Attacchi bancari fileless – ecco come avvengono

Gli esperti di Kaspersky Lab ricostruiscono un caso di ATMitch e scoprono un modo misterioso di guadagnare con gli ATM

 

Un giorno gli impiegati di una banca scoprirono un ATM vuoto: i soldi erano scompari e non c’era traccia di danni fisici al dispositivo né di malware. Studiando questo caso, gli esperti di Kaspersky Lab sono stati in grado non solo di scoprire i tool usati dai cyber criminali per la rapina ma anche di riprodurre l’attacco, scoprendo una vulnerabilità di sicurezza nella banca.

A febbraio 2017 Kaspersky Lab ha pubblicato i risultati di un’indagine su misteriosi attacchi fileless ad alcune banche: i criminali usavano un malware residente in memoria per infettare le reti bancarie. Ma perché lo stavano facendo? Il caso ATMitch ha aiutato gli esperti ad ottenere il quadro d’insieme.

L’indagine è iniziata dopo che gli specialisti forensi della banca hanno scoperto e condiviso con Kaspersky Lab due file contenenti log di malware trovati nell’hard drive dell’ATM (kl.txt e logfile.txt). Questi sono gli unici due file lasciati dopo l’attacco: non è stato possibile trovare i file eseguibili nocivi poiché dopo la rapina i cyber criminali hanno cancellato il malware. Tuttavia, anche queste scarse informazioni hanno permesso a Kaspersky Lab di condurre con successo un’indagine.

Preleva e cancella

Grazie ai file di log, gli esperti di Kaspersky Lab sono stati in grado di identificare pezzi di informazione in formato testo che li hanno aiutati a creare delle YARA rule per gli archivi pubblici di malware e a trovare un sample. Le YARA rule – essenzialmente delle stringhe di ricerca – aiutano gli analisti a scoprire, raggruppare e categorizzare campioni di malware connessi e creare collegamenti sulla base di pattern comportamentali sospetti su sistemi o reti che presentano somiglianze.

Dopo una giornata di attesa, gli esperti hanno trovato il desiderato campione di malware: “tv.dll” o “ATMitch”, come è stato successivamente rinominato. È stato scoperto due volte: una volta in Kazakistan e una in Russia.

Questo malware viene installato ed eseguito da remoto su un ATM dall’interno della banca attraverso lo strumento di amministrazione remota di questi dispositivi. Dopo l’installazione e la connessione all’ATM, il malware ATMitch comunica con il Bancomat come se si trattasse di un software legittimo. Questo permette ai criminali di eseguire una serie di comandi, come raccogliere informazioni sul numero di banconote nei cassetti dell’ATM. Inoltre, permette ai criminali di erogare denaro in ogni momento, semplicemente premendo un tasto.

Solitamente i criminali iniziano raccogliendo informazioni sulla somma di denaro all’interno di una macchina, per poi inviare il comando di erogare un certo numero di banconote da qualsiasi cassetto. Ai criminali non resta, quindi, che ritirare le banconote e andarsene. Una simile rapina richiede solo pochi secondi.

Una volta svaligiato l’ATM, il malware elimina le proprie tracce.

Di chi si tratta?

Non è ancora noto chi si celi dietro questi attacchi. L’utilizzo di codice open source nell’exploit, di comuni utility Windows e domini sconosciuti nella prima fase di attacco rende praticamente impossibile determinare quale gruppo ne sia responsabile. Tuttavia, “tv.dll”, usato nella fase di attacco che coinvolge gli ATM, contiene risorse in lingua russa e i gruppi conosciuti che potrebbero rispondere a questo profilo sono GCMAN e Carbanak.

“Questi criminali potrebbero essere ancora attivi, ma non temete! Combattere questo tipo di attacchi richiede competenze specifiche agli specialisti di sicurezza che proteggono le organizzazioni. La violazione ed esfiltrazione dei dati da una rete può avere successo solo con tool comuni e legittimi e, dopo l’attacco, i criminali potrebbero cancellare tutti i dati che porterebbero al rilevamento, non lasciando alcuna traccia. Per affrontare questi problemi, le indagini forensi nella memoria sono sempre più fondamentali per l’analisi dei malware e delle loro funzionalità. Come provato da questo caso, una pronta risposta diretta agli incidenti può aiutare a risolvere anche i casi più difficili”, ha commentato Sergey Golovanov, Principal Security Researcher di Kaspersky Lab.

Le soluzioni Kaspersky Lab rilevano con successo le attività criminali che sfruttano le tattiche, tecniche e procedure precedentemente descritte. Ulteriori informazioni su questa storia e le Yara rule per le analisi forensi degli attacchi fileless possono essere trovate nel blog post su Securelist.com. I dettagli sulle tecniche, compresi gli indicatori di compromissione, sono inoltre a disposizione dei clienti dei Kaspersky Intelligence Services. 

 

Indagine Talend: l’80 per cento dei CIO sta pianificando un progetto Big Data per il 2017

Analisi in tempo reale, self-service e gestione dei metadati hanno la precedenza su Intelligenza Artificiale e Machine Learning


Talend (NASDAQ: TLND), leader mondiale nelle soluzioni software di integrazione cloud e big data, ha condotto un sondaggio che, coinvolgendo 169 responsabili IT, indica come big data, analytics e governance siano nella lista delle priorità per il 2017. I risultati dell’indagine mostrano che analisi in tempo reale, gestione dei metadati e l’accesso self-service ai dati costituiscono quasi il 70 per cento dei progetti che i responsabili IT leader intendono realizzare nel 2017, strutturando i propri dati per sfruttare intelligenza artificiale e machine learning in un futuro prossimo.

Dall’indagine emerge anche che mentre la spinta verso la trasformazione digitale continua ad essere un obiettivo da perseguire, quotidianamente i CIO sono chiamati ad affrontare le sfide in termini di budget e di tempo per garantire le operazioni di business. Di conseguenza, il loro obiettivo è guardare al progresso tecnologico continuando a focalizzarsi sul core business.

“La tecnologia da sola non rende l’azienda più orientata ai dati”, ha affermato Ashley Stirrup, chief marketing officer di Talend. “E’ fondamentale comprendere l’importanza del giusto mix di risorse umane, tecnologie e processi necessari per incrementare il valore strategico dei dati. Il compito dei responsabili della trasformazione digitale è quello di creare una cultura aziendale che intende i dati come una risorsa strategica che deve essere considerata in ogni fase del processo decisionale. Questo approccio garantisce l’agilità e la flessibilità di business necessarie per rimanere competitivi sul mercato odierno”.

 

I principali risultati dell’indagine Talend sui CIO:

 

  • Aumento dei progetti Big Data: le aziende hanno raggiunto un nuovo livello di conoscenza sui big data, con oltre l’80 per cento degli intervistati che indica di aver pianificato almeno un’iniziativa big data nel 2017, cifra quasi doppia rispetto al numero dei progetti big data portati a termine nel 2016. Per il 2017 i progetti si concentreranno su analytics e client.
  • Le analisi in tempo reale sono una priorità assoluta per il 26% degli intervistati per il 2017, segue la gestione dei metadati per il 20% mentre la preparazione self-service dei dati è stata indicata come priorità dal 18%. Molti CIO prendono già in considerazione intelligenza artificiale e machine learning e Internet of Things (IoT) ma con un livello più basso di importanza, pari rispettivamente al 10% e 5%.
  • I Big Data sempre più spesso vengono utilizzati per migliorare i processi interni e l’assistenza clienti: il lavoro dei responsabili IT spesso si divide tra l’introdurre nuove tecnologie per migliorare il business e il garantire l’operatività in modo sicuro ed economico. Questo spiega come per il 27% degli intervistati l’impatto più significativo dei Big Data sulla loro organizzazione sia proprio rappresentato dal miglioramento dei processi interni. Mentre per il 20% è il customer service ad aver beneficiato dei Big Data, seguito dal 17% sia per la riduzione dei costi operativi sia per la creazione di nuovi flussi di reddito.
  • Il rapporto tra IT e Business è il più grande ostacolo per diventare un’azienda orientata ai dati: il 35% degli intervistati ha indicato quale sfida principale nel percorso per diventare data-driven il rapporto tra IT e business. In particolare, per il 23% questo rapporto è stato l’ostacolo da dover affrontare prima ancora di quello del budget o quello di disporre di competenze adeguate che è considerato come una sfida solo dal 16% degli intervistati.
  • Governance, qualità e self-service dei dati: quando è stato chiesto quale dei seguenti aspetti rappresenti la massima priorità per l’azienda, i responsabili IT hanno messo in evidenza governance dei dati (37%), qualità dei dati (33%) e self-service (31%). Questi risultati mettono in luce come per le aziende sia di primaria importanza poter garantire che i dati siano puliti, gestiti e ampiamente accessibili in modo che i dipendenti possano metterli al servizio del successo aziendale.

 

 

A proposito di Talend

Talend (NASDAQ: TLND)  è uno dei leader della prossima generazione di soluzioni di big data e cloud integration che aiuta le aziende che vogliono essere guidate dai dati, rendendoli più accessibili, migliorandone la qualità e fornendoli rapidamente là dove sono necessari per un processo decisionale in tempo reale.  Semplificando i dati grazie a questi passaggi, Talend permette alle aziende di agire con perspicacia basandosi su informazioni precise, minuto per minuto, relative alla loro attività, ai clienti e al settore. Le soluzioni open source innovative di Talend raccolgono, preparano e combinano i dati provenienti da centinaia di fonti con rapidità ed efficienza, in modo tale che le aziende possano ottimizzarli in ogni ambito delle loro attività. Talend ha sede a Redwood City, California. 

Advanced Analytics – ossia come usare i big data per innovare il business

A cura di Giuseppe Donvito, Partner di P101

 

Cresce l’importanza ed il numero dei dati per le aziende, e con essa matura anche la necessità di analizzarli, classificarli, e soprattutto utilizzarli in maniera consapevole. A questo fine, sta guadagnando uno spazio sempre maggiore il campo degli advanced analytics: ovvero l’analisi autonoma o semi-autonoma dei dati attraverso tecnologie sofisticate, al fine di raggiungere una più profonda comprensione delle informazioni e fare previsioni utili allo sviluppo futuro del business. Di seguito la riflessione di Giuseppe Donvito, Partner del fondo di venture capital P101.

 

Gli advanced analytics, a differenza dell’analisi tradizionale, non si concentrano solo sui dati storici, ma permettono di raccogliere e studiare le informazioni in tempo reale, persino di predire comportamenti e trend futuri. L’analisi predittiva infatti è una sottocategoria degli advanced analytics, ed una fondamentale: riuscire a padroneggiare queste tecnologie significa avere un vantaggio competitivo enorme, in quanto integrare queste informazioni nelle strategie di business significa poter influenzare i trend prima ancora che si formino.

 

Gli advanced analytics, quindi, più che una tecnica sono un insieme di tecniche (predictive analysis, data/text mining, machine learning, sentiment analysis, neural networks – solo per citarne alcune) che permette per esempio di comprendere meglio comportamenti e preferenze dei consumatori attraverso l’analisi di grandi masse di dati.

 

Quello delle analisi “avanzate” è uno strumento relativamente nuovo, ma già oggi le grandi aziende stanno cercando di integrarlo nel proprio lavoro: secondo la ricerca MIT Sloan Management Review, il 2016 ha visto un aumento sensibile del numero di società che utilizzano questo tipo di analisi per ottenere un vantaggio sui competitor. Stando allo studio di Sloan Management, nel periodo 2013-2015 si è verificato un rallentamento nell’utilizzo dei big data e degli analytics (dal 67% al 51%), dovuto in parte ad un surplus di dati e alla difficoltà di metterli a frutto in maniera competitiva. Nel 2016, invece, le aziende prese in esame hanno iniziato ad implementare sistemi di advanced analytics che hanno permesso loro di superare questo scoglio (57%) e di utilizzare dati approfondimenti analitici ai fini strategici di innovazione dei modelli di business. Oggi queste realtà sono in grado di accedere a pool di dati sempre più grandi e hanno finalmente incominciato ad integrare gli strumenti di analisi nei processi decisionali.

 

E il loro impegno sta già portando a risultati soddisfacenti: il report Data & Advanced Analytics: High Stakes, High Rewards pubblicato il mese scorso da Forbes Insights evidenzia come delle società che hanno posto al centro della business strategy un utilizzo sapiente degli advanced analytics, quasi due terzi abbiano riportato un incremento dei margini o dei ricavi del 15% o più nel corso del 2016. Nel dettaglio, il 66% ha visto crescere i ricavi mentre il 63% ha conseguito un crescita dei margini operativi. Inoltre, il 60% di queste imprese ha dichiarato di aver migliorato il proprio profilo di rischio grazie agli advanced analytics. Insomma, non c’è da stupirsi se più di metà dei dirigenti intervistati ha in programma di investire nei prossimi due anni cifre che partono da un minimo di 10 milioni di dollari in big data e advanced analytics, e se gli esperti del settore si aspettano che il mercato degli advanced analytics cresca del 33% entro il 2021, fino a raggiungere un valore di 60,44 miliardi di dollari.

 

P101 – Insightful Venture Capital

P101 è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: ContactLab, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

 

 

2017_03_15_P101_NFTP_Insiders-Opinion_Advanced-Analytics.pdf

Le banche spendono in sicurezza IT il triplo rispetto a organizzazioni non finanziarie

Le istituzioni finanziarie sentono l’urgenza di incrementare la propria sicurezza, a causa dell’aumento del rischio di attacco informatico alla loro infrastruttura IT dovuto a nuovi trend, come il crescente utilizzo del mobile banking. I clienti giocano un ruolo sempre più importante nel segnalare gli incidenti di sicurezza e infatti un quarto (24%) delle istituzioni finanziarie afferma che alcune delle minacce affrontate nel 2016 sono state identificate e riferite dai loro utenti.

 

Secondo l’indagine Financial Institutions Security Risks di Kaspersky Lab e B2B International, gli investimenti in sicurezza sono una priorità per banche e istituzioni finanziarie. In seguito a un attacco alla sua infrastruttura o ai suoi clienti, una banca spende il triplo in sicurezza IT rispetto a un’istituzione non finanziaria della stessa dimensione. Inoltre, il 64% delle banche ha ammesso di prevedere investimenti per migliorare la propria sicurezza IT indipendentemente dal ROI (return-on-investment), per rispondere alle crescenti richieste degli organi governativi di regolamentazione, del top management e persino dei clienti.

 

Sebbene le banche dedichino tempo e budget alla protezione del perimetro dalle minacce informatiche note e sconosciute, si è rivelato difficile proteggere le numerose infrastrutture IT che caratterizzano l’attuale ambiente bancario, che include ATM e terminali Point-of-Sale. Il vasto panorama delle minacce in continua evoluzione, insieme alla difficoltà riscontrata nell’aumentare l’attenzione dei clienti per la sicurezza, ha offerto ai criminali sempre più punti di vulnerabilità da sfruttare.

 

Rischi emergenti: attacchi di social engineering ai conti bancari

Il report evidenzia i rischi emergenti legati al mobile banking, che rappresentano un trend in grado di esporre le banche a nuove minacce informatiche. Il 42% delle banche prevede che, nell’arco di tre anni, la maggior parte dei clienti utilizzerà il mobile banking, ma ammette che gli utenti prestano troppa poca attenzione al loro comportamento online. Il 46% delle banche intervistate ha ammesso che i suoi clienti sono frequentemente sotto attacco da parte di campagne di phishing e il 70% ha inoltre riferito di tentativi di frode finanziaria andati a buon fine che hanno comportato perdite di denaro.

 

I crescenti attacchi di phishing e social engineering ai loro clienti hanno portato le banche a rivalutare il loro impegno nella sicurezza informatica. Il 61% degli intervistati vede il miglioramento della sicurezza di app e siti utilizzati dai clienti come una priorità di sicurezza, seguita a poca distanza dall’implementazione di metodi di autenticazione e verifica dei dettagli per il log-in più complessi (una priorità per il 52%).

 

Sebbene siano vulnerabili ai trucchi e tool di phishing che prendono di mira i loro clienti, le banche sono ancora principalmente preoccupate da un altro “vecchio nemico”: gli attacchi mirati. Le ragioni di questa preoccupazione sono giuste: i metodi di attacco mirato sono sempre più comuni, con piattaforme malware-as-a-service usate persino per colpire organizzazioni finanziarie.

 

Attacchi mirati: una minaccia persistente

Gli incidenti verificatisi mostrano che gli investimenti nella sicurezza nel settore finanziario sono giustificati nella maggior parte di casi: le istituzioni finanziarie riportano significativamente meno incidenti di sicurezza rispetto ad aziende della stessa dimensione in altri settori, con la sola eccezione degli attacchi mirati e dei malware. Il rilevamento di attività insolite e potenzialmente nocive, che combinano tool legittimi con malware fileless, richiede una combinazione di soluzioni avanzate contro gli attacchi mirati e un’ampia intelligence sulla sicurezza. Tuttavia, il 59% delle aziende finanziarie deve ancora dotarsi di intelligence sulle minacce di terze parti.

Tipi di incidenti di sicurezza sperimentati: attacchi mirati e malware sono gli unici incontrati dalle organizzazioni finanziarie più che dalle aziende di altri settori.

L’intelligence sulle minacce aiuterebbe le banche ad essere allertate rapidamente sulle minacce nuove ed emergenti, un elemento importante considerando che spesso sottovalutano la vulnerabilità dei loro dispositivi, come gli ATM. Condividere l’intelligence di terze parti potrebbe quindi aiutare le banche a prepararsi alle minacce che altrimenti potrebbero non aspettarsi.

Protezione degli ATM: poco interesse, alta vulnerabilità

Le banche dimostrano scarsa preoccupazione per il rischio di perdite finanziarie dovute ad attacchi agli ATM, nonostante siano altamente vulnerabili ad attacchi di questa natura. Solo il 19% delle banche sono preoccupate dagli attacchi a questi dispositivi, nonostante il tasso crescente di malware che prendono di mira questa parte dell’infrastruttura delle banche (nel 2016 abbiamo rilevato una crescita del 20% dei malware per ATM rispetto al 2015).

“Combattere le mutevoli minacce che prendono di mira la loro infrastruttura IT e i conti dei clienti è una sfida quotidiana per le istituzioni finanziarie. Per mettere in atto una risposta efficace – che protegga tutti i punti di vulnerabilità – è necessario che il settore dei servizi finanziari si doti di una protezione altamente integrata contro gli attacchi mirati, una sicurezza anti-frode multicanale e un’intelligence operativa sulle minacce in evoluzione”, ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab.

 

Per maggiori informazioni sulla ricerca, è possibile visitare https://business.kaspersky.com/how-the-financial-industry-reacts-to-cyberthreats/6610

 

TAKE MY THINGS – SOCIAL TRANSPORT A PORTATA DI SMARTPHONE

Un problema comune: avere la necessità di trasportare qualcosa. Una soluzione geniale: utilizzare la Rete per trovare qualcuno disposto a farlo. Arriva il social transport Take My Things e grazie alla App da oggi gli oggetti viaggiano più velocemente.

A chi non è mai capitato di lasciare a casa un documento importante, di dimenticare le chiavi, di non poter recapitare un pacco quando ce ne sarebbe stato bisogno? Da ora a tutto questo pensa Take My Things… Anzi, ci pensa la Rete. L’idea, tanto semplice quanto innovativa, che sta alla base della start up è quella di mettere in contatto, attraverso la App, la domanda e l’offerta, chi deve trasportare un pacco e chi è disposto a farlo; e trovare una soluzione nel più breve tempo possibile.

Ogni giorno miliardi di persone si spostano, con differenti mezzi di trasporto, e spesso hanno a disposizione dello spazio per trasportare piccoli oggetti. Più utile di un post su Facebook, più efficace di un gruppo Whattsapp, più veloce di un giro di chiamate fra gli amici… Il modello è semplice, la app intuitiva, il risultato un successo sicuro.

 Take My Things è una start up, pensata prima e realizzata poi da due amici, Guido Balbis e Francesco Demichelis, dopo che Francesco aveva dimenticato a Saluzzo le chiavi della casa al mare e, non trovando una soluzione, era tornato indietro 150 km per riprenderle!

Take My Things è nata nel febbraio 2015 ed è stata lanciata ufficialmente a gennaio 2016; in pochi mesi ha già fatto viaggiare oltre 1.000 pacchi. E’ nata a Saluzzo e i primi test sono avvenuti nel cuneese. La vera partenza a Torino e Milano e oggi, ogni giorno, la piattaforma cresce a due cifre, perché in tutta Italia, tutti i giorni, si iscrivono nuovi utenti.

Take my Thing è un social transport, in perfetto stile sharing economy. Secondo un recente studio condotto da PriceWaterhouse Coopers il giro d’affari della sharing economy in Europa potrebbe valere, in termini di volumi di transito, 570 miliardi di euro entro il 2025.

Scaricare la App è gratuito, iscriversi semplice e facile. Basta inserire l’oggetto, l’indirizzo di presa e di consegna, la data e l’ora massima per la consegna, la cifra che si è disposti a pagare. Fatto questo Thake My Things incrocia i dati inseriti creando una rete in grado di soddisfare le esigenze di trasporto 24 ore su 24. Negli anni della sharing economy e del peer-to-peer, dove tutti sono continuamente connessi, perché non utilizzare smartphone e tablet per risolvere in maniera semplice e diretta un problema? Il modello di business è quello di tante startup che hanno fatto fortuna, Bla Bla car per esempio…solo che questa volta a viaggiare sono le cose.

Ci sono Mara e Fabio che hanno vinto una scommessa, hanno indovinato quanto sarebbe pesata Alice alla nascita, e hanno ricevuto dai neo-genitori 3,5 kg di Nutella. C’è Francesca, che aveva dimenticato il passaporto a casa e se lo è fatto recapitare all’ultimo minuto. Ci sono Chiara, che abita a Milano ed è lontana da casa, e Giacomo, che fa il pendolare e ogni mese le porta un pacco della mamma. E poi ci sono i negozi, che devono consegnare gli acquisti ai clienti ma non hanno il fattorino, gli uffici, che non hanno nessuno che possa portare quella busta…

 

Guardandola da un altro punto di vista Take My Things è un’opportunità di business. Semplice e remunerativo. Perfetto per chi sta ancora studiando e vuole arrotondare con un piccolo lavoretto ma ancor di più per tutti quelli che non hanno un lavoro fisso e possono provare a guadagnare qualcosa… La transazione è lineare, l’accordo avviene in fase di match. L’offerta è chiara ed è il trasportatore a decidere se accettarla.

Ancora un dettaglio. Take my Things è green, perché consente di ottimizzare gli spostamenti e di fare del peer-to-peer un’opportunità ecofriendly.

Si dice che siano le idee comuni a rendere geniali le soluzioni.

LA STARTUP INDIGO AI VINCE CHATBOT CHALLENGE

La startup Indigo AI, piattaforma di intelligenza artificiale che utilizza chatbot e machine learning per automatizzare la comunicazione con i propri utenti in chat, vince CHATBOT CHALLENGE: Call for Innovation lanciata da Bricoman Italia, il più grande specialista di prodotti tecnici professionali per la costruzione e la ristrutturazione della casa, con 17 negozi e oltre 2.300 collaboratori, presente inoltre in Spagna, Francia e Polonia con oltre 70 negozi e 7.000 collaboratori, e Digital Magics, business incubator quotato sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana (simbolo: DM). I 9 finalisti, selezionati fra le candidature inviate a http://chatbot.digitalmagics.com, hanno partecipato alla giornata di pitch che si è svolta all’interno del BM Lab: il nuovo spazio, progettato accanto agli uffici di Bricoman a Rozzano, dedicato all’innovazione e al digitale, in cui le startup potranno lavorare insieme a Bricoman Italia per lo sviluppo di nuovi progetti digitali. I finalisti di CHATBOT CHALLENGE sono eccellenze tecnologiche che sviluppano chatbot: programmi per elaborare e analizzare il linguaggio umano, creando strumenti semplici, universali e anche multilingua per interazioni e conversazioni con le persone come se fossero utenti veri e propri che scrivono nella chat o con l’integrazione vocale, dando vere e proprie informazioni.

                                  

I 9 finalisti sono: Alfabot, Botfarmy, BotSupply, FIORAH, Indigo AI, HELLO BOT, Pedius, Stamplay e UserBot. La giuria di CHATBOT CHALLENGE – che ha scelto Indigo AI come migliore startup della Call e vincitrice di 5.000 Euro – era formata da: Layla Pavone, amministratore delegato di Digital Magics per l’industry innovation, Edmondo Sparano, chief digital officer e consigliere di Digital Magics, Alessandro Di Giovanni, amministratore delegato di Bricoman Italia, Michele Cuoccio, cfo di Bricoman Italia, Alice Morrone, digital marketing ed e-commerce manager di Bricoman Italia, Elio Cariboni, direttore centrale acquisti di Bricoman Italia, Alessandro Pici, direttore di negozio di Bricoman Italia, Luca Pinto, direttore di negozio di Bricoman Italia, Stefano Sunda, responsabile settore idraulica di Bricoman Italia, Alessandro Tiretta, fondatore e CEO di Retapps, Barbara Boggetti, retail expert e Alfio Puglisi, managing director di GFT Italy. “In tutto il mondo moltissime aziende stanno investendo sulle tecnologie chatbot e siamo convinti che diventerà uno dei trend digitali del 2017 – dichiara Layla Pavone, amministratore delegato di Digital Magics per l’industry innovation – e il progetto condiviso con Bricoman Italia aveva l’obiettivo di trovare soluzioni per innovare la gestione delle relazioni con i loro clienti, grazie ai servizi innovativi delle startup.

I progetti finalisti e il vincitore di ‘CHATBOT CHALLENGE’ dimostrano, ancora una volta, che i talenti italiani non hanno nulla da invidiare rispetto ai neoimprenditori internazionali. Vorrei ringraziare Bricoman Italia perché ha colto perfettamente l’importanza di aprirsi al digitale, non solo con lo sviluppo di questa Call, ma soprattutto con il ruolo attivo e propositivo durante tutto il programma di ‘Open Innovation’. Un’ulteriore dimostrazione di quanto Bricoman Italia creda nel valore aggiunto e nell’apporto delle startup, in termini di innovazione, è l’aver creato un vero e proprio spazio di co-working dedicato agli startupper accanto ai loro uffici”.

Un anno di sorprese per il mondo della logistica

A cura dell’Ufficio Studi di P101 in collaborazione con Antonio Perini, AD e fondatore di Milkman

Il mondo del last-mile, ovvero dell’ultima tratta delle consegne a domicilio dello shopping online, che una volta era costretto ad adattarsi alle esigenze dei corrieri, sta vivendo un epocale spostamento del proprio focus: ora, al centro di tutto, se si vuole prosperare, ci sono il cliente e le sue esigenze.

Una mutazione spontanea e doverosa, visto che è proprio nelle mani del cliente che il last-mile termina la sua corsa. Tutti gli studi più recenti dicono, senza ombra di dubbio, che un fallimento nella consegna è visto, dall’utente finale, non tanto come un fallimento dell’operatore logistico (percepito come un’entità ancora piuttosto astratta) ma piuttosto del brand o negozio online dal quale la spedizione è partita. Chi subisce un problema di consegna non torna a comprare dal sito: è un cliente perso. Un sondaggio condotto lo scorso ottobre negli USA da Dotcom Distribution ha scoperto che il 47% degli utenti ha deciso di abbandonare un negozio online a seguito di una brutta esperienza con le consegne.

Il fenomeno è sentito in modo così urgente da aver convinto un colosso come Zalando, lo scorso luglio, a dare ai propri clienti tedeschi la possibilità attiva di non avvalersi del partner logistico Hermes (poco costoso ma bersagliato da recensioni negative), taggandolo in fase di checkout per essere serviti da DHL.

Ma che cosa vogliono gli shoppers? La lista dei loro desideri è composta da cinque punti: controllo, scelta, visibilità, velocità e convenienza. L’ultimo di questi desideri, va sottolineato, opera in netto contrasto con i primi quattro.

Non è un segreto che velocità e convenienza, in questo momento, siano per lo più concentrate nelle mani di Amazon: nessuno ha i mezzi per battere le offerte di Prime. Consegne in un’ora a €6,90 e in finestre di due ore gratuite (a fronte di un abbonamento di soli €19,99 all’anno).

Controllo, scelta e visibilità restano, pertanto, i campi di battaglia sui quali le startup che si dedicano al last-mile possono non solo distinguersi ma portare vera innovazione e valore aggiunto.

Tutti i trend, nazionali e internazionali, ci dicono che il 2017 sarà l’anno nel quale l’importanza del same-day potrebbe essere sorpassata da quella delle consegne su appuntamento.

Un sondaggio condotto da DHL in Germania ha rivelato che il 78% degli intervistati trova prioritario poter scegliere l’ora della consegna, mentre il 68% vuole decidere anche il giorno. Il desiderio di controllo da parte dello shopper lo porterà anche a pretendere di poter annullare e riprogrammare la consegna fino all’ultimo minuto possibile, possibilmente senza costi aggiuntivi (cosa che Milkman già offre tramite la sua app per smartphone).

Accenture ci fa sapere che un incredibile 69% di retailers ha indicato le consegne su fascia oraria come l’innovazione più desiderata per il miglioramento del loro servizio.

L’adozione delle finestre orarie, in un survey promosso da Metapack e condotto tra retailer britannici, registra un notevole terzo posto tra gli investimenti che gli eCommerce considerano prioritari, superato solo da una migliore responsività dei servizi di back-end e front-end e dalla generica necessità di ottenere nuovi software/tecnologie.

La visibilità è qualcosa su cui anche Amazon non brilla (ed è probabile che i loro recenti tentativi di varare una flotta proprietaria siano mossi anche da questa esigenza). Sapere che il pacco arriverà “in giornata” è di scarsa utilità. Gli shoppers desiderano seguirlo minuto per minuto e, come ci suggerisce l’esperienza dettata dalle 10.000 consegne effettuate da Milkman nel 2016, anche avendo scelto una fascia oraria di un’ora, con aggiornamenti costanti che vanno a restringere il momento della consegna a 30 minuti, si fanno vivi per sapere esattamente quando suonerà il campanello.

Un piccolo sondaggio che abbiamo eseguito sulla nostra pagina Facebook, dedicato a chi già usa la nostra app, ha visto gli utenti votare, come nuova feature più desiderata, l’integrazione di una mappa sulla quale seguire in tempo reale il viaggio del furgone a loro diretto.

Le esigenze di controllo e visibilità si estendono a ritroso lungo tutta la catena di distribuzione, a partire da un checkout in negozio senza frizioni, nel quale modalità, tempi e prezzi di spedizione siano visibili da subito e non solo all’ultimo step dell’acquisto.

Uno studio condotto in Gran Bretagna di Censuswide, per conto di Shutl (fornitore di consegne last-mile di proprietà di eBay), ha rivelato che nel 2015 il 9% degli intervistati aveva preso ferie o malattia per non perdere la consegna di un pacco. Il 18% è invece disposto a lasciare la porta o una finestra aperta per il corriere! Numeri che parlano da soli.

OPEN INNOVATION: DALL’IDEA GENERATION ALL’EXECUTION, PROSEGUE IL ROADSHOW ADS GROUP

Come si trasforma un’idea innovativa in un progetto concreto? Quali sono le tappe legali da seguire per ottenere un brevetto? Come si costruisce un rapporto di fiducia all’interno di un team di lavoro o di un intero network di aziende impegnate in progetti di Open Innovation? Queste sono solo alcune delle domande “pratiche” alle quali grandi aziende, start up ed esperti hanno dato una risposta lo scorso 5 dicembre a Napoli, in occasione della seconda tappa del roadshow “Open Innovation: Accetta la sfida!”, organizzata da ADS Group ed Innoventually, in collaborazione con TBiz. Dopo il successo ottenuto a Montecitorio, evento che ha dato il via al tour, altre quattro grandi aziende (Gesac, TIM, Sara Assicurazioni e STMicroelectronics) si sono “sfidate” a Palazzo Caracciolo, illustrando le loro iniziative di “idea generation” e sottoponendole al giudizio della platea, che si è espressa tramite la webapp ufficiale del roadshow.

A rompere il ghiaccio Gesac, che per costruire un aeroporto di nuova generazione si è rivolta direttamente ai suoi utenti tramite “The Smart Project”. “Tutto è partito da una call for ideas: – ha spiegato Antonio Pascale, Quality and Environment Managerdelle 62 idee progettuali raccolte ne sono state selezionate otto e, attraverso il processo di accelerazione all’interno di laboratori, le abbiamo trasformate in progetti cantierabili”. Per TIM, invece, “Innovazione non significa fare cose nuove, ma farle in modo differente – ha sottolineato Antonio Palumbo, Sales Manager area Sud1 – il nostro approccio all’Open Innovation è quello di ‘adottare’ delle aziende che possano valorizzare l’impianto infrastrutturale di TIM, in modo tale da generare progresso per il Cliente e per l’intera Digital society”.

Eleonora Scanga, Product Manager di Sara Assicurazioni, ha raccontato con orgoglio l’esperienza dell’hackaton: “una sfida partita alle 2 del pomeriggio e terminata alle 2 del giorno successivo. Abbiamo lavorato insieme, dipendenti e agenti, dando vita a quasi 300 idee (su 600 dipendenti) che diventeranno i progetti strategici del prossimo anno e del prossimo futuro”. Infine Alan Smith, Napoli Site Manager di STMicroelectronics, ha parlato del programma NeaPolis Innovation,  nato nel 2006 in Campania dall’intesa  fra Università e Aziende per intensificare i rapporti di collaborazione nel campo della ricerca e della formazione tecnico-scientifica: “siamo uno dei partner dell’iniziativa. Quest’anno le attività nelle università hanno riguardato i microcontrollori, che sono la base dell’Internet of Things”.

Ad aprire i lavori, l’assessore all’Innovazione della Regione Campania, Valeria Fascione, che ha annunciato il lancio per il 2017 della Piattaforma di Open Innovation per una Campania competitiva, perché “sostenere l’ecosistema dell’innovazione – ha detto – è una risposta virtuosa alla crisi”. A seguire, gli interventi di Antonio Scarfò, Innovation, Marketing, Partnerships&Alliances manager di Next-Era Prime (ADS Group) e del Direttore del Dipartimento di Informatica dell’Università di Napoli, Giorgio Ventre, secondo il quale “i laboratori congiunti nelle università possono essere la soluzione giusta per proporre nuovi modelli di innovazione”. Non a caso, infatti, è stato chiuso un accordo per l’apertura di un nuovo IoT Lab targato ADS Group a Napoli.

Nel corso del pomeriggio, inoltre, Banca Intesa Sanpaolo e il suo cliente Rinaldi Group hanno sottolineato il valore della “fiducia” come trigger dell’Innovazione, mentre l’avv. Elisabetta Randazzo dello studio legale internazionale Hogan Lovells e Ivan Ortenzi, consulente di Ars et Inventio – la Divisione di BIP che si occupa esclusivamente di Innovazione e Creatività – hanno fatto luce sui passi pratici, burocratici e legali  da compiere per passare dall’idea generation alla fase successiva: la execution. “Un’idea in sé non è brevettabile, deve prima diventare un’invenzione – ha precisato l’avv. Randazzo – è necessario dunque capire se l’idea è innovativa e suscettibile di applicazione industriale. Ovvero deve configurarsi come una soluzione specifica ad un problema tecnico. Una volta verificata la rispondenza a questi requisiti, si potrà fare domanda di brevetto che, una volta ottenuto, conferirà il diritto di utilizzare in esclusiva per vent’anni quella invenzione, di sfruttarla economicamente, vietando a terzi di realizzarla”.

“I veri talenti, quando escono dalle ‘fabbriche delle competenze’, cercano delle aziende dove possano provare piacere ad andare a lavorare, aziende che consentano loro di capitalizzare le nuove competenze”, ha spiegato Ortenzi. Nel panorama industriale attuale, “abbiamo aziende che chiedono innovazione, altre, che io chiamo ‘Open Companies’, che si stanno aprendo a nuovi trend, nuove tecnologie e nuove figure professionali, ma abbiamo soprattutto aziende che hanno bisogno di persone nuove, un concetto che io definisco ‘Open people’. Quindi: Open Innovation, Open Company e Open people sono i tre pilastri su cui stiamo costruendo una nuova piattaforma di domanda e offerta delle aziende”.

L’evento si è concluso con il “passaggio del testimone” che caratterizzerà tutte le tappe del roadshow di ADS Group. A raccoglierlo è stato il prof. Antonio Messeni Petruzzelli, Docente di Gestione dell’Innovazione e Technology Ventures del Politecnico di Bari, città dove il prossimo 23 gennaio si terrà la terza tappa dell’“Open Innovation Challenge” e, contestualmente, verrà inaugurato l’IoT Lab di ADS Group aperto al PoliBa con la premiazione dei vincitori del contest riservato agli studenti del Politecnico per lo sviluppo di soluzioni IoT afferenti ai seguenti ambiti tecnologici: Industria 4.0; Smart Agricolture e Big Data.

RACCOLTA DI OLTRE 1 MILIONE DI EURO PER INTERTWINE

Intertwine – startup innovativa di Digital Magics Napoli, sede campana di Digital Magics, business incubator quotato sul mercato AIM Italia di Borsa Italiana (simbolo: DM) – ha raccolto 1.035.000 Euro, tramite tre operazioni: un aumento di capitale, il bando Smart&Start Italia e un finanziamento dal Banco di Napoli. Intertwine (www.intertwine.it) è il social network per lo storytelling – basato su creatività condivisa e su collaborazione tra scrittori, lettori e talenti – per creare, condividere e pubblicare opere editoriali multimediali collaborative. Intertwine si rivolge inoltre a scuole e università con progetti digital e di colearning per gli studenti e alle aziende che vogliono raccontare la propria storia e i propri valori. AUMENTO DI CAPITALE Hanno partecipato alla sottoscrizione dell’aumento di capitale di 400.000 Euro in Intertwine: FI.R.A. – Finanziaria Regionale Abruzzese – che gestisce Starthope, Fondo di seed capital destinato a investimenti in startup che abbiano sede in Abruzzo; TechinTouch, business accelerator e partner di Digital Magics per lo sviluppo dell’ecosistema dell’innovazione in Campania e nel Sud Italia; Hubcom, holding di partecipazione di imprese innovative e altamente specializzate nel comparto delle telecomunicazioni; Eclettica, società di produzione e sviluppo software ad altissimo contenuto di innovazione, Nello Di Biase, angel investor, Giovanni Marinaccio, angel investor e CEO di Sintesi Sud e Stefano Squillacciotti, angel investor.

Gli investitori e le imprese coinvolti stanno anche supportando Intertwine per lo sviluppo delle strategie tecnologiche e commerciali. L’incubatore certificato Digital Magics continuerà ad affiancare la startup innovativa con i propri servizi di accelerazione per la crescita della società. SMART&START ITALIA Invitalia, tramite il bando Smart&Start Italia, ha concesso agevolazioni per complessivi 485.000 Euro di cui il 20% a fondo perduto. Smart&Start Italia è un incentivo del MISE per sostenere la nascita e la crescita delle startup innovative, stimolare una nuova cultura imprenditoriale legata all’economia digitale, valorizzare i risultati della ricerca scientifica e tecnologica e incoraggiare il rientro dei «cervelli» dall’estero. BANCO DI NAPOLI Banco di Napoli S.p.A (Gruppo Intesa Sanpaolo) attraverso lo Specialista per l’Innovazione Federica Tortora e il Gestore Imprese Cinzia Santoriello, ha analizzato il progetto di Intertwine attraverso l’algoritmo DATS (Due Diligence Assessment Tool Scorecard – primo modello di valutazione “forward looking” adottato da una banca per i finanziamenti in debito, basato su logiche derivate dalla valutazione degli investitori in Venture capital) e, riconoscendone le potenzialità e le prospettive di sviluppo, ha accordato un finanziamento di 150.000 Euro, sostenuto dal Fondo di Garanzia di Medio Credito Centrale, che ha garantito l’80% dell’affidamento concesso.

Grazie a queste operazioni, Intertwine punterà sul potenziamento della community, con attività di comunicazione e della piattaforma tecnologica Intertwine.it, con il rilascio di nuove funzionalità per creare un prodotto editoriale sempre più personalizzabile e multimediale. Nei prossimi mesi la startup napoletana aprirà una nuova sede operativa in Abruzzo. Sarà inoltre ampliata la rete commerciale e verranno lanciate iniziative di marketing dedicate alle scuole ed enti. Intertwine rafforzerà anche il team con l’ingresso di 4 professionisti: sviluppatori e business developer. Intertwine è una community di 15.000 iscritti, in cui ogni membro può dar vita a storie, articoli, reportage (o continuare quelli degli altri utenti) creando opere multimediali – con testo, audio, video, immagini, foto – senza limitazioni di spazio e temi da trattare. Ogni settimana sono 50 le storie pubblicate sulla piattaforma.

Tra le numerose partnership con enti e aziende, quella con l’Università Suor Orsola Benincasa ha creato grande valore e ottenuto un ottimo riscontro: sono state realizzate più di 50 storie, tra singole e collaborative, da parte degli studenti del corso in “Comunicazione e cultura digitale” sul tema della saga di Star Wars, che porteranno anche alla realizzazione di una sceneggiatura collaborativa. Altro traguardo raggiunto di recente è stato la raccolta di 10.000 Euro su Eppela.com, portale di crowdfunding.

“Ringraziamo tutti i nuovi investitori che hanno creduto nel nostro progetto e Digital Magics che ha avuto fiducia in noi da subito”, dichiara Gianluca Manca, Fondatore e CEO di Intertwine. “Questa raccolta di fondi per noi è solo l’inizio di un percorso che dovrà portarci a realizzare innovativi progetti editoriali”. “Intertwine rappresenta per noi una doppia sfida”, ha dichiarato Gennaro Tesone, Partner di Digital Magics. “Dal 2013 affianchiamo Gianluca e gli altri fondatori per la realizzazione di un nuovo prodotto editoriale, che unisce le caratteristiche classiche dei libri a quelle dei social network, per gli utenti e per le aziende italiane. Allo stesso tempo l’obiettivo della startup è portare la cultura digitale nelle scuole e nelle università proponendo agli studenti italiani un servizio innovativo di formazione e collaborazione”. “Con questa operazione FI.R.A., che ha investito 300.000 Euro, diventa l’azionista di maggioranza relativa di Intertwine e conferma il proprio ruolo di catalizzatore per la creazione e l’insediamento in Abruzzo di imprese ad elevato contenuto di tecnologia e innovazione”, afferma Alessandro Felizzi, Presidente di FI.R.A. FI.R.A. è la società partecipata dalla Regione Abruzzo e da un pool di banche, che ha gestito StartHope. Dalla prima operazione a maggio 2014 FI.R.A ha investito circa 20 milioni in 44 startup, risultando, per importo e numero di operazioni, il primo investitore italiano nel seed capital.

GAME ON! ORA PUOI GIOCARE SU MESSENGER

A partire da ieri Messenger è diventato più divertente, o più competitivo a seconda di come lo si guarda, grazie alla possibilità di giocare proprio nelle tue conversazioni su Messenger. Così, quando sei alla ricerca di un motivo per metterti in contatto con il tuo migliore amico che vive dall’altra parte del mondo, puoi dare il via a un round di Word with Friends: Frenzy; o riprovare a battere il tuo compagno di stanza a PAC-MAN anche solo per una volta; e, naturalmente, hai sempre il tempo di sfidare tuo fratello a Everwing, Space Invaders, Track & Field 100M, Galaga, e a molti altri Instant Games. In un primo momento, quest’ esperienza di gioco verrà lanciata in 30 paesi e sarà disponibile per le nuove versioni di iOS e dei sistemi operativi Android.

Abbiamo reso molto semplice iniziare a giocare: dopo aver scaricato l’ultima versione dell’app, apri una conversazione con un amico, o con più amici, tocca l’icona del game controller appena al di sotto dello spazio dove digiti il messaggio e scegli un gioco per cominciare subito. Dopo aver completato il primo round, le persone nella conversazione vedranno il tuo punteggio e avranno l’opportunità di sfidarti nuovamente. Le persone possono anche scoprire i giochi cercando nella casella di ricerca di Messenger o sul News Feed di Facebook, dove possono giocare da soli o sfidare gli amici su Messenger. I giochi su Messenger sono i primi ad essere lanciati sulle esperienze di gioco cross-platform dei nuovi Instant Game su Facebook.

Social, divertenti e competitivi, i giochi su Messenger includono classifiche a punteggio, chat e conversazioni di gruppo per poter sfidare, celebrare e congratularsi con gli amici vincitori.

Il miliardo di persone che ogni mese usa Messenger per connettersi, chiacchiera e condivide contenuti in tanti modi. Lo fanno inviando adesivi quando le parole non sono abbastanza, interagiscono con gli Instant Video per condividere sorrisi con la propria mamma dopo una giornata fantastica o per una rapida chiamata vocale agli amici per avvertirli del ritardo. Ora le persone possono connettersi e sfidarsi giocando ai loro giochi preferiti. Crediamo che questo sia solo l’inizio per i giochi su Messenger – siamo alla ricerca di nuovi contenuti da aggiungere e di nuovi modi per giocare.

Comincia a giocare!

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