SWOORDS – Come nasce un mobile game

Swoords è un gioco di parole in cui due giocatori si sfidano online per trovare una parola che inizi con le ultime due lettere della parola precedente. Il team di sviluppo è costitutio da ragazzi italiani.
Ho intervistato Giuliano Ambrosio,  Co-Founder di SWOORDS
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Quando hai avuto l’idea di sviluppare  un gioco di parole?
Nel 2014 davanti a una pizza con amici. Questo è stato il momento in cui, affascinato dal successo di Ruzzle in Italia e nel Mondo, mi sono chiesto quale nuovo gioco di parole si potesse trasformare come Mobile Game.
Da quel momento è nata una sfida con me stesso, ho provato a creare un prototipo e delle dinamiche di Gamification, analizzato il fenomeno Ruzzle e preso le best practice da circa 50 migliori giochi di parole sugli store App Store e Google Play.
Solo qualche anno dopo, iniziando a lavorare come Creative Strategist in AQuest (https://aquest.it), agenzia digitale creativa, ho avuto fiducia e risorse per sviluppare ed evolvere il gioco nello studio mobile game POLLSO, dedicato ad esplorare e sviluppare soluzioni di gamification legate al Mobile gaming.
 
Raccontami come funziona la dinamica di gioco? 
SWOORDS è un nuovo gioco di parole multiplayer per iOS e Android, che si basa sulle connessioni possibili tra lettere finali delle parole. 
Lo scopo è quello di trovare una parola che inizia con le ultime due lettere della parola precedente lanciata dal tuo avversario. Se ti sfidano con la parola “LOMBRICO”, la tua risposta dovrà essere una parola che inizia con ‘CO’, ad esempio ‘COLORAZIONE’. 
Hai 20 secondi di tempo e 5 Round per trovare la parola usando più lettere possibili e accumulare punteggio. Ad ogni partita le lettere nella tua tastiera avranno un punteggio diverso, scegli bene quelle con valore più alto per vincere. 
Durante il gioco per distrarre l’avversario è possibile usare delle armi e bonus, in modo da fare perdere tempo prezioso durante le sfide.
Il gioco è gratuito con dinamiche di acquisti in-app, disponibile per App Store e Google Play con la possibilità di giocare con dizionario Italiano e Inglese con un totale di oltre 600 mila lemmi. 
Quali differenze con i suoi competitor ad esempio Ruzzle?
SWOORDS vuole rompere le regole dei classici giochi di parole in tema dinamica di gioco con una nuova dinamica gioco e non clone, monetizzazione con native adv, portando cultura e coinvolgimento creando prima una community grazie ai social media.
La base di SWOORDS, poi ampliata e arricchita con dinamiche di gamification, riprende un popolare e famoso gioco chiamato Shiritori. Lo Shiritori (しりとり?) è un semplice gioco verbale comune in Giappone come passatempo. Il gioco consiste nel dire una parola che inizi con la stessa sillaba (kana) con cui finisce la parola detta dall’avversario, a formare una concatenazione continua.
Giocando a SWOORDS con gli amici o contro Doctor SWO, l’intelligenza artificiale, sarà probabile incontrare nuovi vocaboli. Proprio per questo abbiamo integrato la possibilità di scoprire il significato di tutte le parole giocate all’interno di ogni partita. In questo modo SWOORDS cerca anche di veicolare cultura mettendo in pratica le proprie conoscenze in campo linguistico e allo stesso tempo scoprire nuovi vocaboli.
SWOORDS non è un classico gioco, il suo design minimale è ottimizzato per rendere le lettere e le parole protagoniste del gioco. Abbiamo realizzato un sistema integrato di Native Adv con cui le aziende potranno sponsorizzare determinate parole e allo stesso tempo offrire vantaggi esclusivi ai giocatori dentro e fuori dal gioco. 
L’integrazione di questa soluzione permetterà alle aziende di raggiungere un pubblico mirato e non interrompere l’esperienza di gioco, ma ampliarla con vantaggi concreti durante il gaming e fuori. All’inizio dei 5 Round i giocatori visualizzeranno 4 parole bonus a testa. Le parole bonus avranno un valore doppio e permetterà di sbloccare reward digitali o scontistiche in store.
Dal punto di vista tecnico quali i linguaggi ed i tools utilizzati?
 
Il gioco è stato sviluppato con UNITY, famosa piattaforma per la prototipazione e sviluppo di giochi mobile. 
La gestione di risorse, chiamate, interrogazioni API si appoggia invece a tecnologia Azure di Microsoft, di cui siamo partner e che ci ha permesso di ottimizzare velocità e performance di gioco. 
Quanto è durata la fase di sviluppo e che difficoltà hai incontrato?
 
La fase di sviluppo è durata circa 5-6 mesi nei quali abbiamo dovuto pensare molto bene le dinamiche di coinvolgimento e di level design.
Tra le dinamiche su cui abbiamo lavorato di più sono sicuramente la schermata di gioco round e il sistema di native adv.
La schermata di gioco, dove vengono inserite le parole, ha avuto diverse trasformazioni dettate anche dei suggerimenti dei Beta Tester con i quali abbiamo potuto capire meglio cosa funzionava di più.
La dinamica di Native Adv invece, in roll-out, ha avuto in periodo interno di prove medio lungo per essere pronti al lancio pubblico per le aziende.
Primi risultati? 
  
In meno di 14 giorni dal lancio questi i risultati più significativi:

+1 Milione di views su App Store

+20K Download totali (iOS + Android)

+3K Giocatori attivi al giorno

+150K Round giocati al giorno (media di 10 partite/giocatore)

 Best Of the Day su Product Hunt (10 GEN)
 Google Play:  tra le “applicazioni di tendenza” (11 GEN)
 Google Play: 1° tra le “novità giochi basati sulle parole” (12 GEN)
 App Store:  in “Giochi di Parole” (13 GEN)
 App Store: In vetrina ITA tra “Nuovi giochi che adoriamo” (13 GEN)
 App Store: 10° in “Giochi Trivial” (14 GEN)
 App Store: Nella “Top 100 Giochi Gratis” (14 GEN)
Prossimi passi?
Tra i prossimi step, c’è la volontà di entrare nelle scuole con lo scopo di presentare SWOORDS, ma allo stesso tempo condividere valore in termini di Gamification Mobile, Native Adv e attività di Marketing usate per il lancio.
Pensiamo che i suggerimenti di un target millennials e nativo digitale possano migliorare il gioco.

Nelle versioni successive introdurremo le parole bonus (Native Adv), nuovi dizionari come lo Spagnolo e possibilità di personalizzare i propri dizionari su tematiche specifiche.

 
——–
Giuliano Ambrosio, Creative Strategist @AQuest & Co-Founder SWOORDS.
Giuliano Ambrosio è un consulente in strategie digitali da oltre 8 anni, ha lavorato per diverse agenzie italiane di comunicazione e aziende internazionali.
Conosciuto sul web come “JuliusDesign“, Giuliano ha maturato il proprio personal branding grazie al suo blog personale lanciato nel 2007, in cui tuttora condivide guide e riflessioni sul mondo digitale. 
Il suo lavoro come consulente consiste nella ricerca e applicazione di concept creativi, attività, meccaniche e soluzioni in campo Digital e Social Media seguendo un approccio strategico.  Lo scopo è quello di ottenere gli obiettivi stabiliti, utilizzando e studiando insights, tecnologie e canali media a disposizione adeguati alla comunicazione del Brand.
Durante la sua carriera ha avuto modo di maturare competenze in Comunicazione Digitale e Strategie di Social Media Marketing in diverse agenzie, J. Walter Thompson, M&C Saatchi, HUB09, Done!Group, ProDea, YoungDigitals dove ha avuto il privilegio di lavorare per clienti come Motivi, Gillette, Abarth, Gruppo Generali, Alfa Romeo, Hasbro, Unicredit.
Inoltre Giuliano ha prestato docenza per il Master IED in Digital Media Management a Milano e formazione in strategie digitali per l’Università di Torino. Co-organizzatore del Mashable Social Media Day Italy 2016 e Mentor del TEDxTorino 2017. Docente del Master 2017-2018 in Social Media Marketing di Ninja Academy
Da Gennaio 2016 è Creative Strategist in AQuest, agenzia digitale creativa con sede a Verona e Londra.

Smart Working – intervista ad Andrea Solimene

Nell’ultimo anno in Enel mi sto occupando di Smart Working ed ho avuto l’opportunità di conoscere tante realtà interessanti con cui confrontarmi.

Ho deciso quindi di intervistarli per mettere a fattor comune la conoscenza.

Comtinuo  questo ciclo di interviste con Andrea Solimene cofounder dell’azienda Seedble

Prossima intervista a Daniele Appetito di eFM.

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Dal tuo punto di osservazione qual è lo stato dell’arte dell’implementazione dello SW in Italia?

Siamo ancora all’inizio. Seppur ci sono aziende che hanno avviato progetti di Smart Working da 2-3 anni, sono ancora in una fase iniziale e sperimentale. Trattandosi di un processo di cambiamento e innovazione del nostro modo tradizionale di lavorare e collaborare (ma anche e soprattutto di ripensare all’organizzazione) siamo indietro rispetto al contesto internazionale. Se da una parte è un aspetto negativo, dall’altra possiamo far tesoro delle esperienze internazionali e attuare percorsi di Smart Working più “maturi”

Quali credi siano i fattori critici di successo?

Primo su tutti l’aspetto culturale. Soffriamo il contesto italiano normativo che blocca l’innovazione. Soffriamo l’assenza di veri manager in grado di far crescere le persone e instaurare un rapporto fiduciario con altri. Soffriamo il fatto di avere un tessuto imprenditoriale di piccole e piccolissime imprese che o non comprendono l’innovazione (o la reputano non prioritaria) oppure la comprendono ma purtroppo non hanno sufficienti incentivi, competenze e risorse per attuarla.
Citami una best practice motivandola

Nel contesto italiano non conosco casi tali da esser considerati best practice (è difficile immaginare una best practice smart working, visto che i percorsi variano in funzione delle esigenze, bisogni e priorità delle persone che fanno parte di una determinata organizzazione). Sicuramente Tetrapak e AMEX possono esser considerati casi interessanti. Entrambi possono contare sul fatto che appartengono a società multinazionali con grande influenza nordeuropea e angloamericana, quindi maggior apertura mentale e visione. Tetrapak perchè è stato tra i primi ad avviare lo Smart Working intervenendo anche sulla produzione e AMEX per il processo che ha spinto a rivedere gli spazi e il modello di gestione delle persone.

Come vedi il  mondo del lavoro tra 10 anni?

Bella domanda. Pochi sono coloro che hanno “indovinato” proiezioni. Diventa ancora più difficile farlo con gli attuali contesti in continuo mutamento. Tutto fa pensare a un modello di organizzazioni sempre più liquide, che premierà l’organizzazione del lavoro in autonomia, in mobilità e flessibilità. I trend mostrano che è crescente il lavoro freelance e da remoto quindi immagino grandi corporate da una parte e gruppi (medio-grandi) di network di professionisti che si uniscono per collaborare su progetti. Cè da capire come la blockchain impatterà su tutto questo, rivedendo e disintermediando tanti processi di lavoro e come l’intelligenza artificiale sostituirà tanti lavori routinari e poco produttivi. Bella sfida.

Scarica l’ebook di Seedble 


 Andrea Solimene

Digital Transformation Advisor e project manager. Si occupa di strategia, innovazione digitale e comunicazione d’impresa. Nel 2013 ha cofondato l’azienda Seedble. Nel 2012 lancia Spremute Digitali, web magazine che tratta temi legati all’innovazione e digitale, di cui è uno dei contributor. Nel 2015 scrive insieme a dei soci “The Smart Working Book”, primo ebook in Italia sul concetto Smart Working. Da quest’anno è Professore a contratto per l’insegnamento di Enterprise Communication Management alla Facoltà di Economia alla Sapienza di Roma.

La scarsa protezione delle password espone i gamer ai cyber attacchi

Game Over: la scarsa protezione delle password espone i gamer ai cyber attacchi

Il gaming online è rapidamente diventato un settore estremamente remunerativo e il numero di account è in costante crescita. Secondo una ricerca condotta da Kaspersky Lab, più della metà delle persone (53%) in tutto il mondo gioca regolarmente online, un dato che sale al 64% per le persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni e al 67% per la fascia d’età 16-24. Si tratta di un settore potenzialmente remunerativo anche per i cyber criminali, che possono rubare gli account di gaming e venderli nel mercato nero. Nonostante i rischi, spesso i gamer non proteggono i propri account online dai cyber attacchi, rischiando di perdere non solo i propri progressi ma anche i dati personali e, potenzialmente, il proprio denaro.

L’audience globale del settore gaming – guidato da piattaforme online come Steam, PlayStation Network e Xbox Live – viene stimato tra i 2,2 e i 2,6 miliardi di utenti ed è tuttora in crescita, fattore che rende questo settore un obiettivo interessante per i cyber criminali, che desiderano bloccare le attività online o ottenere l’accesso a dati come password e dettagli delle carte di credito. L’interesse dei criminali informatici è chiaramente dimostrato dai recenti attacchi alle piattaforme Xbox e PlayStation.

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Considerato l’elevato numero di persone che giocano regolarmente online, i cyber criminali hanno a disposizione moltissimi utenti tra i quali scegliere le future vittime. Inoltre, il gaming è diventato una parte importante della vita di molte persone, che si affidano ai videogiochi quando si sentono sole, annoiate o desiderano socializzare. I cyber attacchi possono quindi risultare molto fastidiosi per le vittime: oltre a vedersi rubati i propri dati, possono subire conseguenze emotive, perdendo l’accesso ai propri giochi preferiti (sia temporaneamente, sia definitivamente) e vedendo vanificati i risultati raggiunti e sprecato il denaro speso.

Tra chi è stato vittima di un tentativo di attacco o di un attacco andato a buon fine ai danni di un proprio account online, il 16% ha visto presi di mira i propri profili gaming, percentuale che sale al 21% tra gli uomini. Inoltre, considerato che il 55% delle persone non sarebbe in grado di ripristinare in breve tempo i dettagli del proprio account in caso di perdita, il fastidio causato da un cyber attacco è ulteriormente amplificato.

Non più relegato all’ambiente domestico, il gaming fa sempre più parte della vita quotidiana di molte persone, come dimostrato dal fatto che quasi un intervistato su tre (27%) gioca regolarmente via smartphone. Quasi una persona su quattro (23%) usa connessioni wi-fi pubbliche per effettuare il login ai propri account gaming e il 56% dichiara di non adottare alcuna precauzione aggiuntiva quando usa network pubblici, sebbene i dispositivi non siano di per sé sicuri, esponendosi quindi a seri rischi. Questo pericolo viene ulteriormente aggravato dal fatto che solo il 5% delle persone indica il proprio account gaming tra i tre che richiedono le password più forti.

Inoltre, considerando che al giorno d’oggi molti profili online sono connessi tra loro, le vittime possono facilmente perdere l’accesso a diversi account, come quelli di email e social network. Mentre questo potrebbe causare gravi conseguenze emotive per gli utenti comuni, i giocatori professionisti possono subire conseguenze ancora più serie, arrivando a perdere denaro.

“Un vero e proprio tesoro di informazioni personali è disponibile online, offrendo ai cyber criminali sempre più opportunità di entrare in possesso dei dati più preziosi degli utenti, che possono essere venduti sul mercato nero digitale”, ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. “I gamer – sia amatori che professionisti – sono comprensibilmente preoccupati dalla possibilità di subire attacchi ai propri account ma anche dal pericolo di dimenticare la password e non riuscire ad accedervi. Si tratta di un dilemma che gli utenti affrontano tutti i giorni e molti scelgono l’opzione meno sicura: usare la stessa password per tutti i propri account o password semplici che gli hacker possono indovinare facilmente. Tuttavia, solo prendendo le giuste precauzioni e usando password uniche e forti gli utenti potranno essere sicuri che i propri account siano protetti e che il loro impegno non vada sprecato”.

Per proteggere gli account online dei gamer, molti prodotti Kaspersky Lab includono una funzionalità per la gestione delle password che aiuta gli utenti a tenere al sicuro le proprie informazioni, come Kaspersky Password Manager incluso in Kaspersky Total Security. Questo tool conserva tutte le password degli utenti in un archivio sicuro e semplifica l’accesso ai propri account da PC, Mac e smartphone. Un generatore automatico di password crea password forti, mentre gli utenti devono ricordare solamente la master password per accedere a tutti i propri account online.

Per maggiori informazioni sulle principali minacce informatiche per gli utenti, è possibile leggere il report “Consumer Security Risks Survey 2017: Not logging on, but living on” a questo link.

Arriva in Italia WhatsApp Business

Gli attuali utenti WhatsApp potranno continuare ad usare la loro applicazione senza bisogno di scaricarne una nuova e continueranno ad avere pieno controllo dei messaggi che ricevono, inclusa la possibilità di bloccare qualsiasi numero (compresi i numeri delle attività), e di segnalare messaggi di spam.

Oggi, il 69% delle piccole imprese in Italia afferma che WhatsApp li aiuta a comunicare con i clienti e il 52% sostiene che contribuisca alla crescita del loro business (fonte: studio condotto da Morning Consult). WhatsApp Business renderà più facile per le persone connettersi con loro e viceversa, in maniera semplice e veloce.

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L’applicazione WhatsApp Business oggi può essere scaricata dal Google Play Store in Indonesia, Italia, Messico, Regno Unito e Stati Uniti. La renderemo disponibile anche in altri paesi del mondo nelle prossime settimane. Questo non è che l’inizio!

 

Smart Working – intervista alle ricercatrici dell’IRISS CNR

Nell’ultimo anno in Enel mi sto occupando di Smart Working ed ho avuto l’opportunità di conoscere tante realtà interessanti con cui confrontarmi.

Ho deciso quindi di intervistarli per mettere a fattor comune la conoscenza.

Inizo questo ciclo di interviste con Luisa Errichiello e Tommasina Pianese, ricercatrici dell’IRISS CNR 

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Dal tuo punto di osservazione qual è lo stato dell’arte dell’implementazione dello Smart Working in Italia?

Luisa: L’Italia, rispetto ad altri paesi europei, come l’Olanda o la Danimarca, mostra ancora un forte ritardo rispetto all’implementazione di modelli di lavoro flessibile, compreso lo Smart Working. Tuttavia, è innegabile che da quando quest’innovazione, al contempo tecnologica, organizzativa e sociale, ha mosso i primi passi nel nostro Paese, il suo tasso di diffusione sembra procedere a ritmi ben più incoraggianti rispetto a quanto tempo addietro era avvenuto col telelavoro.  Complice non solo l’attuale contesto normativo-istituzionale, con una legge specifica che disciplina il lavoro agile, ma anche un mutato scenario socio-economico in cui l’agilità, al centro del paradigma Smart Working, è ormai riconosciuta come una leva di competitività per le imprese. Lo stesso accade per l’innovazione tecnologica. Al riguardo, infatti, è impensabile per tutte le organizzazioni, siano esse pubbliche o private, grandi o piccole, ignorare il progresso tecnologico e gli effetti che esso ha già prodotto sulla concezione del lavoro, che si permea di nuovi significati anche rispetto alla sfera esistenziale dell’individuo. Tuttavia, anche in base a dati forniti da varie ricerche, emerge che allo stato attuale sussiste, come spesso accade quando si parla di adozione di innovazioni, un forte divario tra le grandi e piccole imprese. Queste ultime, infatti, spesso non dispongono dei capitali necessari all’implementazione dello Smart Working, mancando al contempo di quel pool di competenze dedicate chiamate a costituirsi in team interdisciplinari fondamentali per la sua efficace implementazione. Al riguardo, tuttavia, è interessante evidenziare – come è emerso dal confronto diretto con alcuni imprenditori – che spesso le realtà più piccole, soprattutto start-up che operano nei settori della consulenza, dell’ICT o della creatività, adottano già un modo di lavorare in azienda fondato su principi quali flessibilità, autonomia e management by objectives che contraddistinguono il paradigma dello Smart Working. In questi casi la piccola dimensione, che spesso si accompagna a strutture organizzative piatte, poco formalizzate e burocratiche, diventa un fattore di vantaggio rispetto all’implementazione di questo nuovo approccio,, laddove le strutture e le pratiche organizzative riflettono una cultura manageriale più aperta al cambiamento.

Tommasina: In Italia, si è registrata recentemente un’inversione di rotta ed un cambiamento culturale importante nei confronti dei modelli di lavoro in remoto. Infatti, fino a poco tempo fa, questa modalità di lavoro era associata quasi esclusivamente al tradizionale telelavoro domiciliare, di fatto mai realmente decollato nel nostro Paese. Una delle spiegazioni è da ricercare in un impianto normativo piuttosto carente, che si limitava a prevedere che il telelavoratore venisse dotato di una postazione fissa per lo svolgimento del lavoro a casa; mancavano, invece, riferimenti normativi riguardo ad un più ampio spettro di tipologie di lavoro in remoto (es. lavoro mobile, team virtuali), incentrate sulla mobilità e flessibilità spazio-temporale e, dunque, sulla possibilità di sfruttare le tecnologie ICT per svolgere da qualsiasi luogo le attività assegnate. Alla luce di tali considerazioni, la recente disciplina del “lavoro agile” nell’ambito della legge n. 81/2017 (artt. 18-24) ha innescato un cambiamento culturale importante nel nostro paese secondo cui lo smart working, e più in generale le forme di lavoro flessibile, sono esplicitamente riconosciute e legittimate come una nuova modalità di svolgimento del lavoro i cui contenuti restano, tuttavia, immutati. Ciò ha favorito un crescente interesse ed una più ampia adozione dello smart working da parte di numerose organizzazioni comprese quelle che, di fatto, avevano già introdotto al loro interno programmi di smart working in maniera informale e talora inconsapevole. Inoltre, un’ulteriore spinta alla diffusione dello smart working deriverà senz’altro dall’applicazione della direttiva del Ministero della Funzione Pubblica n. 3/2017 che prevede l’estensione di queste nuove modalità di lavoro all’interno della Pubblica Amministrazione e rispetto alle quali si registrano già sperimentazioni e progetti pilota in diversi enti pubblici. Infine, il numero crescente di spazi collaborativi, tra cui co-working e smart work centers, saranno in grado di supportare ulteriormente il lavoro a distanza degli smart workers, come spazi di lavoro condiviso dove dipendenti pubblici e privati hanno a disposizione gli strumenti e tecnologie per lavorare a distanza dalla sede centrale. In via generale, è comunque importante rimarcare l’ampio spettro di modalità con cui le realtà italiane stanno attuando i programmi di smart working. Infatti, benché il paradigma dello smart working assuma una riprogettazione degli spazi (bricks), tecnologie (bytes) e comportamenti (behaviors), in molte organizzazioni risulta carente tale sforzo di riprogettazione complessiva ed integrato per cui il management si limita a consentire ai dipendenti di lavorare a distanza uno o più giorni alla settimana/mese, senza intervenire e dunque innovare il layout degli spazi fisici, sulle tecnologie in dotazione, sulle pratiche di gestione delle risorse umane. 

Quali credi siano i fattori critici di successo?

Luisa: Il successo, purtroppo, non si basa su una ricetta universale valida per tutte le aziende. Fattori di contesto della specifica realtà presa in esame influenzano in maniera significativa le traiettorie di sviluppo dell’innovazione e ne decretano perciò il successo o, al contrario, il fallimento. Tuttavia, come emerso da numerose ricerche sul tema condotte da altri studiosi ma anche da diverse ricerche field condotte personalmente in aziende che hanno adottato lo Smart Working, un adeguato supporto organizzativo gioca un ruolo di primo piano in un qualsiasi programma finalizzato alla sua implementazione. Come accade per qualsiasi processo di change management, anche nel caso dello [amazon_textlink asin=’8814222576′ text=’Smart Working’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’c7aa8bf5-fc22-11e7-b198-f767c6562624′] è fondamentale far fronte alle perplessità e timori che possono nascere tra i dipendenti, soprattutto quando il cambiamento, come accade ne caso specifico, può portare a una crisi di identità professionale, generare percezioni di discriminazione e ingiustizia organizzativa da parte degli smart worker o il timore che la ridotta visibilità possa compromettere il rapporto di fiducia con i propri capi ma anche con i propri colleghi. Un’efficace risposta, in tale direzione, può essere fornita ai propri dipendenti da parte dell’organizzazione non solo attraverso attività di comunicazione e formazione ad hoc, ma anche con l’offerta di un adeguato set di strumenti tecnologici funzionali per l’efficace svolgimento delle attività a distanza, inclusivi dei connessi servizi di formazione e assistenza tecnica. A fronte del carattere imprevedibile e della natura non lineare del processo di cambiamento è altresì fondamentale considerare il ruolo chiave svolto dai middle manager, dal momento che essi sono al contempo destinatari del cambiamento e esecutori delle decisioni strategiche dei propri responsabili senior. Ciò vuol dire che diventa fondamentale capire in che modo essi rispondono ai piani di cambiamento stabiliti in maniera top-down, dal momento che le loro aspettative e il loro comportamenti influenzeranno la traiettoria evolutiva e dunque il tasso di successo del programma di Smart Working che si intende implementare. In fase di implementazione, è auspicabile, ad esempio, che i responsabili siano essi stessi chiamati ad operare in modalità Smart Working e che utilizzino i canali a loro disposizione (es. telefono e meeting face-to-face) per instaurare e/o mantenere una relazione di fiducia con i singoli smart workers e supportarli rispetto allo svolgimento delle attività ed al raggiungimento degli obiettivi.

 Tommasina: A fronte di una pluralità di fattori rilevanti per gestire la complessità del cambiamento derivante dall’implementazione di programmi di smart working, occorre porre enfasi su una questione emersa come particolarmente rilevante dai casi condotti su imprese che adottano questi nuovi modelli di lavoro. Il riferimento è all’importanza di individuare adeguati sistemi di misurazione delle performance degli smart worker e relativa definizione di percorsi di carriera. Generalmente si ritiene che la principale preoccupazione degli smart workers sia la riduzione delle interazioni sociali con colleghi; l’indagine empirica ha, invece, evidenziato uno scenario più complesso secondo cui una delle principali perplessità degli smart workers attiene all’isolamento professionale, ossia al timore di penalizzazioni di carriera (in termini di benefit, assegnazioni di promozioni e responsabilità, ecc.) dovute alla non presenza e non visibilità al proprio responsabile. Al riguardo, pur riconoscendo l’importanza del [amazon_textlink asin=’0070513600′ text=’Management by Objectives (MbO)’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’d7c4b642-fc22-11e7-9347-23c96eabc567′] in contesti di smart working, ossia all’esercizio del controllo basato sull’assegnazione di obiettivi rispetto ai quali il lavoratore è autonomo circa le modalità di raggiungimento, è emerso come questo sistema di valutazione da solo non sia in grado di cogliere la complessità dello svolgimento del lavoro a distanza. Ad esempio, il Management by Objectives non tiene conto delle personalità individuali, ossia la circostanza per la quale non tutte le persone hanno la medesima capacità di autogestirsi ed auto-monitorarsi rispetto al raggiungimento degli obiettivi assegnati; al pari trascura di considerare che fattori esogeni, quindi non direttamente controllabili, potrebbero ostacolare l’attività e dunque il raggiungimento degli obiettivi da parte degli smart workers. Ne discende l’importanza di prestare attenzione ai sistemi di valutazione da adattare al contesto specifico dello smart working, considerando il contributo di leve informali, come la fiducia e l’empowerment, per allineare obiettivi individuali ed organizzativi.

Citami una best practice motivandola

Luisa: Recentemente ho avuto l’incredibile opportunità di visitare uno dei nuovi edifici di BNL Gruppo BNP Paribas a Roma, ed in particolare la sede ubicata nei pressi della stazione Tiburtina. Dal confronto con uno dei facility manager impegnato in prima linea nella gestione del cambiamento organizzativo, ho avuto modo di apprezzare il processo strutturato e l’approccio integrato adottato nel progetto SmartBank, fondato, sulla progettazione simultanea di tutte le leve dello Smart Working e nel quale, perciò, la Worplace Strategy è stata trattata come parte integrante di un programma di innovazione di più ampio respiro, molto attento anche alla sfera comportamentale, oltre  che a quella delle tecnologie abilitanti.  Al riguardo, è emersa una forte attenzione a far emergere le difficoltà sperimentate dai dipendenti nel dover affrontare il cambiamento ma anche la scelta deliberata di sperimentare lo Smart Working attraverso progetti pilota che hanno coinvolto in una prima fase proprio le figure professionali chiamate a progettare e gestire il cambiamento su più larga scala.

Inoltre, tra i numerosi elementi interessanti che sicuramente contribuiscono a renderla una best practice, ritengo importante sottolineare lo sforzo di riqualificazione dello spazio urbano associato alla realizzazione del nuovo edificio realizzato nei pressi della stazione Tiburtina. L’azienda ha dichiarato al riguardo l’intenzione a procedere in tale direzione, anche attraverso la costituzione di partnership con le autorità locali, affinché l’area circostante possa svilupparsi ulteriormente, attraverso un accresciuto livello di sicurezza nonché un maggior numero di servizi e attività, fruibili anche dai propri dipendenti.

Tommasina: A mio avviso, una best practice nell’implementazione dello smart working in Italia è rappresentata dalla società Microsoft. Al riguardo, ho visitato recentemente la nuova sede di Milano di cui ho avuto modo di apprezzare lo sforzo di progettazione degli spazi fisici, in termini di postazioni individuali negli open space, aree concentrazione, sale riunioni con differenziato livello di privacy, nonché le aree comuni organizzate con un angolo cucina ed un tavolo da ping pong per favorire lo svago e l’interazione informale. Al pari, è stato interessante constatare che la dotazione tecnologica associata allo smart working non si è limitata agli strumenti standard per lavorare a distanza (es. smartphone) ma è stata estesa per ricomprendere una serie di strumenti atti a favorire la collaborazione anche in prossimità fisica (es. lavagna interattiva). Infine, rispetto alla leva behavior, la responsabile ha sottolineato una maggiore enfasi sui risultati, la cui implicazione tangibile è data dall’eliminazione del cartellino e della macchina segnatempo, e l’accesso allo smart working (per ora) una volta la settimana per tutti i dipendenti, con l’unica eccezione di coloro che svolgono un tipo di attività che richiede reperibilità fisica.

Come vedi il mondo del lavoro tra 10 anni?

Luisa: L’innovazione tecnologica sarà sicuramente il principale driver dei cambiamenti a cui assisteremo nel mondo del lavoro. Grazie a tecnologie sempre più pervasive, come il cloud, il social computing, i big data, mi aspetto che la flessibilità e la mobilità dei lavoratori aumenterà sempre di più e che le organizzazioni , di conseguenza, diventeranno sempre più virtuali. Un aspetto particolarmente importante da considerare è che i mutati pattern di uso della tecnologia da parte dei lavoratori produrranno degli effetti anche nei comportamenti individuali e nelle interazioni orizzontali e verticali, alterando i tradizionali assetti di potere, la distribuzione della conoscenza, il significato della “gerarchia” organizzativa. Al contempo la tecnologia contribuirà a rendere rapidamente obsolete le competenze e renderà la formazione continua un must imprescindibile, anche internamente alle organizzazioni. Infine, si accrescerà il divario esistente tra i giovani lavoratori ( i cosiddetti “millenials”) e quelli delle precedenti generazioni. Non ci si riferisce solo ad un gap di competenze tecnologiche da colmare. La scarsa familiarità e conoscenza delle nuove tecnologie spesso è il riflesso di una cultura diversa, che include una rigidità di pensiero e un’inerzia al cambiamento.

Tommasina: A mio avviso, il mondo del lavoro sta cambiamento rapidamente sia per i lavoratori, da cui ci aspetta un’enfasi sempre maggiore sulla responsabilizzazione ed all’autonomia, sia per i manager, il cui ruolo assume i profili del coach per gli smart workers.

 


 Luisa Errichiello

Ricercatore presso l’IRISS CNR, studia i processi di innovazione organizzativa nelle imprese di servizi e in particolare i modelli di lavoro flessibile abilitati dall’ICT.  Attraverso casi studio, ha analizzato le  trasformazioni organizzative dello smart working, approfondendo i cambiamenti nelle strutture di controllo, l’uso delle tecnologie, il ruolo degli spazi di coworking.  Al riguardo, è coordinatore in Italia del network internazionale “Research Group on Collaborative Spaces”. Le ricerche sul tema sono state presentate a convegni e workshop accademici e operativi e pubblicati su volumi e riviste internazionali e nazionali.

Tommasina Pianese

Assegnista di ricerca presso l’IRISS CNR. Si occupa di comprendere, attraverso casi aziendali, i cambiamenti organizzativi e manageriali derivanti dall’introduzione dello smart working. Si interessa di smart work centers ed è coordinatore in Italia del Research Group on Collaborative Spaces. Ha pubblicato contributi e partecipato a conferenze e workshop rivolti al mondo accademico, HR manager, consulenti aziendali e dirigenti.

Social recruiting – Intervista a Silvia Zanella

Come si svolge la giornata tipo di un recruiter 2.0, quali sono gli strumenti di cui si avvale, come collabora con gli altri dipartimenti, come costruisce e affina la propria strategia di personal ed employer branding… Silvia Zanella insieme con Anna Martini ha scritto un libro che è un manuale, ricco di esempi pratici, di interviste a direttori del personale e di spunti per mettersi subito al lavoro.

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La figura del recruiter sta cambiando. Il suo successo dipenderà sempre più dalla sua capacità di comunicare online e di relazionarsi sui social media con i candidati, i colleghi e i clienti. Questo libro è dedicato a chi, in azienda o all’interno di società di selezione o agenzie per il lavoro, vuole dare una risposta concreta a domande tipo: Come utilizzare LinkedIn e Facebook per venire a contatto con i profili professionali più interessanti? Ha senso sperimentare Snapchat o i video? Su quali competenze marketing è meglio puntare per essere selezionatori davvero efficaci? Quali leve usare per coinvolgere colleghi (attuali e futuri) nella comunicazione aziendale?

Ho intervistato Silvia:

Come sta cambiando la figura del recruiter?

La figura del recruiter è già cambiata, andando a integrare competenze tradizionali con quelle digitali. Non stiamo ovviamente parlando solo di skill informatiche, ma di una più ampia padronanza delle piattaforme online, dai motori di ricerca ai social network. Senza contare la familiarità con (ancora) piccole interazioni attraverso l’intelligenza artificiale.

Quanto conta la sua capacità di comunicare online e di relazionarsi sui social media con i candidati, i colleghi e i clienti?

Diventa essenziale, per filtrare meglio le candidature, venire a contatto con i profili passivi, crearsi una rete, fare leva sulla reputazione, mettere a frutto nuove occasioni di business, favorire la comunicazione interna. Quali sono le opportunità per le aziende e quali per i candidati? Ascoltare direttamente le persone, dare loro feedback, costruire relazioni.

Ed i rischi invece?

Non avere consapevolezza che tutto ciò che finisce online è sempre pubblico e potenzialmente lesivo della propria immagine.

Quali tool online ritieni indispensabili? Quali sono gli strumenti di cui si avvale un recruiter?

Siti e app di società di selezione accreditate, pagine aziendali (sia profili corporate sui social network, sia le sezioni “Lavora con noi”), connessioni dirette con candidati e recruiter.

Hai delle case history in positivo e negativo?

Le aziende hanno fatto passi in avanti straordinari e sono molto più attente che in passato. A me piace in particolare la strategia di employer branding di Cisco, Microsoft, Facebook. Passi falsi sono sempre in agguati. Dal lavoratore che parla male del proprio capo in post pubblici ad annunci di lavoro che riportano situazioni degradanti. Purtroppo entrambe le casistiche sono all’ordine del giorno. Per questo è essenziale discutere di questi temi, il social recruiting non è un argomento di nicchia ma riguarda potenzialmente tutti noi.

 
 

Silvia Zanella – Responsabile a livello globale del digital marketing per Adecco Group, società dedicata ai servizi per le Risorse Umane presente in oltre 60 Paesi nel mondo. Ha un grande interesse per il futuro del lavoro, digitale e non. Segue con attenzione le tendenze in ambito social media e HR 2.0 e ha un forte focus su innovazione, business social networking, social recruiting, recruiting marketing, employer e personal branding. Giornalista professionista, collabora con il Corriere.it per La Nuvola del Lavoro, il più importante blog italiano sui temi del lavoro. È inoltre autrice di Social Recruiter (Franco Angeli, 2017) e della Guida al Lavoro (Mondadori).

Non più big data, ecco le nuove sfide nella gestione dei dati

Irion: 5 previsioni per la data management nel 2018

La software house stila una lista di temi caldi: l’adeguamento al GDPR, la Data Preparation, la misurazione della qualità, la facilità di accesso ai dati e la formazione degli ‘Ingegneri dei dati’

 

Con il nuovo anno iniziato da pochi giorni, Irion, software house italiana specializzata nell’Enterprise Data Management, ha stilato una lista dei trend nella gestione dei dati, di cui sentiremo sicuramente parlare nei prossimi 12 mesi. Partendo da una premessa: la discussione sui Big Data non sarà più all’ordine del giorno, poiché ormai è data per assodata, con le aziende consapevoli dell’enorme mole di dati di cui dispongono. Il vero problema è capire cosa (e chi) serve per proteggerli e sfruttarli al meglio, traendo massimo valore e vantaggio competitivo e rispettando i requisiti normativi.

 

Il solito (ig)noto [amazon_textlink asin=’8890341912′ text=’GDPR.’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’0116c0f4-f9d8-11e7-9333-3dffe7c37bb0′] Il 2018 sarà l’anno dell’applicazione del GDPR, che entrerà in vigore – senza se e senza ma – il 25 maggio. Un tema caldo già nel 2017, vista la portata del regolamento, che impone, alle aziende residenti nell’UE o che gestiscono dati di persone residenti nell’UE, la revisione dell’assetto tecnico e organizzativo per adottare le adeguate misure di Data Protection. Sebbene se ne sia molto parlato, buona parte delle aziende sembra non aver compreso a pieno i requisiti necessari e, soprattutto, ha fatto poco o nulla per adempiervi. Nei primi mesi del 2018 dovranno necessariamente prenderne atto, e correre in fretta ai ripari.

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La Data Preparation. Chi ben comincia è a metà dell’opera. Proprio per questo, e per evitare il fenomeno noto come “Garbage In, Garbage Out”, la Data Preparation, ovvero, a monte delle analytics, l’atto di predisposizione o pre-processing di dati grezzi e/o provenienti da fonti differenti, e conseguente traduzione in un formato condiviso, riveste e rivestirà sempre di più un ruolo fondamentale in ogni strategia di gestione dei dati.

 

Come misurare la qualità. Un’altra questione su cui si tornerà a ragionare nei mesi a venire, relativamente alla Data Management, è quella relativa alla misurazione della qualità: essenziale infatti sviluppare un metodo puntuale, preciso e condiviso.

 

Rendere facile l’accesso ai dati. Uno dei temi sempre più caldi è quello di rendere accessibile in modo semplice la gran massa di dati disponibile, evitando di impantanarsi in “laghi” che si trasformano rapidamente in “paludi”… In questo senso la disponibilità di una piattaforma in grado di pubblicare in modo organizzato e fruibile per gli obiettivi del destinatario è un fattore di successo.

 

Ingegneri dei dati cercasi. Si parla molto di Data Science e di Data Scientist, ma è arrivato il momento di passare a un livello successivo, ovvero all’Ingegneria dei dati. Tra la formazione accademica e le esigenze del mondo del lavoro resta infatti un divario troppo ampio, ed è necessario agire per colmarlo. Attualmente ci sono molti percorsi di ingegneria, ma nessuno dedicato ai dati: eppure i Data Engineer sono figure professionali sempre più appetibili e strategiche per le aziende.

 

“In generale, gestire e interpretare con precisione i dati di cui si dispone è essenziale per le aziende, in quanto crea un vantaggio concreto sulla concorrenza. Inoltre, nel 2018, la data management sarà ancora più cruciale per qualsiasi business, in un contesto di continuo aggiornamento normativo come quello attuale, con l’entrata in vigore del GDPR e le direttive verticali sui settori” ha dichiarato Alberto Scavino, CEO di Irion. 

Indagine sulle abitudini di scelta delle password

Password deboli e facili da ricordare vs password complesse e meno semplici da memorizzare

Gli utenti accedono quotidianamente ai propri account online per trasferire denaro dai propri conti bancari, fare shopping, consultare il meteo o prenotare un taxi. Purtroppo spesso succede di non riuscire ad effettuare l’accesso perché è stata dimenticata la password e in alcuni casi questo può creare diversi problemi. Da una ricerca di Kaspersky Lab è emerso il “dilemma” di fronte al quale si trovano gli utenti nel momento in cui devono decidere la password per proteggere i propri account online.

Oggi la dipendenza dagli account online è sempre più forte e dall’indagine di Kaspersky Lab è emerso che gli utenti, quando devono scegliere le password per proteggerli, si trovano sempre più frequentemente di fronte ad un dilemma. Alcuni utilizzano password forti e diverse per ciascun account per evitare che vengano hackerati, ma rischiano di dimenticarle quando servono. Altri scelgono invece password facili da ricordare che però rendono più semplici anche i tentativi di violazione degli account da parte dei criminali informatici.

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 Password complesse e difficili da ricordare

Secondo la ricerca di Kaspersky Lab, sono molti gli utenti che comprendono la necessità di avere password sicure per i propri account. Infatti, quando è stato chiesto agli intervistati per quali account online utilizzassero password più efficaci, il 63% ha risposto per i conti bancari online, il 42% per le applicazioni di pagamento tra cui e-wallet mentre il 41% per gli acquisti online.

Tuttavia, non è semplice ricordare password complesse e diverse tra loro e questo rende molto più probabile la possibilità che gli utenti le dimentichino e non riescano più ad accedere ai propri account. Due utenti su cinque (38%) non riescono a ripristinare rapidamente le password dei propri account online personali dopo averle perse. Questo può suscitare frustrazione o stress perché non consente all’utente di svolgere le normali attività.

Quando si tratta di archiviare le password, la metà degli intervistati (51%) ha dichiarato di memorizzare le password in modo poco sicuro, il 23% le scrive addirittura su un blocco note per non doverle ricordare, il che mette a rischio anche la loro sicurezza.

Password deboli e facili da decifrare

Per evitare la frustrazione di dover ricordare password troppo lunghe, alcune persone stanno sviluppando abitudini poco sicure. Ad esempio, il 10% usa una sola password per tutti gli account perché è più semplice e non rischia di dimenticarla. Questo fino a quando un criminale informatico non riesce a identificare la password e a bloccare gli accessi ad ogni account in un colpo solo.

Infatti, negli ultimi 12 mesi, il 17% degli intervistati ha dovuto fronteggiare la violazione (o il tentativo di violazione) del proprio account. Gli account di posta elettronica sono quelli presi di mira più frequentemente (41%), seguiti da social media (37%), conti bancari (18%) e account per gli acquisti online (18%).

Per il “dilemma” relativo alle password esiste una terza opzione

Secondo Kaspersky Lab, gli utenti non devono necessariamente limitarsi a due sole opzioni per rispondere al “dilemma” della password. Non è necessario scendere a compromessi, come spiega Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab: “Se le persone potessero usufruire di password sicure e facili da ricordare, non solo sarebbero in grado di accedere a tutto ciò di cui hanno bisogno ogni volta che serve, ma potrebbero anche proteggere dai criminali informatici tutte le informazioni contenute all’interno degli account. Questo è importante per gli utenti che vogliono sentirsi sicuri senza troppe complicazioni e vivere la propria vita digitale senza rivelare le proprie informazioni a hacker o criminali.

Ma ricordare password sicure è difficile, il che significa che gli utenti si trovano quotidianamente in situazioni in cui dimenticano password complesse o creano password semplici da ricordare ma anche da hackerare. Esiste però una terza opzione che può aiutare gli utenti a risolvere questo dilemma: utilizzare una soluzione di gestione delle password che consenta di avere password complesse, senza la necessità di scriverle sui blocchi note o di ricordare complesse stringhe di parole e caratteri speciali”.

Per aiutare gli utenti a controllare la propria identità online, Kaspersky Password Manager memorizza tutte le password dell’utente in una “cassaforte” sicura. Sarà necessario ricordare solo una password principale che consente l’accesso a tutti gli account e non si dovrà più temere che l’accesso venga impedito da un motivo qualsiasi. Tramite l’account gratuito My Kaspersky, gli utenti possono accedere alle proprie password tramite diversi dispositivi, in qualsiasi momento o luogo, mantenendo gli account e le informazioni preziose al sicuro con un accesso disponibile solo all’utente. La funzione automatica del generatore di password aiuta anche a creare password sicure, eliminando il problema per gli utenti ma rendendo le cose più difficili ai criminali informatici.

Ulteriori informazioni su come i prodotti Kaspersky Lab possono aiutare gli utenti a mantenere il controllo dei propri account online, sono disponibili su https://www.kaspersky.com/home-security

Vesuvius Valley, suggestione o realtà?

Negli ultimi anni, occupandomi di innovazione,  spesso mi sono imbattuto in questa tematica.

A volte era solo una provocazione, a volte un sogno di tanti giovani startuppers, a volte una triste speculazione politica.

Qual è la verità?

Stefano De Falco analizza nel suo libro Vesuvius Valley: Perché Napoli è la città più innovativa al mondo!?’  

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le potenzialità di innovazione e miglioramento del capoluogo partenopeo giocando sul parallelismo con la Silicon Valley californiana, culla mondiale dello sviluppo tecnologico, e la mela della Apple di Cupertino cede il posto come simbolo di innovazione alla mela annurca dei mercati del Borgo di Sant’Antonio Abate.

Il libro dimostra come Napoli sia potenzialmente la città più innovativa al mondo e lo fa partendo dal [amazon_textlink asin=’8804518065′ text=’teorema di Richard Florida’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’4d182234-f6b5-11e7-89d2-45396d1ddb6a’]: secondo lo studioso americano la creatività, la vivacità e il multiculturalismo si pongono alla base dell’innovazione e dello sviluppo locale. La città di Napoli, secondo questa prospettiva, sarebbe un terreno fertile per la crescita innovativa, forse più di qualsiasi altro posto al mondo.

Personalmente ne sono convinto ma ahimè credo che dovremmo finire di dirci che siamo belli e che siamo bravi e dovremmo invece iniziare con i fatti a dimostrarlo…step by step…così come ad esmepio sta facendo la Federico II con la Apple Academy…più fatti e meno proclami.

E perchè no una volta tanto remare tutti dalla stessa parte.

Di seguito l’intervista a Stefano che spero serva come spunto di discussione.

Iniziamo dalla domanda che poni, Napoli è o non è una delle città più innovative?Tu spingi il lettore a farsi la “sua” opinione, ma tu cosa pensi?

Il titolo del testo in realtà era più serio (non che questo non ,o sia come spiegherò tra un attimo) ed era legato ad una piega più scientifica e meno divulgativa, poi l’incontro con il mio amico e vulcanico editore Amedeo Colella (ex ricercatore informatico ed ora esperto di folclore napoletano) ha cambiato le cose.

Di fatto non è che io non abbia una opinione, ma per l’interrogativo posto dal titolo del testo è Protagora (mi riferisco al film di Bellavista piuttosto che ad una citazione aulica del filosofo!) che ci ricorda la soggettività necessaria di certe risposte. D’altra parte la doppia punteggiatura finale, esclamativo ed interrogativo allo stesso tempo ribadisce la natura sibillina della provocazione.

La mia opinione è che se volessi argomentare scientificamente la risposta e dunque riferirmi a metriche codificate, dovrei iniziare a scindere il tema della innovazione cosiddetta statica (capacità di trasformare il reddito in benessere) da quella dinamica (capacità di generare innovazione e investimenti) per poi ammettere che sicuramente Napoli non è la città più innovativa al mondo.

Tuttavia, ritengo che Napoli porti con se un germe di attività innovative legate alla sua dinamicità, poliedricità, alla sua mistura sociale, che da questo punto di vista la rendono si in grado di primeggiare a livello mondiale.

Il leitmotiv resta sempre quello, tanta energia potenziale che deve diventare energia cinetica di movimento, dove per movimento intendo proprio quello della innovazione dinamica, ossia attività e investimenti in risorse umane e infrastrutturali con orizzonte di almeno medio periodo.

Negli ultimi mesi grazie sopratutto all’arrivo della Apple Academy si è ripartiti con il sogno di Napoli culla dell’innovazione, non credi che però manchi ancora qualcosa?Tu che ricetta hai?

Capire se Tim Cook abbia scelto proprio Napoli come sede della iOS Academy perché città con DNA innovativo o se essa diventerà una città innovativa grazie alla Apple, significa rispondere ad un paradigma che da secoli attanaglia il dibattito scientifico sul rapporto tra uomo e ambiente e di recente sulla relativa declinazione alla innovazione territoriale.

Rapporto tra uomo e territorio che è stato visto in due modi antitetici, quello del determinismo geografico, di genesi scientifica tedesca, secondo cui i caratteri distintivi e peculiari di una società sono frutto di un’influenza ambientale e quello del possibilismo geografico, di matrice francese, secondo cui l’uomo sviluppa un dato genere di vita sì in rapporto all’ambiente, ma non a causa dell’ambiente in cui vive, manifestando in tal modo una sua possibilità di scelta (da cui deriva il termine possibilismo individuato da Lucian Febvre nel 1949, nella sua opera La Terre et l’evolution humaine), scelta che rimanda a quello slancio vitale che Bergson predicava come antidoto alle necessità imposte dalla Natura.

Detto questo, la mia opinione (non oso parlare di ricetta di questi tempi dove sono ormai tutti chef!) è che per la canalizzazione di tutte le energie positive sotto la bellissima, vivida, dinamica, ricchissima di passato glorioso, valle del Vesuvio, occorra agire in termini progettuali e non attraverso azioni spot a macchia di leopardo frastagliate sia nel dominio dello spazio che in quello del tempo. Serve una progettualità in cui, alla stregua del modello determinista di cui si accennava, si operi in termini causali e non casuali, cioè attraverso virtuosi paradigmi di causa-effetto tra fondi di investimento e azioni sul territorio. Per fare un esempio con la fisica, non si può più ragionare in termini particellari ma in quelli di campo, ossia implementando progetti urbani nei quali le azioni relative all’efficientamento dei servizi pubblici locali, ai piani urbanistici, ai PIU, i piani urbani della innovazione e smart city, alla integrazione delle università e degli enti di ricerca con il territorio di riferimento, alle azioni per lo sviluppo del turismo e anche alle ZES, le [amazon_textlink asin=’8899304955′ text=’Zone Economiche Speciali’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’95a5168d-f6b4-11e7-a8c2-1b5c0ca9f7b6′] che stanno esplodendo, siano tutte integrate in un unico disegno che le coordini e mutuamente valorizzi in modo sinergico. Gli stakeholders necessari ad una tale progettualità ovviamente sono tantissimi, ma in questo territorio non mancano, a mancare è la regia che dovrebbe coordinarli.

Se tu potessi decidere su cosa investire quale settore sceglieresti e perchè?

La bussola delle scelte deve essere sempre mossa dalle attitudini e aspirazioni individuali perché ogni forzatura verso il business momentaneamente più appealing non può che rivelarsi controproducente.

Per chi ha passione in primis e necessariamente preparazione per le nuove tecnologie, sicuramente il settore della robotica, della stampa digitale, del cosiddetto advanced manufacturing, in piena compliance con la rivoluzione 4.0, è una fucina di opportunità sia per tecnologici che per artisti d’avanguardia e artigiani che coniugano tradizione e innovazione.

Per chi ha più spirito imprenditoriale il settore dello street food potrebbe rivelarsi molto indicato.

Ma i settori nei quali ricercare opportunità sono tantissimi, come anche quelli relativi ai temi dell’ambiente, sempre attuale, delle nanotecnologie, dell’agricoltura evoluta in ottica 4.0, l’importante è acquisire un know how differenziale rispetto ai competitors di settore e a tal fine aiuta tantissimo fare esperienze in posti del pianeta nei quali il livello di conoscenza e applicazione di un certo tema è più sviluppato che in altri. Quindi partire per tornare più preparati, non partire come cervelli in fuga!

Nel tuo libro analizzi molti luoghi comuni o personaggi famosi…..raccontaci qualcosa?

In sincerità, potrebbe sembrare retorica spicciola, ma veramente trovo idee geniali quotidiane in personaggi anonimi piuttosto che in nomi noti che certamente hanno illuminato scienza e territorio ma che poi a furia di leggerli su articoli scientifici, vederli in convegni, nei giornali, ti sembrano troppo noti ed è nell’indole umana il fatto di perdere adrenalina per ciò che si conosce troppo.

Detto questo è chiaro che anche solo un caffè con qualcuno delle menti geniali che il nostro territorio offre rappresenta un’apertura di orizzonti incredibile.

Per fortuna se citassi già solo le eccellenze, native napoletane, che mi vengono in mente, dovrei scrivere un elenco lunghissimo.

Ma per concludere con un aneddoto, vorrei citare si una mente più che geniale, una eccellenza napoletana di caratura mondiale, un amico, ma soprattutto un tifoso del Napoli come pochissimi, Bruno Siciliano. Vabbeh lo si sa, è inutile che lo dica, professore di robotica, visiting di centinaia di università nel mondo e autore di un handbook sulla robotica tradotto in decine di lingue in tutto il mondo. L’aneddoto è relativo ad un fatto semplice ma emblematico della persona: mi aveva promesso, e ne era anche compiaciuto, di partecipare ad un incontro in una libreria per la presentazione del mio libro e mentre era in un importantissimo incontro universitario con il Rettore ed altre personalità, ha chiesto a un certo punto spostare l’ordine degli interventi per anticipare il suo e poi con la sua vespa ha raggiunto in tempo la libreria estasiando gli astanti con i suoi racconti che oscillavano tra applicazioni di robotica chirurgica avanzatissima, a sue attività a Stanford, fino ad aneddoti sul suo cameo nel film su Maradona.

E questa è Napoli! L’innovazione non è giacobina! Non va separata la Napoli folcloristica da quella scientifica. Ragionare in termini di campo, non di particelle!

Credi che Napoli e i Napoletani siano davvero consci del potenziale della nostra Città?

Molti dei punti a favore in questa intervista sono stati tracciati a favore della valle vesuviana (con buona pace del sociologo De Masi che non è proprio della stessa convinzione), però va detto che i napoletani hanno anche tante colpe e il tema della consapevolezza e soprattutto della fase post-consapevolezza, ossia quella della reazione né un esempio.

La resilienza senza reazione è un paradigma di sola sofferenza senza speranza e il tema della sofferenza, a mio parere, è già stato ampiamente impiegato con ottimi risultati nella teatralità e nella commedia dell’arte da Eduardo e Totò in poi, ma con pessimi risultati a livello sociale.

Ogni rivoluzione è un atto d’amore diceva Silvio Pellico nella Mie Prigioni e allora visto che il napoletano è un uomo d’amore (non di libertà per ri-citare il [amazon_textlink asin=’B01HHIN05Y’ text=’prof. Bellavista di Luciano De Crecsenzo’ template=’ProductLink’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’02f678e1-f6b5-11e7-ae7c-75722dde1e2f’]) sia innovativo rivoluzionando questa sofferenza passiva!

 


Stefano de Falco

Ingegnere, Dottore di Ricerca in Ingegneria Elettrotecnica, si è sempre occupato di geografia della innovazione come rapporto tra tecnologia e territorio.

Insegna Geografia della Innovazione Urbana all’Università Federico II di Napoli, dove è anche Direttore dell’IRGIT, Istituto di Ricerca sulla Geografia della Innovazione Territoriale. Inoltre è Presidente della AICTT, Associazione Italiana Cultura per il Trasferimento Tecnologico, con cui ha lanciato, di recente, alla presenza della vice-ministra Bellanova, la prima norma italiana per la certificazione della innovazione territoriale.

E’ autore di numerosi testi con le principali case editrici italiane e di diversi articoli su riviste nazionali e internazionali.

Lenovo | CES 2018 | Dai tascabili ai PC alla casa smart

 

 

Dai tascabili ai PC alla casa smart:
la gamma Lenovo per il CES 2018 migliora la realtà

 

I dispositivi Lenovo danno nuova forma al futuro grazie a AI/AR/VR, tecnologie intelligenti e partnership prestigiose

Al CES 2018, Lenovo ha delineato la propria visione di quelle che saranno le innovazioni tecnologiche del 2018 – un portfolio di nuovi dispositivi intelligenti che mirano a rendere migliore la realtà, dalla tasca al PC alla casa.

Motorola aggiunge all’ecosistema moto mods due nuovi mod realizzati da sviluppatori del proprio ecosistema aperto.

Anche la realtà virtuale (VR) migliora ulteriormente, con una nuova visione della fruizione e della creazione di realtà virtuale. Il visore Lenovo Mirage™ Solo con Daydream™ offre un modo tra i più semplici oggi disponibili per esplorare le esperienze di VR. Il visore ha un formato standalone (ndr, senza bisogno di PC o smartphone “di appoggio”) quindi autonomo e di semplice uso. La camera Lenovo Mirage con Daydream potrà essere utilizzata per catturare i momenti più memorabili e riviverli in 3D attraverso il visore. Anche i professionisti potranno trasformare il proprio lavoro grazie alla realtà aumentata (AR) con gli occhiali Lenovo C220 Smart Glass. Questo hardware AR monoculare, leggero e utilizzabile senza mani, impiega le funzionalità dello smartphone per aumentare le operazioni di servizio o manutenzione di apparati meccanici o elettrici, formazione e altro ancora.

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A casa poi è possibile avere un’esperienza tecnologica personalizzata e condivisa attraverso il Lenovo Smart Display con Google Assistant™ integrato. Lenovo ha anche potenziato i propri laptop: il Miix 630 2-in-1 always-on e sempre connesso offre la mobilità di uno smartphone con LTE2 e fino a 20 ore di riproduzione video in locale3 con tutte le prestazioni e la produttività che ci si possono aspettare da un PC con Windows® 10 S. Anche ThinkPad rinnova la propria offerta professionale con una linea X1 migliorata e con innovazioni orientate al cliente nelle serie X, T e L. Gli utenti avranno inoltre una modalità semplificata per migrare file e impostazioni da un PC a un altro, per identificare le reti Wi-Fi sicure e per ottenere diagnostica e supporto attraverso una singola app con Lenovo Vantage, fornito sui PC Windows 10.

 

Il meglio della collaborazione: nuovi moto mods e una sfida fra sviluppatori con Indiegogo

 

Motorola ha incrementato l’ecosistema dei moto mods con due nuovi mod realizzati da sviluppatori.

 

Il “Vital Moto Mod” presenta sensori di tecnologia avanzata che consentono di misurare con facilità i cinque segni vitali di una persona attraverso un unico dispositivo integrato delle dimensioni di un moto mod. In combinazione con un moto z sarà possibile misurare le pulsazioni cardiache, la frequenza respiratoria, il tasso di ossigenazione del sangue, la temperatura corporea e – per la prima volta – un’accurata valutazione della pressione sanguigna sistolica e diastolica, da un dito.

 

Premiato alla “Transform the Smartphone Challenge 2017” organizzata con Indiegogo, il Moto Mod “Livermorium Slider Keyboard” fornisce una tastiera QWERTY completa e consente di inclinare il display del moto z fino a 60°, per tutte quelle occasioni in cui lo schermo touch non è la soluzione migliore per le esigenze di scrittura dell’utente. Per gli sviluppatori ispirati dalla piattaforma moto mods, Motorola e Indiegogo hanno inoltre rilanciato la “Transform the Smartphone Challenge”, offrendo nuove opportunità per portare grandi idee sul mercato.

 

Insieme è meglio: Lenovo Mirage Solo + Lenovo Mirage Camera con DayDream

 

La realtà virtuale si crea in modo differente con il visore VR Mirage Solo e la camera Mirage VR180 di Lenovo, che consente al grande pubblico di provare e creare contenuti VR in modo incredibilmente semplice.

 

Senza cavi, PC e smartphone con il comfort e la semplicità del primo visore Daydream standalone, Lenovo Mirage Solo offre una delle prime esperienze immersive con la tecnologia di tracciamento del movimento WorldSense™ sulla piattaforma di realtà virtuale Google Daydream. Utilizzando WorldSense è possibile muoversi nello spazio virtuale con la naturalezza del mondo reale. Basato sulla piattaforma Qualcomm® Snapdragon™ 835 VR, Lenovo Mirage Solo offre esperienze immersive di alta qualità. È possibile rendere i giochi ancora più realistici con il controller Daydream wireless – che può diventare mazza da baseball, volante o qualsiasi cosa si adatti alla app scelta.

 

Oggi tutti gli appassionati di VR possono creare i propri contenuti e vivere momenti unici grazie alla Lenovo Mirage Camera con Daydream. Questa camera tascabile semplifica la tecnologia necessaria per catturare immagini in 3D e video grazie al sensore da 13MP e al doppio fisheye con un angolo di campo di 180° + 180°. Lenovo ha progettato gli strumenti per rendere i contenuti di VR accessibili e divertenti al grande pubblico. Le immagini e i video della Lenovo Mirage Camera possono essere caricati sugli account Google Photos™ e YouTube™ degli utenti e condivisi o visualizzati tramite un visore Mirage Solo con Daydream o su altri visori VR. Il dispositivo è basato sulla piattaforma Qualcomm Connected Camera® che presenta una doppia camera di alta qualità, Wi-Fi integrato e, nella versione LTE, il modem cellulare X9 LTE.

 

La soluzione New Glass C220 unisce l’apprendimento attraverso intelligenza artificiale e la realtà aumentata

 

Il sistema Lenovo New Glass C220 consiste in una unità Glass e Pocket e riconosce gli oggetti reali attraverso tecnologie di intelligenza artificiale. L’unità Glass, del peso di 60g, è basata su Android. Il sistema funziona percependo la realtà aumentata con un occhio, mentre l’altro vede il mondo reale. La app LNV (AH Cloud) può essere scaricata sul dispositivo smart, dopodiché si può collegare l’unità pocket allo smartphone. Il nuovo Glass C220 si applica a diversi scenari lavorativi e di apprendimento, dalla raccolta di informazioni nel campo visivo, all’impartire istruzioni passo per passo per le riparazioni, all’identificazione di equipaggiamento fuori uso e alla risoluzione di problemi in collaborazione con colleghi che lavorano da remoto, il tutto mantenendo libere le mani. Il New Glass C220 è un terminale AR indossabile che presenta funzioni antirumore, capacità di calcolo mobile, mod personalizzate e altro.

 

Lenovo NBD AH Cloud 2.0 è una piattaforma aziendale SaaS basata su tecnologie di realtà aumentata, intelligenza artificiale e big data. Può migliorare la consapevolezza e la capacità lavorativa del personale sul campo e si conforma al concetto di Augmented Human, che la rende ideale per le operazioni di manutenzione industriale in remoto, ordinazione e spedizione intelligente, diagnosi in 3D, turismo intelligente e altri campi. Il sistema di comunicazione video è basato sulla tecnologia Kepler, che comprende video “one-to-many”, in ricezione e trasmissione; il sistema di gestione del flusso di lavoro si basa sulla tecnologia Titan, con cui l’utente può creare e modificare progetti anche senza conoscenze di programmazione, e il sistema di rilevazione intelligente, basato su tecnologie Martin, può effettuare rilevazioni in tempo reale di molteplici oggetti simultaneamente, dopo essere stato istruito per mezzo di immagini.

 

Iniziare e concludere le giornate al meglio con Lenovo Smart Display

 

Lenovo Smart Display con Google Assistant integrato rende più comodo, intuitivo e condiviso l’uso della tecnologia in casa. Può diventare la centrale di controllo per i dispositivi smart domestici connessi, quali illuminazione e riscaldamento e altre applicazioni – controllate a voce o con un tocco. È inoltre possibile usare Google Assistant per ottenere indicazioni su Google Maps™, guardare video su YouTube, videochiamare gli amici con Google Duo™, ascoltare musica e altro. Lenovo Smart Display è disponibile con display da 8 o 10 pollici ed è basato sulla piattaforma Qualcomm® Home Hub.

 

Sempre accesi, sempre connessi con Miix 630

 

Lenovo porta la mobilità dei PC a un nuovo livello con il Miix 630. Questo detachable 2-in-1 ridefinisce gli standard di ciò che un laptop può fare. Offre la flessibilità e la produttività di un laptop Windows 10 S unite alla disponibilità always-on e alla connessione di uno smartphone. Al posto del Wi-Fi, la connettività può avvenire attraverso LTE 4G2 veloce e fino a 20 ore di riproduzione video in locale2. Basato su piattaforma Qualcomm Snapdragon 835 mobile Mobile PC, il Miix 630 è spesso 15,5 mm e pesa 1,33 kg. Dotato di Cortana® attraverso Windows 10 S, consente di usare la voce per accedere al proprio assistente personale digitale e di utilizzare il riconoscimento facciale biometrico Windows Hello™ per un login comodo e sicuro.

 

ThinkPad sempre più reattivo e connesso

 

Il brand ThinkPad continua a rappresentare il punto di riferimento per i laptop aziendali. Lenovo aggiunge innovazioni nei display, nella privacy e nella connettività di tutta la famiglia ThinkPad X1 per rispondere alle esigenze di ambienti di lavoro in continua mutazione. L’X1 Tablet ha ora un formato 13 pollici con display 3K e connettività LTE-A opzionale. Sui ThinkPad X1 Carbon e X1 Yoga è installata Amazon Alexa ed è presente un display che supporta Dolby Vision HDR3, oltre alla copertura fisica della webcam ThinkShutter Camera Privacy. Sono inoltre disponibili modelli touchscreen dell’X1 Carbon, che rendono il laptop aziendale da 14 pollici più leggero al mondo ancora più esclusivo, con in più fino a 15 ore di durata della batteria.

 

Anche i ThinkPad X280, X380 Yoga, T480, T480s, T580, L380, L380 Yoga, L480, L580 sono stati aggiornati.  In particolare l’X280, il PC dell’utente sempre in movimento, pesa ora solo 1,2 kg mentre il T480 ha una docking laterale, camera a infrarossi, connettività LTE-A globale e un’incredibile durata della batteria di 27 ore4. Il ThinkPad T480s riunisce alte prestazioni e leggerezza record per la categoria, mentre il T580 ha una memoria più rapida, storage doppio e nuove soluzioni di docking per una potenza senza compromessi.

 

Quando si lavora in sede, la nuova docking station Lenovo Thunderbolt™ 3 Graphics consente di collegarsi simultaneamente a tre display 4K con PC Lenovo selezionati6 per ottenere una visione panoramica, un aumento delle prestazioni con grafica discreta e la ricarica della batteria. L’esperienza d’uso del PC può essere migliorata collegando l’IdeaPad™ 720S con un visore immersivo Lenovo Explorer per Windows Mixed Reality7 attraverso il dock grafico per giocare in realtà virtuale, viaggiare per il mondo con gli holo-tour e molto altro ancora.

 

Prezzi e disponibilità

 

Informazioni su prezzi e disponibilità sono disponibili su: http://news.lenovo.com/CES2018

 

1Richiede un piano dati specifico da acquistare separatamente che potrà variare di Paese in Paese. Le velocità di connessione possono variare in funzione della località, dell’ambiente o delle condizioni della rete.

2Fino a 20 ore basate sul playback di video locali; richiede unità configurate con Qualcomm Snapdragon 835 SoC, 4gb RAM, 128gb di storage UFS. Durata della batteria testata utilizzando playback video FHD continuo, risoluzione 1080p (1920×1080), luminosità 150 nits, livello audio al 17%, audio del player al 100%, visualizzato full screen da storage locale, cuffia collegata, wireless acceso ma non connesso. Tutte le indicazioni di durata della batteria sono approssimate. Le effettive prestazioni della batteria possono variare e dipendono da numerose variabili. La capacità massima della batteria diminuirà naturalmente con il tempo e l’uso.

3Dolby Vision sarà reso disponibile in un aggiornamento software futuro.

4Misurato con BAPCo MobileMark 2014.

5Lenovo Thunderbolt 3 Graphics Dock è compatibile con l’IdeaPad 720S con processore Intel Core di ottava generazione.

6IdeaPad 720S e il visore immersivo Lenovo Explorer per Windows Mixed Reality sono commercializzati separatamente.

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