Jessica Malfatto, è una Digital PR Specialist, fondatrice di Digitalpr.pro, agenzia di consulenza e formazione che opera nel campo delle digital pr.
Autrice del libro “Strategie di Digital PR per startup” edito da Dario Flaccovio Editore, ha lavorato per diverse startup italiane (come Jobyourlife, iubenda, Sweetguest, Friendz) e ha collaborato con realtà editoriali (come Corriere della Sera e il Gruppo Mondadori).
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Le ho fatto alcune domande per conoscere meglio il suo lavoro ed il mondo delle Digital PR
Quando hai deciso di scrivere il tuo libro e perché?
Questo libro nasce dalla volontà di condividere molto di quello che ho imparato (e che continuo a imparare) durante il mio percorso come digital pr specialist. Ho iniziato a scriverlo all’inizio del 2017, dopo aver concordato con l’editore l’indice ed il progetto editoriale.
Ho raccolto casi studio, in differenti settori, facendo esperienza, soprattutto seguendo diverse startup e quello che ho scritto rispecchia esempi pratici, strategie realmente applicate e che hanno funzionato. Poca teoria e molta pratica, perché attraverso questo testo volevo cercare di trasmettere un metodo. Un metodo attraverso il quale sviluppare delle strategie di digital PR.
Al suo interno ci sono esempi di campagne di digital PR, esempi di comunicazioni, di comunicati, di mail preparate e indirizzate a giornalisti e media.
Quanto contano oggi le digital pr per un’azienda?
Le digital pr oggi sono molto importanti nel percorso di un’azienda, sia in una fase iniziale che in una fase “avanzata”.
Sono importanti, ma – dobbiamo riconoscerlo – non sono essenziali e non possono essere poste sullo stesso piano della parte dedicata allo sviluppo, ad esempio.
Le digital pr rappresentano quel “quid” che nella strategia di marketing e comunicazione può fare la differenza (se sviluppate nel modo corretto).
Le digital pr, ad esempio, aiutano un’azienda ad acquisire credibilità e autorevolezza all’interno del proprio settore, attraverso delle pubblicazioni ottenute in contesti mediatici di rilievo. Ma non solo. Aiutano anche gli imprenditori a trovare spazio in conferenze e convegni, oppure supportano il lancio di un prodotto o di un servizio, mettendo in gioco differenti azioni.
Le pr aiutano contribuiscono a creare un ponte caratterizzato da autorevolezza e credibilità tra l’azienda e il pubblico finale (coinvolgendo gli intermediari, come i media, grazie ai quali alcuni messaggi riescono a raggiungere le persone di riferimento).
Quali sono i fattori critici di successo?
Il primo elemento fondamentale per ottenere successo in una strategia di PR risiede nella qualità del prodotto.
Le PR non salvano i prodotti e i servizi, ma hanno il compito di aiutarli ad acquisire autorevolezza, visibilità, credibilità, comunicando il loro valore. Un prodotto scadente, anche se supportato da una buona azione di PR, resterà tale e non potrà fare molta strada. Per questo è fondamentale far entrare in campo le PR solo nel momento in cui siamo sicuri del nostro prodotto.
Parlando, invece, nello specifico delle strategie di PR, è fondamentale avere un metodo specifico per impostare ogni campagna.
Prima di tutto, bisogna prestare la massima attenzione alla definizione del taglio che si vuole dare alla comunicazione che andremo a preparare. Cerchiamo di concentrarci sul funzionamento e sul valore del nostro prodotto/servizio, comunicandolo immediatamente, oppure proviamo a raccontare la nostra storia imprenditoriale, non dimenticandoci di riportare anche numeri e dati che riguardano il nostro progetto (se sono rilevanti).
Non dimentichiamoci anche di basare la strategia di PR su un mix di comunicazioni autoreferenziali e non autoreferenziali.
Quali gli ostacoli da conoscere?
Oggi la sfida di un’azienda, in questa attività, è cercare di essere poco autocelebrativi e molto “informativi”. Questa è una difficoltà da non sottovalutare. Se vogliamo risultare interessanti agli occhi dei media sul lungo periodo non dobbiamo sempre e solo parlare di quanto “siamo bravi e belli” e di quanto la nostra azienda sia “perfetta”, ma dobbiamo sforzarci di renderci disponibili a collaborare con i giornalisti nella realizzazione di articoli interessanti.
Chiedere al giornalista quali informazioni potrebbero risultare interessanti per lui/lei, riferite al nostro settore, e offrirsi disponibili nel recuperarle – magari attraverso una ricerca o grazie alla propria esperienza – potrebbe essere un esempio di “avvicinamento” ai media. In questo modo, se il giornalista dovesse pubblicare un pezzo usando il materiale che gli abbiamo inviato, riporterà sicuramente il nome della nostra impresa e forse potrebbe inserire anche una nostra dichiarazione.
Puoi citarmi due case history una positiva e una negativa?
Come agenzia (digitalpr.pro) abbiamo incontrato tre fallimenti nell’attività di PR. La prima volta è stata con un artista nel settore musicale: abbiamo preparato con attenzione la comunicazione, ma – purtroppo – non siamo stati in grado di veicolarla nel modo corretto ai media di settore. Questo è accaduto all’inizio del nostro percorso professionale e ci ha fatto capire che non ci si può improvvisare PR specialist in ogni settore, perché ci sono dei campi che hanno delle dinamiche molto particolari (come la moda, ad esempio) e quindi è necessaria una specializzazione molto forte per poter impostare delle azioni di PR. Il secondo fallimento è stato dovuto a uno sbaglio comunicativo tra noi e l’azienda che seguivamo come cliente (nel campo della finanza). Dopo aver concordato due interviste (di cui una televisiva) abbiamo scoperto che l’imprenditore non aveva intenzione di esporre e raccontare gli ultimi investimenti effettuati dalla sua impresa e ci siamo trovati in difficoltà. L’errore è stato nostro perché ingenuamente avevamo dato per scontato il fatto che non avrebbe avuto problemi a esporsi, data la rilevanza del mezzo mediatico coinvolto.
Il terzo fallimento ha riguardato un’impresa nel settore dei giochi per bambini. Anche in questo caso abbiamo commesso un errore. Da un’analisi superficiale e da una chiacchierata con il fondatore dell’impresa nella nostra mente avevamo una certa idea del prodotto di cui avremmo dovuto parlare, mentre in un secondo momento l’idea è stata completamente ribaltata (credevamo fosse un prodotto artigianale e personalizzato, ma così non si era rivelato). Ci siamo allontanati “a livello emotivo” da questo progetto perché sentivamo che non si trattava di un progetto di qualità, ma abbiamo continuato a seguirlo, con delle difficoltà e senza raggiungere risultati importanti (si è spento pochi mesi dopo). Ho preferito riportare tre esempi di fallimenti perché credo sia fondamentale parlarne.
Per quanto riguarda la case history positiva, posso riportare quella di un progetto sempre nel settore “kids”, che ha portato non solo a dei benefici in termini di visibilità e di credibilità, ma anche per quanto riguarda le conversioni arrivate proprio dall’attività di PR.
Dopo la diffusione di un comunicato stampa, un articolo uscito su Corriere della Sera, ad esempio, ha portato in poche ore alla generazione di 102 vendite di un singolo prodotto (articolo senza link al sito di vendita). Per effettuare un test proprio relativo all’efficacia delle PR non avevamo attivato altre forme di advertising e quindi ogni conversione era connessa esattamente all’uscita di quel pezzo sul quotidiano (versione online).
Questo è un esempio di come le PR siano in grado di portare anche a delle conversioni “concrete” e non solo a qualcosa di non misurabile.
Quali tools ritieni indispensabili?
Per ricercare contatti sicuramente LinkedIn è fondamentale (meglio la versione Premium, perché consente un numero illimitato di ricerche di contatti). Se, invece, si ha un buon budget da dedicare alle PR allora si può pensare a una soluzione come quella proposta da Mediaddress (ho avuto modo di testarla e mi sembra valida). Esistono altri strumenti per la ricerca di contatti, come l’Agenda del Giornalista, ma credo che i primi due citati siano molto validi.
Per quanto riguarda la diffusione dei comunicati, a supporto di un contatto personalizzato via mail con il singolo giornalista (che è sempre da preferire ad altri metodi, secondo la mia esperienza) si può pensare di affiancare anche l’utilizzo di una piattaforma come The Press Match.
Altri tools come SEMrush ci aiutano – attraverso alcune funzionalità specifiche – a ricevere dei report giornalieri riguardo pubblicazioni e menzioni avvenute (ma per una prima analisi ci si può affidare anche al connubio tra ricerca manuale e notifiche di Google Alert).
In generale penso che l’attività di Digital PR sia poco adatta alle dinamiche di automazione, perché si allontana dal concetto di velocità e si avvicina maggiormente a un approccio più personalizzato e più “sartoriale”. Certamente i tools possono rappresentare un aiuto, ma non sono fondamentali per portare avanti questa attività.