La Reputation Monitoring Room di Telecom Italia

“I media digitali e sociali sono diversi da quelli tradizionali e le aziende devono ripensare il loro modo di comunicare e la relativa strategia di interazione con gli utenti”

È indubbio che la reputazione aziendale passa anche dalla Rete. Anzi spesso è proprio la Rete che può influenzare la percezione che il pubblico ha di un’impresa grazie a un’informazione meno controllabile e di più ampia portata. Questo cambiamento nel paradigma è un rischio per le aziende o un’opportunità? Una grande azienda come deve gestire questo enorme flusso di comunicazioni e con quali strumenti? Ne abbiamo parlato con Massimiliano Spaziani Brunella – responsabile della Reputation Monitoring Room presso la direzione Corporate Communication di Telecom Italia

La Reputation Monitoring Room è una facility di controllo integrato,  finalizzata al monitoraggio e all’analisi in tempo reale e on demand delle conversazioni online relative al Gruppo Telecom Italia e delle forme di engagement con le marche del Gruppo, che si sviluppano soprattutto su Social Network e piattaforme di microblogging,  blog, forum, siti di news, aggregatori.

Come nasce questo progetto e  quali sono i primi risultati che avete raggiunto?

Già dal 2009 – in concomitanza con il crescere delle attività e degli investimenti sui Social Media da parte di Telecom Italia – cominciammo concretamente a porci una serie di domande: com’era possibile comprendere quale fosse l’impatto di ciò che gli utenti dicono online del brand sulla sua reputation? Quali sono i driver di engagement? Com’è possibile coinvolgere gli influencers?  
Domande comuni a molti. Tanto che proprio per rispondervi, nel 2010, negli Stati Uniti vengono realizzate le prime control room – e penso in primis alla Gatorade Mission Control – che ci hanno ispirato per cominciare a lavorare alla creazione di una nostra monitoring room, a partire dall’autunno 2010. A maggio 2011 è stata avviata una fase pilota, che un mese dopo è approdata al lancio ufficiale della monitoring room dentro l’azienda.
La vision e le competenze che hanno portato alla concreta realizzazione della facility ed all’elaborazione dei processi e modelli impiegati al suo interno affondano le loro radici molto più lontano. Partivamo già da esperienze di ascolto e analisi di conversazioni sul web, avendo sviluppato, un anno prima, il progetto Blognation per l’aggregazione di post da blog e l’analisi automatica di testi scritti in linguaggio naturale.
Nello studio delle dinamiche comportamentali degli utenti in rete io stesso ho ottenuto una fellowship con il Santa Fe Institute, e, in seguito, ho sviluppato con loro una ricerca – dal titolo “Web and Financial Market as an integrated empirical platform” – che ha influenzato anche molte delle scelte effettuate in ambito monitoring room.
Oggi modelli e processi adottati in ambito Reputation Monitoring Room risultano ancora in evoluzione, probabilmente lo saranno sempre; tuttavia la facility risulta ormai stabilmente integrata nei processi di comunicazione corporate di Telecom Italia, e questo rappresenta forse il principale risultato, dovuto anche, anzi in buona parte, alla costruzione del team. Sin dall’inizio, infatti, ho immaginato che la room dovesse avere al suo interno competenze diversificate e complementari: vedi, non mi interessava semplicemente mettere in piedi una struttura di controllo integrato sulle conversazioni, ma realizzare in effetti un progetto che potesse essere al centro dell’elaborazione di strategie e azioni utili per tutto il gruppo di comunicazione corporate. Ho iniziato a lavorare al progetto su input e nell’ambito della funzione Internet Media & Digital Communication di Telecom Italia. Sono successivamente state coinvolte professionalità importanti, oggi il gruppo di lavoro è composto in tutto da quattro persone e ha trovato come collocazione naturale la funzione Corporate Identity, Ricerche & Digital Communication di Telecom Italia.

L’obiettivo della facility è stato sin dall’inizio da un lato quello di rispondere a esigenze di monitoraggio e presidio delle properties aziendali, e quello di analizzare le conversazioni spontanee e l’engagement intorno a Telecom Italia e ai competitors sul Web; dall’altro di stabilire un processo circolare e strategico che trasformasse gli insights ottenuti in concrete indicazioni utili per chi si occupa delle operations. Più avanti – dopo la fase di startupping e di modellizzazione – abbiamo ampliato il nostro obiettivo fino all’elaborazione di modelli di analisi ed indici che misurino gli impatti delle conversazioni online e delle diverse attività social sulla reputation di Gruppo. A livello di outcomes, produciamo report di analisi di iniziative verticali, weekly report sulle performance delle nostre properties, social network analysis ed altri tipi di analisi ad hoc.

Quanto si parla di Telecom?

I volumi di conversazione che monitoriamo mensilmente si aggirano intorno alle 1.000-1.500 conversazioni, a volte anche 2.000. Tuttavia queste cifre possono subire variazioni significative anche in base agli eventi che emergono in un certo periodo di tempo. Per quanto concerne, ad esempio,  alcune iniziative verticali – come il Twitter Time con il nostro AD Marco  Patuano – , arriviamo a raggiungere volumi di migliaia di fonti in poche decine di minuti.

In generale, comunque, affianchiamo al monitoraggio di iniziative specifiche la costante analisi e valutazione di tutte le conversazioni inerenti il nostro Gruppo, sia in termini di verifica ed attribuzione del sentiment, sia al fine di verificare se vi siano eventuali criticità a cui rispondere e da segnalare al nostro ufficio stampa.

Come siete organizzati dal punto di vista tecnologico?

La monitoring room è un gruppo di lavoro con competenze diverse; siamo in tutto quattro persone: due esperti di comunicazione e marketing, un ingegnere e un fisico. L’approccio che utilizziamo è di tipo multi-disciplinare e va dalla comprensione del modo in cui  si sviluppano le conversazioni, all’identificazione degli influencers della rete fino all’individuazione delle identità in rete. Abbiamo elaborato – ed aggiorniamo costantemente – diversi indicatori di performance e modelli di analisi che tengono conto del modo in cui la conversazione si diffonde in rete. Usiamo vari tool automatici, ma vi è anche una forte operatività manuale; ciò significa, ad esempio, che anche se i nostri tool aggregano le conversazioni e le taggano automaticamente, noi realizziamo anche una valutazione manuale delle conversazioni, soprattutto sul topic e sul sentiment. Negli ultimi anni, ad esempio, abbiamo valutato tra gli altri diversi strumenti di text e sentiment analysis automatica, la cui attendibilità tuttavia ha raggiunto raramente livelli per noi soddisfacenti e tali da poter essere condivisi con il management e le altre business unit.

Per questo è forte – all’interno del nostro gruppo – anche la componente di ricerca: una delle persone che lavorano nella Reputation Monitoring Room ha terminato l’anno scorso un Dottorato di Ricerca sui temi del Social Media Marketing e dell’user engagement, mentre io stesso sono stato fellow del Santa Fe Institute nel biennio 2010-2011. Entrambi siamo da poco tornati da un’esperienza di ricerca e formazione al MIT di Boston.

L’ottimizzazione, l’evoluzione e l’avanzamento strutturale delle modalità di analisi della Reputation Monitoring Room sono per noi obiettivi prioritari.

Ma l’operatività manuale non rallenta i tempi?

Diciamo che cerchiamo di non farli rallentare troppo. Nel caso del Twitter Time, per esempio, abbiamo mandato un report solo un’ora e mezzo dopo la fine dell’evento con l’analisi di un migliaio di conversazioni. Ovviamente quando le conversazioni sono facilmente valutabili, ovvero quando si svolgono su Twitter in 140 battute, riusciamo a restare nell’ambito di un’ora, invece nel caso in cui abbiamo una grossa mole di post sui blog è più difficile.

E’ successo, ad esempio, quando abbiamo analizzato la questione dell’ipotesi di scorporo della rete Telecom Italia in cui ci sono stati diversi rilanci, e contenuti diffusi sui Social: in quel caso abbiamo impiegato un po’ più di tempo, a causa anche dell’esigenza di leggere integralmente e valutare unità di testo decisamente più ampie di un semplice tweet.

Cosa monitorate esattamente?

Social media, blog, siti di news, forum.

Su Facebook accediamo soltanto alle pagine pubbliche e agli account ufficiali, prendendo in considerazione solo quelle conversazioni. Abbiamo però notato che tutto ciò che ha un impatto diretto sul brand è osservabile già a partire dalle conversazioni che si sviluppano su  Twitter e su alcuni  blog specializzati. Il tipo di interazione che si genera su Facebook, infatti, è di solito meno critica rispetto a quella che si sviluppa su Twitter e che tende a diffondersi con maggiore velocità. Come strumento di analisi utilizziamo Radian 6, per il monitoring di conversazioni on line in generale e un tool custom che accentra le conversazioni ed effettua un crawling più approfondito su Twitter, YouTube e Facebook.

Qual è il valore aggiunto che questa attività porta al business aziendale?

Come Telecom Italia siamo presenti on line su diversi canali e con diverse properties. In particolare, le attività della Reputation Monitoring Room si concentrano sull’ambito Corporate, quindi più sulle conversazioni che possono avere un impatto sul mother brand. La Reputation Monitoring Room costituisce una facility fondamentale per valutare i nostri investimenti, comprendere come performiamo e dare feedback alle strutture operative che gestiscono la comunicazione sui social, ma è anche la fonte di analisi e valutazione della nostra capacità di ingaggiare un dialogo con il social user  e degli impatti delle conversazioni online sulla reputazione  aziendale, oltre che il centro di smistamento e segnalazione di eventuali alert per l’ufficio stampa. In altre parole, riveste un ruolo centrale all’interno dei processi di monitoraggio della Corporate Communication.

In questo primo periodo avete riscontrato da parte dei vostri clienti interni un vantaggio dall’utilizzo di questi strumenti?

Sicuramente sì: è migliorato il flusso di collaborazione con le operations, si sono intensificate le sinergie tra i diversi canali ed è cresciuto il numero di richieste di report ed insights da parte dei nostri clienti interni. Un altro degli obiettivi che ci siamo posti, d’altra parte, consiste nel monitorare l’impatto delle diverse iniziative di comunicazione verticale sulla visibilità totale del brand: per una precisa scelta di campo, infatti, abbiamo dedicato ad iniziative come Navigare Sicuri, Navigare Insieme, AvoiComunicare e Fondazione Telecom Italia delle pagine Facebook e degli account Twitter (salvo nel caso di Fondazione) specifici, piuttosto che mantenere tutto il flusso comunicativo accentrato solo sugli account di Telecom Italia Group. Se è vero che ciò ha (apparentemente) “disperso” la fanbase su più canali, è anche vero che ci consente di targetizzare meglio le azioni di comunicazione e di raggiungere un pubblico effettivamente interessato a quei temi (riducendo così significativamente il “rumore” generato da updates che magari hanno poco appeal su certi utenti e rischiano di generare disinteresse verso il brand).

Come pensi che vengano utilizzati i social dalle altre aziende?

Negli ultimi anni numerosi brand hanno investito molto sui Social, come testimoniato dal crescente numero di conversazioni e dall’aumentato grado di engagement intorno ad essi ed alle loro attività.

In generale, ho notato che i nostri competitors hanno sviluppato una forte consapevolezza delle potenzialità dei Social; guardando però al panorama italiano in generale, emerge che vi è ancora chi associa le attività sui Social esclusivamente al ritorno sull’investimento.

Essere presenti sui Social Media e monitorarne le azioni spontanee o le reazioni ci consente piuttosto di comprendere, in un’ottica più ampia di quella unicamente legata al ritorno sugli investimenti, quale sia l’impatto delle conversazioni spontanee e come noi influiamo su di esse, dunque qual è l’effetto e il ritorno della nostra comunicazione sulla reputation del brand. Da questo punto di vista c’è ancora molto da fare, ma posso dire – e ne ho avuto conferma parlando sia con varie personalità in ambito accademico (siamo da poco tornati dal MIT Media Lab) che esplorando e valutando attività simili nel mondo – che Telecom Italia è tra le prime aziende a livello globale a dotarsi di una facility che integri così fortemente monitoraggio ed analisi della reputation aziendale.

Credo di poter dire che siamo tra i pochi ad avere un’ampiezza di properties, iniziative (culturali, sociali e di inclusione digitale, solo per citare alcuni dei nostri ambiti di azione) e una profondità di monitoring così strutturate relativamente al mondo Social ed online. I temi di cui ci occupiamo – uniti alle notizie che ci riguardano – sono particolarmente adatti ad essere conversati anche online, ed è dunque piuttosto naturale che il volume di conversazioni che si generano attorno al mother  brand  sia più alto rispetto a quello di altre utility e aziende italiane.

Non a caso, l’ampio volume di conversazioni, feedback e livelli di engagement che ci arrivano dalla Rete rispetto alle nostre iniziative di comunicazione è stato  uno dei motivi che ci hanno spinto a creare la monitoring room.

 

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Massimiliano Spaziani Brunella

Massimiliano Spaziani Brunella – Attualmente responsabile della ReputationMonitoring Room presso la direzione Corporate Communication di Telecom Italia (settore Corporate Identity, Ricerche & Digital Identity – Brand Strategy e Ricerche), da inizio 2011 ha gestito lo start up del progetto.

Massimiliano è un ingegnere informatico ed è stato Fellow del Santa Fe Institute nel biennio 2010-2011, con il progetto: “Web and Financial Market as an integratedempiricalplatform”.

Nello stesso periodo ha coordinato l’area relativa ai progetti di ricerca di Working Capital, l’iniziativa di Telecom Italia per il sostegno ai giovani imprenditori e ricercatori italiani.

Tra le altre attività gestite in ambito Web all’interno di Telecom vi sono stati progetti quali Blognation ed iThink.

Tra le precedenti attività lavorative, rientrano vari anni di esperienza su processi e sistemi di Business Intelligence e CustomerRelationship Management in Telecom Italia, in Sas Institute e in Datamat.

Pubblicato su DATAMANAGER a giugno 2012

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ATOOMA, GAMEPIX E DISCORDIA DAL LAZIO ALL’HEIDELBERG INNOVATION FORUM

(Roma, 13 marzo 2013). Giovani, innovative e ‘web based’. Si chiamano Atooma, GamePix e Discordia e sono le 3 realtà laziali che il 20 marzo presenteranno il proprio modello di business all’Heidelberg Innovation Forum, evento che raduna le 20 migliori imprese europee di industrie creative e le mette in contatto con investitori ed esperti internazionali. La partecipazione all’Heidelberg Innovation Forum, permetterà alle due startup incubate da Enlabs e al team Discordia (vincitore del premio Filas “Castro Adventure Game” al Global Game Jam 2013) di definire meglio il proprio modello di business, ricevere supporto nella fase di ricerca dei finanziamenti ed entrare a far parte della community di FAME, il progetto europeo coordinato da Filas che ha l’obiettivo di favorire lo sviluppo delle industrie creative.

Premiata al Mobile World Congress di Barcellona come migliore App, Atooma è stata sviluppata da Simple Srl, una startup formata da quattro ragazzi di 27 anni. Quest’applicazione Android, che conta già 90mila utenti, è in grado di interagire con tutte le funzionalità del telefono – dai messaggi alle chiamate, alle email – ed è in grado di automatizzare e personalizzare compiti che normalmente vengono svolti da  App diverse. Attraverso Atooma ad esempio è possibile programmare lo smartphone ad attivare il wifi appena entrati in casa, mandare un messaggio in automatico a qualcuno per avvisarlo che sei rientrato, attivare automaticamente il bluetooth quando si è in auto ma anche disattivare bluetooth, wifi, 3g e abbassare la luminosità automaticamente se si ha la batteria scarica. Il tutto attivando una semplice ‘regola’ e senza bisogno di codici di programmazione.

Di EnLabs è anche la neonata GamePix, startup specializzata nei giochi online che ha già ideato il videogame BattlePix e che adesso punta alla creazione di un grande game-network: una sorta di sito web con tanti giochi in cui gli utenti possono competere gratuitamente utilizzando un unico avatar virtuale e condividere la loro esperienza con gli amici e altri giocatori sparsi per il pianeta (i videogame utilizzano mappe del mondo reale).  Le partecipazioni di Atooma e GamePix sono frutto anche dell’accordo Filas-Enlabs per operare congiuntamente in favore delle startup del Lazio.

All’Heidelberg Innovation Forum ci sarà anche Discordia, il team di 6 ragazzi -dai 20 ai 35 anni- che ha vinto la sfida “Castro Adventure Game” lanciata da Filas al Global Game Jam di Roma 2013. Il gruppo è stato premiato per aver realizzato in sole 48 ore la migliore demo usando come riferimento il progetto “La Tuscia Farnese” del Distretto Tecnologico per i beni e le attività Culturali del Lazio (www.futouring.com). La demo vincitrice, “Visions of Eris”, è basata su realtà aumentata e marcatori (oggetti reali come carte o libri) che – una volta inquadrati con il tablet – rendono possibile un’esplorazione in 3d dell’ambiente.

Sono più di 370 le startup e gli sviluppatori provenienti da 10 diversi Paesi che dal 2005 hanno presentato le loro idee all’Heidelberg Innovation Forum: più della metà hanno avuto importanti contatti con investitori e decision-makers del mercato.

Contante addio: l’Italia è pronta a passare al Mobile Payment

L’Italia è pronta al balzo in avanti nel Mobile Proximity Payment, il pagamento tramite avvicinamento al POS del cellulare NFC (Near Field Communication): ben 2,5 milioni di telefoni NFC già venduti, 2 milioni di carte di pagamento contactless già emesse, piani definiti per l’attivazione di oltre 170.000 POS a fine 2013.

A partire dal primo pomeriggio, a questo link saranno disponibili i video con le demo delle soluzioni di Mobile Payment presentate

Milano, 21 febbraio 2013 – Dopo una fase iniziale di ampia diffusione degli smartphone ma di limitata disponibilità di servizi per il loro utilizzo per finalizzare gli acquisti, si sta finalmente affermando in Italia l’utilizzo del Mobile Payment. È quanto emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio NFC & Mobile Payment del Politecnico di Milano*. I dati della ricerca, presentata a Milano presso il Campus Bovisa in occasione del Convegno “Mobile Payment, l’Italia s’è desta!”, mostrano un mercato in forte crescita che prosegue il trend molto positivo già delineato nel 2011.

Alla base della diffusione del Mobile Payment in Italia ci sono tre fattori chiave: lacrescita del 20% dei servizi che consentono di completare gli acquisti online attraverso il telefono cellulare, come il pagamento dei bollettini postali e del canone Rai ma anche dei parcheggi e delle corse degli autobus; la disponibilità della tecnologia che permette di usufruire di questi servizi trasformando il proprio cellulare in un bancomat, grazie all’intesa operativa raggiunta a Ottobre dalle principali Telco italiane (Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3g e Poste Mobile) sull’impiego della SIM NFC (Near Field Communication); una legislazione che incentiva l’uso dei pagamenti elettronici, posta alla ribalta con i decreti “SalvaItalia” e “Sviluppo-bis”.

In questo contesto, l’attaccamento degli italiani al contante vacilla: nel 2012 quasi un miliardo di euro è stato pagato dagli italiani utilizzando il cellulare come strumento di attivazione del pagamento.
Il Mobile Remote Payment & Commerce passa infatti da 700 milioni di € nel 2011 a oltre 900 milioni di € nel 2012, registrando una crescita del +30%.

Di questi, ben 470 milioni di € derivano dall’utilizzo del Mobile Payment per l’acquisto dei contenuti digitali per gli smartphone, in crescita del 15% rispetto al 2011: gli italiani abbandonano infatti l’acquisto di contenuti tramite SMS (in calo del 12%) ma si rivolgono agli appstore per effettuare acquisti di app, in crescita del 20%.

L’utilizzo del Mobile Remote Payment & Commerce per beni e servizi registra invece una straordinaria crescita del 60% raggiungendo un valore di circa 310 milioni di €.
Contribuisce a questo successo la crescita del Mobile Remote Commerce, ovvero gli acquisti online che implicano anche l’uso del cellulare in una o più fasi.

Turismo e trasporti, coupon, aste e gruppi di acquisto sono i settori più attivi (86% del valore delle transazioni): il Mobile si conferma così un canale ottimale per veicolare quegli acquisti dove è importante per i consumatori cogliere un’occasione essendo online in un preciso istante.
E diversi negozianti stanno cogliendo a loro volta questa opportunità: su un campione di oltre 200 tra i principali esercenti attivi nell’eCommerce, 1 esercente su 3 ha puntato anche sul canale Mobile (nel 2011 era 1 esercente su 5). Il 55% dei player attivi ha sviluppato sia l’App sia il Mobile site.

Il pagamento diretto con cellulare a fronte di un servizio raggiunge un valore pari a 130 dei 310 milioni di € del Mobile Remote Payment & Commerce per beni e servizi. L’80% circa di questo importo è stato speso per acquistare ricariche telefoniche e pagare i bollettini, ad esempio il canone Rai o i bollettini postali.
Il restante 20% è stato utilizzato per pagare servizi soprattutto nell’ambito della mobilità, come il pagamento della sosta, dei biglietti del trasporto pubblico locale, e di taxi, car&bike sharing e ztl.

E proprio questo utilizzo può diventare la “killer application” in grado di diffondere il mobile payment. Si stima, infatti, che siano oltre 700.000 le ore di parcheggio pagate dagli italiani attraverso il cellulare, oltre 600.000 i biglietti di corsa semplice e qualche migliaio le ricariche degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale attivate da Mobile, mentre le corse di taxi pagate con cellulare sono quasi 10.000. Per un totale di oltre 1 milione di transazioni di piccolo importo.

Gli ultimi 150 milioni di € del valore del mercato Mobile Remote Payment & Commerce, derivano dalle attività di Mobile Money Transfercresciute del 50% nel 2012: l’84% è rappresentato dall’acquisto di ricariche di carte prepagate, il 13% dal trasferimento di credito telefonico e solo il 3% da “vero e proprio” Mobile Money Transfer p2p.

 

Fonte: Osservatorio NFC & Mobile Payment del Politecnico di Milano, febbraio 2013

L’affermazione del pagamento tramite cellulare in Italia è però legata soprattutto allo sviluppo del Mobile Proximity Payment, l’opportunità di utilizzare lo smartphone come una carta di credito mediante l’impiego della SIM NFC.

L’accordo firmato a ottobre 2012, in concomitanza con il GSMA NFC Mobile Money Summit, dagli operatori telefonici nazionali ha permesso la realizzazione di una piattaforma comune dedicata al pagamento. E se il 2013 si preannuncia come l’anno dell’affermazione definitiva, il 2012 è stato l’anno del lancio di numerose sperimentazioni nel Mobile Proximity Payment.

Focalizzando la nostra attenzione sulla variante NFC Card Present, abbiamo misurato gli asset essenziali su cui, già adesso, si può contare in Italia”, affermano Valeria Portale e Giovanni Miragliotta, Responsabili dell’Osservatorio NFC & Mobile Payment. “A fine 2012, vi erano circa 30.000 terminali POS NFC attivi, partendo dai circa 5.000 del 2011, e gli impegni già assunti dagli attori dell’ecosistema portano a stime conservative, per fine 2013, di oltre 170.000 POS operativi (più del 10% del totale). Sempre a fine 2012 si contavano circa 2,5 milioni di telefoni NFC già venduti che, secondo le nostre stime più conservative (in termini di spesa pro-capite per la sostituzione del parco telefoni e di scelta di Apple per il prossimo iPhone)diverranno circa 6,0 milioni a fine 2013. Infine, dal 2011 al 2012 le carte contactless circolanti sono passate da 750.000 ad oltre 2 milioni, con piani molto aggressivi sulle nuove emissioni e sulle sostituzioni. Sono passi da gigante, se si considera la scala temporale su cui sono misurati, che ci portano a dire che in Italia, ma anche in Europa, il “punto angoloso” della curva di diffusione dell’NFC è alle nostre spalle

L’evoluzione attuale del mercato permette di tratteggiare due scenari di sviluppo del Mobile Payment nei prossimi tre anni, legati alla modalità tiepida o convinta con cui gli attori dell’ecosistema gestiranno la creazione di servizi e la diffusione di tecnologia per fruirli. 

Secondo la simulazione del Politecnico di Milano, a fine 2016 e con riferimento ai due scenari già menzionati, il numero di utenti che pagheranno mediante una soluzione di Mobile Proximity Payment, oscillerà tra 6,0 e 10,3 milioni di utenti, a fronte di un parco cellulari NFC medio che supera i 25 milioni di unità: il parco esercenti dotati di POS NFC oscillerà tra 405.000 e 610.000, caso quest’ultimo che mantiene nel tempo dinamiche di crescita simili al 2013, già notevoli.
Da queste stime emerge come nello scenario “tiepido”, il valore dei pagamenti mediante Mobile Proximity Payment  al 2016 sarà di 4,7 miliardi di euro, dei quali 1,5 miliardi verranno effettuati nei micro-pagamenti. Nello scenario in cui gli attori sono convinti dell’investimento in questa nuova modalità di pagamento, il transato intercettato salirebbe a 10,8 miliardi di euro (+130%), di cui 4,3 miliardi di micro-pagamenti (+187%). 

“Se singolarmente telco, issuer o acquirer lavorassero al massimo delle proprie possibilità, avendo dagli altri attori una risposta attendista, non si otterrebbero neppure lontanamente i risultati prospettati nello scenario in cui gli attori sono convinti”, commenta Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio NFC & Mobile Payment.
Ed un euro investito da un ecosistema coordinato rende, in termini di capacità di intercettare il transato, il 140 % in più di un euro speso da un attore isolato. Considerando che il totale delle transazioni oggi regolate in Italia per mezzo di contanti è stimabile in circa 400 miliardi di euro l’anno, gli spazi, anche nello scenario più “convinto” sono davvero enormi, e saranno colti – pensiamo rapidamente – negli anni a venire. L’importante, adesso, è seminare nella direzione che assicuri la massima velocità di crescita”.

E sono già molte le iniziative lanciate nel 2012 o programmate nel 2013, frutto della collaborazione “convinta” tra telco, issuer o acquirer. Nel corso della sessione pomeridiana della presentazione dell’Osservatorio NFC & Mobile Payment ne verrà presentata una selezione che include Bemoov (Consorzio Movincom),  Day Tronic Mobile (Day Ristoservice), Mobile Ticketing (Netsize), Move and Pay (Intesa Sanpaolo), Pay On Delivery (PayPal), QR Money (CartaSi), Quick POS (CartaSi, Ingenico Italia), Servizi Remote & Proximity di PosteMobile, TIM Wallet (Telecom Italia), myworkspace (Univerce), Vodafone Smart PASS NFC (Vodafone Italia, CartaSi, SIA), YouPass BNL (Vodafone Italia, 3 Italia, SIA) e Auriga.

  • L’edizione 2013 dell’Osservatorio NFC & Mobile Payment è realizzata con il supporto di: Auriga, CartaSi, CheBanca!, Movincom, Day Ristoservice, Edenred Italia, Ingenico, Intesa Sanpaolo, modomodo, Neomobile, Netsize, OPENTECH, PayPal, PosteMobile, Samsung, Sensei, SIA, Telecom Italia, TotalErg, Ubiquity, Univerce e Vodafone; 3 Italia, Banca Marche, Banca Popolare di Sondrio, Banca Sella, Capgemini, Cashlog, Centili, Comesterogroup, D2, InfoCert, Konvergence, Lottomatica Servizi, Lynx, Nòverca Italia, Oberthur Technologies, RetAPPs, Research In Motion, StMicroeletronics

Il social business è un’utopia o già una realtà?

Negli ultimi anni si fa un gran parlare di social innovation e di social business, fenomeni che si stanno diffondendo a macchia d’olio. Di cosa si tratta? 
Ne abbiamo parlato con Roberto Randazzo, partner presso R&P Legal – Rossotto, Colombatto & Partners e docente di Diritto degli Enti non Profit presso Università Commerciale ‘Luigi Bocconi’.

«In realtà è il terzo settore che si sta trasformando; sta cambiando la struttura degli enti che si occupano di queste tematiche, ora si parla di imprenditoria sociale e c’è un’attenzione da parte dei potenziali investitori, i cosiddetti detentori di capitali pazienti che sono attratti da questo settore».

La domanda che questa nuova tipologia d’investitore si pone è quindi la seguente: com’è possibile impiegare il denaro in modo tale da massimizzarne l’impatto sociale?

Una domanda complessa che, peraltro, non sostituisce ma si affianca alle più tradizionali questioni tipiche dell’investitore che riguardano l’orizzonte temporale, la liquidità dell’investimento, il grado di garanzia del capitale e quant’altro.

«I finanziatori cercano Il blended value ovvero un ritorno del capitale più un valore sociale generato dall’impresa finanziata. L’investitore accetta un rendimento minore per supportare l’output sociale. Si tratta di una nuova figura posta a metà tra il filantropo e l’investitore tradizionale; un soggetto disposto a rinunciare a una parte più o meno rilevante della redditività del proprio patrimonio, a favore della creazione di una diversa forma di valore: l’utilità sociale».
Ci sono già alcune case history come ad esempio il fondo britannico Bridge Ventures all’inizio supportato dal pubblico e poi in seguito finanziato dal mercato, in Italia siamo all’inizio di questo percorso e c’è ancora molto da fare.

Mind the Seed chiude il primo accelerator batch: ecco 6 le startup finanziate

San Francisco, 19 FEB – Un periodo di 10 settimane di accelerazione a San Francisco all’interno del GYM di Mind the Bridge e un primo investimento diretto per Atooma, Bad Seed Entertainment, in3DGallery, Map2App, Myze e Weendy.

Queste le 6 startup scelte per accedere al Winter batch 2013, programma di accelerazione di Mind the Bridge con investimenti del fondo Mind the Seed (il secondo gruppo – summer – partirà ad agosto). Una rosa di talenti provenienti da Italia, Israele, Grecia, Spagna e Stati Uniti a conferma dell’apertura internazionale verso il Mediterraneo che rappresenta la novità 2013 per la fondazione Mind the Bridge.

“Il lavoro di scouting che abbiamo svolto negli ultimi mesi, con particolare interesse al sud Europa, ha portato i suoi frutti – commenta Marco Marinucci, founder di Mind the Bridge – Le startup che abbiamo invitato, e sulle quali MTS ha effettuato un primo investimento seed, sono outsider con tutte le carte in regola per crescere in grande. Il modello ‘testa e mercato in Silicon Valley’ ma sviluppo nel paese d’origine è quanto mai vincente in questi momenti di esuberanza di mercato hi-tech in Silicon Valley”.

Mind the Seed (MTS) è infatti un fondo di seed venture con base negli Stati Uniti che si propone di agire da primo investitore istituzionale per le migliori startup che passano attraverso la rete di scouting di Mind the Bridge. L’obiettivo è allinearsi al loro successo. Una novità importante quella introdotta a inizio anno dalla fondazione americana che, pur conservando l’orientamento non-profit delle proprie attività, trova in Mind the Seed una struttura di  investimento professionale che possa supportare concretamente le startup nei loro primissimi passi verso la via del successo, generando allo stesso tempo un ritorno economico per gli investitori.

E se l’obiettivo finale è quello di lanciare imprese dall’ambizione internazionale, con centro in Silicon Valley e R&D in Europa, ecco che da quest’anno la fondazione apre anche a talenti dall’intera area mediterranea, ricca di competenze tecniche di alto livello ma a costi competitivi.

“L’Italia resta la nostra area di elezione, la colonna portante del nostro ‘ponte’ – precisa Alberto Onetti, Chairman della fondazione – Ma abbiamo avuto richieste per replicare il modello di Mind the Bridge da tutta Europa. E siamo convinti che, oltre a dare una mano a sviluppare innovazione e imprenditorialità in altri paesi che, come il nostro, versano oggi in una situazione di difficoltà, l’apertura al Mediterraneo porti benefici anche alle nostre imprese che si ritroveranno a confrontarsi – al Gym di One Market Plaza (San Francisco) – in un ambiente cosmopolita, con evidenti vantaggi in termini di stimoli e possibilità di apprendimento”.

Ed ecco quindi le 6 startup appena finanziate da Mind the Seed che si preparano a presentarsi a un panel di investitori in occasione del demo-day del 14 marzo, organizzato al MtB Gym:

1. Atooma è una app che rende gli smartphone davvero “smart” ovvero capaci di seguire i comportamenti dell’utente in maniera intelligente. Con Atooma infatti il telefonino può automaticamente leggere le mail con comandi vocali quando si è alla guida o attivare la modalità silenziosa quando si arriva sul posto di lavoro. Inoltre con Atooma si possono creare mini-app in pochi secondi senza alcuna conoscenza tecnica: gli utenti della community possono condividere le Atooma create, scaricare quelle degli altri utenti e attivarle in un solo click. www.atooma.com

2. Bad Seed Entertainment dà vita a console di qualità per videogame con elementi unici di gameplay, per cellulari e applicazioni su piattaforme iOS e Android. Nata per regalare ai giocatori la miglior esperienza di gioco possibile, Bad Seed ha recentemente lanciato Sheep Up!, gioco per iPhone e iPad che sfida l’utente a guidare un gregge di pecore dal fondo di una scatola di vecchi giocattoli fino alla sommità della scatola e alla libertà. www.badseedenteirtainment.com

 3. in3Dgallery è un innovativo tool di presentazione 3D, basato su tecnologia web3D in real time che migliora l’esperienza di visualizzazione delle immagini attraverso una app web, facebook  e mobile. Strumento ideale per professionisti, fotografi, imprese, musei e qualsiasi altro utente voglia condividere il  proprio portfolio invitando ospiti da ogni parte del mondo.www.in3dgallery.com  

4. Map2App è una piattaforma web che consente a chiunque di creare guide territoriali per iPhone e Android e distribuirle tramite Apple Store e Google Play. Utile per aziende, enti e autori indipendenti desiderino trasformare in modo semplice, veloce ed economico contenuti in loro possesso relativi a un territorio o a un evento in una app multi-piattaforma. www.map2app.com

5. Wallie è una applicazione per cellulare e web che aiuta gli shopper online a risparmiare denaro, scegliendo la giusta carta di credito. A seconda delle promozioni, degli sconti e delle offerte disponibili. Questo permette ciascun utente di diventare uno “smart shopper”, ovvero un acquirente intelligente. www.wallieinc.com

6. Weendy  è una app che permette di trovare e condividere le migliori condizioni di vento, onde e neve con i propri amici e con tutte le persone che nutrono il medesimo interesse. Compagno ideale per sport di vento, consente di “catturare” la condizione atmosferica e di postare in piattaforma un commento che viene notificato all’istante ai propri contatti su Twitter, Facebook o Foursquare.  www.weendy.com

 

Videointervista a Greg Schott – President and CEO of MuleSoft

MuleSoft, connecting the New Enterprise

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato  MuleSoft azienda che fornisce la piattaforma di integrazione SaaS più utilizzata per il collegamento di applicazioni enterprise nel cloud.

Ha sede a San Francisco, con uffici in tutto il mondo. L’azienda è privata e finanziata da venture capital dal luglio 2006.

Fondata sull’idea che le applicazioni di collegamento non dovrebbero essere difficili, MuleSoft consente alle organizzazioni di sfruttare la potenza delle loro applicazioni attraverso l’integrazione.

Il progetto open source Mule è stato fondato nel 2003 da Ross Mason, CTO di MuleSoft che ha deciso di creare una nuova piattaforma che metteva in risalto la facilità di sviluppo, la flessibilità e il riutilizzo dei componenti. La piattaforma immediatamente ha trovato un seguito ed è cresciuta rapidamente in termini di adozione, ora conta oltre 100.000 sviluppatori nella comunità Mule.

Ora, MuleSoft ha lanciato la prossima generazione d’integrazione con CloudHub ™, la prima piattaforma d’integrazione fruibile come un servizio (iPaaS). CloudHub è una cloud-based piattaforma d’integrazione, costruita sulla tecnologia leader d’integrazione Mule al centro, che consente agli sviluppatori e team di applicazioni d’integrare ed orchestrare applicazioni e servizi senza soluzione di continuità in tutta l’azienda e nel cloud.

Oggi, MuleSoft è utilizzato in produzione da migliaia d’imprese leader di settore come Walmart, MasterCard, Nokia, Nestlé, Honeywell e DH.

Con Greg Schott, President e CEO di MuleSoft, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sul mercato e un approfondimento sul futuro dell’integrazione.

Symform – Join the revolution

Durante il tour nella Silicon Valley ho visitato Symform un’azienda che propone di utilizzare il network per risolvere il problema dello storage e del backup.

La similitudine con il Grid Computing è molto forte e forse potrebbe davvero rivoluzionare questo settore.

Symform è un sicuro servizio di backup basato sul cloud. La rete di archiviazione Symform protegge i file, la vostra attività: chiunque decida di contribuire alla rete, avrà a vostra disposizione spazio illimitato sul cloud e servizi di backup gratis. A differenza dei tradizionali centri di stoccaggio dati, la rete Symform cripta, divide, e distribuisce a livello mondiale i dati. Questa tecnologia dirompente fornisce più sicurezza e garantisce un abbattimento dei costi oltre che prestazioni superiori rispetto a qualsiasi alternativa di oggi. I clienti che si collegano alla rete Symform contribuiscono fornendo una percentuale dell’eccesso del loro spazio disco locale e in cambio ricevono un servizio di backup gratuito sul cloud.

Con Praerit Garg, President and Co-Founder of Symform, abbiamo ripercorso la storia dell’azienda, con un focus sula loro rivoluzionaria, rete distribuita di cloud storage.

Fondazione Telecom Italia – online il nuovo sito

Oggi come ieri, il Gruppo Telecom Italia crede fermamente che una Fondazione attenta alle nuove emergenze sociali e a forme innovative di relazione, possa incarnare e concretizzare efficacemente il suo impegno sul fronte della responsabilità sociale d’impresa e del rapporto con la comunità.

Lavorare in una fondazione d’impresa significa confrontarsi quotidianamente con stimoli e verifiche continue, ma soprattutto significa essere disposti a mettersi in relazione, con il mondo sociale e non solo, perché proprio la varietà di fronti su cui Fondazione è impegnata costituisce la sua grande ricchezza.

A quattro anni dalla sua nascita, Fondazione Telecom Italia è pronta ad aprire le porte del suo mondo come mai prima d’ora e vi invita a  visitare un sito fortemente rinnovato e potenziato – http://www.fondazionetelecomitalia.it/

“Non più un canale puramente istituzionale, bensì un portale dinamico che presenta le attività e i progetti operativi della Fondazione in modo completo, semplice ed invitante: un vero strumento di comunicazione multimediale dove il linguaggio è utilizzato in modo innovativo, orientato al web 2.0 e ai social network.
Cuore pulsante di tutti i nostri progetti sarà la tecnologia, imprescindibile fattore vivificante e abilitante anche del Terzo Settore per aiutare le esigenze dell’intera collettività.

Destinatari primari del sito sono le associazioni no-profit, il Terzo Settore, i beneficiari dei progetti e tutti gli enti interessati a partnership e attività congiunte.” Marcella Logli – Segretario Generale Fondazione Telecom Italia

Una ricerca analizza come i responsabili HR vengono percepiti dal management delle aziende europee

Secondo lo studio della Economist Intelligence Unit, CEO e CFO riconoscono il valore della relazione con i responsabili HR ma auspicano un maggiore coinvolgimento, allineamento e comprensione della strategia di business

La notizia

Uno studio recentemente condotto dalla Economist Intelligence Unit (EIU) e sponsorizzato congiuntamente da Oracle e IBM ha analizzato come i top manager delle aziende europee percepiscano il ruolo dei responsabili delle Risorse Umane. L’analisi è stata realizzata per identificare le aree di opportunità per i responsabili delle Risorse Umane che vogliano aiutare le rispettive organizzazioni a raggiungere gli obiettivi strategici.
L’Economist ha intervistato 235 top manager, 95 dei quali basati in Paesi dell’Europa Occidentale come Belgio, Francia, Germania, Italia, Svizzera e Regno Unito. Il 57% del campione appartiene alla categoria dei CEO o ruoli equivalenti, e il 43% a quella dei CFO o ruoli equivalenti.
Lo studio “C-level perspectives of the HR function in Western Europe” evidenzia che sono molti i CEO e i CFO per i quali la competenza e l’esperienza della funzione HR circa le criticità relative al personale possono aiutare realmente un’azienda ad assumere decisioni complesse ma cruciali in periodi economicamente difficili.
Lo studio ha anche confermato come il management delle aziende europee consideri di valore la propria relazione con i responsabili HR: nel 69% dei casi gli intervistati hanno descritto tale rapporto lavorativo come “collaborativo e di fiducia” e nel 63% lo hanno definito “di elevato valore”.
L’analisi rivela però come ci sia comunque un margine di miglioramento affinché la funzione Risorse Umane diventi ancora più strategica. Solo il 38% degli intervistati ritiene infatti che il responsabile HR svolga un ruolo chiave nella pianificazione strategica e solo uno su dieci pensa che tale ruolo sia “assolutamente determinante”.
Come i responsabili HR dell’Europa Occidentale possono posizionarsi meglio in un’ottica di successo

La maggioranza degli intervistati ha espresso preoccupazione rispetto alla effettiva capacità dei responsabili delle Risorse Umane di comprendere le dinamiche business nella loro globalità. Per il 42% il responsabile HR resta infatti troppo focalizzato sui processi e incapace di cogliere lo scenario complessivo, mentre per il 36% non comprende a sufficienza il business aziendale.
L’analisi mostra inoltre come i responsabili HR che hanno punti di vista simili a quelli dei CEO e dei CFO hanno altresì maggiori probabilità di risultare influenti. In effetti, l’81% di coloro che appoggiano pienamente la strategia HR attuata dal relativo responsabile di funzione ritiene che quest’ultimo ricopra una posizione strategica fondamentale.
I top manager delle società di grandi dimensioni risultano maggiormente preoccupati da possibili criticità relative alle risorse umane che possono condurre a una carenza di leadership. Oltre due terzi degli intervistati che operano in imprese con più di 1.500 dipendenti teme che una mancanza di di leadership possa danneggiare finanziariamente l’azienda nei prossimi 12 mesi; tale preoccupazione è condivisa solo dal 49% di coloro che lavorano invece presso realtà più piccole.
Un altro dato interessante è come il top management delle aziende più grandi tra quelle intervistate (fatturato annuo superiore ai 10 miliardi di dollari) discuta con maggiore frequenza le problematiche di talent management con i propri responsabili delle risorse umane. Il 42% degli intervistati che appartengono alle società più grandi afferma infatti di avere frequenti occasioni di confronto relative alle performance e allo sviluppo del Management, rispetto al 24% degli intervistati delle imprese di dimensioni inferiori.
Pertanto, il responsabile HR ha l’opportunità di influenzare sensibilmente la direzione strategica della propria azienda laddove:
lavori presso un’organizzazione di grandi dimensioni;
sia capace di pensiero strategico, in particolare nello sviluppo di personale di livello senior;
sappia condividere idee analoghe al CEO e al CFO in materia di strategia HR.
Dichiarazione a supporto
“Non sorprende vedere come la maggiore preoccupazione degli executive che lavorano presso grandi società sia costituito dalla strategia e dallo sviluppo di talento a livello di leadership”, ha commentato Gretchen Alarcon, Vice Presidente, Oracle HCM Strategy. “I responsabili HR possono provare il loro valore a CEO e CFO focalizzando l’attenzione su strategie finalizzate a favorire il talento nelle figure senior e a trattenere i migliori leader già presenti in azienda”.
IBM è membro Diamond di Oracle PartnerNetwork (OPN).

Risorse a supporto

 

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