L’intelligenza artificiale e la medicina: tre casi di successo

 L’analisi di numeri, immagini e parole semplifica la vita dei medici e accelera le diagnosi, ma può velocizzare anche la ricerca scientifica, salvando vite umane. Ecco tre esempi virtuosi che nascono dalla collaborazione tra istituzioni governative, corporate e start-up

A cura di Gianluca Maruzzella, Founder & CEO di Indigo.ai

L’intelligenza artificiale sposa il mondo della salute e della medicina. Un matrimonio accelerato dall’emergenza sanitaria del Covid-19 e che lascia molti interrogativi ancora senza risposta, a cominciare dal delicato tema della privacy e della gestione dei dati sensibili dei pazienti, ma che permette di velocizzare le diagnosi e migliorare il dialogo tra dottore e paziente. Di più: può servire alle persone per assumere un determinato farmaco con maggiore consapevolezza, così come semplificare la vita dei ricercatori scientifici aiutandoli a districarsi tra migliaia di pubblicazioni.

L’intelligenza artificiale si muove in tre grandi insiemi: immagini, numeri e parole. Tre verticali che trovano la loro applicazione anche nel mondo della medicina, con obiettivi e sviluppi differenti.

Un classico esempio di applicazione dell’AI al verticale dei “numeri” in campo medico è il supporto dell’intelligenza artificiale nell’analisi quantitativa dei dati del paziente: il supporto di algoritmi predittivi permette di ridurre al minimo eventuali errori di interpretazione. Infatti, grazie ad una serie di dati e utilizzando degli algoritmi di machine learning, la macchina è in grado di aiutare il medico nell’analizzare un campione e diagnosticare la patologia. Se immaginare un’intelligenza artificiale che sappia interpretare e analizzare i numeri ci è tutto sommato semplice (dalla calcolatrice ai file excel ai primi computer, è un concetto a cui siamo abituati), come può invece una AI venire utilizzata nello studio di immagini e parole della medicina? Vediamo alcuni esempi.

Leggere le immagini: Il caso di InnerEye by Microsoft

Se i risultati degli esami e delle analisi sono i numeri che permettono al medico di capire come sta il paziente, le immagini sono le lastre e le risonanze magnetiche (così come le tac, ecc) – che aiutano il dottore a confermare le sue ipotesi in una sorta di combinato disposto. Ed è proprio partendo dall’analisi delle immagini che Microsoft ha creato InnerEye, un sistema che utilizza una libreria sterminata di foto scannerizzate che può capire se il paziente abbia un tumore. L’intelligenza si basa su un algoritmo che impara dalle lastre visionate dai dottori, immagazzina tutte le informazioni e arriva una diagnosi celere con un abbattimento dei costi per l’identificazione dell’eventuale malattia, ma soprattutto facendo risparmiare tempo prezioso al paziente.

Comprendere le parole: in UK è il robot a fare l’anamnesi in real-time

Applicare l’intelligenza artificiale alle parole in medicina è sicuramente più complesso, ma può aiutare il dottore, ad esempio, nel dialogo con il paziente. Come nel caso di Babylon Help, sicuramente un bell’esempio di partnership tra pubblico – il sistema sanitario del governo inglese – e privato, ovvero l’ex start-up britannica. In questo caso è il sistema di intelligenza artificiale a compilare l’anamnesi del paziente in tempo reale, ascoltando la conversazione a distanza tra medico e paziente. Grazie all’utilizzo della videocamera, Babylon Help è in grado di analizzare le espressioni del paziente per capire se sia preoccupato o meno o – per esempio – per essere certi che abbia compreso una domanda particolare. Il sistema, soprattutto, acquisisce e scrive tutte le informazioni necessarie al dottore per una prima diagnosi. In questo modo si abbattono i costi del sistema sanitario, ma si evitano anche lunghi tempi d’attesa negli ambulatori e si garantisce un servizio senza interruzioni. Ovviamente, cambiano anche le competenze stesse dei dottori, che sono chiamati anche ad acquisire conoscenze informatiche – però a vantaggio di uno snellimento notevole delle “carte” da compilare.

Il supporto alla ricerca: l’AI che aiuta gli scienziati contro il Covid-19

L’AI non corre in supporto solo dei medici o dei pazienti: in questo periodo di pandemia chi si occupa di intelligenza artificiale ha cercato di mettere le sue competenze a sostegno della lotta al Coronavirus. Ci abbiamo provato anche noi, insieme al Centro Medico Santagostino, sviluppando Record, un motore di ricerca a disposizione degli scienziati per aiutarli a districarsi tra le migliaia di articoli specialistici che quotidianamente vengono pubblicati sul tema. Infatti, il Covid-19 è un virus nuovo, il mondo intero lo sta studiando e ogni giorno si fanno grandi e piccole scoperte che avvicinano sempre più alla creazione di un vaccino. Per questo gli studiosi hanno bisogno di restare al passo con le ultime novità, senza però sottrarre tempo prezioso alla ricerca attiva. Record diventa uno strumento prezioso in questo senso. Funziona in due fasi: la prima passa attraverso la selezione dei documenti che con ogni probabilità contengono la risposta alla domanda del ricercatore; successivamente attraverso un modello di “question answering” viene fornita una risposta per ciascuno dei documenti selezionati, insieme ad ulteriori informazioni come il titolo, gli autori, la bibliografia e il giornale di pubblicazione con relativo impatto scientifico, per aiutare gli utenti a valutare la rilevanza del documento e l’attendibilità della risposta. Uno strumento per andare “diritti al punto” d’interesse. Uno strumento che speriamo si riveli utile nella realizzazione di un vaccino al virus.

Insomma, il matrimonio tra medicina e intelligenza artificiale non solo è già realtà, ma sta dimostrando in modo sempre più incisivo di poter funzionare, di poter avere un futuro roseo, di avere le basi solide per rivoluzionare in meglio, lentamente ma stabilmente, uno degli aspetti più importanti della vita umana, ovvero la gestione della salute personale e collettiva.

 

INDIGO.AI

Siamo uno studio di Conversational AI che progetta e costruisce assistenti virtuali, tecnologie di linguaggio ed esperienze conversazionali. Nati a Settembre 2016 tra i banchi del Politecnico di Milano da un’idea di cinque giovani (Gianluca Maruzzella, Enrico Bertino, Marco Falcone, Andrea Tangredi e Denis Peroni – ad oggi quasi tutti under30), abbiamo realizzato assistenti virtuali per alcune delle aziende più innovative al mondo, tra cui banche, assicurazioni, case farmaceutiche, etc. Abbiamo costruito un framework proprietario di Natural Language Processing che, sfruttando l’intelligenza artificiale, è in grado di comprendere le informazioni nel testo o nella voce in maniera completamente automatica: grazie a questo framework aiutiamo le aziende ad automatizzare conversazioni, efficientare processi, alleggerire il customer care ed ingaggiare i clienti in maniera super personalizzata. Il nostro team è formato da 20 persone e operiamo sia in Italia che all’estero. Tra il 2017 e il 2020 siamo stati scelti due volte come rappresentanti della delegazione delle start-up italiane al CES di Las Vegas e abbiamo vinto tre riconoscimenti del premio Gaetano Marzotto – tra i più importanti nel panorama dell’innovazione. 

DeathStalker: Kaspersky analizza le attività del gruppo APT “mercenario” che spia le piccole e medie imprese

I ricercatori di Kaspersky hanno pubblicato una ricerca approfondita su DeathStalker, un gruppo “mercenario” che si occupa di minacce persistenti avanzate (APT) e che, dal 2012, porta avanti efficaci attacchi di cyberspionaggio contro le piccole e medie imprese che operano nel settore finanziario. Secondo le recenti scoperte, il gruppo ha preso di mira aziende in tutto il mondo, dall’Europa fino all’America Latina, un fatto che mette ancora di più in evidenza la necessità di protezione dal punto di vista della sicurezza informatica per le piccole e medie imprese.

Mentre gli autori di cyberminacce finanziate dai diversi stati-nazione, così come gli attacchi sofisticati, sono spesso al centro dell’attenzione, le aziende oggi si trovano a dover fronteggiare una serie di minacce ben più immediate e dirette. Tra queste, gli attacchi ransomware, le fughe di dati, lo spionaggio commerciale, tutti rischi che possono portare con sé anche possibili danni di una certa entità alle operazioni stesse e anche alla reputazione delle organizzazioni. Questi attacchi di solito vengono perpetrati da cybercriminali di medio livello che si occupano di malware e anche da gruppi di hacker che operano dietro il pagamento di un compenso, proprio come DeathStalker, che Kaspersky sta monitorando dal 2018.

DeathStalker è un gruppo cybercriminale unico nel suo genere, che si concentra principalmente sul cyberspionaggio prendendo di mira studi legali e organizzazioni che operano nel settore finanziario. L’autore della minaccia è noto per la sua grande capacità di adattamento e per l’utilizzo di un approccio iterativo e veloce nella progettazione dei software, caratteristiche che lo rendono in grado di mettere in atto campagne efficaci.

Recenti ricerche hanno permesso a Kaspersky di collegare l’attività di DeathStalker a tre famiglie di malware – Powersing, Evilnum e Janicab – un fatto che dimostra l’ampiezza dell’attività svolta dai gruppi almeno fin dal 2012. Mentre Powersing è stato rintracciato da Kaspersky nel 2018, le altre due famiglie sono state individuate da altri fornitori di soluzioni di sicurezza informatica. L’analisi di Kaspersky ha messo in evidenza le somiglianze di codici tra le tre famiglie di malware e nella scelta delle vittime; per questo motivo i ricercatori credono, con un certo livello di affidabilità, che ci sia un collegamento.

Le tattiche, le tecniche e le procedure messe in atto dagli autori della minaccia sono rimaste le stesse nel corso degli anni: si basano su email di spear-phishing realizzate su misura per consegnare archivi contenenti file malevoli. Quando l’utente clicca sullo shortcut, viene eseguito uno script malevolo e si procede così con il download di ulteriori componenti direttamente da Internet. Questo metodo consente agli attaccanti di ottenere il controllo del dispositivo della vittima.

Un esempio è l’uso di Powersing, basato su Power-Shell, il primo malware rilevato tra quelli usati da questo autore di cyberminacce. Una volta che il dispositivo della vittima è stato infettato, il malware è in grado di catturare regolarmente degli screenshot e anche di eseguire degli script di Powershell in modo arbitrario. Alternando diversi metodi di persistenza, a seconda della soluzione di sicurezza rilevata sul dispositivo infetto, il malware è in grado di eludere la detection. Questo dimostra così la capacità degli attaccanti nell’eseguire test di rilevamento prima di ogni campagna e nell’aggiornare poi gli script a seconda degli ultimi risultati ottenuti.

Nelle campagne che utilizzano Powersing, DeathStalker si avvale anche di un noto servizio pubblico per nascondere le prime comunicazioni backdoor nel traffico di rete legittimo, limitando così la capacità dei difensori di ostacolare le operazioni. Usando dei dead-drop resolvers – messaggi pubblicati su servizi web legittimi, quali social media, blog e siti con servizi di messaggistica, e contenenti informazioni per connettersi all’infrastruttura di comando e controllo – l’autore della minaccia è stato in grado di eludere i rilevamenti e portare rapidamente a termine la campagna. Una volta che le vittime venivano infettate, infatti, si rivolgevano proprio a questi dead-drop resolver, ma venivano reindirizzate direttamente da loro, nascondendo così la catena stessa delle comunicazioni.

Un esempio di dead-drop resolver ospitato su un servizio pubblico legittimo.

 

L’attività di DeathStalker è stata rilevata in tutto il mondo, un dato che chiarisce anche la dimensione delle operazioni portate avanti dal gruppo. Attività legate a Powersing sono state individuate in Argentina, Cina, Cipro, Israele, Libano, Svizzera, Taiwan, Turchia, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti. Kaspersky ha localizzato anche vittime di Evilnum a Cipro, in India, Libano, Russia ed Emirati Arabi Uniti. Informazioni dettagliate sugli Indicatori di Compromissione relativi a questo gruppo, compresi gli hash di file e i server C2, sono disponibili online su Kaspersky Threat Intelligence Portal.

“DeathStalker è il primo esempio di un autore di minacce informatiche dal quale le organizzazioni che operano nel settore privato dovrebbero difendersi. Mentre spesso ci concentriamo sulle attività svolte dai gruppi APT, un gruppo come DeathStalker ci ricorda che anche le organizzazioni che tradizionalmente non sono tra le più attente dal punto di vista della cybersecurity, dovrebbero essere consapevoli circa la possibilità di diventare dei bersagli. A giudicare dalla sua continua attività, ci aspettiamo anche che DeathStalker continui a rimanere una minaccia, mettendo in campo strumenti sempre nuovi per colpire le organizzazioni. Questo autore, in un certo senso, è una prova del fatto che anche le piccole e medie imprese devono investire nella formazione sulla sicurezza informatica e nella sensibilizzazione”, ha commentato Ivan Kwiatkowski, senior security researcher del Global Research and Analysis Team (GReAT) di Kaspersky. “Per rimanere protetti da DeathStalker, consigliamo alle organizzazioni di disattivare la possibilità di utilizzare linguaggi di scripting, come powershell.exe e cscript.exe, dove è possibile. Raccomandiamo, inoltre, che la formazione futura in termini di sensibilizzazione su questo tipo di problematiche e le valutazioni dei prodotti per la sicurezza informatica comprendano anche le capacità di rilevamento delle catene di infezione basate su file LNK (shortcut)”.

Per evitare di diventare vittime di un attacco mirato sferrato da autori noti o sconosciuti, i ricercatori di Kaspersky consigliano di:

·         Mettete a disposizione del team SOC l’accesso alle più recenti informazioni di threat intelligence (TI). Kaspersky Threat Intelligence Portal, ad esempio, rappresenta un punto di accesso unico alla threat intelligence dell’azienda, mettendo a disposizione dati sui cyberattacchi e informazioni raccolte da Kaspersky in oltre 20 anni di esperienza.

 

·         Assicuratevi che sia presente la giusta protezione a livello degli endpoint come, ad esempio, la soluzione di sicurezza di Kaspersky Integrated Endpoint Security. Questa soluzione combina la sicurezza degli endpoint con le funzionalità sandbox e EDR, che garantiscono una protezione efficace dalle minacce avanzate e una visibilità immediata sulle attività malevole rilevate a livello degli endpoint aziendali.

 

·         Poiché molti attacchi mirati prendono il via con una campagna di phishing o sfruttando altre tecniche di social engineering, è importante introdurre un percorso di formazione dedicato alla consapevolezza in materia di sicurezza informatica e trasmettere alcune competenze pratiche, ad esempio, attraverso la piattaforma Kaspersky Automated Security Awareness Platform.

 

Lo studio completo su DeathStalker è disponibile online su Securelist.com.

 

Maggiori informazioni sull’attività di questo gruppo APT saranno condivise nel corso del prossimo webinar dal titolo “GReAT Ideas. Powered by SAS: advancing on new fronts – tech, mercenaries and more, che si terrà online il 26 agosto alle ore 16.00. è possibile partecipare gratuitamente registrandosi a questo link: https://kas.pr/v1oj  

Beni culturali e Digitale – I musei italiani sono sempre più “social” e attenti agli analytics

 

 Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

www.osservatori.net

 Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali

 Il 69% dei musei è presente su almeno un canale social (erano il 57% nel 2018), soprattutto su Facebook (dal 54% all’attuale 67%) e Instagram (sale dal 23% al 26%).
Oltre ad ampliare l’offerta sui propri canali, oggi le istituzioni si stanno aprendo alla collaborazione con gli altri attori del mondo digital: il 76% dei musei è presente su Tripadvisor (+1% rispetto al 2018) ma è ancora poco diffusa la valorizzazione di altri canali come le online travel agency (OTA) o i tour operator online.

 

Oltre 2 turisti su 3 (68%) consultano il web per scegliere i luoghi da visitare in vacanza, ma in Italia le attività culturali si acquistano ancora in loco (73%) e in contanti (66%).

Solo un museo su 2 ha un sito adatto alla navigazione da mobile.

 

Crescono le attività di monitoraggio dei visitatori post visita: l’83% delle istituzioni dichiara di consultare gli analytics e il 77% di leggere le recensioni intervenendo dove opportuno.
Iniziano a diffondersi anche realtà virtuale (16%), realtà aumentata (12%) e videogiochi (10%) come modalità di ingaggio e interazione con il visitatore. 

Il 17% delle istituzioni culturali dichiara di avere un’app e il 62% prevede di inserirla a breve.

Per il 48% dei turisti digitali italiani, i principali strumenti di ispirazione sono recensioni e commenti letti online, a cui si aggiunge un 19% che trae indicazioni da post di altri utenti sui social network, ma in media solo il 4% dell’incasso da biglietteria per i musei italiani proviene dal sito web proprietario e l’1% da altri canali online. Aumenta l’offerta dei supporti digitali messi a disposizione (il 58% delle istituzioni culturali mette a disposizione dei visitatori il wi-fi e il 17% le app) ma in 7 casi su 10 il visitatore non ne è nemmeno a conoscenza.

Queste alcune delle evidenze presentate oggi presso il Campus Bovisa dalla terza edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano*.

Le istituzioni culturali si trovano nel mezzo di un processo profondo di cambiamento, stimolato dalla necessità di aprirsi sempre più all’esterno, utilizzando modi e linguaggi nuovi, fortemente influenzati dal digitale. La necessità di trasformazione costituisce una sfida ma anche un’opportunità per avvicinare nuovi pubblici e per valorizzare i beni materiali e immateriali che le istituzioni custodiscono e producono” dichiara Eleonora Lorenzini, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Per questo la Ricerca ha seguito quest’anno due filoni principali di analisi: da una parte i comportamenti e le esigenze della domanda nelle diverse fasi di quello che viene denominato ‘user journey’, dall’altra i comportamenti e le competenze delle istituzioni culturali nell’era del digitale, rappresentati lungo un immaginario ‘cultural manager journey’. I due comportamenti, del visitatore e dell’istituzione culturale, sono stati analizzati con riferimento al ‘viaggio’ pre, durante e post visita che accompagna entrambi gli attori e che si articola in quattro fasi: ispirazione & ricerca, prenotazione & acquisto, visita, post visita”

Fase 1: Ispirazione & Ricerca

Focalizzandosi sui turisti digitali italiani, emerge che internet è utilizzato ampiamente per avere idee e spunti sui luoghi da visitare (dal 68% dei turisti) e per cercare informazioni per la vacanza (dall’83%). Per il 48% del campione i principali strumenti di ispirazione sono recensioni e commenti letti online, cui si aggiunge il 19% che trae ispirazione da post di altri utenti sui social network. Non meno rilevanti si confermano però anche i consigli di amici, parenti e conoscenti, che sono la prima fonte di ispirazione non digitale (per il 40%) insieme alla nostalgia per un’esperienza passata che si vuole rivivere (25%) e alle conversazioni casuali (20%).

Da un’analisi svolta su un campione rappresentativo di musei italiani, monitorati per il terzo anno consecutivo, emerge che l’85% dei musei ha un sito web, ma solo il 47% ha un sito relativo alla propria istituzione culturale (negli altri casi si tratta di una presenza all’interno di altri siti web). Passi avanti significativi sono necessari anche sul fronte dell’accessibilità: il 41% dei siti è disponibile solo in lingua italiana e il 48% non è compatibile con i dispositivi mobile.
Rimanendo sui canali proprietari, il 69% dei musei è presente su almeno un canale social media (erano il 57% nel 2018), dove Facebook si conferma il canale più diffuso (67%, in forte crescita rispetto al 54% del 2018), seguito da Instagram (26%, era 23% nel 2018), che è in continua crescita.” Dichiara Deborah Agostino, direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Anche le newsletter sono uno strumento molto usato per aggiornamento su attività ed eventi (nel 76% dei musei) con una minoranza (14%) che riesce a personalizzare i messaggi in base alla tipologia di clienti. Per quanto riguarda i canali non proprietari, il 76% dei musei è presente su Tripadvisor (+1% rispetto al 2018). È invece ancora poco diffusa la valorizzazione di altri canali come le online travel agency (OTA) o i tour operator online”

Fase 2: Prenotazione e acquisto

Nell’attività di prenotazione e acquisto di servizi per attività culturali i canali online sono meno utilizzati rispetto a quelli fisici (52% dei turisti digitali ha acquistato o prenotato su internet contro il 65% che lo ha fatto di persona), in controtendenza rispetto a quanto avviene per altri servizi esperienziali più digitali. Le attività culturali sono inoltre acquistate principalmente in loco (73%) e facendo uso di contanti (66%).

Nonostante il 78% dei musei dichiari di avere un sistema di biglietteria (nei musei ad accesso gratuito spesso manca un sistema di biglietteria e di controllo degli accessi), solo il 20% consente l’acquisto online del biglietto stesso. Inoltre, solo l’8% delle istituzioni consente di effettuare l’ingresso senza dover stampare il biglietto su carta. I dati sugli incassi da biglietteria confermano che la maggior parte degli acquisti è ancora in loco e in media solo il 4% dell’incasso da biglietteria proviene dal sito web proprietario e l’1% da altri canali online.

Fase 3: Visita

É ancora difficile interpretare chiaramente quanto gli strumenti digitali di supporto alla visita in loco siano usati e apprezzati dagli utenti. Innanzitutto la presenza di strumenti per l’interazione onsite non è spesso comunicata e valorizzata efficacemente: oltre il 70% degli intervistati non era a conoscenza del supporto digitale presente (che nella maggior parte dei casi non è stato il motivo rilevante di attrazione). I giudizi principali sullo strumento sono risultati: divertente (per il 39% degli intervistati), sorprendente (22%) e rilassante (21%). La componente di intrattenimento sembra quindi connotare questi strumenti più di quella di approfondimento. Osservando il comportamento dei musei rispetto all’adozione di strumenti digitali a supporto della fruizione in loco, i dati mostrano una fotografia che vede il digitale ancora poco presente: il 58% delle istituzioni culturali mette a disposizione dei visitatori il wi-fi e il 36% le audioguide. Queste percentuali salgono quando si focalizza l’analisi sulle sole istituzioni pubbliche: sono presenti il wi-fi nel 69% delle istituzioni e le audioguide nel 40%.

Iniziano a diffondersi anche realtà virtuale (16%), realtà aumentata (12%) e videogiochi (10%) come modalità di ingaggio e interazione con il visitatore. Realtà aumentata e virtuale sono anche le tecnologie che incontrano il maggior interesse da parte dei musei (rispettivamente il 50% e il 47% dichiarano di essere intenzionati a inserirle). Il 17% delle istituzioni culturali ha dichiarato di avere un’app e il 62% prevede di inserirla. Le funzionalità sono molto legate all’informazione più che all’engagement: informazioni generali, sui servizi di supporto alla visita, riguardo ad opere e installazioni.

Fase 4: Post visita

Nella fase post visita i siti di recensione e i social tornano a giocare un ruolo rilevante anche se lo spazio per incentivare il racconto dell’esperienza vissuta è ancora molto ampio (solo il 30% dei turisti digitali lascia una recensione e il 34% condivide la propria esperienza sui social). Un ulteriore strumento per mantenere legati nel post viaggio i visitatori, oltre che per generare introiti aggiuntivi, è quello della vendita di prodotti. Nel 2018 ben il 9% dei turisti ha acquistato tramite eCommerce un prodotto legato alla località che ha visitato: su tutti primeggiano i prodotti alimentari, ma c’è spazio anche per altre categorie: nel 18% dei casi viene infatti acquistato merchandising di attrazioni visitate e nel 12% libri e cataloghi di mostre e musei.

Nel post visita è rilevante che l’istituzione si occupi di monitorare i commenti e le recensioni lasciate dagli utenti, ma anche di sollecitarle e valorizzarle sui propri canali. La consapevolezza di questo tra i musei italiani è già buona: infatti l’83% dichiara di consultare gli analytics offerti dalle pagine social e il 77% leggere le recensioni intervenendo dove opportuno (mentre in entrambi i casi solo l’1% utilizza strumenti di analytics ad hoc).

Quanto all’eCommerce di prodotti sono invece ancora pochi a sfruttare questa leva: l’8% dei musei dispone di un sistema informatizzato a supporto di questa attività e l’1% lo ha in comune con altre istituzioni.

Dietro il journey: il back office è ancora poco digitalizzato
I musei italiani sono ancora poco digitalizzati per le attività di back office. Il 32% non dispone di alcun sistema informatizzato di supporto alle attività amministrative e di back office, come la gestione degli acquisti o del personale. Per quanto riguarda la gestione dei servizi commerciali, il 45% ha un software per la biglietteria, il 30% per la gestione delle attività didattiche, il 21% per i servizi come bookshop e ristorazione e l’11% per la gestione e l’affitto degli spazi. Quanto alle attività di analisi e monitoraggio, il 36% ha un software di customer relationship management (CRM) e gestione dei contatti (gestito autonomamente o in comune con altre istituzioni) e la stessa percentuale ha dei software per la reportistica. L’11% ha un software per il fundraising.

Gli spazi per un efficientamento e una migliore gestione di queste attività sono dunque notevoli” dichiara Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali “Disporre di strumenti che possano migliorare e automatizzare la gestione dei contatti, ad esempio, dovrebbe divenire prioritario per tutte quelle istituzioni che stanno concentrando i propri obiettivi strategici sull’ampliamento dei pubblici e l’engagement e la fidelizzazione degli utenti già raggiunti”.

Un discorso a parte merita l’attività di catalogazione. Il 68% dei musei dichiara di avere un sistema informatizzato per questa attività, ma il catalogo cartaceo è ancora diffusissimo (il 53% dei musei ha più della metà della collezione schedata così).

L’analisi dello user journey ha evidenziato i gap ancora presenti tra comportamenti ed esigenze dell’utente, sempre più connesso a internet nelle varie fasi, e i servizi messi a disposizione dai musei” conclude Michela Arnaboldi, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali  “Oltre a migliorare e ampliare l’offerta sui propri canali è oggi indispensabile che le istituzioni si aprano alla collaborazione con quegli attori, sia digitali (come agenzie di viaggio e tour operator online, specializzati e non) che tradizionali (strutture ricettive e altri servizi turistici del territorio, network relativi a card turistiche) che possono aiutare l’istituzione culturale a ingaggiare il visitatore e offrirgli un miglior livello di servizio nelle fasi di ispirazione, ricerca e prenotazione. Fare sistema rimane quindi l’imperativo principale per le istituzioni culturali anche nell’era del web. Occorre che l’istituzione culturale si apra non solo al visitatore, ma anche agli attori territoriali, ai fornitori di servizi online e non, alle aziende con cui lavorare per raggiungere insieme target comuni e non scontati in un lavoro più ampio di tessitura delle relazioni, c’è bisogno però che questa venga essere inserita in una strategia precisa dell’organizzazione, che preveda priorità, obiettivi, investimenti e competenze da dedicarvi”.

 

*L’edizione 2018-2019 dell’Osservatorio è realizzata con il supporto di: Compagnia di San Paolo; Dotdotdot; Fabrica Ludens; Fondazione FS Italiane; Fluxedo; LAZIOcrea; Trient Consulting Group; Vidiemme Consulting e con il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di Associazione Gianluca Spina. 

Cisco inaugura una nuova era del wireless con il Wi-Fi 6

Cisco annuncia soluzioni innovative che permettono alle organizzazioni di entrare nella nuova era della connettività wireless. Wi-Fi 6 (noto anche come 802.11ax), il nuovo standard per le reti Wi-Fi, sta ridefinendo ciò che le aziende possono fare – alimentando una nuova era di esperienze wireless coinvolgenti e la connessione di miliardi di cose. Cisco ha inoltre ampliato la propria gamma di soluzioni di reti per campus con uno switch core appositamente progettato per il networking cloud-scale. Grazie all’abbinamento di un potente software di automazione e analisi con una serie completa di switch, access point e controller di nuova generazione destinata ai campus, Cisco permette di realizzare un’architettura wireless-first ed end-to-end, unica sul mercato.

Sviluppati sulla base delle stesse innovazioni wireless del 5G, questi nuovi standard ridefiniranno il modo in cui le aziende e i consumatori interagiscono con il mondo. Oltre ad essere significativamente più veloce rispetto alla generazione precedente, il Wi-Fi 6 offre fino al 400% di capacità in più ed è più efficace in ambienti ad alta densità come grandi sale conferenze, stadi e sale conferenze. La latenza è notevolmente migliorata, consentendo casi di utilizzo quasi in tempo reale. Il Wi-Fi 6 è inoltre meno aggressivo nell’uso delle batterie dei dispositivi connessi e fornisce un’esperienza utente complessivamente più deterministica.

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Con l’annuncio di oggi, Cisco rende disponibili prodotti e partnership che permettono alle aziende di offrire un’esperienza nativamente “unplugged” e senza interruzioni.

  • Access Point Wi-Fi 6: I nuovi access point della gamma Catalyst e Meraki non si limitano a fornire il nuovo standard Wi-Fi 6. Grazie a chipset custom e programmabili e ad innovative funzionalità di “analytics”, i nuovi AP Cisco offrono una rete wireless più intelligente e sicura. I nuovi access point sono anche multi standard, offrendo la possibilità di comunicare con più protocolli IoT, tra cui BLE, Zigbee e Thread.
  • Switch Core per Reti Campus: Cisco supera le aspettative con la famiglia di switch core Catalyst 9600, che fungerà da elemento portante per il buon funzionamento di qualsiasi rete. Per offrire l’esperienza wireless più sicura ed efficiente, le aziende hanno bisogno di un unico fabric di rete che metta insieme wired e wireless. Progettato come l’evoluzione del Catalyst 6000 – il prodotto di rete di maggior successo nella storia di Internet – il Catalyst 9600 costituirà le fondamenta della prossima generazione di reti aziendali “intent-based”.
  • Nuove risorse per gli sviluppatori: Wi-Fi 6 e 5G rappresentano un’incredibile opportunità per gli sviluppatori. Per consentire loro di creare le esperienze coinvolgenti che questi nuovi livelli di connettività promettono, Cisco presenta DevNet Wireless Dev Center. DevNet, la piattaforma di Cisco per gli sviluppatori, offre laboratori di training, sandbox e risorse di sviluppo che permettono di creare applicazioni wireless rivoluzionarie. Le piattaforme di accesso Cisco Catalyst e Meraki sono aperte e programmabili fino al livello del chipset, consentendo alle applicazioni di sfruttare la programmabilità della rete in modi nuovi ed entusiasmanti.
  • Nuove partnership nell’ Ecosistema: prima del lancio dei suoi access point Wi-Fi 6, Cisco ha completato i test di interoperabilità con Broadcom, Intel e Samsung per colmare le inevitabili lacune che si presentano con un nuovo standard. Samsung, Boingo, GlobalReach Technology, Presidio e altre realtà si uniranno presto al progetto Open Roaming guidato da Cisco per risolvere uno dei più grandi punti critici odierni del wireless. Il progetto Cisco Open Roaming mira a rendere più facile e sicuro il passaggio tra le reti Wi-Fi e LTE, così come ad integrare il Wi-Fi pubblico.

“Ogni salto generazionale compiuto nella connettività ha prodotto un’ondata di profonda innovazione.  5G e Wi-Fi 6 rappresentano una nuova era”, ha dichiarato David Goeckeler, EVP e General Manager, Networking and Security Business di Cisco. “Gli sviluppatori stanno già creando la prossima generazione di esperienze immersive wireless-first. Con miliardi di cose che si connettono alla rete, questa crescita creerà una complessità senza precedenti per l’IT. Cisco sta sviluppando un’architettura di rete multi-dominio per semplificare la complessità per l’IT, permettendo ai CIO di ottenere risultati in linea con il loro programma di innovazione”. 

Wireless-first, cloud-driven, data-optimized

Wi-Fi 6 e 5G rappresentano un’enorme opportunità, ma impongono grandi sfide alle aziende. Oggi, il luogo di lavoro è ovunque ci si trovi a lavorare. Gli utenti dipendono maggiormente dalle esperienze mobile e non tollerano tempi di inattività. Per soddisfare queste esigenze, la rete deve essere:

  • Wireless-first: oggi, le tecnologie mobile alimentano la crescita economica – rendendo più facile collaborare al lavoro, acquistare per i consumatori, apprendere per gli studenti – da qualsiasi luogo. Per offrire la miglior esperienza wireless, l’IT deve guardare oltre il Wi-Fi e cercare di offrire un’esperienza end-to-end completa, garantendo sicurezza, affidabilità e prestazioni costanti.
  • Cloud-driven: il cloud offre una scalabilità senza precedenti. Cisco utilizza il cloud per portare innovazione più rapidamente. Il cloud aiuta inoltre l’IT a cambiare approccio ed essere proattivo, acquisendo insight globali e fornendo best practice che aiutano ad affrontare i problemi prima che abbiano un impatto sugli utenti.
  • Data-optimized: la rete offre milioni di dati, fornendo un contesto sugli utenti, la loro esperienza e le loro vulnerabilità. Grazie a potenti strumenti di “analytics”, è possibile sviluppare nuove soluzioni in grado di ottimizzare le operation IT, supportare decisioni aziendali più efficaci, fornire soluzioni di sicurezza innovative e coinvolgere i clienti in modo più incisivo.

Nel corso degli ultimi due anni, Cisco ha sviluppato il suo portfolio di soluzioni per il networking intent-based per preparare i clienti alle sfide di domani. I nuovi access point e gli switch per campus di Cisco sono progettati appositamente per il networking “intent-based” e rappresentano il culmine dell’intenso lavoro di Cisco per reinventare l’intera gamma di soluzioni per l’accesso.

Disponibilità e Servizi

  • Gli access point per le linee Meraki e Catalyst, e il Catalyst 9600 sono già disponibili.
  • La divisione Servizi di Cisco, Customer Experience, con offerte mirate per il wireless e lo switching, accelera l’implementazione di soluzioni di networking intent-based di nuova generazione, riducendo al contempo i rischi e i disagi. Il portfolio Cisco Customer Experience offre una consulenza avanzata, best practice e strumenti innovativi per consentire ai clienti di effettuare la transizione con maggiore facilità e sicurezza. Ciò consente inoltre di innovare più rapidamente, rimanere competitivi, estrarre più valore e realizzare un ROI più rapido.

Ulteriori risorse

 

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Amazon.it: da oggi videogame e software disponibili per il download digitale

 

Amazon annuncia la disponibilità di Videogame
e Software in formato digitale su Amazon.it

 

L’ampia selezione, la comodità e la sostenibilità garantite dai videogiochi e dai contenuti software scaricabili online sono ora a disposizione dei clienti di Amazon.it agli indirizzi amazon.it/software-downloads e  amazon.it/game-downloads

Da oggi i clienti di Amazon.it hanno la possibilità di acquistare in formato digitale e scaricare immediatamente videogiochi e software, scegliendo tra l’ampia selezione dei titoli più popolari, avendo così ora accesso al metodo di consegna più rapido possibile. La selezione, in continuo ampliamento, include anche esclusive in formato digitale come Expansion Pack, Season Pass, Abbonamenti ai giochi online, monete virtuali per videogiochi e abbonamenti per software. 

“Siamo felici di poter offrire ai nostri clienti di Amazon.it la possibilità di acquistare sia videogiochi sia software anche in formato digitale”, ha dichiarato Girogio Busnelli, Director di Video Games e Software di Amazon Italia e Spagna. “Coloro che acquistano software e videogiochi e che vogliono iniziare a usare rapidamente i programmi necessari per il proprio lavoro o divertirsi con i videogame preferiti, possono ora acquistarli da Amazon.it e scaricarli sul loro computer; un’opportunità sia per gli acquisti di tutti i giorni, sia per le release più importanti. I clienti che lo preferiscono, potranno mettere le mani sui prodotti senza aspettare che arrivino via posta”. 

A partire da oggi, i clienti potranno scegliere tra il formato fisico e le versioni digitali dei giochi e dei software più popolari agli indirizzi amazon.it/software-downloads e  amazon.it/game-downloads

Sono già centinaia i titoli disponibili per il download, da top player come Sony PlayStation, Microsoft Xbox, Nintendo, e Adobe e includono titoli come Zelda: Breath of the Wild, The Sims 4 e Microsoft Office 365.  L’offerta include anche prodotti solo digitali come gli abbonamenti PlayStation Plus Pass e Xbox GamePass e la selezione continuerà ad essere ampliata costantemente.

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Amazon

Amazon è guidata da quattro principi: ossessione per il cliente piuttosto che attenzione verso la concorrenza, passione per l’innovazione, impegno per un’eccellenza operativa e visione a lungo termine. Le recensioni dei clienti, lo shopping 1-Click, le raccomandazioni personalizzate, Prime, Logistica di Amazon, AWS, Kindle Direct Publishing, Kindle, i tablet Fire, Fire TV, Amazon Echo e Alexa sono alcuni dei prodotti e dei servizi introdotti da Amazon.

 

 

 

Il 2019? L’anno della verità per il P2P lending

Quest’anno la sfida delle piattaforme di prestito P2P sarà rafforzare il vantaggio competitivo sul servizio. Cinque saranno i trend del 2019, in Italia e non solo: la selezione dei migliori, la cooperazione con le banche, la questione PIR, l’avvio della PSD2, le scelte finanziarie dei Millennials

Nel 2019, la vera sfida per le piattaforme di P2P lending sarà rafforzare la competizione in termini di servizio. Lo scrive Deloitte, secondo cui “potremmo presto scoprire che il vero vantaggio dei marketplace lenders sta nell’esperienza d’uso e nella capacità di servire aree di mercato prima inevase, più che nel prezzo”. Concetto che sposiamo appieno e che crediamo sia uno dei trend che guideranno il 2019.

Già nel 2018 abbiamo visto crescere fortemente la fiducia delle imprese italiane nei confronti del P2P lending. Solo noi di BorsadelCredito.it abbiamo erogato complessivamente oltre 52 milioni a 604 aziende, raggiungendo un nuovo record con una cifra più che doppia rispetto al totale erogato a 391 PMI nel 2017.

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Oggi, il mercato del P2P lending sta nuovamente evolvendosi, seguendo 5 direttive che guideranno tutto il 2019:

  • La selezione dei migliori. Le piattaforme che sono in grado di trasmettere un valore al di là del prezzo, come la velocità dell’erogazione, l’esperienza di uso friendly o la capacità di finanziare nicchie di mercato trascurate dai player tradizionali, godranno di un vantaggio competitivo sempre più importante. Questi portali, dotati di idee fresche e delle migliori tecnologie, sono finora stati in grado di offrire credito alle stesse PMI a cui le banche negli ultimi anni lo hanno negato senza appello. Chi saranno gli aggregatori del settore? Si può trovare una risposta nella quinta edizione del report Fintech 100, realizzato da KPMG con H2 Ventures, che individua le 50 FinTech leader nel mondo e le 50 startup emergenti che guideranno le prossime disruption.
  • La cooperazione con le banche. Il 2019 sarà l’anno propizio per consolidare la cooperazione con le banche nei Paesi dove è già presente, come il Regno Unito, e per iniziare a farla funzionare in quelli dove non è ancora avvenuta (come l’Italia, dove però qualcosa inizia a muoversi). Nel Regno Unito, dall’inizio del 2017, è in vigore un referral scheme, che prevede che ogni richiesta di finanziamento, fatta da una PMI e non gestita dalla banca, debba essere segnalata alle piattaforme che possono offrire un servizio alternativo. Le banche considerano i prodotti offerti dalle piattaforme, soprattutto quelli dedicati alle PMI, come complementari alla propria offerta. Di contro, per i marketplace questa collaborazione rappresenta un’occasione per acquisire in maniera rapida ed economica canali di distribuzione diretta.
  • Capitolo PIR. Gli ISA britannici hanno compiuto 20 anni e la loro versione innovativa, gli IFISA, lanciati nel 2016, quest’anno avranno per la prima volta la possibilità di dimostrare se funzionano. “Le piattaforme hanno scelto di trasferire tutto l’extra rendimento agli investitori… una mossa intelligente. Gli IFISA sono qualcosa che l’industria ha voluto fortemente perché ritenuti un modo per rendere mainstream il P2P lending: ma la sfida ora starà nell’abilità di far salire a bordo un numero significativo di nuovi investitori”, scrive Deloitte. Il discorso, traslato all’Italia, è un punto dolente: con la Legge di Bilancio 2019 i PIR hanno ricevuto il vincolo di investire il 3,5% in VC e una quota identica in azioni quotate su AIM (come abbiamo scritto qui). Latita completamente il P2P lending. Forse la prossima Legge di Bilancio cambierà le carte in tavola. I tempi, noi lo diciamo da un po’, sono maturi.
  • Allargando lo sguardo verso il Fintech in generale, nel 2019 vediamo un aumento esponenziale dei pagamenti elettronici, anche in Italia (il Paese con il minor tasso di carte di credito nel mondo occidentale). La PSD2, che consente la diffusione di soluzioni di pagamento alternative alle banche, entrerà a regime da ottobre 2019: da quel momento la banca diventerà un “sistema aperto”. Questo sta già generando una diffusione massiccia delle tecnologie Blockchain e Distributed Ledger “usate in applicazioni per la gestione dei pagamenti (41%), del mercato dei capitali (27%), dei dati e dei documenti finanziari (10%), della Supply Chain Finance (8%) e dell’identità (7%)”, scrive l’Osservatorio su FinTech e InsurTech del Politecnico di Milano. In Italia, “alcuni istituti finanziari partecipano a consorzi internazionali” e non mancano iniziative di sistema tutte italiane come progetto Spunta Interbancaria, sviluppato da 14 istituti finanziari in collaborazione con ABILab, NTT Data e SIA con l’obiettivo di applicare le tecnologie Distributed Ledger ai processi interbancari, per migliorare la trasparenza e la visibilità delle informazioni. Un trend neonato e destinato a dispiegare i suoi effetti a partire dal 2019. 
  • L’era dei Millennial (l’età d’oro del FinTech). Secondo le stime di PwC, i più anziani Millennial (quelli cioè che stanno entrando nei 40) iniziano a diventare investitori rilevanti ed erediteranno, nel corso dei prossimi 30 anni, un patrimonio stimato di 30 trilioni di dollari. Ebbene, questa generazione, come rileva il Viacom Millennial Disruption Indexper il 60% ritiene che le banche siano inadatte a loro e per il 33% che non ne avrà bisogno in futuro. Se non bastasse, il 73% dei nati dopo il 1980 considera più interessante un servizio finanziario lanciato da Google, Amazon, Apple, PayPal, che uno implementato dalla propria banca nazionale. Quando si tratta di chiedere un prestito o di trovare strumenti di investimento alternativi, l’atteggiamento è il medesimo: secondo altre ricerche gli investitori che hanno tra i 18 e i 34 anni scelgono di canalizzare il proprio denaro sul P2P lending con una probabilità quattro volte superiore di quanto facciano gli ultra 55enni. Se l’industria sarà in grado di continuare a innovare, troverà sempre più persone disposte a puntare su di essa.

PREMIO NAZIONALE GIOVEDÌSCIENZA. CALL PER I RICERCATORI UNDER 35 DI TUTTA ITALIA

PREMIO NAZIONALE GIOVEDÌSCIENZA 8ª EDIZIONE

1 BANDO, 4 PREMI: CALL PER I RICERCATORI UNDER 35 ANNI DI TUTTA ITALIA

Sono aperte fino al 28 Febbraio le candidature per il Premio Nazionale GiovedìScienza, organizzato dall’associazione torinese CentroScienza Onlus e abbinato alla manifestazione GiovedìScienza, uno degli appuntamenti italiani più importanti dedicati alla divulgazione scientifica.

Il bando è aperto ai ricercatori under 35 degli enti di ricerca italiani con l’obiettivo di incoraggiare i protagonisti della ricerca a comunicare la scienza.

Il regolamento del bando è disponibile su www.giovedoscienza.it.

In palio somme in denaro e, per il vincitore del Premio GiovedìScienza, l’opportunità di raccontare i risultati della propria ricerca al pubblico della 34° edizione di GiovedìScienza con una conferenza dedicata.

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 I premi da assegnare sono 4:

PREMIO GIOVEDI’SCIENZA, una vetrina dell’eccellenza scientifico-tecnologica: una competizione a suon di dati scientifici e suggestioni in cui vince il merito, prima di tutto, ma riveste un ruolo cruciale anche la dote comunicativa.

PREMIO SPECIALE ELENA BENADUCE, per le ricerche dedicate alla persona e alla qualità della vita.

Tutte le candidature pervenute saranno valutate da oltre 100 Referees che selezioneranno le 10 finaliste per i primi due premi. Durante l’ultima competizione i finalisti avranno a disposizione 6 minuti e 20 slide per divulgare i risultati della propria ricerca nel modo più semplice, diretto ed appassionante possibile cercando di conquistare il cuore ed il cervello della Giuria Tecnica, composta da 5 professionisti (Accademici ed esperti della comunicazione scientifica) e Popolare, costituita da 5 classi delle scuole secondarie di secondo grado.

Gli altri due premi, assegnati fra tutte le candidature pervenute, corredate da studio di fattibilità, sono:

PREMIO GIOVEDÌSCIENZA FUTURO per il miglior studio di fattibilità, un riconoscimento che guarda al mondo delle aziende con l’intento di stimolare il dialogo e l’interazione tra mondo scientifico, tessuto economico ed innovazione.

PREMIO INDUSTRIA 4.0 rivolto ai candidati che svilupperanno la loro proposta progettuale partendo dal concetto di Industria 4.0.

Tutte le candidature devono pervenire esclusivamente online nella sezione dedicata del sito www.giovediscienza.it entro le ore 13 del 28 febbraio 2019.

Per info: premio@centroscienza.it – tel. 0118394913

 

La 33a edizione di GiovedìScienza è ideata e organizzata dall’Associazione CentroScienza Onlus, promossa dalla Città di Torino e dalla Regione Piemonte, con il patrocinio della Città metropolitana di Torino.

Sostenuta dalla Compagnia di San Paolo. Con il contributo di: Fondazione CRT, Banca d’Alba,
Camera di commercio di Torino, UniCredit.  GiovedìScienza è realizzato in collaborazione con: Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale, Accademia delle Scienze di Torino e Ce.Se.Di della Città metropolitana di Torino.

Il Premio GiovedìScienza si svolge in collaborazione con gli Incubatori di impresa degli Atenei piemontesi 2i3T, I3P, Enne3 e con il Club degli Investitori e Cariplo Factory.

L’iniziativa si svolge nell’ambito del Sistema Scienza Piemonte

Media Partner: TGR Leonardo e Torinoscienza

Startup innovative: i dati chiave a fine 2018

Online il nuovo report trimestrale Mise-InfoCamere. A fine 2018 le startup innovative sono 9.758, per un incremento di 111 unità nel corso di un trimestre. Assumendo un trend di crescita costante, le startup italiane si avviano a superare quota 10.000 nei primi mesi del 2019.

Queste e altre evidenze sono contenute nell’ultima edizione del rapporto, relativa al quarto trimestre del 2018 realizzato dal Ministero dello Sviluppo Economico e da InfoCamere, la società informatica del sistema camerale, in collaborazione con Unioncamere.

Le startup innovative rappresentano circa il 3% di tutte le società di recente costituzione, a testimonianza di un ruolo sempre più significativo nel panorama imprenditoriale italiano. In alcune aree del Paese la loro incidenza raggiunge picchi del 5% a livello regionale (Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige) e del 6% a livello provinciale (Trieste, Trento e Ascoli Piceno).

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Milano continua a rappresentare il principale polo per le imprese innovative italiane: nel capoluogo lombardo sono localizzate ben 1.687 startup (17% del totale nazionale), più che in qualsiasi altra regione italiana. Anche Roma, al secondo posto, vanta una popolazione in continua crescita, sempre più vicina a quota mille (969, il 10% nazionale).

Nonostante la normativa sulle startup sia aperta a tutti i settori economici, si osserva una notevole concentrazione nei comparti con una chiara vocazione tecnologica. Il 34% delle startup innovative presenta il codice Ateco “produzione di software“, e il 13% “ricerca e sviluppo”. Nei due segmenti citati le startup rappresentano rispettivamente uno e due terzi della popolazione complessiva delle imprese neo-costituite. Ben rappresentato è anche il settore manifatturiero, in cui si colloca il 19% delle startup (5% del totale delle nuove società di capitali).

Con riferimento alla forza lavoro impiegata dalle startup, la somma di soci e addetti registrati al 30 settembre 2018 (valore più recente a disposizione) è pari a 53.704, per un incremento di 1.200 unità in tre mesi e di ben 11.500 su base annuale (+27,1%).

Le compagini sociali sono tendenzialmente più ampie rispetto a quelle delle altre imprese: ogni startup ha in media 4,3 soci, contro i 2,1 delle altre aziende. Le startup presentano inoltre una più elevata partecipazione giovanile: circa la metà delle startup presenta un under-35 tra i titolari di quote o cariche societarie (manca il riferimento alla media di tutte le imprese)..

I bilanci 2017, disponibili per il 60,3% delle startup iscritte a fine 2018 (molte infatti sono state costituite nell’ultimo anno), esprimono un fatturato complessivo di circa 910 milioni di euro. Considerando i nuovi ingressi, è lecito supporre che il valore della produzione complessivo abbia abbondantemente superato 1 miliardo di euro nel 2018.

Per ulteriori approfondimenti su questi e altri aspetti del fenomeno delle startup innovative si rimanda alla nuova edizione del rapporto di monitoraggio dedicato, con dati aggiornati al 4° trimestre 2018, realizzato congiuntamente da MISE (DG per la Politica Industriale) e InfoCamere, con la collaborazione di Unioncamere.

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Digital Magics apre una sede ad Ascoli Piceno

 

L’INCUBATORE DI STARTUP DIGITAL MAGICS APRE AD ASCOLI PICENO LA SUA NONA SEDE, PER SVILUPPARE L’ECOSISTEMA DELL’INNOVAZIONE DI MARCHE, UMBRIA, ABRUZZO, EMILIA ROMAGNA E MOLISE

Digital Magics, il più importante incubatore di startup digitali “Made in Italy” attivo su tutto il territorio italiano, apre ad Ascoli Piceno Digital Magics Adriatico: la sua nona sede, in collaborazione con la società partner Hub21, polo scientifico, tecnologico e culturale.

L’obiettivo di Digital Magics Adriatico è sviluppare l’ecosistema dell’innovazione nelle Marche, Umbria, Abruzzo, Emilia Romagna e Molise: lanciando sul mercato startup innovative, creando network locali di aziende e investitori per sostenere i giovani talenti e le neoimprese digitali, organizzando iniziative, incontri ed eventi business per coinvolgere tutti gli attori della filiera del territorio.

Le regioni adriatiche del Centro Italia contano 1.726 startup innovative (893 in Emilia Romagna, terza regione per numero di startup; 357 nelle Marche, decima regione; 219 in Abruzzo; 189 in Umbria e 68 nel Molise) e 148 PMI innovative (77 in Emilia Romagna, 41 nelle Marche, 18 in Abruzzo, 11 in Umbria e 1 nel Molise)*.

Luca Scali, che vanta più di 20 anni di esperienza nell’e-commerce e ha fondato il primo osservatorio digitale italiano sulle operazioni di funding delle startup nel mondo, sarà il responsabile delle attività di Digital Magics Adriatico 

Con l’apertura della nuova sede, si rafforza la presenza dell’incubatore nelle regioni adriatiche del Centro e del Sud Italia. Dal 2016 con Digital Magics Bari – incubatore in partnership con L’Arancia, agenzia di comunicazione e consulenza marketing – Digital Magics presidia l’ecosistema dell’innovazione in Puglia e Basilicata.

“Continuiamo a puntare sul territorio e ad affiancare i talenti digitali italiani direttamente nei luoghi in cui nascono e sviluppano le loro innovazioni – ha dichiarato Gabriele Ronchini, fondatore e amministratore delegato di Digital Magics I distretti delle Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Umbria e Molise rappresentano vere e proprie eccellenze in campo industriale e tecnologico, grazie al carattere e alla determinazione incredibili degli imprenditori. Con Digital Magics Adriatico vogliamo far nascere e crescere startup fino a farle diventare aziende di successo, coinvolgendo gli investitori e le istituzioni locali e innovando le imprese tradizionali grazie all’‘Open Innovation’. La nostra nuova sede va ad aggiungersi alle 7 sedi italiane e a quella di Londra, per l’espansione e l’internazionalizzazione delle nostre startup, e all’unico hub nazionale, che abbiamo creato con Talent Garden e Tamburi Investment Partners, per sviluppare il ‘Digital Made in Italy’”.

“L’alleanza con Digital Magics è un passo importante verso il consolidamento di mercato – dichiara Luca Scali, consigliere delegato di Hub21 e partner di Digital Magics Adriatico Ascoli Piceno negli ultimi anni ha scalato le classifiche nazionali arrivando nel 2016 e nel 2017 al primo posto come provincia più innovativa d’Italia, e nel 2018 ha consolidato tale presenza con il secondo posto. Siamo pienamente al centro di un trend di crescita delle startup a livello internazionale e nazionale che è un mix di passione, vision, organizzazione con un’idea originale di partenza e tanto acume da parte degli investitori nel saper discernere, isolare e qualificare i punti di forza delle startup. La partnership con il principale player italiano ci consente di offrire al mercato un presidio puntuale e contenuti ad altissimo valore aggiunto. Penso in primis alla nascita e sviluppo di iniziative digitali, e più in generale alle startup, ma ancora nello sviluppo di soluzioni di ‘Open Innovation’, che ricordo essere un ambito in cui in Italia ancora il 70% delle imprese italiane non è ancora attivo e dove il 33% fatica a trovare nuovi progetti e talenti”.

 

L’Emilia Romagna è la terza regione d’Italia per numero di startup innovative e rappresenta il 9,1% del totale nazionale: 9797. Nella classifica italiana le Marche si posizionano al 10° posto (3,6% del totale). L’Abruzzo è al 14° posto (2,2%), l’Umbria al 15° (1,9%) mentre il Molise al penultimo posto (0,7%)*.

dati a gennaio 2019 per settore di attività raccontano che, nelle cinque regioni adriatiche (Marche, Emilia Romagna, Abruzzo, Umbria e Molise), sono oltre mille (1.137) le startup e PMI innovative che forniscono servizi alle imprese (produzione di software, consulenza informatica e attività connesse, ricerca scientifica e sviluppo, servizi di informazione); 509 sono quelle legate all’attività dell’industria manifatturiera (fabbricazione di macchinari, computer e prodotti di elettronica, apparecchiature elettriche) e 74 al turismo*. 

*Fonte: InfoCamere – startup.registroimprese.it

Facebook Spectrum 1.0.0 disponibile per la community di sviluppatori

Facebook ha rilasciato  Spectrum 1.0.0, la libreria open source che permette agli sviluppatori di comprimere e ottimizzare le immagini per il caricamento nelle applicazioni, preservando al contempo la massima qualità originale possibile.

Negli ultimi anni, le fotocamere dei telefoni cellulari, anche quelli più economici, sono migliorate significativamente, sia in termini di qualità delle foto che di funzionalità: abbiamo visto aumentare il numero di megapixel, sono arrivati sul mercato i telefoni con doppia (o anche tripla) fotocamera e ci sono stati importanti miglioramenti nella tecnologia HDR e nelle foto scattate in condizioni di scarsa luminosità.

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L’aumento della qualità, però, ha fatto sì che i file delle immagini fossero sempre più pesanti e, di conseguenza, che il caricamento di questi file su Internet risultasse poco pratico a causa di connessioni inaffidabili (in particolare negli ambienti urbani densamente popolati o nei mercati emergenti), della preoccupazione dell’utente in merito all’utilizzo e al costo dei dati, o semplicemente dei tempi di caricamento troppo lenti.

Per rendere il processo di upload più efficiente, abbiamo sviluppato Spectrum, una libreria di elaborazione delle immagini per Android e iOS. Con Spectrum, abbiamo migliorato l’affidabilità e la qualità dell’upload di immagini in scala nelle nostre applicazioni e oggi siamo lieti di presentare Spectrum 1.0.0 alla community per scoprire come migliorerà le esperienze fotografiche nelle proprie applicazioni.

A questo link puoi trovare il blog post con tutte le informazioni relative all’annuncio: https://code.fb.com/developer-tools/spectrum/ 

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