GianLuca Giovannetti 40 anni, da maggio 2003 è direttore sistemi informativi e organizzazione del Gruppo Amadori. Nel suo percorso professionale ha ideato e coordinato iniziative di Business process reengineering, di ristrutturazioni e cambiamenti organizzativi in realtà complesse e internazionali.
In precedenza ha sviluppato una pluriennale esperienza nel settore industriale del largo consumo, ricoprendo fra gli altri, il ruolo di Ict director in Del Monte Foods Sud Europa, società operante nei Paesi del mediterraneo per il settore food della Del Monte Royal.
Il Gruppo Amadori è una delle principali aziende europee di produzione e commercializzazione di carni avicole (pollo e tacchino). In questa realtà complessa l’unità Ict fornisce servizi a 110 differenti ragioni sociali dislocate territorialmente in 70 diversi punti fisici sul territorio nazionale e 1.700 utenti
Quali sono le modalità con cui l’IT può contribuire a governare la catena del valore di una grande azienda, quali sono gli strumenti che bisogna adoperare e quali le metodologie da utilizzare, di questo e del nuovo ruolo del Cio, abbiamo discusso con GianLuca Giovannetti direttore sistemi informativi e organizzazione del Gruppo Amadori (www.amadori.it)
Quale è il contesto del Gruppo Amadori ?
La famiglia Amadori governa completamente, da un punto di vista di azionariato, l’azienda. Il gruppo, è cresciuto tantissimo negli ultimi anni, basta dire che a partire dagli anni 2000 ha raddoppiato il fatturato e che nel 2007 si prevede di raggiungere i 900 milioni di euro, ciò dimostra la voglia di crescere e di consolidare il nostro business.
Il gruppo è molto distribuito dal punto di vista societario, infatti è composto da più di 100 ragioni sociali, ciò è dovuto alla scelta di integrare completamente la filiera produttiva; si va dai mangimifici fino alla distribuzione del prodotto finito sul punto vendita, ovvero “dal chicco di cereale fino al prodotto finito sullo scaffale”.
Ciò nasce dall’esigenza aziendale di poter controllare tutte le iniziative sul mercato e gli investimenti conseguenti, con la flessibilità necessaria per attuare cambiamenti in tempi ristretti.
Per governare una realtà così complessa quali sono state le azioni soprattutto dal punto di vista tecnologico, standardizzazione oppure no?
Sono arrivato a marzo del 2003 e le condizioni erano critiche; ancora non vi era una cultura dell’Ict come funzione strategica, proprio in quel momento l’azienda stava maturando la necessità di dare forza e continuità alla funzione dei sistemi informativi, in modo da poter essere un fattore abilitante per il governo del business.
Ho accettato questa sfida perché oltre al governo tecnologico mi è stato affidato anche il coordinamento organizzativo; in questi anni abbiamo cercato di realizzare gli obiettivi della proprietà operando nel campo della tecnologia, ma soprattutto in quello dell’organizzazione interagendo con le risorse umane e integrando i processi aziendali.
La mia funzione come altre funzioni aziendali fa parte della holding e contribuisce pertanto alla definizione delle politiche di standardizzazione e di governance dell’azienda le linee guida sono: spinta alla razionalizzazione dei processi (lato organizzativo); accelerazione della connettività lungo la value chain (in particolare con i retailer); outsourcing delle infrastrutture non core.
Le aziende del Gruppo sono indipendenti dal punto di vista informatico?
La strategia Ict viene definita e implementata a livello centrale, per esempio tutte le ragioni sociali sono censite nel nostro Erp; abbiamo adottato JD Edwards – Oracle Fusion, questa scelta è dovuta alla specificità del settore alimentare.
Attualmente il nostro gruppo di lavoro è costituito da circa 30 persone, tra cui anche i colleghi esperti di organizzazione aziendale, chiaramente abbiamo un buffer di consulenti esterni o free lance per i picchi progettuali.
La nostra scelta è di affidarci ad alcuni prodotti di mercato, abbiamo inoltre al nostro interno un piccolo team di quality assurance del software e un piccolo gruppo di sviluppo sull’Erp, ciò a causa della dinamicità e della pervasività dell’implementazione.
La nostra scelta è stata di avere in house la competenza in termini di processi aziendali e di letteratura, delegare la qualità tende a far scappare le persone e perciò abbiamo delegato la quantità, tutto ciò che è ripetitivo viene realizzato all’esterno, mentre i nostri project leader si dedicano alle attività core business.
Non ci sono aree che presidiamo completamente end-to-end internamente.
Ha parlato di fatturato crescente, come avete affrontato l’emergenza aviaria?
In effetti quel periodo è stato molto duro, la psicosi ha fatto crollare le vendite, l’unica nota positiva è stata che tale fenomeno si è sviluppato tra la fine di un anno e l’inizio dell’altro pertanto abbiamo avuto la possibilità di ammortizzare i danni.
Uno dei rimedi è stato quello di tracciare la filiera per garantire il consumatore, come ha contribuito l’informatica?
Negli ultimi anni abbiamo lavorato molto su tale tematica anche se è necessario distinguere tra tracciabilità e rintracciabilità; per noi la tracciabilità riguarda tutto ciò che avviene al nostro interno, quindi a partire dalla materia prima fino al prodotto finito, è il processo più articolato e complesso in quanto la nostra filiera è molto lunga, in questo campo abbiamo fatto grossi sforzi e passi in avanti con molti progetti.
Per il tracking quale strumento utilizzate ?
Utilizziamo il nostro Erp JDE, per rintracciabilità invece intendiamo cosa avviene al nostro prodotto dal momento in cui esce dalle nostre piattaforme per raggiungere i nostri clienti.
Abbiamo implementato un dipartimentale che si occupa della logistica distributiva, del magazzino automatico e della rintracciabilità.
A cosa serve la rintracciabilità?
Se per esempio un nostro cliente ci segnala un problema su un prodotto, dobbiamo essere in grado di sapere a quale lotto di produzione apparteneva e a chi è stato distribuito per attivare subito la procedura di ritiro. Bisogna considerare che abbiamo una capacità distributiva pari a circa 25.000 punti vendita, esistono tre società logistiche all’interno del gruppo, pertanto governare tale problematica richiede molti sforzi ma oggi è al sicuro.
Per le vostre esigenze avete valutato l’adozione di una tecnologia Rfid?
Non vorrei essere impopolare, però oggi ci sono ancora due problemi, uno di tipo economico legato al costo ancora eccessivo del tag e l’altro relativo all’implementazione in settori nei quali il valore del prodotto non è molto elevato (esempio: nostro mercato)
Quali sono i progetti It realizzati che hanno avuto un grande impatto?
La tecnologia wireless per esempio ha avuto un grande impatto presso la nostra realtà, infatti abbiamo realizzato un grosso progetto per il settore Normal Trade.
Tale canale raggiunge tutti i clienti medio piccoli ovvero tutte le piccole realtà, questo grazie alla nostra “macchina da guerra” ovvero i 400 agenti che si muovono su tutto il territorio nazionale.
Queste persone sono state fornite di un device mobile che gli permette di collegarsi alle nostre applicazioni Erp, Sfa e Crm. Questo progetto, realizzato con i nostri partner Xtel per il software e Vodafone per la connettività, è stato molto importante perché ogni giorno attraverso questi sistemi riceviamo 8.000 ordini per un fatturato sviluppato di circa 400 milioni di euro all’anno. Questi sono numeri importanti da gestire.
Gli agenti ricevono e trasmettono le informazioni da e verso la sede tramite un Pc dotato di scheda e software Vmcc. I dati trasmessi dagli agenti verso la sede (ordini, incassi e nuovi clienti) sono elaborati ogni 10 minuti dal sistema centrale.
I dati inviati dalla sede verso la periferia sono aggiornati una volta al giorno (ordini, fatture)
Gli obiettivi che abbiamo raggiunto sono i seguenti: integrazione dei processi fra sede e periferia; migliore integrazione dei processi/flussi di filiale; aumento produttiva della forza vendita; gestione del portafoglio ordini più rapida ed efficiente; informazioni più dettagliate e tempestive da e verso la sede; maggior governo sulla periferia; eliminazione delle comunicazioni cartacee da e verso gli agenti tramite l’utilizzo della posta elettronica.
Quali saranno invece le nuove implementazioni?
Il progetto su cui stiamo lavorando di più nell’ultimo periodo è inerente la supply chain. Essendo la nostra filiera molto articolata e molto estesa ci impegna molto in termini di risorse, è una grande sfida.
L’Ict è una potente leva per la creazione di valore, secondo Lei l’It deve essere al servizio del business o deve invece essere un fattore abilitante?
Diciamo che valgono entrambe le cose, secondo me chi ricopre il ruolo del Cio deve essere più “strabico” possibile, intendo dire che da un lato dovrebbe essere il miglior erogatore di servizio possibile, garantendo efficienza e costi contenuti e dall’altro dovrebbe essere un innovatore dotato di capacità di vision, capacità di immaginare un qualcosa di diverso da quello che c’è oggi.
Lo sforzo da fare è quello di muoversi in questa duplice direzione, ciò di solito non accade a causa dei vincoli sulle risorse umane, sugli skill e sui costi, bisogna cercare un equilibrio complicato che deve caratterizzare la nostra attività.
Paradossalmente oggi un direttore del sistema informativo che sia solo un ottimo erogatore di servizi rischia di essere un freno per l’azienda, dall’altra parte quello troppo innovatore, ma non capace di garantire il servizio (attenzione in una grande azienda non è semplicissimo garantire il livello di servizio, nel nostro piccolo per esempio abbiamo 1.700 utenti), arrecherebbe un danno enorme all’azienda.
Quindi riassumendo il must deve essere garantire una corretta erogazione del servizio e il plus partecipare al processo d’innovazione dell’azienda, ma quali sono i limiti nell’innovazione, che vincoli di costi ci sono? Quindi anche in relazione al nuovo ruolo del Cio viene riconosciuta alla funzione e a chi ne esercita la direzione questo ruolo, questa importanza?
Credo che la funzione che rappresento, i sistemi informativi, sia una funzione aziendale “giovane”, non è stato ancora raggiunto quel grado di maturità che permette di scindere la funzione da chi la guida, ciò vuol dire che la differenza la fa il connubio tra funzione e persona che la ricopre. Le leve strategiche sono tre: la funzione deve essere riconosciuta così come il ruolo del Cio; il responsabile del sistema informativo deve avere determinate caratteristiche personali; l’azienda deve essere pronta e disponibile a recepire gli input che provengono dal Cio.
Questo mix fa si che si raggiungano gli obiettivi, pertanto non parlerei del vincolo dei costi ma porrei l’attenzione sul come la persona interpreta questo ruolo e sul come viene data la possibilità di svolgere tale ruolo.
Sono contrario ai meeting autoreferenziali in cui i Cio rivendicano il loro ruolo tecnico, questo è stato un errore del passato e un nostro limite, per farsi riconoscere come un innovatore, come un fattore abilitante in azienda molto dipende da come noi ci poniamo.
Il Cio ancora non può essere automaticamente un punto di riferimento, in quanto altre funzioni (per esempio personale e amministrazione e controllo) hanno alle spalle molta tradizione, però credo che ciò sia anche stimolante e sfidante per il nostro lavoro, nel momento in cui si consoliderà il nostro ruolo ci saranno meno spazi di manovra e meno possibilità di sognare di quelle che ci sono oggi.
Mi piace ancora questo lavoro perché non ci sono briglie, ci sono ampi spazi e il nostro ruolo è in piena maturazione, con responsabilità diverse a portata di mano.
Il Cio come abilita la creazione e la condivisione della conoscenza all’interno della sua azienda?
La conoscenza è fondamentale ed è necessario investire in questo settore, i risultati non si ottengono da soli bisogna ragionare con un progetto ad ampio respiro, il nostro si chiama Knowledge garden, il giardino della conoscenza; c’è molta enfasi su questo progetto di collaboration e lo stiamo realizzando congiuntamente con i colleghi delle Human resource.
Interessante questo abbinamento. Nel corso della mia esperienza ho notato però che spesso le risorse umane non hanno la visione della loro potenzialità.
Spesso nelle grandi aziende è difficile avere la conoscenza completa delle risorse, nel nostro caso abbiamo avviato un progetto che ha tre obiettivi: mappatura delle competenze; profilazione dei ruoli; redazione del Manuale Organizzativo (competenze, ruoli, processi, procedure).
Il connubio tra Hr e sistema informativo è vincente, il tema della condivisione della conoscenza è all’interno dei progetti che abbiamo avviato, anche perché la nostra azienda negli ultimi anni, ha acquisito dall’esterno molte realtà diverse l’una dall’altra e quindi è fondamentale dotarsi di strumenti e metodologie per governare le informazioni e le risorse.
Pubblicato su Data Manager numero di Dicembre 2007
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