Dieci idee innovative degli studenti universitari di Bari presentate alle aziende IT

Dalle app per le segnalazioni dei cittadini a quella per i piccoli mercati locali: dieci idee innovative degli studenti universitari di Bari presentate alle aziende IT

Un contest organizzato dal SerLab dell’Università degli Studi di Bari e dal Distretto Produttivo dell’Informatica pugliese per sviluppare il confronto tra imprese e giovani menti

Una sola app in grado di raccogliere tutte le segnalazioni di pubblica utilità dei cittadini, dal lampione rotto alla buca stradale, senza dover ricercare la soluzione tecnologica adottata – eventualmente – dalla singola amministrazione comunale.  È questa l’idea che ha convinto 250 studenti dell’Università di Bari e rappresentanti di alcune delle principali realtà imprenditoriali IT della Puglia che hanno partecipato al ‘Project & Career Day’ organizzato dal SerLab (Software Engineering Research Laboratory) dell’Università degli Studi di Bari con il supporto del Distretto Produttivo dell’Informatica pugliese. ‘Civic sense’ è composto da una piattaforma e un’app per smartphone che potrebbe essere usata dalle amministrazioni locali per dare più velocemente risposte alle segnalazioni dei cittadini, superando i vincoli posti oggi dalle applicazioni già adottate dalle città più ‘smart’. Il progetto potrebbe essere usato anche da grandi aziende per raccogliere le segnalazioni di utenti su rotture o guasti e di geolocalizzarli, accelerando i tempi che intercorrono tra l’apertura dei ‘ticket’ e gli interventi. O, ancora, potrebbe essere utile in caso di emergenze o calamità.

L’idea è stata selezionata tra le dieci che gli studenti dei corsi di Ingegneria del Software e Project Management della Facoltà di Informatica dell’Università di Bari hanno presentato a una giuria composta da esperti e imprenditori del settore IT pugliese. ‘Civic sense’, che sarà oggetto di studio e analisi durante le lezioni universitarie e potrebbe essere sviluppata da una delle aziende presenti all’evento, ha prevalso su altri interessanti progetti: un mercato sociale interattivo e dotato di QR code per mettere in contatto diretto produttori locali e consumatori, un software capace di ottimizzare la gestione di una darsena (dai posti barca alle tariffe per i periodi di sosta), una piattaforma per agevolare l’acquisto di biglietti di vario tipo, sottraendoli così a sistemi di bagarinaggio, un sistema capace di gestire tutte le attività del personale di un ufficio sulla base di professionalità, fasce orarie, presenza in loco o smart working.

I lavori rientrano in un percorso avviato dal Distretto Produttivo dell’Informatica e dall’Università di Bari per migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, avvicinare i laureandi alle aziende e costruire maggiori occasioni d’incontro e dialogo tra i due mondi, per favorire lo scambio di idee e progettualità e accelerare i processi innovativi. Il ‘Project & Career Day’, nello specifico, è stato ideato con l’obiettivo di mettere in relazione imprese e studenti per confrontarsi sulle prospettive della formazione e dello sviluppo delle aziende informatiche in Puglia. Non a caso il contest è stato preceduto da una tavola rotonda, moderata dai docenti e ricercatori del SerLab Danilo Caivano e Antonio Piccinno sullo scenario dell’Information Technology tra alta formazione e lavoro. Al confronto hanno partecipato il presidente del Distretto Produttivo dell’Informatica pugliese Salvatore Latronico, gli AD di i top manager di Exprivia, Auriga, Hevolus, OmnitechIT, i presidenti del Data Center ReCaS-Bari, della Sezione Terziario Innovativo e Comunicazione di Confindustria Bari e Bat, di Confcooperative Puglia e della sezione la Puglia del PMI Institute Southern Italy Chapter

Top Doctors raddoppia il fatturato e prevede di triplicarlo nel 2018

La piattaforma che mette in contatto gli utenti con oltre 60.000 tra i migliori medici specialisti a livello globale, consolida la propria posizione anche in Italia

Top Doctors® (www.topdoctors.it), la piattaforma online che seleziona e mette a disposizione degli utenti un panel formato dai migliori medici specialisti, centri e cliniche privati di livello internazionale, ha chiuso il 2017 con un fatturato superiore ai 7 milioni di dollari. L’azienda, nata nel 2013 in Spagna che conta a oggi 160 dipendenti e arrivata in Italia due anni fa, ha raddoppiato il fatturato per il quarto anno consecutivo con l’obiettivo di triplicarlo entro il 2018, così da raggiungere quota 20 milioni di dollari.

La piattaforma, unica nel suo genere, nasce da un modello di successo già introdotto negli Stati Uniti da oltre 25 anni con lo scopo di soddisfare le esigenze del medico e del paziente.  Da un lato, infatti, Top Doctors® permette alle persone di individuare e contattare i migliori specialisti o centri medici – sia tramite prenotazione online sia attraverso contatto telefonico; dall’altro, invece, offre ai medici l’opportunità di essere inseriti in un panel medico di prestigio accrescendo la propria reputazione online, nonché di fornire ai propri pazienti, da remoto e in maniera agile, informazioni utili per una prima valutazione clinica.

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La formula è risultata sicuramente vincente, dal momento che sono già 20 milioni gli utenti che hanno visitato la piattaforma, e ben oltre 1 milione le visite prenotate tramite Top Doctors.

Grazie ai tre round di finanziamento, che hanno consentito all’azienda di raccogliere 4,1 milioni di euro e a seguito dell’apertura di 5 nuovi mercati dal 2014 al 2016 (altre sono previste per l’anno corrente), nell’ultimo anno Top Doctors si è concentrata sul potenziamento tecnologico. Con l’intenzione di affermarsi in misura sempre maggiore come la piattaforma digitale di riferimento per l’accesso ai migliori specialisti, l’azienda, nelle prossime settimane, metterà a disposizione servizi di telemedicina che, grazie a funzionalità quali chat e videochiamate, contribuirà ulteriormente a rendere più innovativa e diretta la comunicazione tra medico e paziente.

Perché il modello di business di Top Doctors® è unico nel suo genere? Top Doctors non è un elenco di professionisti in cui poter essere inclusi solo facendone richiesta. Ciò che ha permesso al brand di consolidarsi come leader nell’individuazione di dottori e centri medici di prim’ordine è il più rigoroso ed eccellente processo di selezione al mondo, portato avanti in collaborazione con Adecco Medical & Science. Si tratta di un sistema talmente selettivo che solo il 10% dei dottori valutati supera l’auditing di qualità entrando nel prestigioso panel, attualmente composto da oltre 60.000 brillanti specialisti nel settore della sanità privata a livello globale.

Top Doctors rappresenta una vera rivoluzione nel settore medico, perché è riuscita a semplificare la ricerca dello specialista più adatto alle necessità del paziente, eliminando alcune barriere e fornendo una preselezione di professionisti d’eccellenza”, ha dichiarato il Prof. Marco Massobrio, ortopedico e membro di Top Doctors dal 2016. “Ed è così che anche i medici meno abituati agli strumenti di ultima generazione hanno la possibilità di sfruttare la tecnologia per aumentare la propria visibilità e rafforzare la propria immagine professionale. Ma non solo. Con Top Doctors noi medici possiamo avvalerci di un canale online semplice ed efficace che ci consente di mostrare in modo immediato le nostre informazioni e qualifiche professionali, e di entrare in contatto e comunicare con i pazienti”.

 “È stato un anno molto importante per la nostra azienda, e siamo contenti di aver, ancora una volta, raggiunto gli obiettivi prefissati. La nostra intenzione è quella di diventare uno strumento volto a centralizzare e ottimizzare le comunicazioni medico-paziente, incorporando progressivamente maggiori servizi sia per i medici che per i pazienti e ponendoci come pionieri di un tema importante e sempre più attuale come quello della telemedicina”, ha dichiarato Alberto Porciani CEO di Top Doctors.

Beautic, il Social Marketplace per Beauty Influencer, vince IMPRESSIONlab!

Si chiama Beautic, la startup selezionata per accedere al programma di accelerazione di 3 mesi di IMPRESSIONlab (www.impressionlab.it), la nuova piattaforma dedicata alle startup digitali che promuovono innovazione nel settore della comunicazione e dell’advertising.

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I tre partner del progetto Cariplo Factory, Digital Magics e IAB Italia hanno selezionato Beautic (https://thebeautic.com), il social marketplace in cui gli utenti possono diventare influencer condividendo il loro look make-up. 

Non solo un marketplace, ma una grande community dove le aziende possono trovare il loro Ambassador di bellezza, mentre gli utenti seguire i make-up artist preferiti, scoprire e acquistare nuovi prodotti, regali e tendenze.

Beautic, in qualità di unica startup selezionata da IMPRESSIONlab, vince:

  • un percorso di accelerazione della durata di 3 mesi in Digital Magics, il business incubator di progetti digitali leader in Italia, con 62 startup operative e 6 sedi distribuite da Nord a Sud, che ne sosterrà lo sviluppo e la crescita
  • la possibilità di presentare il progetto durante la festa dei 20 anni di IAB Italia, l’Associazione dedicata all’advertising interattivo che, con i suoi oltre 180 associati, potrà a sua volta supportare la crescita del business di Beautic.

L’obiettivo dell’iniziativa IMPRESSIONlab, che ogni anno selezionerà le migliori startup nell’ambito dell’advertising e del marketing digitale, è offrire un percorso privilegiato e di primissimo livello, per preparare le startup a presentare il proprio progetto davanti ad un importante network di investitori ovvero i più importanti protagonisti del Venture Capital.

AL VIA FUTURE OFFICE: CALL FOR INNOVATION DEL GRUPPO BUFFETTI E DIGITAL MAGICS

Entro il 9 aprile le startup e PMI italiane, che stanno sviluppando prodotti e servizi innovativi su Mondo Business, Home Office, Innovazione del Punto Vendita e Applicazioni SAAS, potranno inviare la propria idea suhttp://futureoffice.digitalmagics.com

Tra i 10 finalisti selezionati sarà scelto il progetto migliore che vincerà un grant di 3.000 Euro, supporto logistico e mentorship. Il Gruppo si riserva inoltre la possibilità di stringere collaborazioni di ‘Open Innovation’ anche con le altre startup e PMI che pur partecipando al Buffetti Innovation Day (Roma – 3 maggio) non si sono classificate al primo posto

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Gruppo Buffetti, azienda leader dei prodotti ufficio, attiva anche nell’erogazione di servizi SAAS e Digital Magics, il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio Italiano, lanciano “Future Office”Call for Innovation per le startup e PMI italiane.

L’obiettivo della Call di Buffetti e Digital Magics è trovare le migliori soluzioni tecnologiche per 4 aree –  Mondo Business, Home Office, Innovazione del Punto Vendita e Applicazioni SAAS – in grado di creare nuovi strumenti di supporto all’attività lavorativa, fornire ai consumatori una risposta moderna alle loro esigenze e rinnovare la percezione dell’insegna e l’esperienza nei negozi.

Fra tutte le startup e PMI che invieranno la propria candidatura entro il 9 aprile su http://futureoffice.digitalmagics.com, saranno selezionate le 10 migliori proposte che parteciperanno Giovedì 3 maggio al Buffetti Innovation Day a Roma, presentando i loro progetti davanti alla giuria composta da Buffetti e Digital Magics.

La migliore startup o PMI verrà premiata con un grant di 3.000 Euro, supporto logistico e mentorship. Buffetti si riserva inoltre la possibilità di stringere delle partnership commerciali in ottica di Open Innovation con le altre startup finaliste.

La Call “Future Office” è rivolta a tutte le startup e PMI che sviluppano prodotti e servizi innovativi per professionisti, piccole imprese e clienti, utilizzando tecnologie come:

  • Sicurezza
  • Internet delle Cose (IoT)
  • Wearable device (dispositivi indossabili)
  • Data analysis
  • Blockchain (database distribuito per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi/blocchi di una rete)
  • Intelligenza Artificiale
  • Telecontrollo
  • Realtà Virtuale
  • High tech device

“Crediamo fortemente nella creatività e nel potenziale innovativo che contraddistingue le startup e molte nostre piccole imprese – dichiaraRinaldo Ocleppo, Presidente di Gruppo Buffetti – Siamo convinti che da questa iniziativa possano nascere collaborazioni strategiche vincenti che consentiranno di valorizzare le nuove tecnologie sfruttando il supporto commerciale e tecnico garantito dai 790 affiliati Buffetti”.

“La Call ‘Future Office’ che abbiamo strutturato per Buffetti  – ha dichiarato Layla Pavone, Consigliere e Chief Innovation Marketing and Communication Officer di Digital Magics – creerà duplice valore sia per il Gruppo, leader dei prodotti ufficio, che potrà innovare con le tecnologie esterne processi, prodotti e servizi, sia per l’accelerazione e la crescita delle startup e PMI finaliste. Le proposte più interessanti potranno infatti essere testate e commercializzate attraverso la rete dei punti vendita Buffetti, presenti nel territorio italiano, nonché attraverso i canali online del Gruppo Dylog, di cui fa parte Buffetti”.

Indagine Kaspersky Lab: un italiano su due infettato da virus durante la visione di contenuti pornografici

     ·         Quasi la metà degli adulti italiani (49%) è stata infettata da un virus informatico dopo aver visualizzato contenuti per adulti online

·         In media, i nostri connazionali guardano contenuti per adulti cinque volte alla settimana e uno su cinque (21%) usa il proprio dispositivo di lavoro per accedere ai contenuti pornografici

·         Tre italiani su dieci (28%) hanno incolpato parenti o amici dell’infezione contratta dal proprio computer

·         Quattro italiani su dieci (39%) credono di rimanere al sicuro dai virus semplicemente usando la modalità di navigazione in incognito per guardare contenuti per adulti

·         Un nuovo video svela le dieci “malattie sessualmente trasmissibili (MST) digitali” più comuni e i loro sintomi

 Secondo una nuova indagine condotta da Kaspersky Lab, quasi la metà degli adulti italiani (49%) ha contratto un virus sul proprio notebook, PC o dispositivo mobile dopo aver guardato contenuti per adulti online. I risultati della ricerca rivelano quanto gli utenti siano a rischio di contrarre una “malattia sessualmente trasmissibile (MST) digitale” non proteggendo adeguatamente i propri device.

L’indagine condotta da Kaspersky Lab, che ha coinvolto 1.000 adulti italiani, ha inoltre svelato che la vergogna di essere stato infettato ha spinto tre utenti su dieci (28%) a incolpare parenti o amici dell’infezione contratta dopo aver visitato siti per adulti.

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In media, gli intervistati hanno dichiarato di guardare contenuti pornografici sul proprio computer o qualsiasi altro dispositivo in media cinque volte alla settimana e più della metà (55%) ha ammesso di guardare contenuti per adulti almeno una volta al giorno, trascorrendo ogni volta in media 23 minuti su questi siti. Di conseguenza, gli italiani trascorrono più di 4 giorni all’anno visitando siti con contenuti a luci rosse. Quasi un quinto degli intervistati (17%) ha ammesso di guardare siti per adulti durante l’orario lavorativo usando il PC, il tablet o lo smartphone dell’ufficio.

Quasi una persona su dieci (8%) ha dichiarato di navigare in modo non sicuro, non avendo installato alcuna soluzione di sicurezza internet sui propri dispositivi. La stessa percentuale crede erroneamente di essere al sicuro navigando su siti per adulti via tablet o smartphone, pensando che questi device non possano essere infettati.

Una recente indagine globale di Kaspersky Lab ha rivelato che i malware mobile spesso si nascondono dietro ai contenuti per adulti per attirare gli utenti: i ricercatori hanno scoperto 23 famiglie di malware per Android che sfruttano contenuti pornografici per nascondere le proprie reali funzionalità.

“Nel 2017 abbiamo identificato almeno 27 varianti di malware per PC specificatamente pensati per cercare le credenziali dei siti a pagamento di contenuti per adulti. Questo genere di siti è interessante per i cyber criminali perché hanno un elevato numero di utenti che possono essere presi di mira e che saranno meno disposti a riferire l’infezione per non dover spiegare come l’hanno contratta”, ha commentato Morten Lehn, General Manager Italy di Kaspersky Lab. “Con 323.000 bug malware progettati per il furto d’identità, la corruzione dei file e il ricatto scoperti da Kaspersky Lab ogni giorno, è sempre più importante che gli utenti adottino comportamenti sicuri online e prendano le giuste precauzioni”.

Il 39% degli italiani pensa di essere al sicuro usando la modalità di navigazione in incognito, mentre un intervistato su quattro (40%) crede di proteggere il proprio computer dai virus cancellando la cronologia del browser.

Inoltre, il 26% ha ammesso di aver mentito su un’infezione da virus informatico perché temeva di averlo preso navigando su un sito per adulti, mentre il 18% è stato colto in flagrante da un amico, un familiare o il partner.

Di seguito i dettagli sulle dieci MST digitali che possono colpire i dispositivi degli utenti mentre guardano contenuti per adulti:

1.      Trojan: potrebbero mascherarsi da programmi innocui ma contengono un payload nocivo.

2.      Drive-by download: un metodo comune di diffusione dei malware. I cyber criminali cercano siti non sicuri e impiantano uno script dannoso nel codice delle pagine: sfruttano ogni applicazione vulnerabile sui computer, infettando automaticamente gli utenti quando visitano il sito.

3.      Click-jacking: gli utenti vengono indotti a cliccare su un oggetto di una pagina web convinti di cliccare su un altro. Il click-jacking può essere usato per installare malware, ottenere l’accesso agli account o per attivare la webcam di una vittima.

4.      Bot di Tinder: programmi automatici progettati per fingersi persone reali su un sito di appuntamenti e indurre gli utenti a cliccare sui loro profili e svelare informazioni confidenziali.

5.      Cat-Phishing: i criminali informatici si mettono in mostra sui siti di appuntamento o nelle chat room, invitando gli utenti a cliccare su link per accedere a chat erotiche live o immagini per adulti.

6.      Ransomware: i cyber criminali usano dei “blocker” per impedire alle vittime di accedere al proprio dispositivo, spesso informandole che il blocco è dovuto a “contenuti pornografici illegali” scoperti sul device, affinché chi ha visualizzato contenuti pornografici online sia reticente a riferire l’accaduto alle forze dell’ordine.

7.      Worm: un programma che si replica ma non scrive il proprio codice in altri file. Dopo essersi installato sul dispositivo della vittima cerca un modo per diffondersi su altri device.

8.      Pornware: potrebbe trattarsi di un programma legittimo ma potrebbe contenere un adware installato da un altro programma nocivo, progettato per inviare contenuti inappropriati al dispositivo della vittima.

9.      Spyware: software che consente a un criminale di ottenere di nascosto informazioni sulle attività online della vittima e trasmetterle all’esterno del dispositivo.

10. Falsi anti-virus: programmi che fingono di essere anti-virus sfruttando la paura degli utenti di aver installato software nocivi guardando contenuti pornografici.

Secondo una recente indagine di Kaspersky Lab, il 25,4% degli utenti mobile (almeno 1,2 milioni di persone) hanno subito un attacco malware almeno una volta nel 2017 e 199 milioni di URL sono stati identificati come nocivi. Nel 2017 sono stati registrati 1 miliardo di attacchi online.

È possibile scaricare il report globale sulle minacce informatiche per gli utenti di contenuti pornografici online qui: https://www.kaspersky.com/blog/porn-themed-threats-report/20891/

Kaspersky Lab svela le vulnerabilità scoperte in uno smart home hub

In occasione del Mobile World Congress i ricercatori di Kaspersky Lab hanno annunciato la scoperta di alcune vulnerabilità in uno smart hub utilizzato per gestire tutti i dispositivi e i sensori connessi installati in casa. L’analisi rivela come per un cyber criminale sia possibile accedere da remoto al server del prodotto e scaricare un archivio contenente i dati personali di utenti casuali, necessari per accedere ai loro account, per poi ottenere il controllo dei loro sistemi domestici.

La popolarità dei dispositivi connessi continua ad aumentare, insieme alla richiesta degli smart home hub poiché rendono molto più semplice la gestione della casa, unendo tutte le impostazioni dei dispositivi in ​​un’unica piattaforma e consentendo agli utenti di configurarle e controllarle tramite interfacce web o applicazioni mobile. Inoltre, alcune di queste soluzioni servono anche come sistema di sicurezza. Allo stesso tempo, essere degli “unificatori” rende questi dispositivi un obiettivo attraente per i criminali informatici che potrebbero utilizzarli come punto d’accesso per gli attacchi remoti. All’inizio dell’anno scorso, Kaspersky Lab ha scoperto un dispositivo per la smart home che offriva una vasta superficie di attacco agli intrusi, basata su algoritmi di generazione di password deboli e porte aperte. Durante la nuova indagine, i ricercatori hanno scoperto che una progettazione non sicura e diverse vulnerabilità nell’architettura del dispositivo smart potevano fornire ai criminali l’accesso alla casa degli utenti.

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In primis, i ricercatori hanno scoperto che l’hub invia i dati dell’utente quando comunica con un server, incluse le credenziali necessarie ad accedere all’interfaccia web dello smart hub l’ID utente e la password – oltre ad altre informazioni personali come il numero di telefono dell’utente utilizzato per gli alert. Gli autori di attacchi remoti possono scaricare l’archivio con queste informazioni inviando una richiesta legittima al server che include il numero di serie del dispositivo. L’analisi, inoltre, mostra che il numero di serie può facilmente essere scoperto dai criminali grazie ai metodi semplicistici della sua generazione.

Secondo gli esperti, i numeri seriali possono essere scoperti con metodi di forza-bruta usando la logic analysis e poi confermati attraverso una richiesta al server: se un dispositivo con quel numero seriale è registrato in un sistema cloud, i criminali riceveranno informazioni affermative. Di conseguenza, potranno accedere all’account web dell’utente e gestire le impostazioni dei sensori e dei controller collegati all’hub.

Tutte le informazioni sulle vulnerabilità rilevate sono state segnalate al fornitore e successivamente corrette.

“Sebbene i dispositivi IoT siano stati il focus dei ricercatori della cyber sicurezza negli ultimi anni, si stanno dimostrando ancora insicuri. Abbiamo scelto in modo casuale uno smart home hub e il fatto che l’abbiamo trovato vulnerabile non è un’eccezione ma un’ulteriore conferma dei continui problemi di sicurezza nel mondo IoT. Sembra che, letteralmente, ogni dispositivo IoT − anche il più semplice − contenga almeno un problema di sicurezza. Ad esempio, abbiamo recentemente analizzato una lampadina intelligente. Potreste chiedervi cosa potrebbe andare storto con una lampadina che permette di cambiare solo il colore della luce e alcuni altri parametri di illuminazione tramite lo smartphone. Bene, abbiamo scoperto che tutte le credenziali delle reti wi-fi, cioè i nomi e le password, a cui la lampadina si era precedentemente collegata venivano archiviate nella sua memoria senza crittografia. In altre parole, la situazione attuale nella sfera della sicurezza IoT è che anche la vostra lampadina potrebbe mettervi in pericolo”, ha affermato Vladimir Dashchenko, Head of Vulnerabilities Research Group dell’ICS CERT di Kaspersky Lab.

“È molto importante per i produttori garantire un’adeguata protezione ai propri utenti e prestare molta attenzione ai requisiti di sicurezza durante lo sviluppo e il rilascio dei prodotti, perché anche piccoli dettagli di un design non sicuro possono portare a conseguenze pericolose” ha concluso Dashchenko.

Per rimanere al sicuro, Kaspersky Lab consiglia agli utenti di fare quanto segue:

• Usare sempre una password complessa e non dimenticare di cambiarla regolarmente;

• Aumentare la propria consapevolezza dei pericoli per la sicurezza controllando le ultime informazioni, di solito disponibili online, sulle vulnerabilità scoperte e corrette dei dispositivi smart.

Per garantire la sicurezza della casa “intelligente” e dell’Internet of Things, Kaspersky Lab offre la propria applicazione gratuita per la piattaforma Android, Kaspersky IoT Scanner. La soluzione esegue una scansione della rete wi-fi domestica, informando l’utente dei dispositivi ad essa collegati e del loro livello di sicurezza.

Per limitare i rischi di sicurezza informatica, Kaspersky Lab consiglia a produttori e sviluppatori di condurre sempre test di sicurezza prima che i prodotti vengano rilasciati e di seguire gli standard di sicurezza informatica dell’IoT. Recentemente Kaspersky Lab ha contribuito alla Raccomandazione ITU-T Y.4806 (International Telecommunication Union – Settore delle telecomunicazioni), creata per aiutare a mantenere un’adeguata protezione dei sistemi IoT, comprese le città smart, i dispositivi medicali indossabili e stand-alone e molti altri.

Ulteriori informazioni su questa ricerca sono disponibili su Securelist.com.

LA STARTUP STIP VINCE “START&PULSE”: CALL4STARTUP DI AGOS E DIGITAL MAGICS

I 9 progetti finalisti hanno presentato le loro soluzioni tecnologiche innovative sulla “Customer Centricity”, per innovare processi, servizi e prodotti orientandoli alla centralità del cliente e del consumatore finale

La startup Stip – software che automatizza tutte le attività manuali del CRM per permettere alle aziende di risolvere i problemi dei clienti ovunque si trovino, da un unico pannello di gestione, e ottenere dati e metriche per migliorare le decisioni strategiche – vince START&PULSE: Call lanciata da Agos, società finanziaria leader nel credito alle famiglie presente da oltre trent’anni sul mercato italiano eDigital Magics, il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio Italiano.

L’iniziativa si inserisce all’interno di «Start & Pulse», programma europeo di Open Innovation di Crédit Agricole Consumer Finance, capogruppo di Agos. La Call4startup aveva l’obiettivo di trovare le startup, con prototipi funzionanti e MVP (Minimum Viable Product), in grado di creare innovazione di processi, prodotti e servizi nell’ottica strategica della centralità del cliente (“Customer Centricity”).

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Durante la giornata di pitch nel campus di coworking Talent Garden Milano Calabiana la giuria di START&PULSE – formata dal management di Agos e Digital Magics – ha scelto Stip come migliore startup della Call tra i 9 progetti finalisti, selezionati fra le candidature inviate a https://www.startandpulse.io/agos/.

Stip ha vinto un premio di 5.000 Euro in servizi e potrà collaborare con l’Innovation Lab di Agos, per lo sviluppo di un progetto sperimentale di Open Innovation.

I finalisti di START&PULSE sono: 1trueidCikalaDynamitickEMOJ,Let.lifeMobysignPIKKARTRed Beacon e Stip.

“La ‘Customer Centricity’ non è un semplice orientamento aziendale, ma è una vera leva di trasformazione per le aziende come Agos, in un ambito molto competitivo dove le startup nascono ‘customer centric’ – dichiara Vincent Mouveroux, Condirettore Generale e Direttore Strategia Digitale di Agos – Negli ultimi anni Agos ha puntato molto sullo sviluppo delle tecnologie innovative orientate al cliente. Lo sviluppo tecnologico e la possibilità di connettersi ovunque hanno, infatti, modificato il processo di fruizione di prodotti e servizi e, di conseguenza, anche il comportamento e le aspettative dei clienti, che diventano i veri protagonisti dell’esperienza di acquisto. In particolare, i clienti ci richiedono, sempre di più, contenuti personalizzati e soddisfazione immediata. Le interazioni vanno quindi ripensate partendo dal cliente e dalla sua esperienza con Agos”. 

“Innovare le relazioni e le connessioni con i propri clienti deve essere un driver costante che tutte le aziende devono seguire e ricercare, non solo un nuovo trend del digitale. Siamo convinti che la sinergia fra la startup vincitrice di ‘START&PULSE’ e Agos creerà nuovo valore aggiunto per entrambi – ha dichiarato Layla Pavone, Consigliere e Chief Innovation Marketing and Communication Officer di Digital Magics – Lavorare con un’azienda internazionale come Agos, molto attiva e impegnata nell’innovazione tecnologica, ed essere stati scelti come partner in Italia per questo progetto di ‘Open Innovation’, sono per noi motivi di grande orgoglio”.

Mellon – La storia dell’APP che ti fa fare affari solo con chi conosci

Mellon  è stata  tra le app consigliate da iTunes da luglio 2017: la startup italiana propone un modello di business apprezzato dagli utenti proprio per l’elevato grado di affidabilità che propone: le truffe sono a zero visto che conosci le controparti e cosa propongono.

Per conoscere meglio come ha costruito il suo successo su iTunes e come funziona l’app, ho intervistato Lorenzo Dell’Uva – co-founder e senior product manager di Mellon.

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Qual è la storia di Mellon?

Mellon nasce una idea del team di intermedia mmh una digital agency di cui sono socio e co-founder insieme a Giuseppe D’Arpino. Mellon è nato banalmente con l’intenzione di verificare una mia idea (vendere e acqusitare da persone che si conoscono è estremamente più facile ed immediato) e dalla voglia del team di misurarsi con un tema diverso (ed in parte più tecnologicamente più complesso) rispetto ai “temi” usuali per i clienti della nostra agenzia.

 Mi racconti la genesi del nome?

Mellon è un “omaggio” al Signore degli anelli 🙂
Vuol dire amici in elfico… ed ad un certo punto è la “password” per aprire una porta il cui enigma è “dite ad amici ed entrate”. Ci sembrava perfetto oltre ad essere abbastanza neutrale per coprire più mercati di lingue diverse

Da dove nasce l’attenzione per lo scambio?

Nasce, semplicemente, dall’osservare che nella vita di tutti i giorni gli amici scambiano tra loro oggetti che non usano più: comprano il telefonino di un amico appassionato, vendono o regalano il proprio Mac a qualche conoscente che deve scrivere la tesi, affittano o prestano la propria casa all’amico di un amico per il weekend. Nella vita di tutti i giorni, insomma, la nostra rete di amicizia è il primo “mercato” cui ci rivolgiamo per vendere e comprare beni usati. E’ naturale, facile, sicuro. Non a caso si dice “chiedere ad un amico”.

Quali sono le caratteristiche principali dell’applicazione?

Mellon è un mercatino di annunci di compravendita usato, affitti e lavoro. Dal punto di vista funzionale offre tutte le “classiche” feature che ci si aspetta da una app per pubblicare annunci in modo facile e veloce.La sua caratteristica unica (non conosco competitor che facciano la stessa cosa) è quella di “limitare” il mercato (ovvero la visibilità degli annunci che si pubblicano) esclusivamente ai propri contatti (amici di facebook e/o della rubrica telefonica) ed agli amici degli amici.
In questo modo chiunque veda l’annuncio oppure con chiunque si entri contatto è sempre una persona che già si conosce direttamente o al massimo tramite un amico / contatto in comune. Questo garantisce, in pratica, un mercato sempre sicuro e privo di brutte sorprese o truffe di qualche tipo.
Si potrebbe pensare che si tratti di un mercato molto piccolo, In realtà un utente “medio” con 250 contatti può raggiungere un potenziale mercato di oltre 60.000 persone. Non un numero enorme (se pensiamo ad ebay per intenderci) ma sufficientemente grande per vendere una bici o acquistare un portatile usato “sicuro”.
Altre funzionalità che i nostri utenti apprezzano ed usano molto sono: la traduzione automatica del proprio annuncio nelle tre lingue supportate (inglese, italiano e spagnolo)…. del resto gli amici degli amici sono spesso sparsi nel mondo e la possibilità di pubblicare l’annuncio direttamente su facebook anche auto-generando una GIF animata.

Quanto vale il mercato (Italia ed estero)?

Il mercato mondiale della sharing economy è un mercato enorme ed è costantemente in crescita. Negli ultimi anni è stato valutato pari ad oltre 15 miliardi di dollari e si stima possa arrivare oltre i 300 miliardi entro il 2025. Non è un caso che i maggiori player del settore siano tutti oggetto dell’attenzione degli investitori internazionali. L’italianissima Depop ha da poco raccolto (altri)  20 milioni di dollari per espandersi negli USA. Let go, una delle app-mercatino più popolari specie in USA,  ha annunciato solo l’anno scorso di aver raccolto ulteriori 100 milioni di dollari ad una valutazione di oltre 1.2 miliardi di dollari.

Qual è lo stato dell’arte oggi e quali i passi futuri ?

Abbiamo da poco rilasciato una nuova versione 2.5 nella quale abbiamo ulteriormente snellito e semplificato l’utilizzo della app e della sua UI. E ne siamo super orgogliosi. Inoltre abbiamo approcciato per la prima volta anche l’Amazon AppStore nel costante tentativo di allargare la nostra user base. L’app si affianca a quella per iPhone / iPad (spesso segnalata da Apple tra le app da non perdere nelle sue raccolte su App Store Italia) ed Android.
Per il futuro stiamo sperimentando la possibilità di allargare il mercatino sicuro di Mellon a gruppi chiusi di persone che sono già collegate tra loro oltre i tradizionali social. Speriamo di avere news a riguardo quanto prima 🙂

In questo momento cosa cercate in termini di funding?

Al momento Mellon è completamente self-funded. L’idea iniziale era quella di testare il mercato, valutarne le potenzialità e la “risposta” ad un modello un po’ diverso di mercatino dell’usato. Siamo super soddisfatti del risultato fin qui ottenuto con le sole nostre forze contro “colossi” super finanziati. In questo momento quindi stiamo valutando diverse opportunità di accelerazione e siamo alla ricerca di un primo round di finanziamento che ci permetterebbe di focalizzarci ed accelerare sulla customer acquisition.


Lorenzo dell’Uva è nato a Napoli e da sempre si occupa di informatica e nuove tecnologie. 
E’ co-founder di mellon, socio e senior product manager di intermedia mmh. Si è occupato per moltissimi anni del binomio bambini e nuove tecnologie.Vive tra Bologna e New York e quando non è seduto davanti al suo Mac lo si può trovare in giro per il mondo con la sua macchina fotografica al collo oppure con le scarpe da running ai piedi ad allenarsi per qualche maratona. 

Huawei conferma l’impegno a investire nei giovani talenti italiani e lancia la quinta edizione di Seeds for the Future

Al via le iscrizioni al programma annuale di formazione promosso da Huawei, MIUR e MISE che porterà 10 studenti italiani in Cina

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Riparte “Seeds for the Future”, il programma annuale di formazione, giunto alla sua quinta edizione, promosso e finanziato da Huawei, in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e il Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). Il progetto, che rientra nel quadro di iniziative messe in campo da Huawei per la valorizzazione dei giovani talenti italiani e la creazione di opportunità di incontro fra mondo del lavoro e università, si colloca all’interno dei piani di investimento in innovazione dell’azienda che da anni destina tra il 10% e il 15% del proprio fatturato globale alla Ricerca e Sviluppo, raggiungendo nel 2016 gli 11  miliardi di dollari.

Il prossimo aprile, grazie all’accordo sottoscritto nel giugno 2015 con il MIUR e il MISE, 10 fra i migliori laureandi italiani, con un percorso di studio focalizzato su tecnologia e innovazione, partiranno per un soggiorno di due settimane presso le sedi di Huawei in Cina dove verrà loro offerto un ampio portafoglio di programmi di formazione: lezioni in classe, esercitazioni pratiche, formazione multimediale e simulazioni di problem solving. Al rientro in Italia gli studenti parteciperanno a ulteriori attività di approfondimento sui temi affrontati nel corso del tirocinio e avranno l’opportunità di sostenere un colloquio conoscitivo con il dipartimento Risorse Umane di Huawei Italia.

Sul sito www.seedsforthefuture.it dedicato all’iniziativa saranno pubblicati i profili degli studenti selezionati che durante il loro soggiorno in Cina potranno condividere i momenti più belli della loro esperienza. Tutte le news saranno disponibili in home page.

Per inoltrare la propria candidatura: http://www.seedsforthefuture.it/invio-candidatura/

Per ulteriori informazioni: www.seedsforthefuture.it

Digital PR – Intervista a Jessica Malfatto

Jessica Malfatto, è una Digital PR Specialist, fondatrice di Digitalpr.pro, agenzia di consulenza e formazione che opera nel campo delle digital pr. 
Autrice del libro “Strategie di Digital PR per startup” edito da Dario Flaccovio Editore, ha lavorato per diverse startup italiane (come Jobyourlife, iubenda, Sweetguest, Friendz) e ha collaborato con realtà editoriali (come Corriere della Sera e il Gruppo Mondadori).
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Le ho fatto alcune domande per conoscere meglio il suo lavoro ed il mondo delle Digital PR

Quando hai deciso di scrivere il tuo libro e perché?

Questo libro nasce dalla volontà di condividere molto di quello che ho imparato (e che continuo a imparare) durante il mio percorso come digital pr specialist. Ho iniziato a scriverlo all’inizio del 2017, dopo aver concordato con l’editore l’indice ed il progetto editoriale.

Ho raccolto casi studio, in differenti settori, facendo esperienza, soprattutto seguendo diverse startup e quello che ho scritto rispecchia esempi pratici, strategie realmente applicate e che hanno funzionato. Poca teoria e molta pratica, perché attraverso questo testo volevo cercare di trasmettere un metodo. Un metodo attraverso il quale sviluppare delle strategie di digital PR.

Al suo interno ci sono esempi di campagne di digital PR, esempi di comunicazioni, di comunicati, di mail preparate e indirizzate a giornalisti e media.

Quanto contano oggi le digital pr per un’azienda?

Le digital pr oggi sono molto importanti nel percorso di un’azienda, sia in una fase iniziale che in una fase “avanzata”.

Sono importanti, ma – dobbiamo riconoscerlo – non sono essenziali e non possono essere poste sullo stesso piano della parte dedicata allo sviluppo, ad esempio.

Le digital pr rappresentano quel “quid” che nella strategia di marketing e comunicazione può fare la differenza (se sviluppate nel modo corretto).

Le digital pr, ad esempio, aiutano un’azienda ad acquisire credibilità e autorevolezza all’interno del proprio settore, attraverso delle pubblicazioni ottenute in contesti mediatici di rilievo. Ma non solo. Aiutano anche gli imprenditori a trovare spazio in conferenze e convegni, oppure supportano il lancio di un prodotto o di un servizio, mettendo in gioco differenti azioni.

Le pr aiutano contribuiscono a creare un ponte caratterizzato da autorevolezza e credibilità tra l’azienda e il pubblico finale (coinvolgendo gli intermediari, come i media, grazie ai quali alcuni messaggi riescono a raggiungere le persone di riferimento).

Quali sono i fattori critici di successo?

Il primo elemento fondamentale per ottenere successo in una strategia di PR risiede nella qualità del prodotto.

Le PR non salvano i prodotti e i servizi, ma hanno il compito di aiutarli ad acquisire autorevolezza, visibilità, credibilità, comunicando il loro valore. Un prodotto scadente, anche se supportato da una buona azione di PR, resterà tale e non potrà fare molta strada. Per questo è fondamentale far entrare in campo le PR solo nel momento in cui siamo sicuri del nostro prodotto.

Parlando, invece, nello specifico delle strategie di PR, è fondamentale avere un metodo specifico per impostare ogni campagna.

Prima di tutto, bisogna prestare la massima attenzione alla definizione del taglio che si vuole dare alla comunicazione che andremo a preparare. Cerchiamo di concentrarci sul funzionamento e sul valore del nostro prodotto/servizio, comunicandolo immediatamente, oppure proviamo a raccontare la nostra storia imprenditoriale, non dimenticandoci di riportare anche numeri e dati che riguardano il nostro progetto (se sono rilevanti).

Non dimentichiamoci anche di basare la strategia di PR su un mix di comunicazioni autoreferenziali e non autoreferenziali.

Quali gli ostacoli da conoscere?

Oggi la sfida di un’azienda, in questa attività, è cercare di essere poco autocelebrativi e molto “informativi”. Questa è una difficoltà da non sottovalutare. Se vogliamo risultare interessanti agli occhi dei media sul lungo periodo non dobbiamo sempre e solo parlare di quanto “siamo bravi e belli” e di quanto la nostra azienda sia “perfetta”, ma dobbiamo sforzarci di renderci disponibili a collaborare con i giornalisti nella realizzazione di articoli interessanti.

Chiedere al giornalista quali informazioni potrebbero risultare interessanti per lui/lei, riferite al nostro settore, e offrirsi disponibili nel recuperarle – magari attraverso una ricerca o grazie alla propria esperienza – potrebbe essere un esempio di “avvicinamento” ai media. In questo modo, se il giornalista dovesse pubblicare un pezzo usando il materiale che gli abbiamo inviato, riporterà sicuramente il nome della nostra impresa e forse potrebbe inserire anche una nostra dichiarazione.

Puoi citarmi due case history una positiva e una negativa?

Come agenzia (digitalpr.pro) abbiamo incontrato tre fallimenti nell’attività di PR. La prima volta è stata con un artista nel settore musicale: abbiamo preparato con attenzione la comunicazione, ma – purtroppo – non siamo stati in grado di veicolarla nel modo corretto ai media di settore. Questo è accaduto all’inizio del nostro percorso professionale e ci ha fatto capire che non ci si può improvvisare PR specialist in ogni settore, perché ci sono dei campi che hanno delle dinamiche molto particolari (come la moda, ad esempio) e quindi è necessaria una specializzazione molto forte per poter impostare delle azioni di PR. Il secondo fallimento è stato dovuto a uno sbaglio comunicativo tra noi e l’azienda che seguivamo come cliente (nel campo della finanza). Dopo aver concordato due interviste (di cui una televisiva) abbiamo scoperto che l’imprenditore non aveva intenzione di esporre e raccontare gli ultimi investimenti effettuati dalla sua impresa e ci siamo trovati in difficoltà. L’errore è stato nostro perché ingenuamente avevamo dato per scontato il fatto che non avrebbe avuto problemi a esporsi, data la rilevanza del mezzo mediatico coinvolto.

Il terzo fallimento ha riguardato un’impresa nel settore dei giochi per bambini. Anche in questo caso abbiamo commesso un errore. Da un’analisi superficiale e da una chiacchierata con il fondatore dell’impresa nella nostra mente avevamo una certa idea del prodotto di cui avremmo dovuto parlare, mentre in un secondo momento l’idea è stata completamente ribaltata (credevamo fosse un prodotto artigianale e personalizzato, ma così non si era rivelato). Ci siamo allontanati “a livello emotivo” da questo progetto perché sentivamo che non si trattava di un progetto di qualità, ma abbiamo continuato a seguirlo, con delle difficoltà e senza raggiungere risultati importanti (si è spento pochi mesi dopo). Ho preferito riportare tre esempi di fallimenti perché credo sia fondamentale parlarne.

Per quanto riguarda la case history positiva, posso riportare quella di un progetto sempre nel settore “kids”, che ha portato non solo a dei benefici in termini di visibilità e di credibilità, ma anche per quanto riguarda le conversioni arrivate proprio dall’attività di PR.

Dopo la diffusione di un comunicato stampa, un articolo uscito su Corriere della Sera, ad esempio, ha portato in poche ore alla generazione di 102 vendite di un singolo prodotto (articolo senza link al sito di vendita). Per effettuare un test proprio relativo all’efficacia delle PR non avevamo attivato altre forme di advertising e quindi ogni conversione era connessa esattamente all’uscita di quel pezzo sul quotidiano (versione online).

Questo è un esempio di come le PR siano in grado di portare anche a delle conversioni “concrete” e non solo a qualcosa di non misurabile.

Quali tools ritieni indispensabili?

Per ricercare contatti sicuramente LinkedIn è fondamentale (meglio la versione Premium, perché consente un numero illimitato di ricerche di contatti). Se, invece, si ha un buon budget da dedicare alle PR allora si può pensare a una soluzione come quella proposta da Mediaddress (ho avuto modo di testarla e mi sembra valida). Esistono altri strumenti per la ricerca di contatti, come l’Agenda del Giornalista, ma credo che i primi due citati siano molto validi.

Per quanto riguarda la diffusione dei comunicati, a supporto di un contatto personalizzato via mail con il singolo giornalista (che è sempre da preferire ad altri metodi, secondo la mia esperienza) si può pensare di affiancare anche l’utilizzo di una piattaforma come The Press Match.

Altri tools come SEMrush ci aiutano – attraverso alcune funzionalità specifiche – a ricevere dei report giornalieri riguardo pubblicazioni e menzioni avvenute (ma per una prima analisi ci si può affidare anche al connubio tra ricerca manuale e notifiche di Google Alert).

In generale penso che l’attività di Digital PR sia poco adatta alle dinamiche di automazione, perché si allontana dal concetto di velocità e si avvicina maggiormente a un approccio più personalizzato e più “sartoriale”. Certamente i tools possono rappresentare un aiuto, ma non sono fondamentali per portare avanti questa attività.

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