Vodafone e Huawei effettuano la prima chiamata al mondo con tecnologia 5G e dual connectivity utilizzando lo standard 3GPP R15 NSA

Vodafone e Huawei hanno effettuato la prima chiamata al mondo utilizzando lo standard 3GPP 5G NR Non Stand-Alone (NSA) e lo spettro di frequenze sub6 GHz. La chiamata, utilizzando una rete di test, è stata effettuata in Spagna poco prima dell’inizio del Mobile World Congress 2018.

L’organizzazione degli standard 3GPP ha concordato lo standard globale “Non-Standalone” per tecnologia 5G come parte della sua “Release 15” introdotta a  dicembre 2017.

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Nel corso del test è stata effettuata una doppia chiamata da 4G a 5G in diretta attraverso un dispositivo Huawei. La connessione Voice over Internet Protocol (VOIP) è iniziata su 4G e ha quindi stabilito la connessione dati su 5G. I tecnici hanno anche testato con successo una videochiamata HD in diretta utilizzando lo stesso processo.

Per effettuare questa prova è stata realizzata una un’apposita rete end-to-end 5G NR utilizzando la banda di frequenza 3,7GHz. Sono state utilizzate apparecchiature Huawei Radio Access Network (RAN) e soluzioni di rete con architettura centrica di microservizi, separazione tra piano di controllo e piano utente, accesso unificato e tecnologia di slicing della rete.

Santiago Tenorio, Head of Networks Strategy and Architecture di Vodafone Group, ha commentato: “Questo è un traguardo importante per Vodafone verso l’introduzione del 5G. Il merito va attribuito agli ingegneri di Huawei e Vodafone che hanno lavorato instancabilmente da dicembre. Questo successo ci consentirà di andare avanti con ulteriori prove del 5G in tutta Europa nel 2018”.

Yang Chaobin, Presidente di Huawei 5G Product Line, ha commentato: “Huawei è fortemente impegnata nello sviluppo della tecnologia di rete 5G end-to-end. Questo risultato mostra la maturità del sistema 5G basato su standard 3GPP. Siamo pronti a continuare la nostra collaborazione con Vodafone e implementare al più presto il suo sviluppo commerciale”.

Peter Meissner, CEO e Membro del Board della NGMN Alliance, ha commentato: “La prima chiamata 5G è stata raggiunta a soli 2 mesi dal completamento dello standard Non-Standalone NR del 3GPP, molto prima di quanto ci si aspettasse. Questo è un segnale molto promettente e conferma che il settore è pronto a presentare i servizi 5G ai consumatori in tempi ragionevoli”.

Il MWC 2018 si tiene dal 26 febbraio al 1 marzo a Barcellona. Huawei presenterà i propri prodotti e soluzioni presso lo stand 1J50 di Fira Gran Via Hall 1, stand 3I30 nel padiglione 3 e la zona Innovation City nel padiglione 4.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito http://www.huawei.com/mwc2018/.

Hyperloop, il treno supersonico del futuro che parla anche italiano, parte in USA

Al via la prima partnership pubblico-privata per il primo studio di fattibilità del sistema interstatale Hyperloop Transportation Technologies tra l’Ohio e l’Illinois

Il treno Hyperloop, viaggiando alla velocità del suono, percorrerà oltre 500 km in 28 minuti (circa 1.200 km/h) collegando Cleveland e Chicago 

La startup è stata creata dall’italiano Bibop G. Gresta, tra i fondatori di Digital Magics, ed è controllata dalla società Jumpstarter, che fa parte del portfolio dell’incubatore quotato su AIM di Borsa Italiana

Hyperloop Transportation Technologies (HTT | HyperloopTT) ha firmato gli accordi ufficiali con la Northeast Ohio Coordination Agency, agenzia di trasporti e pianificazione ambientale e il Dipartimento dei Trasporti dell’Illinois, per iniziare lo studio di fattibilità per creare il primo collegamento interstatale del treno Hyperloop negli Stati Uniti.

Il treno supersonico (una capsula a lievitazione magnetica dentro un tubo a bassa pressione) collegherà Chicago, la più grande città dell’Illinois e Cleveland, capoluogo amministrativo nello Stato dell’Ohio, percorrendo oltre 500 km in 28 minuti e viaggiando alla velocità del suono, a circa 1.200 km orari. 

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HyperloopTT, società con sede a Los Angeles che sta realizzando il supertreno del futuro, ha un pezzo d’Italia al suo interno: è stata fondata dall’italiano Bibop G. Gresta e dal tedesco Dirk Ahlborn. La startup è controllata al 100% da Jumpstarter, partecipata da Digital Magics: il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio italiano, che ha tra i fondatori proprio Bibop G. Gresta.

A gennaio HyperloopTT ha lavorato con un gruppo di rappresentanti del Congresso provenienti da diversi Stati, tra cui Illinois, Ohio, Pennsylvania e Wisconsin, su una lettera al Presidente degli Stati Uniti Donald Trump per richiedere il sostegno finanziario alle infrastrutture per sviluppare il sistema.

Bibop G. Gresta, co-fondatore e presidente di Hyperloop Transportation Technologies, ha dichiarato: “Questi accordi segnano un momento storico per HyperloopTT. Per la prima volta uno stato americano sta investendo nella nostra tecnologia. È il primo grande passo verso una rivoluzione tecnologica che cambierà il modo di concepire i trasporti”.

Gabriele Ronchini, fondatore e amministratore delegato di Digital Magics, dichiara: “L’affermazione ‘l’innovazione rappresenta il nostro futuro’ non è mai stata più vera quando parliamo di Hyperloop. In soli 5 anni sono oltre 800 le persone che lavorano per questo progetto visionario in tutto il mondo. HyperloopTT ha prodotto 27 brevetti, stretto 8 accordi governativi in fasi avanzate di negoziazione e oltre 40 partnership per lo sviluppo della tecnologia”.

COME FUNZIONA IL TRENO HYPERLOOP

Il progetto Hyperloop è una capsula che si libra sospesa, all’interno di un tubo a bassa pressione. Così come per un aereo in alta quota, la capsula incontra meno resistenza. L’aria rimanente di fronte alla capsula viene convogliata verso la parte posteriore del tubo utilizzando un compressore, che consente di raggiungere velocità incredibili fino ad arrivare a oltre 1.200 km/h e con pochissimo consumo di energia elettrica.

Il sistema è stato progettato con i massimi standard di sostenibilità, in modo da avere un minimo impatto al suolo. L’intero sistema dei tubi è infatti costruito su piloni, in modo da ridurre i costi di acquisizione dei terreni e garantire l’isolamento da condizioni climatiche e ambientali.

La progettazione dei piloni è tale da rendere la struttura a prova di terremoto, nonché autosufficiente in termini energetici. Grazie ai pannelli solari posti lungo tutta la parte superiore dei tubi e grazie a un sofisticato sistema di recupero energetico, Hyperloop è in grado di produrre più elettricità di quanto ne consumi.

 VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=xy_7Az_v0CI

 

Non solo unicorni, il Venture Capital lavora anche come un gestore di portafoglio

 

A cura di Andrea Di Camillo, Managing Partner di P101 Ventures

 

Il venture capital come asset investibile? Non può basarsi solo sulla power law. La regola aurea secondo cui in un portafoglio di VC esiste un solo titolo che sbanca il mercato e da solo fa la partita – trasformandosi in Unicorno e facendo tutti i margini, non vale per il mercato italiano. Dove, com’è noto, esiste un solo Unicorno, la Yoox ora fusa non Net-A-Porter che capitalizza 2,5 miliardi in Borsa.

L’investimento in Venture Capital, percepito come ad elevatissimo rischio, si adatta in realtà anche a profili meno aggressivi, a patto di essere gestito con un processo che ricalca quello dell’asset allocation praticato dalle Sgr che gestiscono prodotti tradizionali, con l’unica differenza che noi trattiamo un asset illiquido. Una strada perseguibile se è vero che le stesse Sgr iniziano a introdurre questa tipologia tra le asset class investibili nei panieri che vengono proposti ai clienti. 

Il venture capitalist non è (solo) un cacciatore di sogni, ma un analista con una visione ampia e articolata di un mercato a cui difficilmente l’investitore ha accesso. Noi monitoriamo ogni anno 2mila aziende e selezioniamo le migliori in base alle idee, alle persone, ai fondamentali su cui si basano e appunto anche in base al loro contributo e peso all’interno di un portafoglio che cerchiamo di bilanciare. 

Impossibile, come nella gestione patrimoniale, prevedere il rendimento di un fondo di VC. Ma quello che si può dire è che un paniere, costruito facendo uno stock picking basato su diversificazione e contenimento del rischio, ha un ritorno di due volte il capitale investito nel tempo della vita del fondo stesso. 

Un funzionamento del tutto diverso e diretto a target completamente differenti rispetto a quello di chi usa l’approccio della power law: nel qual caso si punta su un cavallo che si ritiene vincente, si è inefficienti nel momento in cui si investe, ma si sta comprando un mercato che diventa proprio (è successo con Google, con WhatsApp, Alibaba). Ma è, appunto, un’azione più simile a una scommessa che a un investimento. 

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Nel nostro caso, le scelte di allocazione in portafoglio sono guidate innanzitutto dalla qualità dell’asset. Sono in particolare tre le dimensioni che consideriamo: 

1) La durata. Parliamo di un investimento che ha un orizzonte temporale lungo, se parliamo della fase intermedia di seed, di 7-10 anni. L’idea è tenere una duration media che non superi questo orizzonte: per farlo mescoliamo investimenti in fase di seed, con early stage e later stage. I criteri che determinano la dimensione delle tre categorie sono vincolati all’ampiezza del fondo. Maggiore è la capienza, più scientifico il bilanciamento in termini di duration.

 2) I settori sottostanti. Con P101 abbiamo investito sia in attività B2C che B2B. Semplificando: nel B2B gli investimenti del venture sono inizialmente più contenuti ma durano di più nel tempo, le aziende crescono più lentamente ma i risultati che ottengono sono più duraturi. Dunque a fronte di capitale contenuto, abbiamo ritorni costanti e di medio/lungo termine. Nel B2C, al contrario, l’investimento – e la volatilità – è elevato, soprattutto nella parte di avvio dell’attività, ma anche i frutti si raccolgono nel breve termine. Conseguentemente il profilo di rischio/rendimento è alto.

 3) La geografia. Sempre mantenendo un principio di rilevanza rispetto al mercato italiano, abbiamo cominciato a fare stock-picking , oltre a quelle industry in cui l’Italia è più forte, che anche in altri mercati, laddove le nostre competenze possono essere valorizzate. Abbiamo fatto qualcosa che si avvicina più a un mercato quotato che a un VC, servendoci di un modello finanziario sottostante: un algoritmo proprietario che ci aiuta a fare le scelte corrette basandosi sui numeri e le evidenze: non più tanti biglietti della lotteria ma alcune scelte pesate sulla base delle evidenze in cui la continuità dell’investimento conferma ed accresce il suo stesso valore.

 E proprio per questo e in conclusione, c’è un quarto elemento trasversale, che condiziona l’allocazione, cioè che mancano in Italia i grossi ticket, che sono le operazioni su cui è possibile fare cash flow per l’investitore, pur tenendo il rischio misurato. I nostri investimenti quindi sono ancora piccoli, con un taglio medio di 5 milioni. Su questo gap è necessario intervenire, anche a livello istituzionale-legislativo, per incentivare investimenti più cospicui in quello che resta un mercato estremamente rarefatto rispetto alle potenzialità.

 

 

P101 Ventures – Insightful Venture Capital

P101 Ventures è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: BorsadelCredito.it, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

LA STARTUP STIP VINCE “START&PULSE”: CALL4STARTUP DI AGOS E DIGITAL MAGICS

I 9 progetti finalisti hanno presentato le loro soluzioni tecnologiche innovative sulla “Customer Centricity”, per innovare processi, servizi e prodotti orientandoli alla centralità del cliente e del consumatore finale

La startup Stip – software che automatizza tutte le attività manuali del CRM per permettere alle aziende di risolvere i problemi dei clienti ovunque si trovino, da un unico pannello di gestione, e ottenere dati e metriche per migliorare le decisioni strategiche – vince START&PULSE: Call lanciata da Agos, società finanziaria leader nel credito alle famiglie presente da oltre trent’anni sul mercato italiano eDigital Magics, il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio Italiano.

L’iniziativa si inserisce all’interno di «Start & Pulse», programma europeo di Open Innovation di Crédit Agricole Consumer Finance, capogruppo di Agos. La Call4startup aveva l’obiettivo di trovare le startup, con prototipi funzionanti e MVP (Minimum Viable Product), in grado di creare innovazione di processi, prodotti e servizi nell’ottica strategica della centralità del cliente (“Customer Centricity”).

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Durante la giornata di pitch nel campus di coworking Talent Garden Milano Calabiana la giuria di START&PULSE – formata dal management di Agos e Digital Magics – ha scelto Stip come migliore startup della Call tra i 9 progetti finalisti, selezionati fra le candidature inviate a https://www.startandpulse.io/agos/.

Stip ha vinto un premio di 5.000 Euro in servizi e potrà collaborare con l’Innovation Lab di Agos, per lo sviluppo di un progetto sperimentale di Open Innovation.

I finalisti di START&PULSE sono: 1trueidCikalaDynamitickEMOJ,Let.lifeMobysignPIKKARTRed Beacon e Stip.

“La ‘Customer Centricity’ non è un semplice orientamento aziendale, ma è una vera leva di trasformazione per le aziende come Agos, in un ambito molto competitivo dove le startup nascono ‘customer centric’ – dichiara Vincent Mouveroux, Condirettore Generale e Direttore Strategia Digitale di Agos – Negli ultimi anni Agos ha puntato molto sullo sviluppo delle tecnologie innovative orientate al cliente. Lo sviluppo tecnologico e la possibilità di connettersi ovunque hanno, infatti, modificato il processo di fruizione di prodotti e servizi e, di conseguenza, anche il comportamento e le aspettative dei clienti, che diventano i veri protagonisti dell’esperienza di acquisto. In particolare, i clienti ci richiedono, sempre di più, contenuti personalizzati e soddisfazione immediata. Le interazioni vanno quindi ripensate partendo dal cliente e dalla sua esperienza con Agos”. 

“Innovare le relazioni e le connessioni con i propri clienti deve essere un driver costante che tutte le aziende devono seguire e ricercare, non solo un nuovo trend del digitale. Siamo convinti che la sinergia fra la startup vincitrice di ‘START&PULSE’ e Agos creerà nuovo valore aggiunto per entrambi – ha dichiarato Layla Pavone, Consigliere e Chief Innovation Marketing and Communication Officer di Digital Magics – Lavorare con un’azienda internazionale come Agos, molto attiva e impegnata nell’innovazione tecnologica, ed essere stati scelti come partner in Italia per questo progetto di ‘Open Innovation’, sono per noi motivi di grande orgoglio”.

Mellon – La storia dell’APP che ti fa fare affari solo con chi conosci

Mellon  è stata  tra le app consigliate da iTunes da luglio 2017: la startup italiana propone un modello di business apprezzato dagli utenti proprio per l’elevato grado di affidabilità che propone: le truffe sono a zero visto che conosci le controparti e cosa propongono.

Per conoscere meglio come ha costruito il suo successo su iTunes e come funziona l’app, ho intervistato Lorenzo Dell’Uva – co-founder e senior product manager di Mellon.

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Qual è la storia di Mellon?

Mellon nasce una idea del team di intermedia mmh una digital agency di cui sono socio e co-founder insieme a Giuseppe D’Arpino. Mellon è nato banalmente con l’intenzione di verificare una mia idea (vendere e acqusitare da persone che si conoscono è estremamente più facile ed immediato) e dalla voglia del team di misurarsi con un tema diverso (ed in parte più tecnologicamente più complesso) rispetto ai “temi” usuali per i clienti della nostra agenzia.

 Mi racconti la genesi del nome?

Mellon è un “omaggio” al Signore degli anelli 🙂
Vuol dire amici in elfico… ed ad un certo punto è la “password” per aprire una porta il cui enigma è “dite ad amici ed entrate”. Ci sembrava perfetto oltre ad essere abbastanza neutrale per coprire più mercati di lingue diverse

Da dove nasce l’attenzione per lo scambio?

Nasce, semplicemente, dall’osservare che nella vita di tutti i giorni gli amici scambiano tra loro oggetti che non usano più: comprano il telefonino di un amico appassionato, vendono o regalano il proprio Mac a qualche conoscente che deve scrivere la tesi, affittano o prestano la propria casa all’amico di un amico per il weekend. Nella vita di tutti i giorni, insomma, la nostra rete di amicizia è il primo “mercato” cui ci rivolgiamo per vendere e comprare beni usati. E’ naturale, facile, sicuro. Non a caso si dice “chiedere ad un amico”.

Quali sono le caratteristiche principali dell’applicazione?

Mellon è un mercatino di annunci di compravendita usato, affitti e lavoro. Dal punto di vista funzionale offre tutte le “classiche” feature che ci si aspetta da una app per pubblicare annunci in modo facile e veloce.La sua caratteristica unica (non conosco competitor che facciano la stessa cosa) è quella di “limitare” il mercato (ovvero la visibilità degli annunci che si pubblicano) esclusivamente ai propri contatti (amici di facebook e/o della rubrica telefonica) ed agli amici degli amici.
In questo modo chiunque veda l’annuncio oppure con chiunque si entri contatto è sempre una persona che già si conosce direttamente o al massimo tramite un amico / contatto in comune. Questo garantisce, in pratica, un mercato sempre sicuro e privo di brutte sorprese o truffe di qualche tipo.
Si potrebbe pensare che si tratti di un mercato molto piccolo, In realtà un utente “medio” con 250 contatti può raggiungere un potenziale mercato di oltre 60.000 persone. Non un numero enorme (se pensiamo ad ebay per intenderci) ma sufficientemente grande per vendere una bici o acquistare un portatile usato “sicuro”.
Altre funzionalità che i nostri utenti apprezzano ed usano molto sono: la traduzione automatica del proprio annuncio nelle tre lingue supportate (inglese, italiano e spagnolo)…. del resto gli amici degli amici sono spesso sparsi nel mondo e la possibilità di pubblicare l’annuncio direttamente su facebook anche auto-generando una GIF animata.

Quanto vale il mercato (Italia ed estero)?

Il mercato mondiale della sharing economy è un mercato enorme ed è costantemente in crescita. Negli ultimi anni è stato valutato pari ad oltre 15 miliardi di dollari e si stima possa arrivare oltre i 300 miliardi entro il 2025. Non è un caso che i maggiori player del settore siano tutti oggetto dell’attenzione degli investitori internazionali. L’italianissima Depop ha da poco raccolto (altri)  20 milioni di dollari per espandersi negli USA. Let go, una delle app-mercatino più popolari specie in USA,  ha annunciato solo l’anno scorso di aver raccolto ulteriori 100 milioni di dollari ad una valutazione di oltre 1.2 miliardi di dollari.

Qual è lo stato dell’arte oggi e quali i passi futuri ?

Abbiamo da poco rilasciato una nuova versione 2.5 nella quale abbiamo ulteriormente snellito e semplificato l’utilizzo della app e della sua UI. E ne siamo super orgogliosi. Inoltre abbiamo approcciato per la prima volta anche l’Amazon AppStore nel costante tentativo di allargare la nostra user base. L’app si affianca a quella per iPhone / iPad (spesso segnalata da Apple tra le app da non perdere nelle sue raccolte su App Store Italia) ed Android.
Per il futuro stiamo sperimentando la possibilità di allargare il mercatino sicuro di Mellon a gruppi chiusi di persone che sono già collegate tra loro oltre i tradizionali social. Speriamo di avere news a riguardo quanto prima 🙂

In questo momento cosa cercate in termini di funding?

Al momento Mellon è completamente self-funded. L’idea iniziale era quella di testare il mercato, valutarne le potenzialità e la “risposta” ad un modello un po’ diverso di mercatino dell’usato. Siamo super soddisfatti del risultato fin qui ottenuto con le sole nostre forze contro “colossi” super finanziati. In questo momento quindi stiamo valutando diverse opportunità di accelerazione e siamo alla ricerca di un primo round di finanziamento che ci permetterebbe di focalizzarci ed accelerare sulla customer acquisition.


Lorenzo dell’Uva è nato a Napoli e da sempre si occupa di informatica e nuove tecnologie. 
E’ co-founder di mellon, socio e senior product manager di intermedia mmh. Si è occupato per moltissimi anni del binomio bambini e nuove tecnologie.Vive tra Bologna e New York e quando non è seduto davanti al suo Mac lo si può trovare in giro per il mondo con la sua macchina fotografica al collo oppure con le scarpe da running ai piedi ad allenarsi per qualche maratona. 

Huawei conferma l’impegno a investire nei giovani talenti italiani e lancia la quinta edizione di Seeds for the Future

Al via le iscrizioni al programma annuale di formazione promosso da Huawei, MIUR e MISE che porterà 10 studenti italiani in Cina

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Riparte “Seeds for the Future”, il programma annuale di formazione, giunto alla sua quinta edizione, promosso e finanziato da Huawei, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). Il progetto, che rientra nel quadro di iniziative messe in campo da Huawei per la valorizzazione dei giovani talenti italiani e la creazione di opportunità di incontro fra mondo del lavoro e università, si colloca all’interno dei piani di investimento in innovazione dell’azienda che da anni destina tra il 10% e il 15% del proprio fatturato globale alla Ricerca e Sviluppo, raggiungendo nel 2016 gli 11  miliardi di dollari.

Il prossimo aprile, grazie all’accordo sottoscritto nel giugno 2015 con il MIUR e il MISE, 10 fra i migliori laureandi italiani, con un percorso di studio focalizzato su tecnologia e innovazione, partiranno per un soggiorno di due settimane presso le sedi di Huawei in Cina dove verrà loro offerto un ampio portafoglio di programmi di formazione: lezioni in classe, esercitazioni pratiche, formazione multimediale e simulazioni di problem solving. Al rientro in Italia gli studenti parteciperanno a ulteriori attività di approfondimento sui temi affrontati nel corso del tirocinio e avranno l’opportunità di sostenere un colloquio conoscitivo con il dipartimento Risorse Umane di Huawei Italia.

Sul sito www.seedsforthefuture.it dedicato all’iniziativa saranno pubblicati i profili degli studenti selezionati che durante il loro soggiorno in Cina potranno condividere i momenti più belli della loro esperienza. Tutte le news saranno disponibili in home page.

Per inoltrare la propria candidatura: http://www.seedsforthefuture.it/invio-candidatura/

Per ulteriori informazioni: www.seedsforthefuture.it

Gestire la pec e la casella di posta condivisa : arriva Arxeia 365 Pec & Email

 “Unlock the Power of Collaboration”

Arxeia 365 Pec & Email, la soluzione per la gestione della pec e della casella di posta condivisa interamente integrata in ambiente Microsoft Office 365 sta arrivando. Smart ed orientata alla collaborazione digitale, è la soluzione ideale per le organizzazioni che vogliono semplificare processi e proiettarsi verso il modern workplace. La casella di posta condivisa, collaborativa, sicura e completa.

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Cos’è Arxeia 365 Pec & Email?

Arxeia 365 Pec & Email ti consente di gestire la casella di posta condivisa, sia pec che email, in un ambiente di lavoro condiviso e collaborativo, sfruttando le potenzialità della suite Microsoft Office 365 e Microsoft SharePoint. Permetterà alle organizzazioni di ottimizzare i tempi, i costi e di organizzare il lavoro del team e valorizzare il potere della collaborazione.

Appartiene alla grande famiglia Arxeia 365, la soluzione per l’organizzazione digitale progettata da IWGroup, azienda di IT consulting partner Gold Microsoft, che include altri tre moduli: protocollazione dei documenti, conservazione digitale e gestione documentale.

Arxeia 365 Pec & Email sarà per ora l’unico modulo acquistabile su Microsoft AppSource, e lo si potrà aggiungere con un click in qualsiasi piano che include SharePoint Online siccome la soluzione è implementata in Office 365 e ha un’integrazione applicativa su Azure.

 

Perché scegliere Arxeia 365 Pec & Email?

Grazie ad Arxeia 365 Pec & Email sarà possibile eliminare le inefficienze legate alla gestione della pec e della casella di posta condivisa e migliorare la produttività del team sfruttando le funzionalità offerte dalla suite Office 365: collaborazione sui documenti, assegnazione di compiti e attivazione di flussi di lavoro, condivisione e sincronizzazione dei contenuti. 

Finalmente sarà garantita trasparenza, sicurezza e collaborazione nella gestione della posta condivisa eliminando i limiti imposti dai provider PEC per quanto riguarda la gestione, la memorizzazione e la storicizzazione dei messaggi, e qualsiasi anomalia legata all’associazione messaggi – ricevute di accettazione/consegna senza intaccare le firme digitali in caso di pec. 

Sarà possibile coinvolgere le persone e le funzioni aziendali necessarie all’avanzamento e all’organizzazione del lavoro, grazie ad una collaborazione diretta su casella di posta ed alla possibilità di attivare una chat, pianificare un task o avviare un flusso di lavoro. Il tutto in pieno conformità al GDPR di prossima attivazione e integrandosi perfettamente con piattaforme di terze parti già esistenti e implementate.

Massimo Maggiora, Owner & CTO IWGroup, afferma: “L’organizzazione del lavoro sarà così più snella e rapida. Da tempo lavoriamo a soluzioni in grado di migliorare la collaborazione nelle aziende grazie al confronto negli anni con i nostri clienti e a un lavoro di sperimentazione interna della nostra divisione dedicata allo sviluppo. Arxeia 365 Pec & Email nasce dunque da esigenze quotidiane per garantire collaborazione, integrazione, organizzazione, sicurezza e, soprattutto, trasparenza”.

 

Quando sarà lanciato Arxeia 365 Pec & Email?

Arxeia 365 Pec & Email è stato presentato il 9 di Febbraio 2018 nella sede Microsoft di Milano ai partner Microsoft che, grazie a questa soluzione, potranno integrare le attività di consulenza ampliando la propria offerta di valore ai clienti. 

Arxeia 365 proietta l’organizzazione verso il modern workplace. La soluzione ideale per l’organizzazione digitale. Migliora la collaborazione del team. Unlock the power of collaboration.

La soluzione sarà presto disponibile su Microsoft AppSource. Per informazioni commerciali e tecniche su Arxeia  365 Pec & Email scrivi a info@arxeia.it.

 

Chi è IWGroup?

IWGroup è un’azienda di IT consulting, Partner Gold Microsoft, che offre consulenza e soluzioni digitali per accompagnare le organizzazioni nel loro processo di trasformazione digitale e avvicinamento al modern workplace. 

Grazie all’esperienza maturata in oltre 10 anni di attività a supporto delle organizzazioni (aziende private e PA) e alla capacità di evolversi costantemente, fornisce soluzioni tecniche e organizzative per soddisfare le esigenze in termini di collaborazione, connessione e comunicazione all’interno dei moderni ambienti di lavoro. 

Digital PR – Intervista a Jessica Malfatto

Jessica Malfatto, è una Digital PR Specialist, fondatrice di Digitalpr.pro, agenzia di consulenza e formazione che opera nel campo delle digital pr. 
Autrice del libro “Strategie di Digital PR per startup” edito da Dario Flaccovio Editore, ha lavorato per diverse startup italiane (come Jobyourlife, iubenda, Sweetguest, Friendz) e ha collaborato con realtà editoriali (come Corriere della Sera e il Gruppo Mondadori).
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Le ho fatto alcune domande per conoscere meglio il suo lavoro ed il mondo delle Digital PR

Quando hai deciso di scrivere il tuo libro e perché?

Questo libro nasce dalla volontà di condividere molto di quello che ho imparato (e che continuo a imparare) durante il mio percorso come digital pr specialist. Ho iniziato a scriverlo all’inizio del 2017, dopo aver concordato con l’editore l’indice ed il progetto editoriale.

Ho raccolto casi studio, in differenti settori, facendo esperienza, soprattutto seguendo diverse startup e quello che ho scritto rispecchia esempi pratici, strategie realmente applicate e che hanno funzionato. Poca teoria e molta pratica, perché attraverso questo testo volevo cercare di trasmettere un metodo. Un metodo attraverso il quale sviluppare delle strategie di digital PR.

Al suo interno ci sono esempi di campagne di digital PR, esempi di comunicazioni, di comunicati, di mail preparate e indirizzate a giornalisti e media.

Quanto contano oggi le digital pr per un’azienda?

Le digital pr oggi sono molto importanti nel percorso di un’azienda, sia in una fase iniziale che in una fase “avanzata”.

Sono importanti, ma – dobbiamo riconoscerlo – non sono essenziali e non possono essere poste sullo stesso piano della parte dedicata allo sviluppo, ad esempio.

Le digital pr rappresentano quel “quid” che nella strategia di marketing e comunicazione può fare la differenza (se sviluppate nel modo corretto).

Le digital pr, ad esempio, aiutano un’azienda ad acquisire credibilità e autorevolezza all’interno del proprio settore, attraverso delle pubblicazioni ottenute in contesti mediatici di rilievo. Ma non solo. Aiutano anche gli imprenditori a trovare spazio in conferenze e convegni, oppure supportano il lancio di un prodotto o di un servizio, mettendo in gioco differenti azioni.

Le pr aiutano contribuiscono a creare un ponte caratterizzato da autorevolezza e credibilità tra l’azienda e il pubblico finale (coinvolgendo gli intermediari, come i media, grazie ai quali alcuni messaggi riescono a raggiungere le persone di riferimento).

Quali sono i fattori critici di successo?

Il primo elemento fondamentale per ottenere successo in una strategia di PR risiede nella qualità del prodotto.

Le PR non salvano i prodotti e i servizi, ma hanno il compito di aiutarli ad acquisire autorevolezza, visibilità, credibilità, comunicando il loro valore. Un prodotto scadente, anche se supportato da una buona azione di PR, resterà tale e non potrà fare molta strada. Per questo è fondamentale far entrare in campo le PR solo nel momento in cui siamo sicuri del nostro prodotto.

Parlando, invece, nello specifico delle strategie di PR, è fondamentale avere un metodo specifico per impostare ogni campagna.

Prima di tutto, bisogna prestare la massima attenzione alla definizione del taglio che si vuole dare alla comunicazione che andremo a preparare. Cerchiamo di concentrarci sul funzionamento e sul valore del nostro prodotto/servizio, comunicandolo immediatamente, oppure proviamo a raccontare la nostra storia imprenditoriale, non dimenticandoci di riportare anche numeri e dati che riguardano il nostro progetto (se sono rilevanti).

Non dimentichiamoci anche di basare la strategia di PR su un mix di comunicazioni autoreferenziali e non autoreferenziali.

Quali gli ostacoli da conoscere?

Oggi la sfida di un’azienda, in questa attività, è cercare di essere poco autocelebrativi e molto “informativi”. Questa è una difficoltà da non sottovalutare. Se vogliamo risultare interessanti agli occhi dei media sul lungo periodo non dobbiamo sempre e solo parlare di quanto “siamo bravi e belli” e di quanto la nostra azienda sia “perfetta”, ma dobbiamo sforzarci di renderci disponibili a collaborare con i giornalisti nella realizzazione di articoli interessanti.

Chiedere al giornalista quali informazioni potrebbero risultare interessanti per lui/lei, riferite al nostro settore, e offrirsi disponibili nel recuperarle – magari attraverso una ricerca o grazie alla propria esperienza – potrebbe essere un esempio di “avvicinamento” ai media. In questo modo, se il giornalista dovesse pubblicare un pezzo usando il materiale che gli abbiamo inviato, riporterà sicuramente il nome della nostra impresa e forse potrebbe inserire anche una nostra dichiarazione.

Puoi citarmi due case history una positiva e una negativa?

Come agenzia (digitalpr.pro) abbiamo incontrato tre fallimenti nell’attività di PR. La prima volta è stata con un artista nel settore musicale: abbiamo preparato con attenzione la comunicazione, ma – purtroppo – non siamo stati in grado di veicolarla nel modo corretto ai media di settore. Questo è accaduto all’inizio del nostro percorso professionale e ci ha fatto capire che non ci si può improvvisare PR specialist in ogni settore, perché ci sono dei campi che hanno delle dinamiche molto particolari (come la moda, ad esempio) e quindi è necessaria una specializzazione molto forte per poter impostare delle azioni di PR. Il secondo fallimento è stato dovuto a uno sbaglio comunicativo tra noi e l’azienda che seguivamo come cliente (nel campo della finanza). Dopo aver concordato due interviste (di cui una televisiva) abbiamo scoperto che l’imprenditore non aveva intenzione di esporre e raccontare gli ultimi investimenti effettuati dalla sua impresa e ci siamo trovati in difficoltà. L’errore è stato nostro perché ingenuamente avevamo dato per scontato il fatto che non avrebbe avuto problemi a esporsi, data la rilevanza del mezzo mediatico coinvolto.

Il terzo fallimento ha riguardato un’impresa nel settore dei giochi per bambini. Anche in questo caso abbiamo commesso un errore. Da un’analisi superficiale e da una chiacchierata con il fondatore dell’impresa nella nostra mente avevamo una certa idea del prodotto di cui avremmo dovuto parlare, mentre in un secondo momento l’idea è stata completamente ribaltata (credevamo fosse un prodotto artigianale e personalizzato, ma così non si era rivelato). Ci siamo allontanati “a livello emotivo” da questo progetto perché sentivamo che non si trattava di un progetto di qualità, ma abbiamo continuato a seguirlo, con delle difficoltà e senza raggiungere risultati importanti (si è spento pochi mesi dopo). Ho preferito riportare tre esempi di fallimenti perché credo sia fondamentale parlarne.

Per quanto riguarda la case history positiva, posso riportare quella di un progetto sempre nel settore “kids”, che ha portato non solo a dei benefici in termini di visibilità e di credibilità, ma anche per quanto riguarda le conversioni arrivate proprio dall’attività di PR.

Dopo la diffusione di un comunicato stampa, un articolo uscito su Corriere della Sera, ad esempio, ha portato in poche ore alla generazione di 102 vendite di un singolo prodotto (articolo senza link al sito di vendita). Per effettuare un test proprio relativo all’efficacia delle PR non avevamo attivato altre forme di advertising e quindi ogni conversione era connessa esattamente all’uscita di quel pezzo sul quotidiano (versione online).

Questo è un esempio di come le PR siano in grado di portare anche a delle conversioni “concrete” e non solo a qualcosa di non misurabile.

Quali tools ritieni indispensabili?

Per ricercare contatti sicuramente LinkedIn è fondamentale (meglio la versione Premium, perché consente un numero illimitato di ricerche di contatti). Se, invece, si ha un buon budget da dedicare alle PR allora si può pensare a una soluzione come quella proposta da Mediaddress (ho avuto modo di testarla e mi sembra valida). Esistono altri strumenti per la ricerca di contatti, come l’Agenda del Giornalista, ma credo che i primi due citati siano molto validi.

Per quanto riguarda la diffusione dei comunicati, a supporto di un contatto personalizzato via mail con il singolo giornalista (che è sempre da preferire ad altri metodi, secondo la mia esperienza) si può pensare di affiancare anche l’utilizzo di una piattaforma come The Press Match.

Altri tools come SEMrush ci aiutano – attraverso alcune funzionalità specifiche – a ricevere dei report giornalieri riguardo pubblicazioni e menzioni avvenute (ma per una prima analisi ci si può affidare anche al connubio tra ricerca manuale e notifiche di Google Alert).

In generale penso che l’attività di Digital PR sia poco adatta alle dinamiche di automazione, perché si allontana dal concetto di velocità e si avvicina maggiormente a un approccio più personalizzato e più “sartoriale”. Certamente i tools possono rappresentare un aiuto, ma non sono fondamentali per portare avanti questa attività.

I consigli di Securing Smart Cities per proteggere i Giochi Olimpici

Perderemo la gara contro i cyber criminali?

Le Olimpiadi sono un’ottima occasione per promuovere la rapida crescita di diverse soluzioni tecnologiche. I Giochi rappresentano, infatti, un incentivo per scienziati, ingegneri e altri esperti a ideare o migliorare soluzioni che possono essere mostrate a milioni di persone e che potranno migliorare e rendere più produttivo il nostro stile di vita.

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“In occasione di ogni Olimpiade scopriamo affascinanti tecnologie innovative per migliorare la comunicazione e l’esperienza degli utenti e per garantire il successo dell’evento. L’ampio uso di strumenti tecnologici attira, tuttavia, l’attenzione di molti hacker che cercano di trovare un modo di introdursi nei sistemi e creare il caos. Questo non comporta solo problemi di sicurezza ma offre anche l’opportunità di dimostrare al mondo intero che siamo in grado di combattere con successo le minacce che ci circondano”, ha commentato Mohamad Amin Hasbini, Senior Security Researcher di Kaspersky Lab

La sicurezza IT è infatti un problema chiave di questo tipo di eventi. Ai Giochi di Beijing del 2008 sono stati registrati circa 190 milioni di cyber attacchi (12 milioni al giorno). In occasione dei Giochi di Londra del 2012 i cyber criminali hanno lanciato oltre 200 milioni di attacchi non andati a buon fine rivolti al sito ufficiale dell’evento. Infine, le Olimpiadi di Sochi del 2014 hanno visto 322 milioni di attacchi, seguiti dai 570 milioni di attacchi delle Olimpiadi di Rio del 2016.

Gli esperti che partecipano all’iniziativa Securing Smart Cities, tra i quali Mohamad Amin Hasbini, Senior Security Researcher di Kaspersky Lab, hanno redatto le linee guida su come proteggere i Giochi Olimpici. Secondo quanto riportato nel report, i principali vettori d’attacco che avranno maggiori probabilità di essere sfruttati per colpire queste Olimpiadi sono i seguenti:

·         Attacchi informatici ai servizi online per l’acquisto di biglietti, prenotazioni, hotel, servizi di trasporto, cibi e bevande (compromissione o blocco del servizio);

·         Cyber attacchi ai sistemi di autenticazione e autorizzazione (accuratezza del controllo degli accessi in loco);

·         Attacchi ai macchinari robotizzati, disattivandoli o controllandoli da remoto;

·         Attacchi alle tecnologie operative cyber-fisiche: riscaldamento, ventilazione e climatizzazione (HVAC), ascensori, luci di emergenza, semafori, strutture per il trattamento delle acque, pompe per acque reflue, droni di monitoraggio e telecamere…

·         Attacchi a dipendenti e partecipanti ai Giochi (phishing, hacking, monitoraggio remoto o manipolazione dei dati, ricatti…);

·         Attacchi alle infrastrutture del Paese: trattamento/distribuzione dell’acqua, energia/elettricità, trasporti/linee aeree, banche, servizi di e-government;

·         Attacchi e tentativi di corruzione dei giudici/manipolazione dei sistemi di giudizio, dei dati e/o delle decisioni relative ai punteggi;

·         Attacchi e manipolazione del monitoraggio degli atleti (sostanze dopanti) o dei sensori di monitoraggio (usati per migliorare i programmi di allenamento e i risultati);

·         Manipolazione dei sistemi di analisi dei dati e degli algoritmi (che aiutano a prevedere il traffico, la densità abitativa, il tempo, esigenza di acqua/energia/storage…);

·         La diffusione di rumors sui social media potrebbe inoltre influenzare le Olimpiadi: profili fasulli potrebbero postare falsi messaggi che possono causare il panico o altri problemi.

Il report completo “Securing the Smart City Olympics” è disponibile al seguente link: https://securingsmartcities.org/wp-content/uploads/2018/02/Securing_olympics_eng_final.pdf

Informazioni su Securing Smart Cities

Securing Smart Cities è un’iniziativa globale no-profit, con l’obiettivo di risolvere le sfide di sicurezza informatica che coinvolgono le smart city attraverso la collaborazione e la condivisione di informazioni. Supportata dai maggiori ricercatori di sicurezza IT, dalle principali aziende e organizzazioni, come IOActive, Kaspersky Lab, Bastille, e la Cloud Security Alliance, l’iniziativa Securing Smart Cities servirà come nodo di comunicazione per aziende, governi, media, iniziative no-profit e individui in tutto il mondo coinvolti nella creazione, nello sviluppo e nella promozione di tecnologie smart e sicure per le città moderne. Per ulteriori informazioni, visitare: http://securingsmartcities.org.

Informazioni su Kaspersky Lab

Kaspersky Lab è un’azienda di sicurezza informatica a livello globale che nel 2017 celebra i suoi primi 20 anni di attività. La profonda intelligence sulle minacce e l’expertise di Kaspersky Lab si trasformano costantemente in soluzioni di sicurezza e servizi per la protezione di aziende, infrastrutture critiche, enti governativi e utenti privati di tutto il mondo. Il portfolio completo di sicurezza dell’azienda include la miglior protezione degli endpoint e numerosi servizi e soluzioni di sicurezza specializzati per combattere le sofisticate minacce digitali in continua evoluzione. Più di 400 milioni di utenti sono protetti dalle tecnologie di Kaspersky Lab e aiutiamo 270.000 clienti aziendali a proteggere ciò che è per loro più importante. Per ulteriori informazioni: www.kaspersky.com/it

 

Ricerca comScore sull’ecommerce UPS Pulse of the Online Shopper

 

GLI ACQUIRENTI ONLINE ITALIANI

SCELGONO I RETAILER INTERNAZIONALI

 

Gli e-shopper italiani utilizzano maggiormente i loro smartphone

per fare acquisti e si stanno orientando sui marketplace

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·         Gli acquirenti online italiani sono al primo posto in Europa per gli acquisti effettuati presso retailer di altri paesi: lo fa l’85% degli acquirenti, di cui l’83% presso retailer europei.

·         Il 98% degli acquirenti online italiani (vs. 96% di quelli europei) ha acquistato su un marketplace e il 44% prevede di farlo sempre di più in futuro. Il 37% delle ricerche preliminari su un prodotto inizia di norma su un marketplace.

·         Il 74% degli acquirenti online italiani considera l’opzione di reso gratuito essenziale al momento del check out e il 78% lo ritiene un elemento importante per la scelta di un retailer online.

 

Questi sono alcuni dei dati che emergono dallo studio europeo

“UPS Europe Pulse of the Online Shopper™” 2017[1] realizzato da comScore su oltre 6.400 acquirenti online europei di sei Paesi (tra cui l’Italia)

 

Sette acquirenti online su dieci a livello europeo, hanno acquistato da retailer al di fuori del proprio paese, soprattutto perché questi offrivano prezzi migliori o perché erano alla ricerca di brand o prodotti specifici.

Gli acquirenti italiani sono più globali, comprano per l’85% da retailer fuori dall’Italia e i principali fattori che considerano quando scelgono di acquistare da retailer al di fuori del proprio paese includono: la sicurezza dei pagamenti (78%), una chiara indicazione del costo totale dell’ordine tasse incluse e imposte (77%), la rapidità di consegna (70%) e una chiara politica di reso (68%).

 

Secondo lo studio “UPS Europe Pulse of the Online Shopper™” 2017, questi dati confermano non solo che i retailer hanno l’opportunità di interfacciarsi con clienti di diverse aree geografiche, ma anche quanto sia fondamentale per loro offrire una gamma di servizi ampia e personalizzata per soddisfare le aspettative degli acquirenti online.

 

“Internet ha reso gli acquisti davvero globali, permettendo ai retailer di commercializzare e vendere i propri prodotti a clienti di tutto il mondo. Il nostro studio mostra che circa tre quarti degli e-shopper europei acquista da paesi al di fuori del proprio e che quindi il momento attuale sia propizio per i retailer di piccole e grandi dimensioni che vogliono espandere la propria attività” ha dichiarato Abhijit Saha, Vice President of Marketing di UPS Europe. “UPS intende aiutare questi retailer a operare a livello internazionale con la stessa semplicità con cui operano nelle proprie città”.

 

Lo studio di UPS ha inoltre evidenziato che quasi tutti gli acquirenti online italiani in linea con la media di quelli europei (rispettivamente 98% vs 96%) hanno acquistato su marketplace, ovvero piattaforme online per retailer terzi. Il 69% dichiara di aver acquistato su marketplace invece che direttamente dal retailer per i prezzi migliori e il 48% per la velocità di consegna.

Gli acquirenti europei, invece, scelgono i marketplace per i prezzi vantaggiosi (67%) e per la scelta più ampia di prodotti in una data categoria (43%).

 

Oltre la metà (57%) degli acquirenti online italiani (vs 52% di quelli europei) considera il numero di opzioni di spedizione offerte di fondamentale importanza quando ricerca o sceglie i prodotti online, e il 78% ritiene importante il reso gratuito. Inoltre il 65% degli acquirenti italiani in linea con la media europea (63%) è interessato a spedizioni in luoghi alternativi di consegna con orari prolungati, se le spese sono inferiori alla consegna a domicilio.

 

I retailer devono anche adottare un approccio “mobile first” perché l’uso degli smartphone per fare acquisti sta aumentando considerevolmente. Secondo lo studio, a livello europeo, il 43% di coloro che possiedono uno smartphone acquista attraverso questo dispositivo. Gli acquirenti ricorrono al mobile anche per tutta una serie di altre attività legate all’acquisto, come la localizzazione dei negozi e le relative informazioni (78%), il tracking degli ordini (78%) e il confronto dei prezzi tra i retailer (75%).

 

I principali punti dello studio a livello europeo:

 

·         Gli acquirenti online utilizzano maggiormente i dispositivi mobile, sono più globali e orientati ai marketplace

·         Il 71% ha acquistato da retailer al di fuori del proprio paese

·         Il 96% degli acquirenti online acquista sui marketplace

·         Il 43% dei possessori di smartphone ha acquistato attraverso il proprio dispositivo

 

UPS Pulse of the Online Shopper™

Lo studio “UPS Pulse of the Online Shopper” analizza le abitudini di acquisto dei consumatori, dalla fase precedente all’acquisto a quella successiva alla consegna. Lo studio 2017 si basa sull’indagine condotta da comScore su oltre 6.400 acquirenti online europei di sei paesi (Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito).

 

UPS (NYSE:UPS) è un leader globale nella logistica e offre un’ampia gamma di soluzioni tra cui il trasporto pacchi e cargo, la semplificazione del commercio internazionale e l’utilizzo di tecnologia avanzata per gestire in maniera più efficiente il mondo del business. Con sede ad Atlanta, USA, UPS serve oltre 220 Paesi e territori in tutto il mondo. L’azienda è presente sul web con il sito www.ups.com e il blog aziendale Longitudes.ups.com. Per conoscere le ultime notizie riguardanti UPS, visitate pressroom.ups.com o seguite @UPS_News su Twitter.

comScore
comScore è una società leader specializzata nella misurazione cross-platform a livello globale di audience, brand e comportamenti di consumo. Nel gennaio 2016, comScore ha completato la fusione con Rentrak Corporation per la creazione di un modello di misurazione inedito applicabile ai contesti di consumo odierni, sempre più dinamici e multi-piattaforma. Costruito con un approccio meticoloso fortemente incentrato sull’innovazione, il data footprint di comScore combina un patrimonio di dati proprietari sul mondo digitale, la TV e il cinema a informazioni demografiche approfondite per quantificare su scala globale i comportamenti multischermo dei consumatori. Tale approccio aiuta le aziende nel mondo dei media a monetizzare interamente le proprie audience, offrendo ai marketer gli strumenti necessari per raggiungere efficacemente i consumatori. Con oltre 3.200 clienti e una presenza globale in oltre 75 Paesi, comScore rappresenta il futuro della misurazione nel campo della pubblicità digitale. Le azioni comScore sono negoziate sul mercato OTC (OTC: SCOR). Per maggiori informazioni su comScore, visitare
comscore.com.

 


[1] Basato su un’indagine realizzata su oltre 6.400 acquirenti online in Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito.

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