Ansaldo Energia è stata selezionata dal Cluster Fabbrica Intelligente per conto del Ministero dello Sviluppo Economico come uno dei primi quattro “Lighthouse Plant”, completamente basato su tecnologie digitali nell’ambito del programma Impresa 4.0. Per realizzare questo obiettivo, con il supporto della Regione Liguria, Ansaldo Energia, oltre a coinvolgere alcuni dei principali centri di competenza della trasformazione digitale (quali l’Università di Genova e il Politecnico di Milano) e alcuni importanti partner tecnologici, ha deciso di selezionare alcune startup e PMI innovative in grado di apportare valore a tale iniziativa.
Per questo, Ansaldo Energia lancia la Call for Innovation “Digital X Factory”, in collaborazione con Digital Magics EnergyTech, rivolta a tutte le startup e PMI innovative italiane dell’Industria 4.0 in grado di progettare e realizzare soluzioni tecnologiche avanzate e applicabili ai propri processi produttivi.
Fra tutte le realtà che invieranno la propria candidatura entro il 20 novembre, saranno selezionate le 15 imprese più promettenti che venerdì 1 dicembre, presso lo Stabilimento Ansaldo Energia di Genova Cornigliano, presenteranno le loro proposte progettuali di fronte a una giuria di esperti di Industria 4.0.
Tra le startup e PMI finaliste saranno selezionate quelle che potranno contribuire alla creazione del Lighthouse Plant di Ansaldo Energia. Le modalità di partecipazione e altre informazioni utili sono disponibili sul sito http://DigitalXFactory.ansaldoenergia.com
Il Gruppo Ansaldo Energia è un protagonista internazionale nel campo della generazione elettrica, un player in grado di fornire all’industria un modello integrato, dagli impianti chiavi in mano, ai componenti (turbine a gas, turbine a vapore, generatori, microturbine), al service a supporto, fino alle attività nel campo dell’energia nucleare.
Digital Magics EnergyTech è il programma di incubazione specializzato per le startup digitali del settore dell’energia lanciato dall’incubatore quotato Digital Magics in partnership con Compendia, società di servizi energetici innovativi.
L’aspetto saliente della presente edizione è dato dalla disponibilità dei dati sui bilanci 2016, che consentono di ottenere un’istantanea aggiornata dei fondamentali economici espressi da questa platea.
Il 30 settembre 2017 risultavano iscritte 7.854 startup innovative, 460 in più rispetto a fine giugno. I dati dei bilanci 2016 attualmente disponibili coprono il 57,7% di questa popolazione: nei restanti casi l’impresa è stata costituita nel 2017, oppure i dati sul bilancio relativo all’esercizio 2016 non sono ancora stati acquisiti.
Ciò premesso, il valore della produzione medio per startup nel 2016 risulta in forte aumento: è ora pari a circa 160 mila euro, 45mila euro in più rispetto alla media rilevata nel trimestre precedente (+39,5%). Va però precisato che quest’ultimo valore si riferiva ai bilanci 2015, e risultava fortemente influenzato dalla progressiva perdita dello status di startup innovativa da parte di un numero consistente di imprese ormai “mature”, fenomeno già analizzato nelle precedenti edizioni di questo rapporto.
Il segnale più significativo del rafforzamento dimensionale delle startup innovative è dato pertanto dal valore aggregato della produzione, che al 30 settembre sfonda il tetto dei 700 milioni di euro (726.121.752 euro): un dato superiore di ben 312 milioni rispetto ai circa 414 milioni di euro (bilanci 2015) assommati dalle startup iscritte a fine giugno (+75,4%). L’aumento della popolazione complessiva delle startup, +6,2% rispetto a giugno, spiega solo in minima parte questa tendenza: è altresì evidente che, nel passaggio dai bilanci 2015 a quelli relativi all’esercizio 2016, si è assistito a un’importante accelerazione del percorso di crescita delle startup già iscritte.
Peculiarità delle startup innovative è una spiccata tendenza a investire, che si conferma anche con riferimento all’esercizio di bilancio 2016: il rapporto tra immobilizzazioni e attivo patrimoniale risulta infatti pari al 26,83%, ben 8 volte più elevato rispetto a quello ascrivibile alla media delle altre società di capitali italiane.
Queste e altre evidenze sono contenute nell’ ultima edizione del rapporto, relativa al terzo trimestre del 2017 e pubblicata quest’oggi sul sito startup.registroimprese.it
Realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico e da InfoCamere, la società informatica del sistema camerale, in collaborazione con UnionCamere, l’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il rapporto presenta un’ampia gamma di informazioni relative alla distribuzione geografica e settoriale delle startup innovative, al valore complessivo e medio della produzione e del capitale sociale, alla redditività e alle presenze giovanili, femminili ed estere nelle compagini sociali.
Le startup Edo Agenda, agenda cartacea con uno speciale layout delle pagine che connette ogni pagina dell’agenda cartacea a quelle digitali su PC e smartphone, Kollema, app che ti permette di condividere e visualizzare i commenti e le note degli altri utenti sugli e-book, rendendo la lettura social e Intertwine, piattaforma web di storytelling collaborativo che consente agli utenti la creazione e la pubblicazione di opere editoriali multimediali condivise vincono il Moleskine Open Innovation Program e accedono al Moleskine Incubator: percorso di accelerazione di 6 mesi per sviluppare il loro processo di crescita e di integrazione nell’offerta di Moleskine e il relativo “go to market”.
Moleskine Open Innovation Program è la Call for Innovation per le startup e scaleup italiane e internazionali lanciata da Moleskine, brand che sostiene la creatività e il talento, e Digital Magics, business incubator quotato su AIM Italia di Borsa Italiana.
I finalisti –che sono stati i protagonisti del Moleskine Innovation Day presso la nuova sede di Moleskine a Milano – hanno presentato modelli di business innovativi e scalabili in tutto il mondo, con prodotti e servizi in linea con i valori del brand Moleskine – che si fondano su concetti chiave come: Cultura, Immaginazione, Memoria, Viaggio, Identità Personale. I 15 finalisti sono: A.I. Travel Assistant, Cityteller, Edo Agenda, ElseWatcher, Griot, Infi-tex, Intertwine, Kollema, Let.life, MappiNa, myLike, onPony, Quad, QuasareWazabit.
Smart Agriculture, Smart Farming, Precision Agriculture sono tutti termini validi che stanno a significare cose a volte diverse ma legate allo stesso tema, ossia le soluzioni applicative volte al monitoraggio, alla gestione e all’ottimizzazione di diversi processi relativi all’Agricoltura.
Lo scopo è quello d’aumentare la produttività. Non si tratta solo di una motivazione di business: anche le organizzazioni internazionali come laFAO hanno sottolineato che per sfamare gli oltre nove miliardi di persone che dovrebbero abitare il pianeta nel 2050 servono approcci nuovi.
Il parallelo con quanto si sta facendo in campo industriale con le stesse nuove tecnologie è evidente. Tanto che se nel manufacturing si parla di Quarta Rivoluzione industriale, qui si parla di Terza Rivoluzione Verde (le prime due sono l’incrocio delle specie vegetali e l’uso della genetica nelle coltivazioni).
Uno degli elementi chiave nelle applicazioni di Smart Farming è la raccolta di più informazioni possibili sul campo, stavolta letteralmente. La logica è quella dei sensori disseminati dovunque sia necessario, sfruttando il fatto che grazie alla miniaturizzazione della componentistica elettronica è possibile avere sensori periferici di dimensioni e consumo contenuto per tutte le variabili ambientali d’interesse: temperatura, umidità, concentrazione di elementi chimici nel terreno, intensità e direzione del vento, precipitazioni, eccetera.
Abbiamo intervistato Marco Ciarletti, fondatore di Soonapse, la startup che produce il “predictive DSS” disegnato per l’IoT sul quale si basa SWAP – Smart WAtering Planner
Che cosa è la smart agriculture?
Ti è mai capitato di dover curare, o assistere, una persona malata che parla una lingua che non conosci?
E’ un’enorme fatica, vai avanti per approssimazioni cercando di interpretare segnali confusi, e non sei mai sicuro che le tue azioni siano quelle giuste.
In agricoltura è così, da sempre cerchiamo di capire ed interpretare i segnali che ci provengono dal terreno, dalle colture e dal clima.
Possiamo contare sull’esperienza degli agricoltori e sulle conoscenze scientifiche degli agronomi, ma per quanto attendibili la maggior parte delle informazioni sono presunte.
La Smart Agriculture, al di là delle diverse tecnologie utilizzate, crea un canale di comunicazione diretto con il terreno e con le colture, dà loro voce.
La quantità di umidità del mio terreno, grazie al sensore, me la dice direttamente lui. Sono finalmente riuscito a capire la lingua del mio malato…
Tutto comincia da questi dati finalmente “diretti” ed in tempo reale. Poi, a seconda dell’esigenza dell’agricoltore e della mia fantasia, posso elaborarli nei modi più diversi per poter fornire risposte dirette e precise, magari suggerendo anche nuovi percorsi.
Il vostro progetto WaterPlan è stato pluripremiato, mi racconti la storia?
Quattro anni fa ho diretto un progetto di ricerca in Sardegna, in collaborazione con il CRS4 (il Centro di Ricerca di Cagliari), che verteva sulla costruzione di una piattaforma di integrazione di dati IoT incentrata su un motore semantico.
Tutto bello, ma assolutamente incomprensibile senza uno “use case” che ne facesse apprezzare le caratteristiche.
Cercavamo ontologie ben fatte sulle quali intervenire, ed io dissi ai ricercatori: a me non interessa il dominio di applicazione, l’unico vincolo che vi pongo è di non scegliere niente che abbia a che fare con procedure amministrative, burocrazia, normative locali. Il nostro use case deve essere applicabile senza restrizioni in ogni angolo del globo, e deve risolvere problemi concreti.
Trovarono una ontologia sull’irrigazione molto ben fatta, prodotta da un cinese, e cominciammo da lì.
Questo use case ebbe successo e ci convinse, per cui quando due anni dopo fondammo la nostra startup, decidemmo che il nostro primo investimento sarebbe stato in questo ambito.
SWAP – Smart Watering Planner è il prototipo realizzato da Soonapse, un’applicazione cloud per l’ottimizzazione “predittiva” dell’uso dell’acqua in agricoltura.
Le innovazioni che presentiamo sono molte.
La principale è che noi definiamo sempre delle “strategie” di utilizzo dell’acqua per ottimizzarne il consumo, distribuendolo in modo ottimale (per la coltura e per i costi dell’agricoltore) nella finestra temporale di 5 giorni in cui le previsioni meteo sono attendibili. In questo modo riusciamo ad ottenere un risparmio fra il 30% ed il 50%.
Te ne cito velocemente un altro paio:
· non abbiamo necessariamente bisogno che l’agricoltore ci dica la composizione del suo terreno (il carotaggio e l’analisi chimica costano circa 3.000 , e pochi possono permettersela…). SWAP in poco tempo calcola automaticamente la curva di assorbimento idrico del terreno e definisce il bilancio idrico;
· se l’irrigazione è mobile (i famosi “rotoloni” spostati con trattori) forniamo l’agenda dell’irrigazione e poi ne controlliamo l’esito. In questo caso l’ottimizzazione, più che sull’acqua, verte sul risparmio di turni di irrigazione, perché i costi generali di un turno di irrigazione (personale, carburanti, manutenzione dei mezzi agricoli e dei rotoloni, ecc…) sono enormi, oltre 10 volte quelli dell’acqua, e risparmiare anche solo due o tre turni sui 14/15 medi di una coltura può fare la differenza fra perdita e profitto.
Ma anche il nostro business model è innovativo, perché diversamente dai nostri competitor noi abbiamo deciso di concentrarci unicamente sul servizio applicativo, e non produrremo nostri sensori. Andremo quindi a creare partnership con le aziende, nazionali ed internazionali, che producono sensori, e che già lo fanno bene visto che è il loro mestiere.
In questo modo l’agricoltore potrà scegliere la sensoristica che preferisce direttamente dal nostro sito, selezionando gli apparati più semplici ed economici (SWAP è progettato per utilizzare informazioni molto “basic” dai sensori, l’intelligenza è tutta in cloud) oppure quelli di fascia più alta che magari gli offrono un set più completo di dati.
Per “testare sul campo” questo modello di business a maggio abbiamo creato una partnership con un’azienda milanese di sensoristica per l’agricoltura (32connect.net) e con un provider di connettività satellitare (Open Sky), confezionando così WaterPlan, una proposta completa e già pronta per l’uso, dove tutti i componenti sono configurati e connessi fra di loro, e l’agricoltore deve solo posizionare i sensori in campo ed accenderli.
Fra maggio e giugno WaterPlan è stato presentato con successo alla Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Foggia, ad IoThings Milan ed a FORUMPA, dove è stato premiato come miglior progetto italiano di Smart Agriculture.
In Italia ci sono best practices di uso di tecnologie in agricoltura?
Certamente, anche se ancora molto limitate nei numeri. Il MIPAAF parla di penetrazione inferiore all’1%, e a luglio 2016 il Ministro Martina, in occasione di AgroGeneration a Catania (dove eravamo stati invitati anche noi), ha lanciato una consultazione popolare sulle Linee Guida per l’Agricoltura di Precisione, con l’ambizioso obiettivo di portare questa percentuale almeno al 10% in breve tempo.
Noi abbiamo letto il documento, sicuramente interessante e pregevole nel prospettare iniziative innovative, ma a nostro parere si concentra troppo su alcune tecnologie (es. guida automatica dei trattori, droni, ecc…) ed ambiti di applicazione (es. l’uso intelligente di fertilizzanti e pesticidi), mentre per esempio il tema del risparmio idrico, e le tecnologie connesse, vengono citate solo un paio di volte e di sfuggita, mentre da stagioni di siccità come quella appena passata (dove la carenza idrica ha provocato una diminuzione generale delle rese del 30%, con punte anche del 70%) dovremmo imparare che nel nostro Paese questo fattore diventerà sempre più critico se non lo si affronta strutturalmente.
Noi ci siamo fatti parte attiva, ed abbiamo sottolineato queste carenze nelle Linee Guida già dallo scorso anno, ma al momento non abbiamo ancora ricevuto risposte.
Anche la preziosa iniziativa di Industria 4.0 soffre un po’ delle stesse carenze, perché è di difficile lettura e per applicarla all’agricoltura serve un “consulente di burocratese”, basti pensare che la sola “Circolare esplicativa” congiunta dell’Agenzia delle Entrate e del MISE (la 4/E del 30/03/2017) è lunga 110 pagine ed è altrettanto complessa della legge stessa.
Nel nostro caso, sono contento che con qualche sforzo gli agricoltori potranno usufruire dell’iperammortamento per l’acquisto della sensoristica, ma sembrerebbe che la norma non preveda facilitazioni per l’utilizzo di “servizi” come quelli cloud che offriamo noi, si può usufruire del superammortamente solo con l’acquisto di programmi sw. In uno scenario come quello attuale, dove ormai tutto viene offerto in cloud ed “on demand” (anche per far risparmiare l’utente ed evitare complicazioni di installazione e configurazione di sw), mi sembra un po’ fuori dal tempo.
Per quanto concerne specificatamente le best practices italiane, se escludiamo la ricerca pura (principalmente incentrata sullo sviluppo delle tecnologie satellitari e dei droni a supporto dell’agricoltura) e qualche iniziativa delle amministrazioni regionali, vedo prevalentemente un’innovazione a supporto delle eccellenze agroalimentari nostrane, vite ed ulivo in primis.
E’ un’innovazione che in qualche modo “fa sistema” con le nostre produzioni, che cura i rispettivi settori in modo trasversale (dagli aspetti fitosanitari all’irrigazione alla concimazione, ecc…) e che almeno al momento ha un mercato essenzialmente nazionale.
Il nostro posizionamento è diverso, verticale sull’irrigazione (in questa prima fase) ma applicabile in pressoché tutte le colture, e concentrato fin da subito sul mercato internazionale.
All’estero invece?
All’estero (parlo principalmente delle economie avanzate) la propensione ad utilizzare le tecnologie di Smart Agriculture è maggiore, per diversi motivi fra cui pesa significativamente quello relativo alla dimensione media delle aziende agricole, che in Italia è particolarmente piccola, come del resto tutta la struttura delle nostre imprese.
Una dimensione più grande dell’azienda agricola significa infatti due cose fondamentali: una maggiore capacità di spesa e di rischio, e (almeno per noi che ci occupiamo di irrigazione) coltivazioni più estese che non è possibile irrigare con impianti fissi, o comunque non conviene.
Una componente importante della nostra attenzione al mercato internazionale è proprio questa: parlando di costi di coltivazione, il risparmio del 30% di acqua è sicuramente importante, ma quando si pratica l’irrigazione mobile la stessa percentuale che riesco a farti ottenere vale economicamente almeno dieci volte di più…
Anche le tecnologie risentono di questa peculiarità, perché ad esempio l’utilizzo delle foto satellitari (ad infrarossi, termografiche, ecc…) fa fatica attualmente a darmi informazioni di dettaglio su un campo di 2 HA, mentre è sicuramente molto più significativa su estensioni di decine o centinaia di ettari.
In generale, nei Paesi avanzati (USA ed Israele soprattutto) si sta finalmente riconoscendo l’enorme valore del mercato della Smart Agriculture, in questo momento appena abbozzato e per questo con enormi capacità di crescita, tanto che nel 2017 gli investimenti in AgTech si sono triplicati rispetto all’anno precedente.
Questo nuovo mercato sta iniziando a cambiare gli assetti generali di quello che fino a poco tempo fa era il mercato delle attrezzature e degli strumenti agricoli, monopolizzato da grandi multinazionali (con eccellenze anche italiane, ad esempio sui trattori) che tuttora producono l’intera filiera degli strumenti, ad esempio nell’irrigazione la stessa azienda produce tubi, raccordi, pompe, vasche e centraline.
Ora le nuove startup hanno “staccato” da questa filiera la parte di governo e di intelligenza che gestisce l’irrigazione, arricchendola di contenuti, rendendo la soluzione più semplice da usare, e facendone un prodotto a parte, che può essere connesso con tutte le tipologie di impianti sul mercato. Per ottenere questi risultati hanno inserito nuovi componenti, quelli della sensoristica, che erano prima presenti solo sporadicamente e più a supporto delle funzionalità esistenti che come veicoli di nuovi contenuti e servizi.
La nostra proposta si inserisce in questo trend, e lo porta alla sua naturale conseguenza: fare hardware e fare software sono due mestieri diversi, lo hanno capito ormai tutti (con mirabili eccezioni come Apple, ma appunto eccezioni…), e noi riteniamo che il vantaggio competitivo consisterà nel costruzione di buone partnership, piuttosto che nel pensare di mantenere il famoso “piede in due scarpe”.
Quali sono i fattori critici di successo?
La semplicità d’uso e la convenienza economica.
Le innovazioni IoT saranno pure belle, ma allo stato attuale sono spesso complesse, perché lavorano su diversi piani (la sensoristica, l’applicazione, la sua usabilità, ecc…) che devono essere sempre sotto controllo, e questo non può essere demandato all’utente.
Noi (produttori di soluzioni IoT) proponiamo all’agricoltore di demandare alle nostre soluzioni il controllo di un’attività che gli dà da mangiare, e che lui ha sempre controllato da vicino e gestito con decenni di esperienza.
Dobbiamo renderci conto che non è facile da accettare, per cui il vantaggio economico che gli proponiamo deve essere concreto e consistente, le applicazioni non devono spaventarlo e devono permettergli di riprendere il controllo della sua attività tutte le volte che lui lo ritiene necessario.
Non è un caso che nel settore AgTech i maggiori investimenti, a livello globale, siano destinati al tema dell’irrigazione, perché questa è l’attività più onerosa e costosa della coltivazione, e riuscire ad incidere su questa attività, oltre ai risvolti sociali ed ambientali di conservazione delle falde idriche, significa poter dimostrare con efficacia risparmi significativi.
Oggi molte coltivazioni sono a rischio per un dumping sui prezzi di molti prodotti, primi fra tutti i cereali.
Un agricoltore che semina mais a febbraio/marzo non sa a che prezzo lo venderà a luglio/agosto, ed ormai non è neanche sicuro di non rimetterci.
Abbassargli del 30% o del 50% il costo generale dell’irrigazione, come dicevo prima, può fare la differenza fra perdita e profitto. Non credo sia banale.
Che costi hanno queste soluzioni e come le piccole aziende possono sostenerli?
Alcuni prodotti sono ancora costosi (ma pian piano scenderanno), come le guide autonome dei trattori o alcune tipologie di droni. Anche i servizi satellitari costano, ma in questo caso varie iniziative, fra cui anche europee, stanno permettendo una rapida diminuzione dei prezzi.
Se invece parliamo di servizi come il nostro, articolati essenzialmente su un acquisto iniziale della sensoristica, e una subscription annuale ai servizi, i costi sono molto più contenuti, perché parliamo di un settore (quello della sensoristica) ormai maturo dove ottimi prodotti costano meno di 100 €, e componenti “basic” si trovano a prezzi che non raggiungono le due cifre.
Per quanto concerne la nostra proposta, un piccolo agricoltore che coltiva 4 diverse colture ha bisogno di una stazione meteo (temperatura, umidità, pluviometro, anemometro, ecc…) e di 4 sensori del suolo, per misurare umidità e temperatura in ognuna delle quattro “zone”. Un investimento iniziale di qualche centinaio di euro, acquistando prodotti di qualità, e che possono usufruire dei benefici dell’iperammortamento di Industria 4.0 (per ogni 100 che spendi hai detrazioni fiscali come se ne avessi spesi 250). Direi senz’altro alla portata di tutti.
Fatto questo acquisto iniziale una tantum, Soonapse ha strutturato la sua proposta di subscription ai servizi proprio per renderla accessibile alle piccole aziende agricole, con un abbonamento annuale intorno ai 300 €.
Considerando che oggi in Italia il costo della sola acqua agricola per l’irrigazione stagionale di 1 HA di coltura è mediamente di 750 €, una piccola azienda che ad esempio ha 20 HA coltivati irrigui spende annualmente 15.000 €.
Se con 300 € di subscription riesco a fagli risparmiare fra il 30% ed il 50% di questa cifra, mi sembra già un buon affare, ma se l’irrigazione è mobile, come dicevamo prima, i costi che sopporta sono molto più elevati, ma anche i risparmi che noi gli consentiamo.
Chiudo dicendo che noi ci stiamo anche mettendo in comunicazione con banche ed assicurazioni, a favore delle piccole aziende agricole.
Le banche perché molte di esse hanno programmi di finanziamento che anticipano ai coltivatori i benefici fiscali di Industria 4.0, e noi indicheremo quali banche concederanno automaticamente questo anticipo in caso di acquisto di WaterPlan.
Le assicurazioni perché stanno entrando in vigore le assicurazioni sui raccolti, e l’uso di SWAP o WaterPlan viene riconosciuto come un fattore di diminuzione del rischio, che tutela l’assicurazione e gli permette di offrire condizioni più favorevoli all’agricoltore.
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Project Manager e Business Analist per tanti, troppi anni, in varie aziende nazionali ed internazionali. Poi consulente ICT, esperto in prodotti, soluzioni e metodologie Open Source, Business Developer, Research Director e Temporary Manager. Ho promosso e poi fondato RIOS – Rete Italiana dell’Open Source professionale (www.reteitalianaopensource.net) per la quale sono anche stato Manager di Rete, e poi ho fondato Soonapse, la startup che produce il “predictive DSS” disegnato per l’IoT sul quale si basa SWAP – Smart WAtering Planner. Sono anche giornalista pubblicista e mi sono interessato a lungo di teatro e di Creative Writing (sono stato tra i fondatori della Scuola di scrittura Omero http://www.omero.it/)
LA VELOCITA’ DI VISIONE DELLE SERIE TV E’ IL NUOVO STATUS SYMBOL: SONO PIU’ DI 8 MILIONI I FAN ‘BINGE RACER’ SU NETFLIX
Una nuova tipologia di binge watching emerge su Netflix: il binge racing. I ‘binge racer’ sono i fan che puntano a finire le proprie serie TV preferite entro le 24 ore dalla loro uscita.
Netflix ha rivoluzionato il modo in cui il mondo interagisce con le storie – gli spettatori possono guardare i loro contenuti preferiti quando, dove e come vogliono, a qualsiasi velocità e, così facendo, ha dato vita ad una nuova tipologia di fan: i binge racer. Compiendo in un giorno quello che gli altri riescono a fare in settimane, i binge racer ambiscono ad essere i primi a finire la propria serie tv preferita entro le 24 ore dal suo lancio1.
In totale, 8,4 milioni di membri2 hanno deciso di fare Binge Racing nel corso del loro periodo di abbonamento a Netflix, e l’unica cosa in grado di battere la loro velocità di visione è la rapidità di crescita di questo comportamento. Tra il 2013 ed il 2016, infatti, il numero di utenti che riescono a finire una serie entro le prime 24 ore dal suo lancio è cresciuto più di venti volte3
E prima di dire che i racer sono solamente dei pantofolai incalliti, è importante sapere che per questi super fan la velocità di visione è un risultato di cui essere orgogliosi e di cui vantarsi. La TV e’ la loro passione, e il binge racing il loro sport.
“Essere i primi a finire una storia – che si tratti dell’ultima pagina di un libro o l’ultimo, delicatissimo momento della tua serie TV preferita – genera una sensazione unica e indescrivibile”, afferma Brian Wright, Vice President delle produzioni originali Netflix. “Netflix ti permette di guardare i tuoi contenuti preferiti come non hai mai fatto prima, e non c’è nulla di più bello di uno show che riesce a coinvolgere i suoi spettatori e ad accendere la passione di chi lo guarda”
Che sia l’amore per uno show in particolare, o l’amore per molti titoli (in Italia un utente Netflix ha fatto binge racing da solo già 17 volte quest’anno), gli spettatori stanno abbracciando in tutto il mondo questo nuovo modo di essere fan.
Ma forse, scoprire dove vivono i binge racers (dappertutto) e cosa guardano (qualsiasi cosa) potrebbe sorprendervi.
Contenuti di ogni tipo, lunghezza, genere e formato mandano su di giri gli spettatori. Sicuramente le commedie di 30 minuti a episodio come Master of None, GLOW and Dear White People sono divorate velocemente, ma anche i thriller con episodi di circa un’ora come Stranger Things e Orange is the New Black, oppure ancora gli anime, come The Seven Deadly Sins, vengono consumati voracemente.
Una mamma per amica: di nuovo insieme, è stato lo show che ha generato la più alta percentuale di binge racer a livello globale, nonché italiano, a 24 ore dal suo debutto (sarà colpa del caffè). L’Italia ha inoltre la percentuale più alta di Binge Racer a livello globale per Breaking Bad e Atypical.
Ma il podio degli show visti più velocemente varia leggermente da paese a paese: in Italia, al secondo posto dopo Una mamma per amica: di nuovo insieme, troviamoMarvel’s The Defenders. Le amiche di mamma è al primo posto in Ecuador, Club de Cuervos in Messico, mentre i The Defenders della Marvel sbaragliano la concorrenza in Corea.
E mentre i Binge Racer guardano i loro contenuti velocemente all’inseguimento della gloria in tutto il globo, il Canada detiene la percentuale più alta di spettatori entro le prime 24 ore (e qui è colpa della neve). La loro scelta? Non poteva che essere il tesoro nazionale Trailer Park Boys.
DATI GLOBALI
I 20 show
visti più velocemente
I 20 Paesi
con il maggior numero di Binge Racer
1.Gilmore Girls: A Year in the Life
2.Fuller House
3.Marvel’s The Defenders
4.The Seven Deadly Sins
5.The Ranch
6.Santa Clarita Diet
7.Trailer Park Boys
8.F is for Family
9.Orange Is the New Black
10.Stranger Things
11.Friends from College
12.Atypical
13.Grace and Frankie
14.Wet Hot American Summer
15.Unbreakable Kimmy Schmidt
16.House of Cards
17.Love
18.GLOW
19.Chewing Gum
20.Master of None
1.Canada
2.Stati Uniti
3.Danimarca
4.Finlandia
5.Norvegia
6.Germania
7.Messico
8.Australia
9.Svezia
10.Brasile
11.Irlanda
12.Regno Unito
13.Francia
14.Nuova Zelanda
15.Perù
16.Paesi Bassi
17.Cile
18.Portogallo
19.Italia
20.Emirati Arabi
DATI ITALIANI
I 20 show visti più velocemente:
Una mamma per amica: Di nuovo insieme
Marvel’s The Defenders
The Seven Deadly Sins
Atypical
Santa Clarita Diet
Lovesick
Friends from College
Chewing Gum
The Ranch
F is for Family
You Me Her
Stranger Things
GLOW
Chiamatemi Anna
Dear White People
Black Mirror
La Nebbia
Narcos
Frontier
Love
METODOLOGIA
1 I Binge Racer sono quegli utenti che vedono tutti gli episodi di una serie entro le prime 24 ore dal lancio su Netflix.
2 Il numero totale degli utenti che hanno visto una serie per intero entro le prime 24 ore dal lancio
3 Il comportamento del binge racing è cresciuto dai 200 mila membri nel 2013 a più di 5 milioni nel 2017 (dati riferiti a Settembre)
4Gli show sono stati identificati sulla base del maggior numero di binge racer a livello globale. La classifica del binge racing non ha niente a che vedere con le percentuali totali di visione.
5I Paesi sono stati identificati sulla base della percentuale più alta di utenti Binge Racer. La classifica del Binge Race non ha niente a che vedere con gli utenti di ogni specifico Paese.
INFORMAZIONI SU NETFLIX
Netflix è il più grande servizio di intrattenimento via Internet del mondo, con oltre 104 milioni di abbonati in più di 190 paesi, che ogni giorno guardano più di 125 milioni di ore di programmi televisivi e film, tra cui serie originali, documentari e lungometraggi. Gli abbonati possono guardare tutto ciò che vogliono in qualsiasi momento, ovunque e in pratica su ogni schermo connesso a Internet. I programmi si possono guardare, mettere in pausa e riprendere a piacimento, senza interruzioni pubblicitarie e senza impegno.
Quando si mettono all’opera, i borseggiatori non passeggiano a caso nel parco. Agiscono con una strategia: hanno affinato le tecniche, selezionato i luoghi e individuato le potenziali vittime. Diversi borseggiatori hanno inoltre obiettivi differenti: alcuni sono interessati solo ai contanti, mentre altri cercano di sottrarre le carte di credito. E’ un modus operandi molto simile a quello del malware.
Come molti poliziotti potranno dirvi, alcune mosse strategiche possono ridurre le possibilità di rimanere vittime dei borseggiatori, ma dovete conoscere il nemico, i rischi e la sua strategia: proprio come con i malware.
Avira traccia e blocca costantemente un ampio spettro di borseggiatori online
In un periodo di otto mesi, da gennaio ad agosto, abbiamo individuato quattro principali tipologie di borseggiatori online. Ognuna di esse presenta tecniche, strategie di diffusione e costi peculiari per le vittime. Diamo una rapida occhiata ad ognuna di loro.
Trojan : I trojan (788.761.300 rilevamenti) sono programmi dannosi che si nascondono sotto le spoglie di programmi eseguiti di routine o perfino utili, ma in realtà eseguono funzionalità nascoste. Alcuni aprono delle backdoor nel dispositivo infettato. I trojan più conosciuti di questi tempi sono i ransomware, che crittografano i file delle loro vittime e richiedono un riscatto per renderli di nuovo accessibili.
· Origine – I trojan si diffondono in molti modi, inclusi gli allegati alle email e i siti web infetti.
· Come difendersi – Avere un antivirus installato e prestare attenzione agli avvisi. Non cliccare sulle email sospette e nemmeno sui messaggi insoliti ricevuti dagli amici. Eseguire un backup dei file del computer su un drive esterno e/o su cloud.
Exploit kit: Gli exploit kit (222.860.100 rilevamenti) sono come una lista della spesa per i cyber-criminali. Effettuano ricerche nei computer delle potenziali vittime alla ricerca di software obsoleti o vulnerabilità non corrette.
· Origine – Gli exploit kit si possono trovare nelle email sospette e si diffondono tramite siti web infetti.
· Come difendersi – Avere un programma di aggiornamento software che mantenga aggiornati sia il dispositivo che le applicazioni. Assicurarsi di avere in funzione un antivirus efficiente.
PUA: PUA (173.091.500 rilevamenti) è l’acronimo di Potentially Unwanted Apps, ovvero applicazioni potenzialmente indesiderate. Sebbene di solito non rappresentino un pericolo diretto, esse possono riorganizzare il browser, alterare le ricerche online e introdurre altre applicazioni indesiderate per disturbare la vita online degli utenti.
· Origine – Siti di download. Nella maggior parte dei casi le PUA colpiscono gli utenti sotto forma di elementi aggiuntivi non pianificati, che vengono installati dopo aver scaricato un’applicazione online. Questi elementi infatti si confondono astutamente nei processi di download e installazione.
· Come difendersi – Prestare attenzione al processo di download e deselezionare le caselle dei programmi o delle applicazioni aggiuntive, eccetto quelle che si desiderano veramente. Non utilizzare il dispositivo con il ruolo di amministratore.
Phishing: I siti di phishing (131.319.600 rilevamenti) sono progettati per sembrare vere e proprie pagine di attività commerciali, quali banche e negozi online, ma non lo sono. Questi siti raccolgono invece informazioni private sulle vittime, inclusi i loro indirizzi email e i dati delle carte utilizzate per il pagamento. Alcuni siti di phishing diffondono anche malware.
· Origine– Qualsiasi sito web.
· Come difendersi– Avere un antivirus che identifica i siti falsi e impedisce di accedervi, come Avira Antivirus: la protezione pluripremiata per la tua vita digitale.
Kaspersky Lab, ha creato un pop-up shop in cui i dati personali o meglio, i Data Dollar, sono l’unica moneta utilizzabile. L’obiettivo è dimostrare che i dati hanno un valore economico che può essere utilizzato per gli acquisti nei negozi del futuro.
Il Data Dollar Store è stato creato e allestito da Kaspersky Lab in Old Street a Londra, nel cuore della capitale della tecnologia. I clienti si sono messi in coda molto presto per aggiudicarsi le stampe esclusive del noto street artist Ben Eine, ma sono rimasti molto sorpresi di fronte al modo con cui avrebbero dovuto pagare le opere d’arte, veniva in effetti chiesto a loro di rinunciare alle proprie fotografie personali o ai video e utilizzarli come metodo di pagamento per gli acquisti. Dopo la sorpresa iniziale hanno però acconsentito favorendo l’aumento della valuta Data Dollar. Il Data Dollar Store, è stato ideato per far crescere negli utenti la consapevolezza del valore effettivo dei dati personali e attirare altri player di mercato ad unirsi a questa attività utilizzando il simbolo del Data Dollar. Per l’occasione è stato realizzato un video.
Tenuto conto che la quantità di dati personali continua a crescere in modo esponenziale, possiamo dire che le persone, in modo del tutto inconsapevole, portano con sè ogni giorno una vera e propria miniera d'oro fatta di
monete preziose che non subiscono l’influenza dei tassi di cambio o della posizione geografica.
Secondo Kaspersky Lab, la mancanza di consapevolezza rispetto al valore effettivo dei propri dati personali è
un ostacolo enorme che impedisce alle persone di compredere quanto sia necessario proteggere i propri dati.
La speranza è che attraverso i Data Dollar questa consapevolezza possa aumentare e rendere quindi più sicura
l'esperienza online di tutti.
“Per noi il Data Dollar è principalmente un mezzo per sensibilizzare gli utenti sul valore dei dati”,afferma Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. “Quindi, se un sito web offre dei servizi gratuitamente, ma chiede in cambio i dati personali dei clienti per monetizzare il proprio servizio, dovrebbe utilizzare il simbolo del Data Dollar per dimostrare che si sta verificando una forma di scambio”, continua Lehn.
Kaspersky Lab ha dimostrato che fare acquisti in un pop-up store temporaneo di Londra utilizzando i dati come
valuta può funzionare. Il negozio che è stato aperto per due giorni ha attirato diversi clienti che volevano
aggiudicarsi ad ogni costo le stampe esclusive e le opere d'arte di Ben Eine, il noto street artist.
I clienti erano convinti che avrebbero fatto una normalissima esperienza di shopping e che quindi dopo aver
osservato i prodotti e scelto quelli da acquistare sarebbero andati alla cassa per pagarli con del denaro.
Quello che è accaduto invece è che al momento del pagamento ai clienti è stato chiesto di pagare in Data
Dollars, la nuova valuta creata da Kaspersky Lab e che consiste nei dati personali dei clienti contenuti
all’interno del loro smartphone: immagini, video o testi.
Morten Lehn ha aggiunto: “È facile dimenticarsi della quantità enorme di dati che condividiamo quotidianamente. La sensazione di perdita che si prova quando i dati personali vengono sottratti contro la nostra volontà, diventa molto più realistica quando qualcuno prende il nostro smartphone e davanti ai nostri occhi, scorre tutti i nostri dati decidendo quali prendere. L’effetto di questa esperienza di acquisto, che abbiamo potuto esplorare grazie al Data Dollar Store, è stata per noi molto interessante. Secondo un sondaggio globale, anche se il 29% delle persone in tutto il mondo è stato vittima di un attacco informatico, il 39% non protegge i propri dispositivi dagli attacchi.
Le persone dovrebbero dare ai propri dati lo stesso valore che danno al denaro. Visto che i dati personali hanno valore e possono essere utilizzati come mezzo di scambio o per fare acquisti è importante proteggerli facendo di tutto per evitare che vengano rubati o persi”.
Moneyfarm, il gestore digitale del risparmio, ha acquisito il chatbot di personal finance Ernest e le tecnologie impiegate per il suo sviluppo e il suo funzionamento. Ernest è un personal banker alimentato da intelligenza artificiale che combina la tecnologia di elaborazione delle lingue naturali con l’apprendimento automatico. Moneyfarm diventa così il primo gestore digitale a esplorare l’utilizzo dei chatbot per la gestione dei risparmi e degli investimenti.
Ernest è un progetto partito a Londra nel 2016 per iniziativa di tre sviluppatori italiani (Cristoforo Mione, Lorenzo Sicilia e Niall Bellabarba). Si tratta di un consulente finanziario personale, un “financial wellness coach” che, sfruttando i dati ricavati dalle transazioni bancarie dell’utente, è in grado di fornire, interagendo attraverso Facebook Messenger, statistiche e consigli personalizzati per una migliore e più efficiente gestione delle proprie finanze personali. Attualmente dispone di due modalità di funzionamento: risponde alle domande e invia notifiche proattive.
Ernest permette di integrare i diversi conti di una persona così da offrire una panoramica unica di tutte le fonti di reddito e di spesa e creare con semplicità report personalizzati per monitorare, per esempio, l’evoluzione nel tempo della spesa in diverse categorie di beni o servizi. Una funzionalità particolarmente interessante in un contesto come quello attuale nel quale l’approvazione in corso della normativa PSD2 stabilirà che le banche dovranno, previa autorizzazione, rendere accessibili i dati relativi ai conti correnti dei propri clienti a terze parti selezionate da questi.
Moneyfarm ha in programma di combinare la tecnologia di Ernest con la propria piattaforma che offre servizi di investimento. Con l’acquisizione della tecnologia di Ernest, Moneyfarm sarà in grado di fare un passo avanti nel suo percorso per accompagnare i clienti lungo l’intero ciclo di vita finanziario: dalla generazione dei risparmi fino all’investimento. La tecnologia Ernest, che ha la capacità di imparare e interagire con le abitudini finanziarie quotidiane del cliente, si integrerà con quella di Moneyfarm per permettere alla società di offrire una consulenza finanziaria ancora più personalizzata e costruita intorno alle abitudini di spesa di ciascuno. L’acquisizione di Ernest accresce inoltre il know how di Moneyfarm nel campo dell’intelligenza artificiale, know how che potrà essere impiegato per sviluppare molti altri aspetti del prodotto offerto da Moneyfarm, sempre nell’ottica di fornire ai clienti la migliore soluzione personalizzata per proteggere e far crescere i propri risparmi.
Giovanni Daprà, co-fondatore e CEO di Moneyfarm, ha commentato: “L’intelligenza artificiale e un’interfaccia utente interattiva ci aiuteranno a migliorare la nostra capacità di profilazione dei clienti e quindi a offrire un servizio migliore, più completo e sempre più personalizzato. Stiamo lavorando all’integrazione della tecnologia Ernest nella nostra offerta di prodotti, grazie alla quale saremo in grado di assistere il ciclo di vita completo dei risparmi del singolo cliente, dal primo stipendio fino al pensionamento.”
Niall Bellabarba, co-fondatore di Ernest, ha dichiarato: “L’acquisizione della tecnologia Ernest da parte di Moneyfarm offre un’ottima opportunità per portare la nostra visione ad un nuovo livello e creare un gestore finanziario virtuale più avanzato, basato sull’intelligenza artificiale.”
Prima sperimentazione in Italia in un capoluogo di medie dimensioni
Il Comune affida il servizio ad Alea Mobilità Urbana del Gruppo Elettra Investimenti
Una nuova frontiera del car sharing sarà sperimentata a Latina grazie all’accordo tra il Comune capoluogo e Alea Mobilità Urbana, società del gruppo Elettra Investimenti che ha risposto all’avviso pubblico dell’ente locale. Si chiama Eppy Car,è solo elettrico e ha una flotta mista di veicoli: una parte destinata al trasporto privato, l’altra a quello commerciale.
EPPY CAR
Eppy, acronimo di Elettra Point to Point by Yourself ha l’obiettivo di diventare la seconda auto di famiglia che, in città di medie dimensioni, è spesso poco utilizzata ma rappresenta comunque un costo significativo del bilancio familiare. Eppy vuole anche essere il mezzo principale di trasporto per le piccole imprese in alternativa al furgone aziendale. Per la gestione del servizio di car sharing sarà realizzata una rete di 15 colonnine di ricarica, mentre i mezzi circolanti nei 24 mesi di sperimentazione saranno 30.
Saranno usati per la sperimentazione due modelli Renault: Zoe e Kangoo. «Il primo è un’auto a 5 posti con la quale si possono affrontare anche tragitti medio-lunghi, mentre fino ad oggi il “solo elettrico” è stato proposto ed è attivo nelle grandi città come Roma e Milano, con quadricicli pesanti – spiega il Presidente di Elettra Investimenti Fabio Massimo Bombacci – Per l’altra tipologia, invece, abbiamo pensato alle necessità delle piccole e medie imprese che non vogliano o non possano sostenere il costo annuale di un mezzo di trasporto di cui hanno bisogno solo alcuni giorni l’anno. Abbiamo pensato poi a tutte le famiglie che vanno per esempio all’Ikea e non sanno dove mettere gli acquisti più voluminosi. Il Kangoo può risultare molto utile anche in estate quando, sempre per fare un esempio, un gruppo di amici che non ha a disposizione l’auto di famiglia voglia andare a Sabaudia o al Circeo per trascorrere una giornata al mare, con tavole da surf, ombrelloni o sdraio».
LA RETE DI RICARICA
Le auto hanno un’autonomia di 300 chilometri circa e si ricaricano in apposite colonnine che saranno posizionate nelle prossime settimane (è già fissata la conferenza di servizi che aprirà l’iter per l’installazione degli apparecchi di ricarica). Le colonnine, come richiesto dall’avviso pubblico, saranno non meno di 15 per un totale di 30 punti di ricarica. I veicoli in circolazione non meno di 20. «Ma siamo pronti a crescere fino a 50 quando la città ne avrà l’esigenza» dicono da Alea MU. La sperimentazione durerà 24 mesi dal momento dell’attivazione del servizio. All’installazione della rete delle colonnine seguirà un periodo di circa due mesi di test degli apparati di bordo: «Servirà – spiega Matteo Granatelli di Alea Mobilità Urbana – a testare il software che governa il sistema di registrazione, prenotazione, analisi dei documenti necessari per guidare la vettura e di pagamento, oltre che di mappatura dei percorsi. Poi le auto saranno a disposizione della collettività, riteniamo pertanto che se non vi saranno ritardi dovuti ad eventi particolari si possa prevedere l’inizio del servizio per la prossima primavera».
USO MULTIFUNZIONALE
L’uso delle stazioni di ricarica elettrica, nel prossimo futuro, potrà essere anche consentito a privati cittadini possessori di auto elettriche. Le colonnine funzioneranno inoltre da access-point al fine di avviare una rete cittadina gratuita e si sta studiando la possibilità che siano utilizzate come alloggio per i defibrillatori nell’ambito della Rete di Protezione del Cuore che il Comune sta preparando. Infine, si pensa di dotare i punti di ricarica di un allarme collegato con la centrale operativa delle forze dell’ordine del capoluogo. Le colonnine saranno in sostanza poli integrati e integrabili e l’investimento che stiamo compiendo è per la creazione di un’infrastruttura.
IL GESTORE
Elettra Investimenti è una società nata a Latina nel 2005 che opera nel campo dell’energia in tre aree di business: generazione, gestione e manutenzione impianti ed efficienza energetica. È stata quotata nel 2015 al mercato AIM di borsa italiana ed ha un fatturato di circa 50 milioni di euro. «Avviare quest’attività sperimentale a Latina è una scelta dettata dalla volontà di investire nel territorio in cui è nata e si è sviluppata la nostra società che opera nel campo dell’energia e che, oggi, a soli 12 anni dallo start, è quotata in Borsa – spiegano il CEO di Elettra Investimenti Massimo Fabio Bombacci e l’amministratore delegato di Alea Mobilità Urbano Matteo Granatelli –. Il progetto è innovativo e Latina sarà la città-test, ma ci auguriamo di poterlo replicare anche in altri capoluoghi».
IL COMUNE DI LATINA
«E’ una giornata importante – ha commentato il sindaco di Latina Damiano Coletta – perché l’attivazione di questo servizio rappresenterà una piccola rivoluzione per la città e per i cittadini. Crediamo che sia in grado di produrre un vero e proprio cambiamento culturale». «L’obiettivo è integrare l’offerta sul fronte del trasporto urbano, nell’ottica di una mobilità sostenibile», ha aggiunto la vicesindaco, Paola Briganti.
Tre domande a Pietro Martani, Fondatore e CEO di Copernico Holding, sulle infinite possibilità della convergenza nel Real Estate
Spazi sempre più liquidi capaci di accogliere sia la dimensione privata che quella professionale delle persone. Spazi fatti per l’interazione sociale, esteticamente piacevoli, che incentivano le relazioni e la conoscenza. Pietro Martani, Fondatore e CEO di Copernico Holding, la piattaforma di accelerazione e sviluppo del business incentrata sullo sviluppo di connessioni, contenuti e community, ci spiega cos’è la convergenza nel Real Estate e perché sta acquisendo sempre maggiore rilevanza.
Come possiamo definire gli ambienti al confine tra hotel, uffici e abitazioni che stanno ormai diventando il trend principale nel settore del Real Estate?
Questa è una domanda a cui i player del settore cercano di rispondere partendo dalla comprensione della motivazione che sta dietro ai cambiamenti degli ultimi anni, dettati da uno scenario in costante evoluzione e dalla convergenza tra diverse categorie di spazi. Dopo la crisi del 2008, le aziende hanno dovuto reinventarsi, diventare più piccole e agili: ad esempio, nel Regno Unito negli ultimi 15 anni il numero di piccole imprese (50-249 dipendenti) è aumentato del 50% e le grandi aziende (250 o più) sono diminuite del 5% (Fonte: Serviced Offices: A new asset class, Capital Economics, 2015). Nel 1935, la durata di vita di una società inserita nel S&P 500 era di 90 anni. Nel 2011, è scesa drasticamente a 18 anni (Fonte: Fortune). Frammentate, con cicli di pianificazione più corti, le società dovranno aumentare in modo esponenziale la collaborazione con i cosiddetti “contigent workers”: McKinsey stima che entro il 2025, 540 milioni di persone utilizzeranno piattaforme online per trovare lavoro, e l’83% degli executive già ora affermano di appoggiarsi a collaboratori esterni (Fonte: Oxford Economics).
Poi c’è la tecnologia “disruptive”: si stima che entro il 2034 il 47% dei posti di lavoro andrà perduto a causa dell’automazione (HuffingtonPost). Sebbene da un lato questo dato sia spaventoso, dall’altro rappresenta un’opportunità, quella di reinventarsi: i lavoratori del futuro saranno più liberi, lavoreranno on demand, integrando costantemente la vita privata e quella professionale. Ecco allora chegli spazi di lavoro diventeranno sempre più ibridi, condivisi, stimolanti, dinamici e in costante evoluzione, proprio come le nostre vite.
Questo significa che sta cambiando il modo in cui il lavoro si inserisce nelle vite dei singoli individui?
Assolutamente sì, è una trasformazione già in atto che ha visto la nascita di nuove integrazioni tra vita privata e lavoro e nuovi termini per definirne i concetti, come Bleisure: business e leisure (piacere) insieme. Workcations: ovvero work (lavoro) ma anche vacation (vacanze).
In questo scenario, come devono comportarsi gli operatori del Real Estate?
È proprio su questo tema che Copernico, InterContinental Hotels Group e Halldis si sono trovati a riflettere nella cornice dell’evento “La Convergenza nell’Uso di Uffici, Case ed Alberghi”. Competenze diverse, in settori che non sono più separati ma assolutamente interconnessi. Oggi la distinzione tra hotel, spazi di lavoro e case è sempre più labile e noi stiamo cercando di normalizzare questo momento di transito ed ibridazione, proponendoci di trasformare i nostri spazi in una testimonianza di questo trend emergente. Ci siamo infatti interrogati su come i player del settore come noi debbano continuare a far evolvere spazi sempre più liquidi che accolgano sia la dimensione privata che quella professionaledelle persone.
Il futuro è sviluppare piattaforme di lavoro organiche e attive che abbraccino la filosofia Rainforest (The Rainforest: The Secret to Building the Next Silicon Valley, Victor H. Wang, Greg Horowitt, 2012), come facciamo in Copernico, in cui ogni player ha a disposizione contenuti e attività che alimentano la crescita e l’arricchimento di un ecosistema in continua evoluzione all’interno di una comunità strettamente interconnessa. Ogni comunità ha bisogno di una casa: in particolare, una comunità aziendale ha bisogno di uno spazio caleidoscopico. All’interno degli spazi devono convivere caffetterie, salotti con comodi divani, palchi per eventi, palestre, sale riunioni, parchi, suite e anche uffici: “palazzi con un’anima”che inevitabilmente stanno trasformando il Real Estate.
Grazie all’esperienza sviluppata con Halldis, è stato possibile captare precocemente questo trend di cambiamento ed è stato lo spunto per iniziare a convertire le abitazioni. Grazie al nostro modello di gestione delle proprietà, siamo riusciti a trovare una nicchia nel mercato dell’ospitalità e a sviluppare soluzioni che oggi sono utilizzate da expats, manager che viaggiano all’estero e che portano con sé la loro famiglia, ma anche millennials che lavorano on-the-go. Un’esperienza che si è arricchita grazie alla testimonianza di IHG che, grazie alla rete di cinque mila alberghi in tutto il mondo e ad una conoscenza approfondita dei propri clienti, ha sviluppato la capacità di adeguare i propri marchi (tra cui Intercontinental, Crowne Plaza e Holiday Inn) al panorama sempre più diversificato di bisogni e stili con soluzioni che rispondono a specifiche esigenze di uso delle stanze e degli spazi comuni.
Si tratta di uno scenario ancora in costante evoluzione, dove ognuno di noi sta contribuendo alla costruzione di un contesto in grado di supportare diversi e sempre nuovi bisogni di lavoratori e aziende, che sperimentano ogni giorno una nuova dimensione lavorativa.
Chi è COPERNICO
COPERNICO è la piattaforma di accelerazione e sviluppo del business: smart working e un nuovo lifestyle in cui connessioni, contenuti e community danno al lavoro il fattore esponenziale. COPERNICO gestisce spazi di lavoro innovativi in Italia ed Europa (Milano – Torino – Brussels) in cui ospita più di 600 aziende. Oltre 4.000 utenti quotidianamente utilizzano i suoi spazi come sede di lavoro e luogo preferenziale per meeting ed organizzazione di eventi.
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