo spazio di benessere alimentare dedicato a loro. Tra le proposte divenute realtà lo “Stammi Pronto”, una intera parete dedicata a insalate e zuppe fresche da asporto, la parete degli sfusi (“Legumi e Legàmi”) con semi, cerali, spezie e legumi, la “Cucina viSIva” dove assistere ogni giorno alla preparazione di piatti regionali o internazionali, il ristorante “A Stare” dove degustare menu stagionali che valorizzano prodotti biologici e locali (circa il 90% dell’assortimento proviene dalla Puglia) e sorseggiare vini accuratamente selezionati in nome del “buon bere”.
Con una superficie di oltre 450 metri quadri e 70 posti a sedere, Stammibene occupa 40 persone con un’età media di 30 anni coordinati dallo chef Antonio Scalera e da Francesca Mosele e Alessandro Milella. La progettazione degli spazi, a valle del percorso partecipativo e dei focus group sul territorio condotti da Giusy Scandroglio, è stata curata dall’architetto Nicla Prodon. La cura dell’allestimento e dell’identità è ad opera di Lorenza Dadduzio, direttore creativo di cucinaMancina, che ha coordinato la progettazione partecipata e sviluppato i contenuti didattici e di comunicazione di Stammibene.
In vista del Primo Hackaton sul calcio italiano, la maratona per innovatori digitali che vuole elaborare nuove soluzioni per lo sviluppo del calcio, in programma il 14 e 15 ottobre a Trento, la FIGC coglie ancora una volta l’occasione di promuovere una riflessione strategica su innovazione e sport: questo pomeriggio a Milano, in collaborazione con UniCredit Start Lab, è stato promosso così un incontro che ha permesso di approfondire i temi che verranno affrontati nella due giorni di Trento.
L’evento milanese, che ha ricevuto il patrocinio di Assolombarda, segue quello già svolto a Bruxelles con la presenza di numerosi stakeholders europei, rappresentanti delle istituzioni e del mondo dell´innovazione.
Undici sono stati i relatori, lo schema un 4-4-2 ma con variazioni sul tema. Ad aprire i lavori Giovanni Ronca (Co-Head Italy UniCredit): “Siamo felici di ospitare qui in UniCredit Tower Hall un evento che conferma la nostra costante attenzione al mondo dell’innovazione a supporto del business nostro e dei nostri clienti. Lo testimonia anche il successo del nostro programma UniCredit Start Lab, che sarà partner dell’Hackathon FIGC. Dal momento della sua nascita, grazie alla cooperazione con oltre 200 partner e a numerosi road show in tutta Italia, UniCredit Start Lab ha valutato oltre 3.400 business plan e messo a disposizione di oltre 150 startup e giovani imprenditori iniziative mirate di mentoring, formazione e sviluppo del network con aziende e investitori. Questa prima collaborazione con Hackathon FIGC arricchisce ulteriormente la rete di opportunità per i partecipanti al programma, proponendosi di contaminare un settore molto amato in Italia, che si sta profondamente rinnovando grazie alle più moderne tecnologie”. Il rappresentante FIGC, Paolo Arsillo (Responsabile dell’Ufficio Vivo Azzurro), si è soffermato sull’organizzazione dell’Hackathon del Calcio Italiano. “Per noi questo rappresenta un nuovo passo verso il futuro: lo sviluppo dell’Hackathon rientra all’interno di un ampio piano strategico della nostra federazione finalizzato a dare un forte impulso allo sviluppo di nuove piattaforme informatiche, digitali e tecnologiche con l’obiettivo di aumentare efficienza e operatività delle strutture federali e incrementare servizi e prodotti a favore dei tesserati”.
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Alvise Biffi (Vicepresidente della Piccola Impresa di Assolombarda con delega alle Startup-open innovation, relazioni esterne e interne e Vicepresidente Piccola Industria Confindustria) ha parlato del ruolo di Assolombarda: “Siamo fortemente impegnati a supportare le nuove idee e i giovani imprenditori. Il sostegno ad Hackathon FIGC, che ha il merito di stimolare le nuove imprenditoriali nell’ambito del mondo sportivo, va certamente in questa direzione. Si tratta, infatti, di un laboratorio di idee finalizzato ad arricchire il patrimonio culturale calcistico e a creare una comunità di innovatori focalizzati sul calcio. Un binomio innovazione-sport che, sull’onda delle nuove tecnologie, porterà a nuovi modelli di business applicati al calcio e a un nuovo gemellaggio tra Milano e Trento dopo le Universiadi Trentino 2013”.
Secondo Marco Bicocchi Pichi (Presidente di Italia Startup) “Il calcio è diventato un’industria globale che richiama l’applicazione delle innovazioni da molti fronti. Mi congratulo con FIGC per il coraggio di voler cavalcare l’onda dell´innovazione. Lo sport-tech è una frontiera di grande interesse per le startup e le imprese associate ad Italia Startup come Unicredit e Unicredit Start Lab. Auspico che Trento diventi la sede del ´World Football Tech Forum´ come per Davos il World Economic Forum; Trento e l’Italia hanno le caratteristiche per coltivare un’ambizione mondiale, ma questo riuscirà al Sistema Italia soltanto se riusciremo davvero a unire le eccellenze italiane ed a fare squadra”.
È toccato poi al Prof. Paolo Bouquet (Delegato del Rettore per lo Sport, Universitá di Trento) illustrare il ruolo del sistema Trentino: “Stiamo credendo e stiamo investendo in maniera strategica nel binomio sport-innovazione. Lo dimostra l’impegno dell´Ateneo di Trento su dual career per studenti-atleti ed i programmi accademici innovativi. Lo dimostra il fatto che Trentino Sviluppo, l’agenzia di sviluppo locale, ha individuato nello SportTech uno dei settori strategici per il prossimo biennio. Lo dimostra la nuova partnership, che verrà resa pubblica a Barcellona il 25-26 settembre tra Hype Foundation, TrentinoSviluppo e UniTrento. Vogliamo sviluppare e rivoluzionare il mondo dello sport, unirlo al mondo dell’innovazione e declinarlo in maniera locale ed internazionale”.
Hanno partecipato all´incontro anche il Prof. Carlo Alberto Carnevale Maffé (SDA Bocconi e Coordinatore scientifico di Hackathon FIGC), Marco Nannini (Presidente & CEO, Impact Hub Milano), Gianpiero Lotito (Founder & CEO, FacilityLive), Paolo Costa (Fondatore/Direttore Marketing & Comunicazione, Spindox), Alessandro Lunelli (Vice-Presidente di Confindustria Trento e Gruppo Cantine Ferrari), Lorenzo Triboli (rappresentante WEF Global Shares/Milan Hub) e David Casalini, (Cofondatore e Amministratore Delegato di RnDlab, fondatore di StartupItalia!).
L’EVENTO. Il “Primo Hackathon del Calcio Italiano – Maratona di Innovazione della FIGC” si svolgerà a Trento il 14-15 ottobre 2017: sarà possibile iscriversi fino al 27 settembre sul sito www.hackathon-figc.unitn.it. Si tratta del primo hackathon sul calcio in Italia, il secondo a livello internazionale (dopo quello del Manchester City) ed il primo hackathon mai realizzato da una Federazione Calcistica a livello globale. Attorno all´Hackathon verranno organizzati una serie di eventi pubblici, conferenze e seminari per innovatori con importanti partecipazioni da parte di gruppi industriali e di startup. A Trento saranno presenti, tra gli altri, rappresentanti di FIFA, UEFA, Google, Microsoft, SAP, TIM. L´Hackathon FIGC ha ricevuto l’Alto Patrocinio di Commissione Europea (TiborNavracsics, Commissario Europeo per Educazione, Cultura, Gioventú e Sport), Parlamento Europeo (Presidente Antonio Tajani), Presidenza del Consiglio/Ufficio Sport (Ministro per lo Sport Luca Lotti) e CONI (Presidente Giovanni Malagó).
Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano www.osservatori.net
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service
Mercoledì 4 Ottobre 2017, ore 9.30 – 13.00
Aula Magna Carassa Dadda, edificio BL.28, via Lambruschini 4b, campus Bovisa – 20156 Milano
La trasformazione digitale è un fenomeno sempre più pervasivo e, al fine di mantenersi competitive, le aziende devono adeguare i processi ai nuovi trend tecnologici, come Internet of Things, Big Data e Artificial Intelligence. In questo contesto, il Cloud Computing si pone sempre più come fattore abilitante in termini di costo e time-to-market nell’introduzione di nuove tecnologie. Per poterne sfruttare le opportunità, è importante che le aziende adeguino non solo i Sistemi Informativi, ma anche competenze e modalità di lavoro.
Durante il Convegno, esploreremo le nuove opportunità di trasformazione offerte dal Cloud e il livello di maturità delle aziende italiane in questa direzione, sia dal punto di vista del mercato dell’offerta sia da quello della domanda. In particolare, analizzeremo le peculiarità del modello Platform as a Service e la sua sempre maggiore importanza nella definizione delle strategie Cloud aziendali.
Il Convegno sarà l’occasione per rispondere alle seguenti domande:
In che modo il Cloud, in particolare il modello del Platform as a Service, rappresenta un abilitatore di innovazione tecnologica?
Qual è lo stato di diffusione del Public Cloud in Italia e quali i relativi benefici effettivamente percepiti dalle aziende?
Quali sono gli impatti del Cloud sulla filiera dell’offerta di soluzioni ICT in termini di evoluzione dei servizi, delle competenze e delle relazioni di canale?
Come le aziende stanno evolvendo il proprio Sistema Informativo aziendale verso un modello ibrido? Come si stanno trasformando le competenze della Direzione IT?
Quali sono gli impatti del nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati (GDPR) sulle strategie Cloud aziendali?
La partecipazione al Convegno è gratuita. Seguirà a breve l’agenda dettagliata dell’Evento.
Tutti gli abbonati al sito Osservatori.net potranno seguire il Convegno in diretta Web.
L’edizione 2017 dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service è realizzata con il supporto di Alcatel Lucent Enterprise, Almaviva, Blueit, Cisco, Dedagroup, Fastweb, KPNQwest Italia, Vodafone, Wind Tre; Altran, Eteria, TWT.
Google, Microsoft, BNL, Coca-Cola, Cisco, Enel, Nestlè, Tim, Shopify, Cornetto Algida, Deliveroo, Sorgenia, SAS, PINKO, Armando Testa: sono solo alcune delle numerose aziende che porteranno i propri manager più creativi sul palco del Mashable Social Media Day + Digital Innovation Days, la tre giorni più attesa dal mondo digital e dedicata alla rivoluzione digitale e all’innovazione, che si terrà il 19, 20 e 21 ottobre a Milano, presso la prestigiosa location di Talent Garden-Calabiana.
Strategie Digitali, Social Media Marketing e Innovazione si fondono in un unico contenitore per un evento che ad oggi ha registrato oltre 695 iscritti pronti a seguire i 90 relatori in occasione dei 70 speech, 5 workshop, party e business matching che caratterizzeranno l’evento. Tuttavia, come insegnano le tematiche che si andranno ad affrontare, tutto è ancora in evoluzione e i numeri tenderanno ad aumentare anche nelle prossime settimane.
Grazie alla partnership instaurata con il Consolato Americano in Italia, al Mashable Social Media Day + Digital Innovation Days tra i relatori ci sarà Kip Knight, Senior Vice President e responsabile franchise per Stati Uniti, Canada e Australia di “H&R Block Inc” con un passato in aziende del calibro di “Procter & Gamble”, “Pepsico”, “Ebay”; Kip Knight sarà protagonista del talk “The Changing World of Disinformation” in cui affronterà lo scottante tema delle Fake News.
Da Londra per tenere il suo speech a Milano, arriverà Virginia Salas Kastilio, una delle Snapchat-influencer più celebri e seguite del mondo, numero 1 nella prestigiosa classifica “Inc. Magazine”. Da San Pietroburgo giungerà Olga Andrienko, Head of Global Marketing di “Semrush”, suite di online marketing tra i più quotati del web.
Numerosi i relatori italiani con background internazionale che saranno presenti a Milano, giunti dal Canada, Los Angeles e Londra dove da anni vivono e lavorano, pronti a condividere con il pubblico della tre giorni strategie di marketing dal taglio global. Tra tutti Vittorio Cerulli di Cornetto Algida che svelerà i segreti che hanno permesso alle campagne del celebre gelato di divenire dei must in oltre 15 paesi del mondo, tanto da essere studiate persino dai principali competitor.
Mentre Marianna Ghirlanda head of creative agencies di Google svelerà i segreti di una strategia di successo impostata grazie a Youtube; Ivan Mazzoleni digital transformation lead di Microsoft interverrà sulla digital transformation e su come cavalcare l’onda della cosiddetta #Platformeconomy; Daniele Chieffi head of social media management e digital Pr di ENI parlerà del social media crisis management; Luigi Maccallini retail communication manager di BNL Gruppo BNP Paribas nel suo speech dal titolo “Let’s make a conversation”tratterà di come il digitale possa essere una leva importante per stimolare e migliorare la conversazione tra brand e persone; Matteo Sarzana country manager di Deliveroo affronterà il tema dell’hyperlocal marketing; Simone Lo Nostro direttore mercato e Ict di Sorgenia racconterà il dietro le quinte della scelta di Bebe Vio come testimonial di una delle campagne di comunicazione più di successo dell’azienda: grazie all’hashtag #Metticenergia, collegato alla campagna, Sorgenia è infatti riuscita a raccontare se stessa e il concetto di energia in maniera nuova, attivando la community in modo inedito rispetto al mercato di riferimento; Anna Testa sales specialist digitization innovation di Cisco parlerà di “Digitaliani” il programma di Cisco che ha come obiettivo quello di accelerare l’innovazione in Italia; Mariano Tredicini head of digital communication di Tim analizzerà alcuni case study della Tim data room per permettere alle aziende di adottare un approccio di decision making data-driven; Luca La Mesa top teacher in Ninja Academy e presidente della Procter & Gamble Alumni Italia spiegherà come in uno scenario di social media overload, sia possibile coinvolgere attivamente i fan ottenendo risultati concreti. E poi ancora, dal Canada giungerà Giulia Greco content marketer & chief executive di Shopify racconterà di come le nuove tecnologie digitali abbiamo creato un’ondata di imprenditori non-tradizionali che stanno portando innovazione ma anche disruption nel mondo dell’e-commerce. Sempre sul tema del commercio digitale verterà lo speech diFederico Gonzalez head of sales and marketing di Pixartprinting SpA, azienda partner di parte di Cimpress (Nasdaq: CMPR) leader mondiale nella mass customization con il suo speech dal titolo: “Advanced Marketing Technology Stack: How to cover a full digital path from acquisition to advocacy” dove si parlerà di segmentazione, integrazione tecnologica e marketing automation nell’e-commerce con focus su casi studio targati Pixartprinting. Altro speech di assoluto livello, quello di Michela Guerra regional marketing communication manager in Sasche riguarderà gli otto assi di una strategia digitale nel B2B; “Ottenere le risposte senza fare domande. Come possono le neuroscienze essere utili al Digital Marketing?” sarà invece il titolo dell’intervento del professor Fabio Babiloni dell’Università La Sapienza di Roma.
“Sono felicissima di poter condividere a due mesi dall’evento importanti risultati di crescita rispetto all’edizione precedente – spiega la fondatrice della manifestazione Eleonora Rocca -. Siamo solo alla seconda edizione a pagamento, in quanto le due precedenti prevedevano una partecipazione gratuita, e vedere relatori così importanti, una location prestigiosa e sponsor del calibro di BNL e Coca-Cola, mi sembra un sogno a cui ancora non riesco a credere. L’obiettivo dell’edizione Mashable #SMDAYIT + #DIDAYS 2017 è fare in modo che ogni partecipante porti a casa un insegnamento utile o un’ispirazione che gli permetta di creare qualcosa di nuovo, fuori dagli schemi. Questo credo sia la vera Innovazione. Sono felice di poter contribuire a stimolare il settore “innovation” Italiano: credo nella meritocrazia e penso che in Italia ci siano le potenzialità per diventare uno dei Paesi più all’avanguardia a livello Digital”.
La Storia
Mashable è il terzo blog più popolare al mondo con oltre 30 milioni di pagine visitate al mese. Nel 2010 organizza negli Stati Uniti il primo Mashable Social Media Day, evento di approfondimento sull’impatto del digital marketing e dei social media sulla comunicazione. Grazie al coinvolgimento diretto dei principali professionisti del settore, il successo riscosso è tale da spingere gli organizzatori a riproporre l’iniziativa in molte altre sedi in tutto il mondo. Eleonora Rocca, oggi affermata Imprenditrice, Consulente di Digital Marketing, Speaker e Formatrice, “London based” ma milanese nel cuore, con alle spalle una brillante carriera corporate che l’ha vista ricoprire importanti posizioni in ambito Sales & Marketing per aziende del calibro di Microsoft, Roberto Cavalli, Hewlett Packard e Kingston Technology tra Roma, MIlano e Londra, nel 2014 fonda il Mashable Social Media Day Italia.
La manifestazione consiste in più giornate di aggiornamento e formazione, che vedono le tematiche del digital marketing, del social media marketing e dell’innovazione a 360 gradi raccontate attraverso strategie concrete e case study di successo presentate dai migliori professionisti del settore. Negli anni l’interesse suscitato da #SMDAYIT è sempre crescente: oltre 5.500 contatti registrati attraverso il sito e i social network; più di 600 partecipanti in sala e di 4.500 utenti connessi in live streaming. L’hashtag #SMDAYIT è per tre anni consecutivi tra i primi tre posti nei trending topic nazionali di Twitter per arrivare, nell’edizione 2016, a 1.605 immagini condivise e oltre 11.864 tweet.
HUAWEI CONNECT 2017 è in corso allo Shanghai New International Expo Centre. Oltre 20.000 esperti e leader del settore ICT provenienti da oltre 150 Paesi e regioni si sono riuniti per discutere dei futuri sviluppi della tecnologia digitale, condividere nuove oppportunità, guidare il processo di digitalizzazione e intraprendere insieme il percorso per realizzare una nuova crescita. All’evento, Huawei ha condiviso il proprio progetto per la creazione di uno dei futuri cinque maggiori ecosistemi cloud al mondo.
Il tema dell’evento di quest’anno è “Grow with the Cloud”, focalizzato sull’implementazione pratica della strategia cloud di Huawei, già svelata durante la scorsa edizione. Gli argomenti relativi a questo tema sono business, tecnologia e strategie di ecosistema nell’era del cloud.
Il “DNA Cloud” di Huawei
Guo Ping, Rotating CEO di Huawei, ha inaugurato l’evento con il suo intervento dal titolo Grow with the Cloud: Enabling an Intelligent World.
“Il cloud è alla base del mondo intelligente” ha dichiarato. “La società sta vivendo un evidente effetto Matthew nello sviluppo della tecnologia digitale. A seguito di questo trend e delle economie di scala negli investimenti, le piattaforme cloud di tutto il mondo cominceranno a convergere, diventando sempre più centralizzate. Nel futuro, prevediamo che saranno cinque i maggiori ecosistemi cloud presenti in tutto il mondo. Huawei lavorerà con i propri partner per costruirne uno, abbiamo la tecnologia e il know-how per farlo.”
Durante il suo intevento, Guo Ping ha presentato a clienti e partner gli investimenti strategici di Huawei all’interno del dominio cloud pubblico, propedeutici alla fornitura di servizi cloud a lungo termine per il settore. L’azienda costruirà una rete cloud globale basata sulle proprie piattaforme per il cloud pubblico e sulle piattaforme cloud realizzate insieme ai partner. Guo Ping ha paragonato la strategia di Huawei alle tre maggiori alleanze che operano nel campo del trasporto aereo – SkyTeam, Star Alliance e Oneworld – che trasportano i passeggeri in ogni angolo del mondo. Il Cloud Huawei, ha dichiarato, aprirà le porte del mondo ai suoi utenti.
Guo Ping ha in seguito delineato il modello di business cloud di Huawei, enfatizzando che l’azienda monetizzerà la tecnologia e i servizi, non i dati. Ha inoltre dichiarato: “Il DNA Cloud di Huawei è costituito da una combinazione unica di tecnologia, sicurezza, servizi e successi condivisi”.
Ecco un’analisidel “DNA Cloud” di Huawei:
Innazitutto, Huawei è un’azienda tech. Grazie a 30 anni di esperienza nel campo della Ricerca e Sviluppo, Huawei ha deciso di destinare importanti investimenti alle piattaforme cloud, sviluppando inoltre nuove capacità nei campi dei big data e dell’intelligenza artificiale, per soddisfare le esigenze dei clienti in tema di aggiornamenti e innovazione dei propri servizi.
Il secondo elemento del DNA Cloud di Huawei è la sicurezza. Huawei fornisce soluzioni di sicurezza end-to-end pensate per rispondere efficacemente alle esigenze di sicurezza cloud. Le capacità full-stack di Huawei assicurano un livello di sicurezza che supera di gran lunga quello di ogni sistema IT indipendente.
Il terzo elemento è il servizio. A differenza delle aziende cloud native, Huawei è cresciuta insieme al cloud. L’architettura IT dell’azienda stessa è estremamente complessa, ciò le permette di comprendere le necessità e le sfide proprie delle grandi aziende globali, ed è ben posizionata per aiutare le amministrazioni pubbliche e le grandi imprese nel processo di digitalizzazione.
Il successo condiviso è l’elemento finale del DNA Cloud di Huawei. All’evento dello scorso anno, Huawei ha delineato la sua visione volta sostenere lo sviluppo di un ecosistema all’avanguardia. Allo stesso tempo, Guo Ping ha affermato che Huawei intende occuparsi in modo esclusivo solo dell’1% dell’ecosistema. Per il rimanente 99%, Huawei lavorerà a fianco dei propri partner per portare i loro prodotti in 172 Paesi e regioni, realizzando un successo commerciale condiviso.
Guo Ping ha terminato il suo intervento parlando delle soluzioni cloud ibride di Huawei, create specificamente per le esigenze di amministrazioni pubbliche e imprese, presentando una serie di casi di successo globali. Per quanto riguarda l’architettura, Huawei Cloud è fondata sull’esperienza decennale dell’azienda nella realizzazione di dispositivi, reti, cloud e altri domini digitali, ed è pensata per raggiungere la piena sinergia tra dispositivi e piattaforme cloud. Huawei continuerà a fare leva sui punti di forza della sua piattaforma globale per costruire un ecosistema aperto e all’avanguardia che punta al successo condiviso.
Costruire una rete cloud con copertura globale
Anche Zheng Yelai, Presidente della Cloud Business Unit di Huawei, ha tenuto una presentazione il primo giorno dell’evento, condividendo i progressi della sua squadra sul cloud Huawei. Ha presentato i casi di 12 società automobilistiche (tra cui Volkswagen e Mercedes-Benz), Philips, Commercial and Industrial Bank of China (ICBC) e di diverse piattaforme di servizio della pubblica amministrazione che hanno scelto di utilizzare Huawei Cloud e i servizi cloud dei partner Huawei.
Zheng Yelai ha dichiarato: “Abbiamo una conoscenza approfondita degli scenari aziendali dei nostri clienti, sia che si occupino di ricerca e sviluppo, di marketing o vendite: siamo al corrente delle loro esigenze e di conseguenza siamo dedicati all’innovazione. Abbiamo sviluppato Huawei Cloud per aiutare le imprese a digitalizzarsi in modo affidabile e contribuire così al successo delle aziende che sono propense a intraprendere un processo di innovazione “.
Oggi Huawei ha anche annunciato il lancio dei suoi nuovi servizi cloud di Enterprise Intelligence, che l’azienda fornirà tramite una piattaforma proprietaria. Questa combinazione di Cloud e Enterprise Intelligence di Huawei rende Huawei Cloud più efficiente e contribuirà a portare un maggiore valore nel settore e nuovi progressi tecnologici.
Le soluzioni cloud pubbliche e private di Huawei presentano un’architettura unificata, supportano l’evoluzione digitale dell’azienda e offrono un’esperienza completa. Le aziende possono distribuire efficacemente e liberamente i loro servizi su piattaforme cloud pubbliche o private, che supportano rapidamente la migrazione dei servizi e la loro espansione. Per evitare di essere vincolati ai sitemi di un solo fornitore, Huawei offre soluzioni cloud ibride che consentono l’integrazione con piattaforme cloud pubbliche di terze parti, incluse quelle di Amazon e Microsoft.
Huawei lavora a fianco dei suoi partner per costruire una rete cloud con copertura globale, fornendo soluzioni complete che aiutano le aziende cinesi a diventare globali e le aziende al di fuori della Cina a entrare nel mercato cinese.
Huawei Cloud è il risultato di innovazioni in campo hardware, software, dati, connessioni e architetturale. A HUAWEI CONNECT 2017, Huawei lancerà soluzioni all’avanguardia in ciascuno di questi ambiti per agevolare l’agenda digitale dei clienti in nove diversi settori, tra cui servizi per la pubblica amministrazione, finanza, telecomunicazioni, energia, trasformazione e manifatturiero.
Piattaforma ed Ecosistema: focus sull’applicazione pratica
HUAWEI CONNECT 2017 è interamente dedicato alle piattaforme e agli ecosistemi, ed è focalizzato sull’applicazione e l’esperienza pratica. L’evento di quest’anno riunisce i protagonisti del vasto ecosistema ICT globale in una sala espositiva interattiva di 20.000 metri quadrati di superficie, il 30% più grande rispetto allo scorso anno. Oltre 60 sponsor, 10 organizzazioni industriali e 130 partner partecipano alla manifestazione e circa 1.000 partner hanno aderito all’evento di Huawei. I principali partner presenti sono SAP, Accenture, Chinasoft International, HGST, Intel, Microsoft, Centerm e Infosys. Esporranno congiuntamente i loro ultimi progressi e le best practice nel campo dell’ICT, partecipando a una vasta gamma di attività, tra cui presentazioni, stand espositivi, eventi sponsor e sessioni dimostrative.
Tra i presenti, sono oltre 10 le alleanze di settore, tra cui la Cloud Native Computing Foundation (CNCF), la Cloud Security Alliance (CSA), la Beijing Disaster Backup e Recovery Technology e Industry Alliance, l’Edge Computing Consortium (ECC), il GSMA, l’Industrial Internet Consortium, OpenSDS e OpenStack.
Per presentare le ultime innovazioni in campo ICT a partner e sviluppatori, Huawei lancerà anche DevCloud 2.0, la sua nuova suite di sviluppo software cloud. In quanto piattaforma cloud di ricerca e sviluppo realizzata grazie a 30 anni di esperienza nel settore R&S e a concetti e strumenti all’avanguardia, DevCloud 2.0 darà dimostrazione di oltre 3.000 potenzialità ICT di Huawei attraverso API pubbliche e aprirà agli sviluppatori le porte di 20 OpenLab locali in tutto il mondo. L’obiettivo finale è quello di rendere semplice e più efficiente lo sviluppo del software, aiutando i partner sviluppatori a innovare e monetizzare con successo nuovi servizi.
Rendimenti elevati, decorrelazione, vantaggi fiscali e supporto all’economia reale
A cura dell’ufficio studi di P101
Alla ricerca di alpha, la strada porta al venture capital. Particolarmente adatta a fondi pensione e istituzionali, l’economia delle imprese che crescono può essere un booster del rendimento di portafoglio anche di private banker e family office, purché l’ottica sia quelli di medio termine, non meno di 3/5 anni per vedere i primi ritorni. Ne beneficia il portafoglio e, in potenza, anche l’economia reale e la sua competitività, dato l’alto carattere impacting di questo genere di investimento. Senza considerare che con Aifmd, la direttiva europea in tema di investimenti alternativi, si va nella direzione di un’apertura anche al retail. In Italia non esistono al momento prodotti adatti al piccolo investitore, nel mondo anglosassone c’è invece qualche esperimento di investimenti per il pubblico indistinto con sottostante il private equity. Ma la strada è segnata: l’embrionale mercato italiano rappresenta una grande opportunità ancora da cogliere, e il valore della trasformazione digitale e industriale in atto può essere colto proprio intercettando quelle società artefici dell’innovazione e oggetto dell’investimento dei fondi di venture capital.
“I ritorni – dice Andrea Di Camillo, managing partner di P101 – verranno sempre più dalla creazione di valore in ottica di lungo termine anziché dall’arbitraggio di breve periodo sui mercati più liquidi.” Il venture capital ha nel suo core business la creazione di valore d’impresa e come conseguenza la creazione di valore finanziario, non il contrario. In quale modo? Proviamo a spiegarlo, partendo da una definizione tecnica che è quella fornita dall’Aifi: innanzitutto apportando “capitale azionario o sottoscrizione di titoli convertibili in azioni nei confronti di imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, tecnologie, concezioni di mercato.” La partecipazione è temporanea e minoritaria e tesa, appunto, ad accrescere ed accelerare la creazione di valore dell’impresa per realizzare un elevato capital gain in sede di dismissione. Il fondo investe soldi dei sui investitori, i cosiddetti limited partner in quote di aziende in fase iniziale e con prospettive di grande crescita, e si affianca a queste aziende in un’ottica di partnership, mettendo a disposizione dei nuovi imprenditori non solo le risorse finanziarie, ma anche il bagaglio di conoscenze e know-how, proprio e del network di esperti di cui spesso si avvale, e aiutandoli a definire le strategie di crescita.
Quanto rende investire in startup? Il fondo di Venture Capital è uno strumento a rischio elevato con un rendimento potenziale, quindi altrettanto importante, che può superare il 20% annuo. Una regola aurea del venture capitalist è la power law: in sostanza, in un paniere di società su cui investire ce ne deve essere una – o un gruppo – il cui rendimento atteso sia superiore a quello di tutte le altre. Per intenderci, la Uber o la Facebook di turno o, per fare un esempio italiano, Yoox (che oggi, dopo la fusione con il gruppo francese Net-a-porter, ha una capitalizzazione di Borsa di 2,5 miliardi di euro).
Certo, il 20% di cui parliamo non è ecumenico, ma è una buona approssimazione dal momento che non esiste una banca dati, neppure internazionale, di rendimenti realizzati. A fare un esercizio utile allo scopo sono stati di recente i pionieri Reshma Sohoni e Carlos Eduardo Espinal, anime di Seedcamp, che ha investito 500 milioni in 230 startup. Il loro primo fondo, Fund 1, lanciato nel 2007 e dedicato a investimenti fino a 200mila euro, aveva un’ampiezza di 3 milioni usati per finanziarie 22 startup. A ottobre 2016, grazie alle exit, tra cui l’unicorno Superflix che ha reso 60 volte sull’investimento, il ritorno generato è stato di 1 una volta e mezza, ma arriverà a circa 10 volte considerando anche le altre società ancora da valorizzare.
Un numero più puntuale – ma sempre vicino a quel 20% di cui sopra – lo fornisce Preqin, secondo cui nel mondo i fondi di venture capital nel 2015 hanno investito per 136 miliardi di dollari, spalmati su 9241 operazioni e a fronte di disinvestimenti per 73 miliardi, con ben 47 miliardi di nuovi capitali raccolti e un Irr a un anno del 20,5%. Sempre Preqin ha calcolato che nel 2015 il venture capital ha realizzato la migliore performance rispetto a tutte le altre strategie di private equity, registrando un Irr al netto delle commissioni del 18,2% contro il 18,1% dei fondi di buyout. Ancora, secondo le rilevazioni di Aifi e Kpmg Corporate Finance pubblicate a inizio luglio, l’IRR lordo delle operazioni concluse nel 2016 è stato pari al 14,5%, dato in leggero calo rispetto all’anno precedente (17,8%), ma comunque positivo e in linea con i buoni rendimenti registrati negli ultimi anni.
“I fondi di venture capital – spiega Di Camillo – sono strutturati in maniera da abbattere il rischio di portafoglio: con P101 vediamo migliaia di società all’anno e scegliamo le migliori, l’investitore informale, che agisce in modo destrutturato e/o non continuativo, non ha questi termini di confronto. Co-investendo si riesce a sfruttare la selezione di un investitore professionale e nel contempo a entrare, in parte, direttamente nell’azienda sovvenzionata. E, nel caso la società abbia bisogno di altro capitale, ha già un azionista nella figura del venture capital, che potrà fare fronte alle future esigenze o comunque avere migliore accesso alla community degli altri investitori attivi sul mercato in quel momento.”
I vantaggi sono diversi, a partire da quello fiscale: dal 2017 è possibile detrarre il 30% degli investimenti fino a un milione di euro dal reddito imponibile, rispetto al 19% della normativa varata nel 2013. Non va trascurato, inoltre, il fatto che si tratta di un investimento totalmente decorrelato dai mercati tradizionali in un mondo in cui la decorrelazione tra asset class tradizionali non esiste più.
Negli Usa il valore delle venture capital-backed company ammonta a circa il 20% della capitalizzazione totale di Borsa. Lo afferma un’analisi della Stanford Graduate School of Business che però precisa che se invece lo sguardo si sposta alle aziende fondate a partire dal 1979 – anno in cui il VC di fatto è nato – la situazione cambia in maniera drastica: delle 1330 realtà, oggetto di questa seconda osservazione, ben 574, ovvero il 57%, in termini di capitalizzazione sono venture capital-backed. Queste imprese investono inoltre in ricerca in sviluppo l’82% del totale, il che spiega anche la loro natura di innovatori capaci di trasformare interi settori industriali. In Italia il valore delle imprese vc-backed sfiora il 2%: ed è ovvio che, fatte le debite proporzioni, lo spazio di crescita è enorme.
Gli ultimi numeri diffusi da Aifi aiutano a dare una dimensione all’evoluzione del fenomeno: nel 2016 il mercato del private equity e del venture capital ha segnato un record a 8,2 miliardi di euro (+77%). Gli operatori esteri sono tornati in gran spolvero, con un investimento pari al 69% in termini di ammontare. Le operazioni sono diminuite a 322 da 342, e le prime 17 costituiscono il 74% del valore. L’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è stato pari a 3,6 miliardi di euro, in crescita del 26% rispetto ai 2,9 dell’anno precedente. Ma, guardando appena un po’ più in dettaglio i numeri di Aifi, si scorge che ben 5,7 miliardi di quel totale da record è fatto da operazioni di buyout e l’early stage rappresenta una fettina di appena di 104 milioni. Allora la buona notizia rimane troncata a metà: anche da questo lato dell’Atlantico, le imprese finiscono sempre di più sotto il radar di questi finanziatori alternativi. Ma le nuove idee fanno ancora molta fatica a trovare capitalisti di ventura.
P101 – Insightful Venture Capital
P101 è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: ContactLab, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.
Quanti di noi sognano di arredare la propria casa e farla diventare come una di quelle dei VIP che vediamo sulle riviste patinate?
Beh ora è possibile avere una consulenza per arredare casa senza spendere una fortuna affidandosi a uno studio specializzato, come è possibile? Grazie all’idea di Federica Sala, founder e CEO di InteriorBe, startup accelerata da H-Farm che fa da intermediario fra liberi professionisti e clienti finali.
Il team di InteriorBe è completato da Sabrina Lanza COO e Stefano Venuti PRODUCT MANAGER.
Federica mi ha raccontato la sua storia:
Qual è la storia di InteriorBe?Da dove nasce l’attenzione al tema del design di interni?
InteriorBe nasce dall’incontro mio e della mia cofounder Sabrina Lanza. Ci siamo conosciute collaborando all’interno di uno studio in centro a Milano.
Entrambe interior designer, con quasi 20 anni di esperienza nel complesso, subito in sintonia, sollecitate dalla voglia di reinventare la il servizio dell’architetto d’interni, abbiamo deciso da buone progettiste di riprogettare la nostra vita e la nostra professione.
I primi periodi sono stati di test, siti homemade, collaborazioni, iniziative. La chiave di volta è arrivata l’anno scorso. Il 2016 è stato l’anno più importante per InteriorBe. Dopo essere state selezionate per partecipare alla startup school Mind The Bridge di San Francisco la nostra visione di quello che stavamo costruendo è cambiata nettamente.
Stavamo portando online architetti ed interior designer Italiani che ci permettevano di vendere il servizio della progettazione d’interni online, stavamo creando una community che offriva una commodity senza costi vivi.
Lo stile di vita e le connessioni dell’ecosistema Californiano ci hanno permesso di incontrare all’interno della school Stefano Venuti, inizialmente con noi per aiutarci “con i numeri” ( era arrivato il momento di giocare seriamente! ) si è appassionato al nostro business, unendosi al progetto come cofounder ed attualmente product manager della compagnia.
Rientrati a Febbraio dagli Stati Uniti, in occasione del Pionees Festival di Vienna abbiamo avuto l’opportunità di incontrare H-FARM, questo ci ha permesso di essere selezionati per il programma di accelerazione Fashion and Retail che ci ha portato a fondare la nostra società nell’agosto 2016 con la partecipazione di H-FARM stesso, arrivando ad essere una delle startup del portafoglio di H-FARM.
Dopo il programma a Dicembre 2017 abbiamo chiuso il nostro primo seed, aperto lo scorso ottobre! E’ cosi che da Gennaio di quest’anno abbiamo aperto il nostro primo ufficio a Milano ed iniziato il rapido sviluppo del progetto a livello nazionale.
Quali sono le caratteristiche principali dell’applicazione?
La nostra vison: portare il bello nelle case del mondo!
InteriorBe è il nuovo modo di scegliere ed acquistare gli arredi per la propria casa.
InteriorBe porta online cliente e professionista in un’ambiente digitale dove vivere l’esperienza unica ed emozionale di poter progettare ed acquistare gli arredi per la propria casa ottimizzando tempi e costi.
Un’unica piattaforma che unisce Professionista, Progetto e Prodotto e che completa l’esperienza di acquisto con i POP concept store la rivoluzione del retail d’arredo per una shopping experience completa che intreccia analogico e digitale.
I nostri utenti trovano in InteriorBe la soluzione che non esisteva prima. Un portale di professionisti a disposizione per dare loro le risposte concrete che cercano. Nel concreto il cliente acquistando il suo pacchetto progetto viene associato al progettista della community online ( ad oggi +215 architetti ed interior designer italiani) più affine alle necessità del cliente, grazie allo sviluppo del nostro algoritmo di match. I 2 avranno a disposizione una chat online, una sala riunioni virtuale dove scambiarsi tutte le informazioni, media, a tendere prendere appuntamenti live, al fine di sviluppare il progetto d’interni per il cliente arrivando alla generazione di un carrello arredi interamente acquistabile ( a breve ) sulla piattaforma InteriorBe con costi competitivi e qualità garantita 100% Made in Italy!
Il cliente grazie al suo professionista non dovrà temere di fare errori durante il processo di restyling ed arredamento dei propri spazi, non sprecherà giornate intere in showroom o spenderà più denaro del dovuto grazie al suo personale professionista dedicato.
Inoltre la piattaforma vedrà presto la messa online dello store aperto a tutti quelli che vogliono acquistare arredi e complementi già selezionati e garantiti da un team di professionisti con un’esperienza di acquisto completa ed innovativa supportata ( avendo studiato i comportamenti di acquisto dell’utente e le tendenze stesse ) dall’apertura dei punti POP.
E’ nato così Il nostro primo Point Of Presence, il 21 luglio 2017 in una location unica presso Fabbrica Saccardo a Schio (VI), un punto di presenza fisico che introduce e guida il cliente nel mondo InteriorBe per una nuova esperienza di acquisto.
E’ un luogo di sperimentazione, dove sfogliare virtualmente i cataloghi online e dove poter contemporaneamente toccare con mano i materiali dei brand presenti nello store online, un punto fisico dove trovare le stesse agevolazioni che si ritrovano nei punti vendita online supportate dal servizio InteriorBe.
Quanto vale il mercato (Italia ed estero)?
Io chiederei anche perché ora? Perché Il 56% della popolazione ricorre a Internet per arredare casa.
Le abitudini di acquisto sono sempre più tecnologiche e votate all’ottimizzazione di tempi e costi settore dell’e-commerce di arredo ha registrato una crescita pari al +48% rispetto al 2015 * Osservatorio eCommerce B2C.
Il mercato dell’interior design segna un fatturato pari a più di 100 miliardi di euro, con una crescita del 4% per l’Europa.
Qual è lo stato dell’arte oggi e quali i passi futuri? In questo momento cosa cercate in termini di funding?
Ad oggi la piattaforma ha venduto più di 190 pacchetti progetto online con una crescita molto interessante mese/mese!
Lo scorso giugno abbiamo aperto un 2 round da 500.000 € che ci permetterà di completare gli sviluppi del progetto in termini di tecnologia e brand awareness sul territorio nazionale per progettare l’apertura di un nuovo mercato europeo entro la metà del 2018!
Federica Sala
co-founder | InteriorBe & Fancytoast
Nasce a Bergamo nel 1989. Si laurea in architettura di interni presso l’Istituto Grafica Moda e Design di Lecco e inizia da subito a collaborare con alcuni studi di architettura fra Bergamo e Milano come project manager per progetti residenziali e retail concept.
Segue e coordina le aperture a livello nazionale dei Brand Tommy Hilfiger e Calvin Klein all’interno dello studio Milanese. La passione nel settore d’innovazione digitale l’ha portata ad immergersi al 100% nel mondo startup, la determinazione e il commitment a rendere reale giorno dopo giorno la visione del futuro del mercato dell’interior design.
Passa la fine del 2015 e l’inizio del 2016 in California, dove matura contatti ed esperienze significative, fra cui la partecipazione con il progetto InteriorBe alla Mind The Bridge Startup School di San Francisco.
Attenta ai nuovi trend, fonda nel 2016 una società di consulenza format food&beverage grazie a cui realizza la sua idea di sviluppo di un format food, con primo pdv su Milano, incentrato sul prodotto verticale ed innovativo del toast open bread, proveniente dagli USA, con il Brand “Fancytoast” di sua invenzione.
Il report evidenzia la ricomparsa del malware PBot, l’impiego di algoritmi di generazione dei domini e il rapporto tra infrastruttura command and control di MIRAI e obiettivi di attacco. Sono inoltre contenuti dati salienti sulle statistiche relative agli attacchi DDoS e alle applicazioni web
Per scaricare i singoli grafici e diagrammi con le relative didascalie: http://akamai.me/2w6mI1v
Secondo quanto emerge dal Rapporto sullo stato di Internet Q2 2017 / Security rilasciato da Akamai Technologies, Inc. (NASDAQ: AKAM) sono nuovamente in crescita gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) e alle applicazioni web. Un importante contributo a questa nuova ondata di attacchi è dato dalla ricomparsa del malware DDoS PBot, utilizzato per lanciare gli attacchi DDoS più imponenti registrati da Akamai nel corso di questo trimestre.
Nel caso del malware PBot, utenti malintenzionati hanno utilizzato codice PHP che risale ad alcuni decenni fa per generare l’attacco DDoS più ampio osservato da Akamai nel secondo trimestre. Gli autori degli attacchi sono riusciti a creare una mini botnet DDoS in grado di lanciare un attacco DDoS da 75 gigabit al secondo (Gbps). È interessante notare che la botnet PBot era composta da un numero relativamente contenuto di nodi, circa 400, in grado tuttavia di generare un notevole livello di traffico di attacco.
Un altro elemento preso dal passato, rilevato dall’analisi svolta dal team Threat Research di Akamai, è l’impiego di algoritmi di generazione di domini (Domain Generation Algorithms) nell’infrastruttura dei malware Command and Control (C2). Utilizzato per la prima volta assieme al worm Conficker nel 2008, il DGA rimane una tecnica di comunicazione frequentemente utilizzata anche per i malware attuali. Il team di ricerca delle minacce di Akamai ha scoperto che le reti infette hanno generato un tasso di ricerche DNS 15 volte superiore rispetto a quelle non infette. Ciò può essere spiegato come conseguenza del fatto che il malware presente nelle reti infette accede a domini generati casualmente. Poiché la maggior parte dei domini generati non era registrata, tentare di accedere a tutti avrebbe generato troppo rumore. Analizzare le differenze di comportamento tra le reti infette rispetto a quelle non infette è un ottimo modo per identificare l’attività del malware.
Quando lo scorso settembre è stata scoperta la botnet Mirai, Akamai è subito diventata uno dei suoi primi obiettivi. Da allora, la piattaforma dell’azienda ha continuato a essere presa di mira e a respingere efficacemente attacchi provenienti dalla botnet Mirai. I ricercatori di Akamai hanno utilizzato la visibilità sulla botnet Mirai che solo Akamai può vantare per studiare i diversi aspetti della botnet. In particolare nel secondo trimestre tale analisi si è concentrata sull’infrastruttura C2 di Mirai. Le ricerche condotte da Akamai indicano chiaramente che Mirai, come molte altre botnet, sta contribuendo alla massificazione degli attacchi DDoS. Si è osservato che sebbene molti dei nodi C2 della botnet abbiano condotto “attacchi dedicati” contro IP selezionati, sono stati ben più numerosi i nodi che hanno partecipato a quelli che potremmo considerare attacchi di tipo “pay-for-play”. In queste situazioni, i nodi C2 della botnet Mirai hanno attaccato degli indirizzi IP per brevi periodi, divenendo poi inattivi per riemergere in seguito e attaccare obiettivi diversi.
“Gli autori degli attacchi testano continuamente i punti deboli nelle difese delle aziende e investono maggiore energia e risorse sulle vulnerabilità che risultano più diffuse ed efficace”, spiega Martin McKeay, Senior Security Advocate di Akamai. “Eventi come la botnet Mirai, l’exploit utilizzato da WannaCry e Petya, l’aumento continuo degli attacchi SQLi e la ricomparsa del malware PBot testimoniano che gli autori degli attacchi non escogiteranno solo nuovi strumenti e strategie, ma torneranno a riutilizzare anche strumenti già visti in passato che si sono dimostrati particolarmente efficaci”.
Alcuni dati:
Altri dati di rilievo presenti nel rapporto sono:
●Il numero di attacchi DDoS del secondo trimestre è cresciuto del 28% su base trimestrale dopo avere registrato un calo per tre trimestri consecutivi.
●Gli autori degli attacchi DDoS si stanno dimostrando più ostinati che mai, attaccando i propri obiettivi con una media di 32 volte nel corso del trimestre. Una società di gaming è stata attaccata 558 volte, ossia con una media di sei volte al giorno.
●Il maggior numero di indirizzi IP univoci utilizzati in attacchi DDoS frequenti ha avuto origine in Egitto, con una percentuale del 32% sul totale generale. Il trimestre scorso erano gli Stati Uniti a detenere il primato, mentre l’Egitto non rientrava nella top five.
●Questo trimestre sono stati utilizzati meno dispositivi per lanciare attacchi DDoS. Il numero di indirizzi IP coinvolti in attacchi DDoS volumetrici è crollato del 98% passando da 595.000 a 11.000.
●L’incidenza degli attacchi alle applicazioni web è aumentata del 5% su base trimestrale e del 28% su base annuale.
●Gli attacchi SQLi sono stati utilizzati in più della metà (51%) degli attacchi alle applicazioni web questo trimestre, rispetto al 44% del trimestre scorso, generando quasi 185 milioni di avvisi solo nel secondo trimestre.
Metodologia
Il Rapporto sullo stato di Internet Q2 2017 / Security di Akamai combina i dati sugli attacchi raccolti dall’intera infrastruttura globale di Akamai ed è frutto delle ricerche svolte dai vari team dell’azienda. Il rapporto si avvale dei dati raccolti dalla Akamai Intelligent Platform e fornisce un’analisi dell’attuale panorama delle minacce e della sicurezza sul cloud, nonché informazioni sulle tendenze degli attacchi. Il Rapporto sullo stato di Internet / Security è frutto della collaborazione di vari professionisti della sicurezza di Akamai, tra cui il team SIRT (Security Intelligence Response Team), l’unità Threat Research, i team Information Security e Custom Analytics.
Grazie alla propria piattaforma cloud di delivery più estesa e affidabile al mondo, Akamai supporta i clienti nell’offerta di experience digitali migliori e più sicure da qualsiasi dispositivo, luogo e momento. Con oltre 200.000 server in 130 paesi, la piattaforma Akamai garantisce protezione dalle minacce informatiche e performance di altissimo livello. Il portfolio Akamai di soluzioni per le web e mobile performance, la sicurezza sul cloud, l’accesso remoto alle applicazioni aziendali e la delivery di contenuti video è affiancato da un servizio clienti affidabile e da un monitoraggio 24×7. Per scoprire perché i principali istituti finanziari, i maggiori operatori e-commerce, provider del settore Media & Entertainment ed enti governativi si affidano ad Akamai, visitate il sito https://www.akamai.com/it/it/ o https://blogs.akamai.com/it/ e seguite @AkamaiItalia su Twitter.
I ricercatori di Kaspersky Lab hanno fornito i dettagli tecnici relativi alla vulnerabilità di Instagram sfruttata dai criminali informatici per rubare informazioni sensibili agli account.
Secondo quanto riportato ieri da Instagram, i criminali hanno sfruttato un bug all’interno del social network che gli ha permesso di rubare le credenziali degli utenti Instagram, tra cui anche quelle di alcune celebrità. I ricercatori di Kaspersky Lab che hanno rilevato il bug lo hanno notificato a Instagram martedì 29 agosto condividendo con il social network anche una breve analisi tecnica.
I ricercatori hanno scoperto che la vulnerabilità esiste nella versione 8.5.1 per mobile di Instagram, rilasciata nel 2016 (la versione corrente è 12.0.0). Il processo di attacco è relativamente semplice: utilizzando la versione non aggiornata dell’applicazione i criminali selezionano l’opzione di ripristino della password e registrano la richiesta utilizzando un proxy web. Quindi selezionano una vittima e inviano una richiesta al server di Instagram tramettendo l’identificativo della vittima o il suo nome utente. Il server restituisce una risposta in JSON con le informazioni personali della vittima, compresi i dati sensibili come l’indirizzo e-mail e il numero di telefono.
Gli attacchi sono piuttosto impegnativi: ciascuno di essi deve essere fatto manualmente in quanto Instagram utilizza calcoli matematici per impedire ai criminali di automatizzare il modulo di richiesta.
Gli hacker sono stati individuati in un forum underground mentre negoziavano le credenziali private degli account appartenenti ad alcune celebrità.
Kaspersky Lab consiglia agli utenti di aggiornare il prima possibile le versioni precedenti del software con l’ultima versione disponibile. Un altro consiglio utile da seguire quando si utilizzano i social media è quello di usare diversi indirizzi di posta elettronica per le diverse piattaforme social segnalando eventuali preoccupazioni o irregolarità al social network, soprattutto quando si ricevono messaggi di posta elettronica relativi a un ripristino di password non richiesto personalmente.
Dopo tanto parlare di tecnologia blockchain e sue possibili teoriche implementazioni, abbiamo deciso di approfondire il tema da un punto di vista pratico, per capire come questa tecnologia costituisca già oggi un potente abilitatore del business per prodotti open source. Ne abbiamo parlato con Roberto Galoppini, che recentemente ha avviato una collaborazione tra uno dei progetti open più diffusi al mondo (FileZilla), e Storj, un provider di cloud storage blockchain-based.
La blockchain come fattore abilitante dell’open source business
Da quando intorno al 2014 si iniziò a parlare di crypto 2.0 – applicazioni di tipo finance e non, dove anziché utilizzare il mining per forgiare nuove monete e registrare le transazioni sul public ledger, come fa Bitcoin, si utilizzano queste tecnologie per costruire applicazioni distribuite – iniziai a pensare che ci fosse la possibilità di sfruttare le potenzialità che queste avevano da offrire in termini di capacità di creare valore, e come questo potesse sposarsi con il mondo delle applicazioni open, tipicamente esposte al fenomeno del freeloading.
Avendo chiaro il problema che una determinata applicazione risolve – nel caso di FIleZilla ad esempio un tool che consente il trasferimento di file – è stato semplice individuare l’ambito delle soluzioni crypto 2.0 che potessero complementarne l’offerta.
Stabilito quindi che i servizi cloud costituivano il target naturale, la rosa di candidati individuata conteneva MaidSafe, FileCoin, SIA e Storj. Nell’ottobre 2016, quando avviamo una serie di colloqui per scegliere la piattaforma con cui integrare FileZilla, Storj pur godendo di un minor supporto finanziario, da un punto di vista di implementativo, per dimensione della base di utenti e per visione ci sembrò la migliore scelta di Distributed Cloud Storage basata sulla blockchain.
Storj offre un servizio di storage mediante una infrastruttura distribuita in cui, oltre alla ridondanza e la cifratura dei dati, chiunque può essere rimunerato mettendo in condivisione dello spazio disco.
Grazie alla tecnologia di Distributed Cloud Storage gli utenti di FileZilla possono godere di spazio disco a basso costo la cui confidenzialità è garantita dal protocollo sottostante. Non solo, aderendo al sistema di incentivazione di Storj hanno accesso ad una nuova fonte di reddito.
“In questo modo abbiamo ottenuto il duplice risultato di fornire agli utenti FileZilla nuove funzionalità esclusive, che permettono loro di trarre profitto dalla partecipazione al network, al tempo stesso abbiamo consentito a Storj di raggiungere milioni di utenti, scalando di tre ordini di grandezza”.
Qual è il business model di Storj?
È il primo sistema di archiviazione decentrato criptato end-to-end, che utilizza la tecnologia blockchain e la crittografia per proteggere i file. Storj è al tempo stesso una piattaforma, una criptovaluta ed una suite di applicazioni decentralizzate che consente di memorizzare i dati in modo sicuro e decentrato. I file sono crittografati, suddivisi in file di dimensioni più piccole denominati ‘shards’ e memorizzati in una rete decentrata di computer in tutto il mondo. Nessuno, ha mai una copia completa dei file, nemmeno in forma crittografata.
Storj si è finanziata grazie ad una ICO (Initial Coin Offering) che ne pensi?
La ICO Storj è generalmente riconosciuta come una di quelle con maggior successo nel 2017, avendo raccolto circa 30 milioni di dollari (*). Sebbene le ICO recentemente siano state oggetto di alcune giuste critiche, vale la pena sottolineare come nel caso di Storj il token risulti spendibile per acquistare appunto servizi cloud, diversamente da quanto accade nel caso di altre ICO dove non è molto chiaro a cosa servano i “token” emessi, al di là del loro valore nominale. Per quanto ci riguarda abbiamo apprezzato la scelta di passare da CounterParty ad Ethereum ERC20, considerato che il wallet di CounterParty risultava estremamente datato e, cosa ancora più importante era animato da un ecosistema estremamente limitato (**).
Roberto Galoppini fonda e vende un open source SI nei primi anni 2000, per qualche anno è consulente strategico per Microsoft, IBM e Suse, nel 2011 diviene Head of Community di una tech media company statunitense dove aiuta centinaia di progetti open a crescere, ora con la sua startup innovativa cura le strategie business per alcuni prodotti open.
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