Apple compra Shazam

Dopo le indiscrezioni degli scorsi giorni è arrivata la conferma: Apple ha comprato Shazam, popolare app per il riconoscimento di brani. La cifra si aggira intorno ai 400 milioni di dollari, nonostante l’applicazione fosse valutata un miliardo nell’ultima raccolta fondi. L’acquisto di Shazam, in realtà già integrata in Siri, non servirebbe solamente a rafforzare Apple Music ma guarderebbe a quei «progetti entusiasmanti» citati nel comunicato ufficiale. In particolare, dopo avere aggiunto alcune funzionalità per la ricerca di informazioni su artisti e canzoni, Shazam stava sviluppando anche tecnologie in realtà aumentata legate al mondo del marketing e dei brand, ambito che interessa molto Apple come sottolinea Techcrunch.

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Di seguito l’intervista che feci a Josh Partridge nel 2015.

Josh mi raccontò i nuovi progetti che vedevano Shazam estendere la propria tecnologia oltre che all’udito anche ad altri sensi come la vista con lo sviluppo di un’app che riconoscerà le cose solo fotografandole, infatti l’app sarà presto in grado di individuare a partire da una foto le caratteristiche di una vasta mole di prodotti, da quelli venduti nei supermercati ai vestiti, giocattoli e detergenti tenuti in casa. La funzione sarà resa possibile dalla scansione del codice a barre tramite la fotocamera del cellulare o del tablet.

Exit per P101 Ventures: la partecipata Octorate (prima soluzione allone per hotel, B&B e vacation rental) acquisita da Gruppo Dylog Italia SpA

 

Exit per P101 Ventures:

la partecipata Octorate (prima soluzione all-in-one per hotel, B&B e vacation rental)

acquisita da Gruppo Dylog Italia SpA

 

Octorate, la prima start-up italiana specializzata in soluzioni All-in-One per hotel, B&B e strutture ricettive, viene ceduta all’interno di un accordo siglato da P101 Ventures, il fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven, e il Gruppo Dylog Italia SpA, leader nazionale di sviluppo e distribuzione di applicazioni software.

 

L’operazione rappresenta per i soci investitori di P101 Ventures una exit a circa due anni di distanza dall’investimento iniziale nel capitale della start-up. Un risultato significativo se si pensa che l’Italia, in termini di exit e IPO, è classificata all’8° posto sui 15 Paesi che dal 2010 al 2017 hanno avuto una maggiore attività in questo senso.[1]

 

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Per il Gruppo Dylog SpA, tra i principali player ICT del mercato nazionale con circa 60mila clienti in Italia e all’estero, l’ingresso nel gruppo della cloud computing company amplia e integra l’offerta e testimonia la volontà di proseguire nel processo di rafforzamento della propria posizione di eccellenza tecnologica nel settore dell’hospitality e di internazionalizzazione dei propri servizi.

 

A settembre del 2015, Octorate è entrata nel portafoglio di P101 con un round di 500.000 euro e in soli due anni ha registrato una rapida crescita, acquisendo clienti in oltre 50 paesi in tutto il mondo e diventando un punto di riferimento in Italia e in Europa. Octorate è tra le soluzioni tecnologiche più complete e versatili disponibili sul mercato, grazie anche a partnership consolidate con protagonisti del settore come Booking.com, Expedia, Google, TripAdvisor e oltre 120 canali di vendita e distribuzione online, tra cui OTA, Metasearch e GDS.

 

L’operazione fornisce alla start-up la possibilità di implementare l’ulteriore sviluppo della piattaforma all’interno di un gruppo a forte connotazione industriale, al fine di accrescere la propria posizione di leadership in Italia e all’estero, offrendo una soluzione tecnologica sempre più in linea con le esigenze del settore. Il fondatore e CEO di Octorate Fabrizio Scuppa rimarrà alla guida operativa della società, condividendo con il Gruppo Dylog Italia Spa un piano di crescita su scala globale.

 

Ad esprimere la propria soddisfazione per l’operazione è l’Ing. Daria Ocleppo, Direttore del mercato Ho.Re.Ca del Gruppo Dylog Italia SpA: “L’investimento effettuato garantisce di completare, rafforzare e integrare un’offerta già ampia e importante di servizi IT per il mondo dell’hospitality. L’operazione s’inserisce nel solco della nostra strategia, che mira a offrire alla clientela tutti i vantaggi di soluzioni caratterizzate da qualità, affidabilità e semplicità d’uso. Obiettivi che potremo perseguire con Octorate, con cui condividiamo la passione per l’innovazione e la proposizione di servizi all’avanguardia in un mercato in continua evoluzione.”

 

“L’investimento di P101 ci ha permesso di sviluppare una tecnologia all’avanguardia,” aggiunge Fabrizio Scuppa, CEO e Founder di Octorate. “L’integrazione di una società giovane e dinamica con un gruppo a forte connotazione industriale come Dylog rappresenta una grande opportunità. La significativa presenza sui mercati nazionali e internazionali e un portafoglio di offerta arricchito dallo sviluppo congiunto potranno generare enormi vantaggi, che incideranno sulla capacità competitiva del Gruppo.”

 

Giuseppe Donvito, Partner di P101 che ha seguito l’operazione, sottolinea che “nel tempo, anche grazie alla costruttiva collaborazione fra P101 e Octorate, quest’ultima è divenuta una delle migliori soluzioni Hotel SaaS (Software as a Service) sul mercato” e “l’exit rappresenta anche un caso di successo virtuoso di innovazione che ha visto una corporate affermata acquisire una società nel portafoglio di un fondo di Venture Capital.”

 

Informazioni su P101

P101 è un fondo di venture capital specializzato in investimenti in società digital e technology driven. Nato nel 2013, con una dotazione corrente di quasi 70 milioni di euro e 26 società in portafoglio, P101 si distingue per la capacità di mettere a disposizione degli imprenditori di nuova generazione, oltre a risorse economiche, anche competenze e servizi necessari a dare impulso alla crescita delle aziende. Il fondo, promosso da Andrea Di Camillo – 15 anni di esperienza nel venture capital e tra i fondatori di Banzai e Vitaminic – e partecipato da Azimut, Fondo Italiano di Investimento e European Investment Fund, collabora con i maggiori acceleratori privati, tra cui HFarm, Nana Bianca, Boox e Club Italia Investimenti. Tra le partecipate: Borsa del Credito, Cortilia, Tannico, Musement e MusixMatch. Le società partecipate da P101 occupano oggi complessivamente oltre 500 risorse e generano un fatturato in costante crescita e già oggi superiore agli 80M annui. P101 prende il nome dal primo personal computer prodotto da Olivetti, negli anni ’60, esempio di innovazione italiana che ha lasciato il segno nella storia della tecnologia digitale.

 

Informazioni su Octorate

Octorate offre un servizio Cloud All-in-one per gestire le prenotazioni, la fatturazione e le attività quotidiane di alberghi e strutture turistiche. L’obiettivo di Octorate è rendere albergatori e proprietari maggiormente autonomi ed efficienti. In oltre 50 paesi in tutto il mondo, strutture ricettive grandi e piccole utilizzano la tecnologia Octorate per le prenotazioni online delle loro proprietà, per un giro d’affari di oltre 700 milioni di euro.

 

Informazioni su Dylog Italia SpA

Innovazione, ricerca e attenzione alla qualità hanno portato Dylog ad essere uno dei leader nazionali nel settore dell’Information Technology. Da oltre trentacinque anni, Dylog significa serietà, qualità, affidabilità. La capacità di anticipare le esigenze del mercato fa di Dylog un solido punto di riferimento ed un partner insostituibile per migliaia di aziende e di liberi professionisti, in grado di offrire valore aggiunto alle loro attività. La solidità e la concretezza che contraddistinguono Dylog, l’hanno portata ad acquisire e integrare altre aziende leader tra cui il Gruppo Buffetti SpA. Dylog, tramite l’Hi-Tech Department è anche uno dei principali player mondiali del controllo qualità non distruttivo, tramite visione a raggi X, nelle industrie alimentari e farmaceutiche.

 


[1] Dati tratti da “Startup M&As report 2017” della Fondazione “Mind the Bridge” su dati forniti da Crunchbase

 

Poly la prima stampante 3D portabile realizzata da 3Drap

3D Rap, una storia di creatività, curiosità, innovazione e passione comune. Sei ragazzi, quattro studenti di ingegneria, un designer e un web developer, tutti campani, abitano a poche spanne di terra l’uno dall’altro, e sono tutti accomunati dalla stessa passione per la progettazione e dalla stessa spinta entusiasta verso l’innovazione. Si chiamano Domenico, Antonio, Beniamino, Davide, Giovanni e Adriano.

Ho intervistato uno dei fondatori, Domenico Orsi:

Qual è la storia di 3Drap?

3DRap oggi è  un’azienda di prototipazione ed engineering 3D; 3D Rap è un team di cervelli che lavorano in tandem, scambiandosi idee e suddividendosi mansioni, in quella fucina creativa che è il laboratorio di Capocastello , un borgo medievale minuscolo in termini di dimensioni, ma dalla voce forte di un gigante seduto in cima a una montagna.

Se dovessimo riassumere tutta la storia del team in una sola parola, questa sarebbe senz’altro Poly.

Poly è una stampante 3D la cui struttura è interamente stampata in 3D. È una stampante multitool, che utilizza un firmware e un software open source, fatta completamente in PLA, materiale biodegradabile totalmente ecologico. Abbiamo già accennato che è azionata da un motorino per DVD, e questo chiude la triade delle parole chiave alla base della filosofia di 3DRap: open-source, eco-friendly, e upcycling. Poly è una stampante dotata di ugello estrusore, laser per incisioni, un kit per il cioccolato, tutti rapidamente sostituibili grazie a un meccanismo di attacco e sgancio magnetico. Ha un’area di stampa di 6cmx6cmx6cm e può realizzare, oltre a innumerevoli oggetti in plastiche diverse (pla, abs e altro), disegni e cioccolatini.

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Qual è il business model?

Il business model consiste nel fornire un servizio che si può riassumere nel semplice motto. “materializza la tua idea”. Una piattaforma online concepita per seguire il cliente durante il ciclo di vita dell’oggetto da realizzare. Dalla bozza su carta al prototipo 3d finito. Passando per fasi come ingegnerizzazione e design. Nel caso in cui il cliente abbia bisogno di realizzare il prodotto in una piccola serie lo mettiamo nelle condizioni di autoprodurselo attraverso stampanti 3d custom pensate ad hoc. La nostra vision è quella di riuscire a soddisfare anche produzioni su vasta scala utilizzando tecniche come il soft-tooling capaci di abbattere i costi di realizzazione di stampi ad iniezione anche di 20 volte.

Ad oggi quali sono i risultati raggiunti?

Grazie al settore del sim racing, un mercato di nicchia che riguarda il mondo dei simulatori di guida online, per il quale produciamo mod ed accessori in 3d, abbiamo triplicato il fatturato in meno di un anno raggiungendo 200k  in 12 mesi e 70 paesi nel mondo. Siamo convinti che grazie ad altri progetti come poly riusciremo nel breve periodo a migliorare ancora di più le nostre performance. Inoltre abbiamo da poco intrapreso un nuovo progetto che non possiamo ancora svelare che riguarda le criptovalute.

Quai sono i dati relativi al mercato delle stampe 3d in italia e nel resto del mondo?

Per Keith Kmetz, direttore delle ricerche in ambito Imaging, Printing e Document Solutions di IDC, il mercato delle stampanti 3D è pronto per un’adozione su larga scala.Tuttavia, per Chute, la stampa 3D non si trasmette linearmente su tutte le industry: fornitori di tecnologia e di servizi devono interpretare le differenze d’uso, il costo dei materiali e le aspettative dei clienti nei vari mercati. Che è anche come dire che il mercato della stampa 3D industriale è diverso dal mercato desktop, che a propria volta muta rispetto a quello della stampa 3D biomedicale (altro settore in forte crescita, come ha stabilito anche Allied Research).

Le due opinioni arrivano a margine della nuova versione del rapporto 3D Printing Spending Guide, che dàil settore della stampa 3D in rapida espansione nei prossimi tre anni. IDC prevede infatti che la stampa 3D si espanderà a livello globale con un tasso di crescita annuo composto del 27%. Ciò significa che l’industria, che nel 2015 valeva quasi 11 miliardi di dollari, raggiungerà i 26,7 miliardi di dollari entro il 2019.A trainare la crescita saranno i mercati dell’Europa occidentale, Asia e Stati Uniti. La porzione complessiva di spesa globale in stampa 3D per queste tre macro aree è prevista in aumento dal 59,2%, registrato nel 2014, a circa il 70% entro il 2019.

Secondo le stime di IDC il mercato dell’Europa occidentale, che ha chiuso il 2015 a quota 2,5 milardi, nel 2019 varrà 7,2 miliardi di dollari, con un tasso medio annuo di crescita superiore a quello mondiale: 29,6%. Lo farà grazie alla notevole crescita nel settore healthcare e negli altri mercati verticali

Questo sarà il risultato di una maggiore adozione di applicazioni di stampa 3D nel settore industriale. La Cina, in particolare, è destinata a diventare leader di mercato per l’hardware.

È senza dubbio uno dei tassi di crescita più ambiziosi che si possano registrare nell’attuale situazione economica.

Rafforza il concetto il direttore della Consumer Insights, sempre di IDC, Christopher Chute, per il quale la stampa 3D per molti anni è stato un pilastro nei mercati manifatturieri specializzati come l’ automotive e l’aerospaziale. Ma è solamente negli ultimi tre anni, che le stampanti 3D a basso prezzo e i materiali a prezzi accessibili sono riusciti ad ampliare il mercato della stampa 3D, aprendolo a realtà dell’istruzione, sanità, della maniufattura in genere e, anche, dei consumatori.

Stampa 3D: un mercato da 26,7 miliardi di dollari nel 2019

Siete una startup innovativa? quali difficoltà state trovando e che tipo di finanziamento state cercando?

No, contiamo di diventarlo presto depositando brevetti industriali. Al momento tutto il settore di ricerca e sviluppo riusciamo ad autofinanziarlo con i nostri introiti ma per quanto riguarda la produzione in grandi serie abbiamo trovato parecchie difficoltà nel cercare soluzioni economiche adatte ad una startup come la nostra. Abbiamo quindi deciso, come nel caso di poly, di rivolgerci direttamente ai nostri potenziali clienti attraverso raccolte fondi online su kickstarter.

Monginevro porta la “smart city” sulle piste da sci grazie a Orange

Orange Business Services annuncia il suo primo “Smart Resort” a Monginevro, nelle Alpi, parte di un progetto che sarà sviluppato in tutta la Francia.
La trasformazione digitale di Monginevro è coordinata attraverso una strategia “smart city” che combina Wi-Fi gratuito, un’app mobile disponibile da inizio dicembre per iOS e Android e analisi dei big data. Gli obiettivi sono triplici: migliorare l’esperienza turistica in montagna, facilitare la vita a residenti e visitatori e sostenere lo sviluppo economico e turistico di una delle più antiche stazioni sciistiche della Francia.
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I dettagli nel  comunicato stampa:
[gview file=”http://www.antoniosavarese.it/wp-content/uploads/2017/12/Comunicato-Stampa-Orange-Monginevro.pdf”]

ONLINE LA PRIMA PIATTAFORMA DI TELECONSULTO ONCOLOGICO

Ideata dalla start up Ultraspecialisti.com e realizzata da Exprivia consente di ricevere pareri, diagnosi e terapie senza spostarsi da casa

È online la prima piattaforma web per il consulto a distanza di medici specialisti oncologi. Messa a punto da Exprivia – gruppo internazionale specializzato in Information and Communication Technology – la piattaforma informatica consente a pazienti con malattie gravi conclamate o con prima diagnosi di sospetta malattia grave, di scegliere e consultare online medici specialisti senza dover affrontare viaggi e trasferte in altre città o regioni e nel pieno rispetto della normativa sulla privacy.

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Il servizio di teleconsulto oncologico è stato ideato da Ultraspecialisti.com, una start up che ha vinto il premio InnovitsGymnasium 2017 – dedicato alle start up che si distinguono con progetti innovativi – ed è stata selezionata dalla BEI (Banca Europea degli Investimenti) fra 308 candidati di vari paesi, classificandosi fra le prime cinque selezionate per accesso al finanziamento e supporto manageriale di mentoring.

Ogni anno in Italia 800 mila persone si spostano tra le regioni alla ricerca di una cura migliore. La piattaforma realizzata da Exprivia, attraverso il sito di Ultraspecialisti.com, mette in contatto il paziente con il medico più esperto in quell’area terapeutica, al quale è possibile trasferire da remoto tutti gli esami effettuati e fornire le risposte alle domande di anamnesi, ricevendo poi una diagnosi appropriata, pareri e consigli di cura senza doversi spostare da casa.

Dopo cinque mesi di test, durante i quali la piattaforma è stata messa a disposizione gratuita dei pazienti per validare il servizio, l’attività di teleconsulto è oggi attiva e sta incontrando il favore di molti pazienti in tutta Italia. Riservato per ora alle malattie oncologiche sulle quali è stato ampiamente testato, il servizio sarà in futuro ampliato anche ad altre patologie che richiedono il consulto o una second opinion di medici esperti e non facilmente reperibili vicino alla propria residenza.

La startup hi-tech OCORE trionfa al Premio Nazionale Innovazione

LA STARTUP HI-TECH CHE INNOVA L’INDUSTRIA 4.0 TRIONFA AL PNI


La prima barca a vela da competizione altamente resistente e performante completamente stampata in 3D con processi innovativi: la sfida imprenditoriale della startup siciliana Ocore vince il Premio Nazionale Innovazione

A lei il premio della categoria Industrial e il premio dei premi conferiti da FS Italiane, main partner della 15esima edizione del Premio

Costruire la prima barca a vela da competizione completamente stampata in 3D con processi innovativi e materiali altamente resistenti e performanti. Da qui è partita la sfida di Ocore, startup palermitana fondata da due ingegneri e un architetto navale, che osservando la natura hanno sviluppato una nuova tecnologia di stampa robotica 3D che consente di ottenere strutture di grandi dimensioni al contempo leggere e dalle grandi prestazioni.

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La vittoria al PNI 2017
L’idea di Ocore ha trionfato al PNI – Premio Nazionale per l’Innovazione, promosso dalla rete nazionale degli incubatori di impresa universitari (PNICube) con la co-partecipazione di FS Italiane per far emergere i migliori progetti d’impresa ad alto contenuto tecnologico nati nelle università e nei centri di ricerca d’Italia. Sessantacinque le startup finaliste, selezionate tra le 1.031 idee d’impresa che hanno partecipato alle 17 StartCup regionali, che si sono sfidate ieri pomeriggio a Napoli nel Complesso Universitario Federico II di San Giovanni a Teduccio per aggiudicarsi i 4 premi settoriali di 25mila euro nelle categorie Life Sciences, Cleantech & Energy, Industrial, ICT e il titolo di vincitore assoluto del PNI 2017. FS Italiane ha sostenuto con un riconoscimento di 25mila euro il miglior progetto di impresa della categoria Industrial e con un premio di altri 25mila euro da investire nelle proprie attività hi-tech il campione assoluto del PNI. La business idea di Ocore, startup incubata presso il Consorzio Arca di Palermo, si è aggiudicata entrambi i premi.

L’innovazione di Ocore
Osservando la natura Daniele Cevola, Francesco Belvisi e Mariga Perlongo hanno sviluppato e brevettato una nuova strategia di deposizione del materiale che sfruttando un algoritmo ispirato ai frattali e utilizzando polimeri avanzati rinforzati con fibre di carbonio permette di realizzare strutture ad altissime prestazioni, più forti, più durevoli e allo stesso tempo più leggere. Da tavole da surf a strutture di grandi yacht interamente costruite attraverso il primo robot di stampa 3D ad alte prestazioni, senza modelli e stampi, superando i problemi della stampa 3D tradizionale. La nautica è stato il settore scelto per mettersi alla prova e vincere la sfida ma le applicazioni sono innumerevoli in tutti quei settori che richiedono il massimo di prestazioni e leggerezza.


FS Italiane è una delle più grandi realtà industriali d’Italia. Conta circa 74.200 donne e uomini (di cui quasi 7.000 all’estero), oltre 8mila treni ogni giorno e 250mila bus/chilometro. FS Italiane trasporta in un anno circa 750 milioni di passeggeri su ferro (600 in Italia, 150 all’estero), 290 milioni su gomma (160 milioni in Italia, 130 all’estero), e 50 milioni di tonnellate di merci. Il network ferroviario è di oltre 24mila chilometri di rete, di cui 1.350 dedicati ai servizi alta velocità.

PNICube è l’Associazione italiana degli incubatori universitari e delle business plan competition regionali, denominate StartCup. Nata nel 2004, ha lo scopo di stimolare la nascita e accompagnare al mercato nuove imprese ad alto contenuto di conoscenza generate dal mondo accademico. Oggi PNICube conta 46 associati tra Università e incubatori accademici e 17 StartCup attive.

Growth Hacking – Intervista a Raffaele Gaito

Quando ho conosciuto Raffaele era un giovanisismo startupper, fondatore insieme ad altri amici di Mangatar, nel corso degli anni poi ha lasciato quell’avventura per  diventare un Guru moderno specializzato in Growth Hacking e temi digitali.

Ecco l’intervista realizzata con Raffaele.

Anni fa si parlava di exit, di pivoting oggi invece tutti parlano di growth hacking? Cosa è?

In giro troverai decine di definizioni del Growth Hacking. Io personalmente lo definisco come una disciplina che mette insieme marketing, analisi dei dati e sviluppo del prodotto.
È una metodologia nata negli USA nel 2010 e che negli ultimi 3-4 anni è arrivata anche in Italia, ecco perché ne sentiamo parlare tanto.
È un mindset nel quale viene messo al centro di tutta la strategia la crescita e per fare ciò si procede con un metodo quasi scientifico basato su esperimenti e la cosa più importante di tutte per un imprenditore: i dati!
Per far capire velocemente di cosa si tratta ai miei clienti e ai miei studenti ripeto sempre questa frase: con il growth hacking il mio obiettivo è farti capire che prodotto e marketing non sono due cose separate (ma viaggiano di pari passo) e che nel business puoi fidarti di una sola cosa, i dati.

Quanto conta la “tecnica” e quanto altro?

Il growth hacking è un processo. Ciò significa che non è una formula magica e non è un approccio universale per risolvere i problemi. Anzi, è tutt’altro che “cool” e “sexy”, bisogna sporcarsi tanto le mani (sia sul prodotto che sul marketing) e passare tanto tempo sui numeri (leggi analytics ed excel).
In un contesto del genere la tecnica ha un’importanza minima, è un mezzo come un altro per raggiungere un obiettivo.
Anzi, più leggo in giro post con titoloni acchiappa click che si concentrano sulla tecnica e più cerco di riportare l’attenzione alle cose importanti: lo studio, la sperimentazione, il processo, il mindset, la multidisciplinarietà.
Siamo troppo abituati alle soluzioni veloci e siamo sempre alla ricerca delle scorciatoie e quindi non a tutti piace sentirsi dire che il growth hacking è un processo e come tale richiede tempo. Mi spiace, ma è così!
Bisogna tirarsi su le maniche, iniziare a raccogliere dati (qualitativi e quantitativi), parlare con i propri utenti, rimettere in dubbio qualsiasi elemento del proprio progetto e cominciare a testare in maniera costante ogni singolo aspetto del proprio business.

Come ci si prepara per fare il growth hacker?

Fino a qualche anno fa la situazione era abbastanza tragica perché non esistevano percorsi di studio pensati esclusivamente per il growth hacking e quindi quelli come me che hanno iniziato all’epoca lo facevano studiando le cose americane e sporcandosi le mani sui propri progetti.

Oggi la situazione è ben diversa, esistono diversi corsi online e offline dedicati alla figura del growth hacker e la cosa inizia a comparire anche in qualche percorso universitario (finalmente) dedicato al marketing e al business.
In linea di massima è importante capire che si tratta di una figura multidisciplinare (quella che nel mondo HR viene definito “profilo a T”) e che quindi riesce a combinare competenze di marketing con quelle di prodotto, di business, tecniche e così via.

Proprio per questo motivo nel mio libro [amazon_link asins=’8891753599′ template=’ProductAd’ store=’antoniosavare-21′ marketplace=’IT’ link_id=’c4dcbdac-d683-11e7-9df1-6f2b32a1b0f9′] ho dedicato un intero capitolo proprio a questo tema. È innegabile che il growth hacker (insieme al data scientist) sia la figura più richiesta sul mercato negli ultimi anni e di continuo ricevo la domanda “ma come divento growth hacker”. Ebbene, ho raccolto in un capitolo ad hoc tutta una serie di link, risorse, libri, corsi e altre informazioni utili per chi vuole intraprendere questa carriera.

Puoi citare due casi di successo? uno italiano ed uno estero?

Negli USA ce ne sono tantissimi perché, come dicevo sopra, ormai è un metodo che loro danno per scontato. Non esistono startup che non fanno growth hacking, è una cosa che una volta scoperta non puoi tornare indietro.

Lascio perdere i casi classici fin troppo abusati di Dropbox, Airbnb, Hotmail e così via per segnalarti Spotify! Spotify è un bellissimo caso studio di Growth Hacking in un settore (come quello della musica) che non vedeva innovazione seria da diversi anni.

Proprio ultimamente ho trattato questo caso studio sul mio blog dove si può notare come una crescita del genere non è basata tutta su attività di marketing, ma in buona parte su aspetti di business e di prodotto.

Uno dei casi italiani più interessanti è sicuramente Ludwig, una startup nostrana che ha realizzato un bellissimo tool che aiuta a scrivere meglio in inglese. Loro hanno fatto da 0 a 1 milione di utenti in 6 mesi proprio utilizzando il growth hacking: sperimentazione continua, analisi costante dei dati, feedback degli utenti, e così via.
Anche di questo caso studio ho parlato qualche settimana fa sul mio blog, in un post dove ho intervistato il CEO.

Questa metodologia è applicabile solo alle startup?

Assolutamente no! Inevitabilmente è una metodologia nata in quell’ambiente perché si tratta di un contesto con scarsità di risorse, denaro e tempo in primis. Una volta capito le potenzialità della cosa anche le grandi aziende hanno iniziato ad utilizzare questo approccio.
Tra i primi big a farlo proprio ci son stati Facebook e LinkedIn, ma oggi anche aziende che non appartengono al mondo del digitale o del tech stanno iniziando a creare un dipartimento growth hacking, così come siamo abituati a un dipartimento marketing.
Un caso classico, di cui si è parlato tantissimo negli ultimi mesi è quello di Coca-Cola che durante quest’estate ha annunciato di aver sostituito il CMO (direttore marketing) con il CGO (growth hacker).
Una scelta del genere porta dietro un paradigma importante: si passa dal “focus sul marketing” al “focus sulla crescita”.

Tale metodologia di crescita è applicabile solo all’online?

La risposta, in parte l’ho data già nella domanda precedente. Così come non si tratta di una metodologia riservata solo alle startup è altrettanto falso che si possa utilizzare solo in contesti digitali e online.
Oltre Coca-Cola, ti cito anche IBM (hardware), Heineken (food), ING (Finance) e così via…

Dicci una pratica o un tool per iniziare.

Se rispondessi a questa domanda verrei meno a tutto quello che ho detto fino ad ora. Bisogna capire che è prima di tutto una questione di mindset e di processo.
Quindi provo a rispondere in parte, modificando leggermente la prospettiva. Ti dico qual è il primo step da cui iniziare.
Senza ombra di dubbio dovete iniziare a dialogare con i vostri utenti e i vostri clienti. Sembra una banalità, ma non lo è… semplicemente perché nessuno lo fa o i pochi che lo fanno lo fanno male, in maniera non strutturata.
Se immaginiamo l’azienda come un motore, allora i dati sono il carburante e i primi dati che vanno raccolti, sono appunto i feedback degli utenti.
Se in azienda avete qualcuno che si occupa di customer care (risponde alla mail, risolve i ticket aperti, prende le telefonate, gestisce i commenti sui social, ecc.) sappiate che è la persona con il ruolo più importante in azienda.
Iniziate a coinvolgerlo di più nel proceso di sviluppo del business, fatevi passare i dati che raccoglie e, perché no, una volta a settimana mettetevi nei suoi panni e provate a dialogare voi con gli utenti.
Vi cambierà completamente la visione del vostro progetto, promesso!

 

 

Raffaele Gaito – Imprenditore Digitale, Growth Hacker, Startup Mentor, Blogger. A 15 anni ho scritto la mia prima riga di codice, a 17 ho aperto il mio primo blog e a 20 ho lanciato la mia prima azienda. Da allora non mi sono più fermato.
Oggi affianco Startup, Aziende e Professionisti con consulenza su tematiche di Marketing e di Prodotto, attività che spesso confluiscono in quello che oggi viene definito Growth Hacking.
Di queste stesse tematiche scrivo sul blog raffaelegaito.com che è un punto di riferimento in Italia per chi lavora nel digitale.

Startup e innovazione, salgono a 261 milioni di € gli investimenti in Startup Hi-Tech nel 2017 (+20%), boom dei finanziamenti esteri (+163%)

Nel 2017 gli investimenti in Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 261 milioni di Euro, in crescita del 20% rispetto al 2016.


Calano gli investimenti formali (-21%), ma il mercato italiano delle startup cresce grazie a finanziamenti esteri (+163%), Business Angel Network e Crowdfunding


Crescono sia il contributo sia degli attori informali come Business Angel Network e piattaforme di Equity Crowdfunding (89 milioni di Euro), sia quello proveniente da fonti internazionali (92 milioni di Euro), soprattutto da Stati Uniti e Regno Unito.
Il 46% delle startup hi-tech italiane finanziate si rivolge a clienti esteri, ma dalla distribuzione dei ricavi provenienti da oltreconfine emerge come oltre 8 startup su 10 vantino meno del 50% di fatturato di origine estera.
Nel Nord e nel Centro Italia, il fattore predominante nella scelta della localizzazione della sede è l’ecosistema a supporto delle startup (29% e 33% delle risposte) mentre, al Sud e nelle Isole, le motivazioni si spostano sugli incentivi conferiti da autorità pubbliche (23%).


Cresce la fiducia degli investitori esteri (+163% rispetto al 2016), i finanziamenti dei quali rappresentano il 36% dei fondi a disposizione delle startup hi-tech italiane. Passa da 101 milioni nel 2016 a 80 milioni nel 2017 il contributo economico degli investitori formali italiani, ma a bilanciare la decrescita è l’aumento del 10% dei finanziamenti da parte di attori informali.

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Per il Nord e il Centro Italia iI sistema a supporto delle startup è la principale motivazione che influenza la scelta della localizzazione della sede (per il 29% e 33% del campione), insieme all’accesso a personale qualificato in loco (17%). Al Sud e nelle Isole, le motivazioni si spostano sulla possibilità di accedere a incentivi conferiti da autorità pubbliche (23%) e sulla dimensione del mercato (23%).

Queste sono alcune delle evidenze emerse dall’Osservatorio Startup Hi-tech promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano* in collaborazione con Italia Startup – l’Associazione dell’ecosistema startup italiano – giunto alla sua quinta edizione e presentato in occasione del convegno “Corporate Entrepreneurship e Open Innovation: innovare con un occhio alle startup!”.

Nel 2017 gli investimenti in Equity di startup hi-tech in Italia ammontano a 261 milioni di euro, in crescita del 20% rispetto al valore totale consuntivo del 2016 (217 milioni di euro)”, afferma Antonio Ghezzi, Direttore dell’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano. “In ogni caso, come già rilevato nelle scorse edizioni della Ricerca, un paragone con altri ecosistemi più maturi e con dotazioni di risorse finanziarie estremamente più alte (vedi USA e UK, ma anche Israele, Francia e Germania) non è ancora ipotizzabile. L’ecosistema startup hi-tech italiano continua purtroppo a soffrire di un cash shortage a monte, e dovrebbe essere sostenuto da opportuni strumenti ed operazioni ad esso interamente destinati e dedicati. È doveroso osservare però come all’interno di questo trend vi sia una nota positiva per le startup nostrane: si evidenzia infatti un aumento del taglio medio di investimento (circa il 70% dei quali superano i 500.000 euro), segnale che anche in Italia è possibile ottenere round di fascia medio-alta che aiutino la startup a proseguire nel processo di crescita”.

Gli investimenti in startup hi-tech italiane nel 2017
Gli investimenti da parte di attori formali calano del 21%, passando dai 101 milioni del 2016 agli 80 milioni del 2017. Certamente un dato negativo, anche a fronte dell’ottima performance fatta registrare nel 2016 (dove per la prima volta avevano sfondato il tetto dei 100 milioni) ma la diminuzione non deve suscitare allarmismi. Negli ultimi sei anni, infatti, si è assistito spesso ad andamenti altalenanti, dove le dimensioni ancora ridotte degli investimenti complessivi potevano essere influenzate significativamente da poche grandi operazioni dell’ordine delle decine di milioni di euro.

I finanziamenti da attori informali fanno da contraltare al comparto precedente, bilanciando in parte la loro decrescita grazie ad un trend positivo (+11%) che li porta a raggiungere quota 89 milioni di euro (contro gli 81 milioni di euro del 2016). Per la prima volta dal 2012 si registra quindi il “sorpasso” degli investimenti informali su quelli formali, guidato prevalentemente dalle componenti degli Angel Network e dei Business Angel indipendenti[1], nonché da una forte crescita dell’Equity Crowdfunding che raddoppia il suo valore dell’anno, per una stima pari a oltre 10 milioni di euro[2] (entrambe le componenti positivamente influenzate dagli incentivi legati al 30% di detrazione fiscale sulle somme investite in startup e PMI innovative).

Considerando la distribuzione della ricchezza nel Paese, l’Italia mostra una elevata percentuale di potenziali Angel che potrebbero guardare con interesse all’opportunità di investire in startup hi-tech”, afferma Raffaello Balocco, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-techDa questo punto di vista si può e si deve ancora maturare sotto l’aspetto culturale, con riferimento alla nostra tradizionale scarsa propensione al rischio e al “terrore” per il fallimento. La componente che mostra il trend di crescita più significativo è legata agli attori internazionali, i cui investimenti nel 2017 sono ben oltre il doppio rispetto ai 35 milioni di euro consuntivati nel 2016. Questo dato, estremamente positivo, è tuttavia impattato in maniera netta da una singola grande operazione il cui valore di oltre 40 milioni di euro pesa per quasi la metà di tutta la componente (nonché per quasi un sesto degli investimenti totali in startup hi-tech italiane nell’anno). In ogni caso, appare evidente il crescente interesse da parte di player internazionali rispetto alle eccellenze rappresentate dalle startup italiane, con particolare riferimento quest’anno al comparto Life Sciences”.

“I numeri che emergono dalla ricerca di quest’anno sono a luci e ombre” afferma Federico Barilli, Segretario Generale di Italia Startup “la crescita complessiva degli investimenti dice che l’ “offerta” di startup hi-tech italiane di qualità è complessivamente buona e attrae investimenti importanti anche dall’estero. Di contro, il ritardo rispetto a sistemi industriali analoghi al nostro, quali Francia e Germania, rimane rilevante e la massa di investito da parte di venture capital ed angel italiani rimane molto, troppo contenuta se si considera la grande consistenza del patrimonio privato del nostro Paese. E’ parte di quest’ultimo che va indirizzato verso il capitale di rischio, sia tramite la leva fiscale e la semplificazione delle procedure, sia soprattutto coinvolgendo il mondo industriale italiano, secondo modelli di open innovation e corporate venture, quindi in logica non speculativa ma, appunto, industriale, cioè con benefici di prodotto/mercato per le startup e di innovazione per le imprese mature”. 

Gli investimenti da parte degli attori internazionali

A fronte del loro crescente peso assoluto (92,17 milioni di euro) e relativo (36% sulla raccolta complessiva), meritano particolare approfondimento gli investimenti da parte di attori stranieri. L’investment inflowossia i capitali attratti dall’ecosistema startup hi-tech da parte di player esteri, proviene prevalentemente da Europa (51,4%), USA (38,1%), Israele (7,3%) e Russia (0,5%), mostrando una distribuzione eterogenea; focalizzandosi sui 49,7 milioni di euro provenienti da investitori europei, si riscontra un 35,9% da investitori con sede in UK, seguiti da Benelux (24,5%) e Svizzera (19,1%). La stragrande maggioranza degli investimenti internazionali proviene da attori formali (77,04 milioni di euro, pari all’83,6% del totale). È inoltre interessante rilevare come investitori italiani abbiano finanziato startup straniere, per un totale di 65,8 milioni di euro: questo può rappresentare l’investment outflow, un flusso in uscita dal nostro ecosistema. La comparazione tra investment inflow e outflow, ossia flussi in ingresso e in uscita dall’ecosistema italiano, consente di mettere in luce una “bilancia commerciale” degli investimenti, che nel 2017 mostra un avanzo di 26,4 milioni di euro, testimonianza della crescente attrattività internazionale del nostro panorama startup hi-tech a prescindere dai suoi tuttora evidenti limiti dimensionali.

Le scelte di localizzazione ed internazionalizzazione delle startup
Per quanto riguarda le ragioni alla base della scelta di localizzazione dell’impresa, si nota come il sistema a supporto delle startup sia la principale motivazione (24,6%) per le startup hi-tech italiane; segue la vicinanza culturale del mercato (14,6%) e la presenza di aziende o distretti industriali che possano favorire le attività delle startup (14,6%). Volendo discriminare per macro-aree geografiche, nel Nord e Centro il sistema a supporto delle startup è fattore predominante (29% e 33% delle risposte), mentre al Sud e nelle Isole, venendo a mancare la componente legata all’ecosistema, le motivazioni si spostano sugli incentivi conferiti da autorità pubbliche (23%) e sulla dimensione del mercato (23%).

In relazione al portafoglio clienti delle startup hi-tech finanziate italiane, il 46% del campione presenta attualmente clienti internazionali, ma la distribuzione dei ricavi provenienti da questi clienti mostra come l’82% cumulato di startup vanti meno del 50% di fatturato di origine estera. 
I clienti internazionali sono prevalentemente concentrati in Europa (56%); seguono il Nord America (21%) e l’Asia (15%). Il dettaglio sull’Europa mostra come le nostre startup siano maggiormente aperte al mercato del Regno Unito (31% dei clienti esteri) e a quello tedesco (19%); a seguire la Svizzera e la Spagna (entrambe rappresentate con il 13%). Il processo di internazionalizzazione costituisce una forte priorità strategica per le startup hi-tech, a conferma dei risultati già evidenziati nel Rapporto 2016. Infatti, se soltanto il 22% del campione attualmente possiede una sede all’estero – nello specifico, in Nord America (33%), Regno Unito (29%), Germania e Spagna (14% ciascuna) e Francia (10%) – il restante 78% dichiara di stare pianificando un’espansione internazionale entro il prossimo anno.

Conclude Antonio Ghezzi: “Complessivamente, nel 2017 emergono alcuni segnali negativi di carattere strutturale, legati alla riduzione degli investimenti da parte degli attori formali e a un dimezzamento delle exit rilevate (8 deal, tutti effettuati attraverso operazioni di trade sale, rispetto ad una media storica di oltre 20 exit all’anno). Tuttavia, l’ecosistema vede nel contempo l’amplificarsi di trend positivi già evidenziati lo scorso anno, fra tutti l’aumento del peso degli attori internazionali e la propensione delle startup all’internazionalizzazione e alla collaborazione con imprese consolidate. Se valutato all’interno di un contesto che vede ancora un numero limitato di attori dedicati alle attività di Venture Capital, tale collaborazione con il sostrato di grandi aziende – ma anche di Piccole-Medie Imprese – italiane può costituire un significativo volano per lo sviluppo dell’ecosistema”.


 


 

[1] Fonte: integrazione tra risultati Survey IBAN 2015 e dati raccolti da fonti primarie e secondarie

[2] Fonte: Osservatorio CrowdFunding della School of Management del Politecnico di Milano

PNI 2017 la finale a Napoli

Fare sistema e ragionare da “scaleup”: il 30 novembre e 1° dicembre 2017 gli imprenditori di domani si daranno appuntamento nel Complesso Universitario Federico II di San Giovanni a Teduccio per la 15° edizione del Premio Nazionale per l’innovazione (PNI).

Alla finaledel PNI  possono accedere i vincitori delle 16 Start Cup regionali assegnate dagli Atenei che aderiscono all’Associazione Italiana degli Incubatori Universitari – PNICubeUna sfida tra i migliori progetti d’impresa hi-tech italiani nati in ambito universitario, con un montepremi complessivo di circa 1,6 milioni di euro. Un mondo, quello accademico e della ricerca, in grado di dare vita ad oltre il 20% delle startup innovative del Sistema Italia.
Il 30 novembre e il 1° dicembre, dopo dieci anni, il PNI torna a Napoli grazie all’Università Federico II, in collaborazione con COINOR e l’Incubatore Campania NewSteel, con il titolo “Connecting to the Future”. Qui 66 progetti imprenditoriali provenienti da tutta Italia si disputeranno 4 premi settoriali di 25mila euro ciascuno: Cleantech&Energy promosso da IREN, ICT offerto da PwC, Industrial sponsorizzato da FS Italiane, Life Science sostenuto da Clinic Center.

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Al termine della due giorni, che avrà l’obiettivo primario di stimolare il dialogo fra i principali stakeholder del mondo dell’innovazione e dell’impresa, sarà decretato – oltre alle quattro migliori idee imprenditoriali per categoria – il vincitore assoluto del PNI 2017, che garantirà all’istituzione accademica di provenienza la Coppa Campioni PNI e al progetto scelto un ulteriore riconoscimento di 25mila euro da reinvestire nelle proprie attività hi-tech, messo in palio da FS Italiane. Si assegneranno inoltre due Menzioni speciali – “Social Innovation” promossa da Global Social Venture Competition e “Pari Opportunità” istituita dal MIP Politecnico di Milano – e diversi Premi Speciali messi a disposizione da Ambasciate e da prestigiose aziende partner.

FORMULA PNI
Nella due giorni del PNI 2017 si parlerà di Industria 4.0, di competenze digitali, di occupazione giovanile, di sviluppo dell’innovazione, e del ruolo dell’accademia come propulsore dei processi di sviluppo imprenditoriale e di garanzia per il futuro, con tutte le incognite del mercato e delle dinamiche umane attorno a cui ruota la crescita di un’azienda. Ma con la certezza che a Napoli si spingerà l’acceleratore sulla creazione di opportunità concrete fra le startup universitarie e i loro possibili partner ed investitori.

Il PNI 2017 è promosso dall’Associazione Italiana degli Incubatori Universitari PNICube, dall’Università di Federico II di Napoli, Coinor e Campania NewSteel, in collaborazione con tutti gli Atenei e il sistema della ricerca della Campania.
Main PartnerFS Italiane.
Main SponsorGruppo IrenPwC Italia, Clinic Center.
Sponsor: AVNET Silica, Cariplo Factory, Ordine Ingeneri di Napoli, MIP-Politecnico Milano, Unicredit Start Lab, UPMC, Vertis SGR. Con il Supporto di: AIIC – Associazione Italiana Ingegneri Clinici, Boost Heroes, Crit, Atlante Verntures, SMAU. Con il patrocinio di: Regione Campania, Comune di Napoil, CRUI, British Consulate-General Milano, Uniona Industriali Napoli, dei circuiti ECSB e RENT, di Global Social Venture Competition e Startup Europe Awards 17.

Scarica il programma delle due giornate 

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Black Friday i prodotti più venduti e le anticipazioni del Cyber Monday

Il divertimento prosegue fino a Cyber Monday

 

Durante le prime sette ore del Black Friday, i clienti di Amazon.it hanno ordinato più di 24.000 prodotti per la casa e oltre 20.000 tra computer e accessori per PC.

I prodotti più venduti su Prime Now sono stati Nespresso Inissia EN80.B Macchina per Caffè Espresso e Hamburger di Scottona.

I clienti di Amazon.it avranno a disposizione ulteriori offerte per tutto il weekend e fino al 27 novembre, giornata del Cyber Monday.

 

Amazon.it sta celebrando oggi il suo quinto Black Friday con migliaia di offerte in diverse categorie come sport, elettronica di consumo, casa e cucina, prima infanzia, bellezza e cura della persona e tanto altro con sconti tra il 20% e il 40% che dureranno fino a mezzanotte.

Finish All in One pastiglie lavastoviglie (pacco da 110), iRobot Roomba 650 Robot, Fifa 18 per Playstation 4, sono i prodotti più venduti su Amazon.it fino a questo momento.

Mentre i prodotti più venduti con Prime Now, servizio attivo per i clienti Prime nel’area di Milano, sono stati Macchina per Caffè Espresso Nespresso Inissia e Hamburger di Scottona.

Il servizio di consegne ultra-veloci di Amazon ha partecipato anche quest’anno al Black Friday con centinaia di offerte disponibili attraverso l’app Prime Now o sul web alla pagina primenow.amazon.it in pronta consegna in un’ora o in una fascia di due ore a propria scelta.

 

Ecco le offerte disponibili anche per il weekend e nella giornata di Cyber Monday

I clienti possono ancora godere di una grande selezione di offerte che continua per tutto il week-end fino a tutta la giornata di lunedì 27 novembre, Cyber ​​Monday, con migliaia di nuove offerte in diverse categorie.

Ecco un’anticipazione su alcune offerte che saranno presenti durante il weekend e lunedì 27:

Rowenta VR7260 Easy Steam – Generatore di vapore

Severin HV 7158 Scopa elettrica

Crucial CT120BX300SSD1 Unità a Stato Solido Interna, 120 GB

Hot Wheels FDY09 Pista con Intelligenza Artificiale

Braun Silk-Épil 5 Power 5185 Epilatore

 

Alcune curiosità sulla giornata di Black Friday di Amazon.it 

  • Durante la settimana di Black Friday, inziata con tanti sconti già a partire da lunedì scorso,  sono stati venduti tanti Chupa Chups da poterne offrire uno a tutti gli abitanti di Firenze.
  • Il primo prodotto di questa giornata di offerte venduto su Amazon.it è stato il Dash Button di Caffè Borbone alle ore 00.01.
  • Questa mattina abbiamo venduto tanti cofanetti di Harry Potter serie completa 8 DVD che per vederli tutti ci vorrebbero più di 2 anni.
  • Abbiamo venduto tante scope Dyson V6 che messe una sopra all’altra supererebbero l’altezza del Burj Khalifa, grattacielo più altro del mondo.
  • Abbiamo venduto tante pastiglie Finish per lavastoviglie che si potrebbero lavare contemporaneamente i piatti di tutte le famiglie di Roma e Torino.
  • Sono stati venduti tanti Materassi Memory da coprire la superficie di 15 campi da tennis.
  • Sono stati venduti tanti TV 55” che uno sopra all’altro supererebbero l’altezza della Torre Unicredit a Milano.
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